Virzì ancora alle prese con un film tutto al femminile, che alterna dramma e commedia come nella miglior tradizione italiana e trova in Valeria Bruni Tedeschi (già straordinaria nel CAPITALE UMANO) la superba interprete della travolgente follia di Beatrice. La donna, internata in una comunità di recupero, ha evidenti problemi di logorrea e d'inserimento in società, ma possiede una spiazzante carica contagiosa che la Bruni Tedeschi, sicuramente ben diretta da Virzì, sa rendere davvero magnificamente. E' lei al centro di tutto, non solo più delle persone con cui viene in contatto o che per...Leggi tutto gran parte del film cercano di capire dove sia finita, ma anche più della sua partner. Micaela Ramazzotti/Donatella (a cui Virzì aveva regalato il ruolo della vita in LA PRIMA COSA BELLA) finisce inevitabilmente col farle da spalla, volto di magnifica espressività che colpisce e funziona senza bisogno di troppe parole. Donatella asseconda Beatrice, non ne potrà mai possedere l'estro e si limita a controllarne quando possibile l'esuberanza. Si chiude in se stessa preda di chiare crisi depressive, più inserita nel contesto sociale rispetto a Beatrice ma agli antipodi rispetto alla carica positiva dell'amica. Sono replicanti in versione “matta” delle THELMA & LUOISE di Scott, le memorabili icone dell'emancipazione femminile citate apertamente da Virzì come si usa fare oggi quando si sa benissimo che il confronto sarebbe comunque ineludibile. Ma non c'è in loro lo stesso desiderio d'evasione della coppia Sarandon/Gerson quanto più il gusto dell'improvvisazione controllata per sfuggire alla routine, con Beatrice fiume in piena che sceglie le mete ed escogita fallimentari stratagemmi per non pagare. Donatella abbozza, pensa al figlio strappatole e dato in affidamento ad altri, si scontra col suo passato e ritrova una consapevolezza perduta, lontanissima dall'evanescente frivolezza di Beatrice. Ma è sempre e comunque Beatrice (troppo scellerata e mentalmente disturbata per apparire veramente affascinante) al centro della scena, a rubarla a tutti, a far sì che il film quasi scompaia quand non è sul set. In lei s'identifica e rispecchia LA PAZZA GIOIA perché è solo nell'ultima parte che il personaggio della Ramazzotti acquisisce maggior spessore, variando registro e riprendendo in mano le redini di un dramma fin lì intuito tra le righe ma mai esplicitato con simile potenza. Virzì dirige utilizzando uno stile moderno ormai fattosi convenzione (camera a mano, colori saturi e violenti), base corretta e ideale per la traduzione in immagini di una sceneggiatura agile, fresca come di consueto, frizzante, da road movie pazzerello. Un film altalenante, talvolta zoppicante, modesto soprattutto nelle caratterizzazioni secondarie ma pieno di vita e divertente.
Le malattie mentali sono una cosa seria e Virzì è forse davvero l'ultimo erede della vera commedia all'italiana, quella che coniugava cinismo e amorevolezza. Partendo da questi due presupposti, mi è piaciuto il modo leggero con cui sono stati affrontati certi temi: leggero ma non stupido, empatico ma non melenso. Il merito è del solito grande lavoro del regista sugli attori: la Bruni e la Ramazzotti si spalleggiano a dovere e non caricano mai troppo i toni. Manca magari qua e là un po'di cattiveria in più nel descrivere certe situazioni.
Un film davvero potente, con una sceneggiatura solida e dialoghi ben scritti, un po' a metà strada fra Ragazze interrotte e Thelma & Louise. La Bruni Tedeschi è letteralmente vulcanica, anche se a offrire le emozioni più intense sarà il personaggio della Ramazzotti nella seconda parte della pellicola. Ottimi anche i caratteristi, da Marco Messeri (anche lui è stato "pazzo" in Ricomincio da tre) alla Galiena, passando da Bobo Rondelli e Graziano Salvadori. Si esce dal cinema col magone, ma è giusto così.
MEMORABILE: La cena non pagata nel ristorante di lusso; La fuga dal set con l'auto di scena; Il racconto del tentato suicidio; Il finale col bambino.
Sfinito dai film fantasy, ho riepiegato su questa commedia italiana di Paolo Virzì. Dai trailer senbrava che fosse un road movie alla Thelma & Louise, invece è più vicino a 4 pazzi in libertà e a Qualcuno volò nel nido del cuculo. Le due interpreti sono molto in palla, specie Valeria Bruni Tedeschi, bravissima nel ruolo di ex-riccona ciarliera. La Ramazzotti tatuata ricorda non poco Asia Argento, ma il suo dramma mi ha commosso. Sconcertanti i cameo di Marco Messeri e di Anna Galiena. Stravagante e folle come le due protagoniste.
Tra impegno, un briciolo di autorale e un vaga leggerezza, continua il convincente percorso di Virzì; stavolta alle prese con un soggetto che non brilla per originalità ma che conferma la buona capacità del regista nel trattare temi, anche importanti, sempre con un tocco discreto e di qualità. Si parla di problemi psichici e di bipolarismo, con ruoli calzati a pennello dalla coppia al femminile Ramazzotti/Bruni Tedeschi che, grazie anche a buone trovate, si conferma essere valore aggiunto (specie nei frangenti divertenti).
Virzì combina, col piglio tenero e un po' malinconico delle sue commedie toscane, il nuovo filone sui matti buoni (ramo italiano, quello di Si può fare) e il road movie al femminile alla Thelma & Louise, gestendo con indubbia classe l'innata odiosità delle due protagoniste, arrivando a renderle quasi simpatiche e a suscitare empatia. I momenti più drammatici rovinano l'equilibrio del film, dotato però di una leggerezza e di un'umanità che fanno perdonare certe evitabilissime forzature (la scena della spiaggia). Buon film, nel complesso.
Virzì ci cala in una Toscana agèe, di una ricchezza che fu (vedi Montecatini) come la sua protagonista e la contrappone a un'emaciata Ramazzotti, dipingendo un non banale road movie sul disagio. Forse la pellicola impiega qualche respiro di troppo per decollare, ma poi riesce a restare sufficientemente leggera e ironica pur trattando un tema difficile. Al di là di qualche romanzatura di troppo si riesce a percepire il malessere e si giunge alla fine con un buon sorriso figlio di una sincera commozione. Davvero notevole!
Pur privo di un altisonante strapiombo verso cui correre a vele spiegate, questo (immancabilmente omaggiato) Thelma & Louise in salsa toscana funziona bene. La Bruni Tedeschi aderisce a ventosa a un ruolo che è un po' la sua maniera recitativa, quello della matta un po' svampita e chiacchierona; fa da contraltare alla sua leggerezza il nero pece in cui è sprofondata la Ramazzotti e che restituisce solidità al film. Virzì, ancora una volta, dirige bene, bilanciando follia, dramma e risata ed esaltando l'espressività delle due quando il momento lo richiede e consentendo loro di disegnare due personaggi femminili sicuramente incisivi.
Nel tema della follia, Virzì e Archibugi definiscono poli dialettici: comunità biopsichica e Servizio sanitario, deriva borghese e decadenza aristocratica, famiglia naturale e acquisita, dipendenza dalla libertà e viceversa; opposizioni tanto narrativamente efficaci quanto concettualmente superficiali, limite e pregio di un cinema che sa intrattenere rappresentando il contemporaneo. Acritico e affettuoso, Virzì esorcizza lo schematismo divertendo. Micaela Ramazzotti e Valeria Bruni Tedeschi reggono il film in trascinante overacting. Finalone lacrimevole che dividerà languidi e scettici.
Paolo Virzì conferma il suo stato di grazia con questo film che spazia sapientemente dai toni comici ad altri un po' folli e ad altri drammatici. Valeria Bruni Tedeschi è formidabile nel suo ruolo svampito e schizzato, ma non è da meno Micaela Ramazzotti che con un ruolo un po' più "dark" le tiene testa. Bei paesaggi toscani e ottima fotografia. Buon lavoro anche per il resto del cast. Da vedere sicuramente.
Finalmente una svolta fondamentale per Paolo Virzì, che ci regala un film straordinario scegliendo due interpreti giuste, dalle quali riluce tutto il resto. Un'occasione imperdibile per godere di una Bruni Tedeschi comica-chic a cui fa da contraltare una Micaela Ramazzotti deep dark. Il tutto con la solita conoscenza profonda dell'animo umano, qui filtrata dalle pagine del DSM IV e per questo ancora più sentita e vera. I folli sorprendono sempre.
MEMORABILE: L'ottima Anna Galiena, nel ruolo di madre-badante; Il cameo della co-sceneggiatrice Francesca Archibugi.
Storia di pazzia, storie sfortunate e di una amicizia salvifica, condotta da Virzì in modo quasi impeccabile, con la giusta miscela tra momenti drammatici e altri più grotteschi e divertenti. L'accoppiata Bruni Tedeschi/Ramazzotti funziona, come funzionano anche gli assolo delle due protagoniste, entrambe perfettamente calate nelle rispettive parti e tra loro complementari. Buoni il reparto di comprimari, la fotografia e le musiche. Meno indovinato il ritmo, a volte troppo rallentato, così come il finale buonista. Nel complesso notevole.
Dopo il successo de Il capitale umano Virzì si misura in un'altra acuta tragicommedia sulle debolezze umane, stavolta concentrandosi sul complesso mondo del disturbo mentale. Toccante il legame di solidarietà che viene a crearsi tra le due protagoniste, con la malattia che consente di superare anche le barriere di classe. La sceneggiatura è ricca di eventi rocamboleschi, talvolta poco credibili ma comunque funzionali alla grande performance della Bruni, che offre probabilmente la sua migliore prova attoriale. Buon finale commuovente.
Ciò che veramente indispone è il poco coraggio di Virzì nel non buttarsi esclusivamente nel genere comico. Il film funziona soprattutto nelle battute e nei momenti dove la tensione drammatica si smorza con schegge divertenti e improvvise. Il lato serio, incarnato soprattutto dal personaggio della Ramazzotti, funziona pochissimo. Regia che rispecchia i diktat moderni e che rimarca la mancanza di uno stile davvero personale da parte di un regista troppo celebrato (considerando i meriti effettivi). La Bruni Tedeschi, nel bene e nel male, è unica.
MEMORABILE: La Bruni Tedeschi e l'ex marito; Nel centro commericiale; Dottoressa (finta) e paziente.
Virzì e la Archibugi partono da un'idea indubbiamente già vista (tutta la prima parte ricorda proprio tanto Ragazze interrotte) per articolare un film "malinconicamente sorridente" in piena linea con la poetica del regista livornese. Non si riescono a toccare le vette di lirismo de La prima cosa bella e neanche lontanamente la complessità del Capitale umano, ma il film si salva grazie a tutta la mostra recitativa delle due protagoniste (la Bruni Tedeschi istrionica è irresistibile), che formano una bella coppia alla Thelma & Louise (citato).
Virzì realizza un film su due persone problematiche, che si compensano l'una con l'altra: una (la Bruni Tedeschi, magnifica) è ciarliera mentre l'altra (la Ramazzotti) molto silenziosa. La pellicola commuove, ma anche fa riflettere, senza tuttavia far trasparire nello spettatore un certo imbarazzo per determinate situazioni. La realtà delle case di cura è fotografata con estrema precisione e crea molti spunti per comprenderla. Da vedere.
Originale commedia di Virzì con Valeria Bruni Tedeschi mattatrice assoluta in un ruolo perfetto per le sue qualità e la Ramazzotti a farle da dura spalla. Il tema, anzi i temi, affrontati sono assai drammatici e delicati da affrontare, ma il regista riesce a farlo mantenendo il giusto equilibrio tra realtà e finzione cinematografica, anche divertendo ma in modo acuto e anche emozionante. La sceneggiatura, scritta con la Archibugi, è valida, pur con qualche passaggio a vuoto nella seconda parte. Notevole e coraggioso. Merita.
Il film della vita per Virzì: tutto perfetto, dalle musiche alle attrici, passando per scene e dialoghi. Mai un secondo in più o in meno, mai una scelta discutibile. Si prendono come riferimento i miti (Thelma & Louise, ma io ci ho visto anche un po' dello stile di Monicelli); si riflette, si ride e ci si commuove. Il cinema italiano al suo meglio.
Opera corale suddivisa in due tempi dal diverso orientamento: una prima parte comica ma talvolta causa di un riso amaro; una seconda decisamente melodrammatica in grado di generare facile buonismo e sentimentalismo a piè sospinto (con garanzia di lacrimuccia in chiusa). Notevole l'analisi del bipolarismo, qui portato a estreme conseguenze dalla tragica figura della bravissima (e quasi anoressica) Micaela Ramazzotti. Un tema maturo, talvolta estremo (il tentato suicidio con il bambino) in grado di smuovere (e commuovere) lo spettatore...
Impressionante pellicola di Virzì, impressionante nel senso che è davvero difficile trovare un difetto all'interno di questo film. La regia, la sceneggiatura, la fotografia, sono ottime. La recitazione è ai massimi livelli, i personaggi hanno uno spessore formidabile (persino quelli che compaiono per pochi minuti) e tutta la confezione rasenta la perfezione. Divertente, commovente, riflessivo, profondo, reale, imperdibile.
MEMORABILE: Il racconto di Donatella; Donatella e il bimbo al mare.
Tra i pochi registi che riesca a declinare efficacemente il brillante con il drammatico, Paolo Virzí si conferma con questa commedia dolce amara che parla di un tema serio (quello del disagio psichico) in maniera realistica ma non tediosa, al netto delle inevitabili esagerazioni drammatiche. Merito di una buona sceneggiatura e di due interpreti brillanti da sole e davvero "esplosive" in coppia. Ben scelto il cast di contorno, con una magnifica Anna Galiena.
Affresco mirabile di una realtà sociale difficile come quella della psicopatologia. Il punto di vista di due pazienti, due donne in fuga da e verso loro stesse, alla ricerca di una dimensione di "normalità", alla riscoperta di momenti di leggerezza e di affettività retaggio di una vita passata forse felice. E attorno, la realtà delle famiglie e degli operatori chiamati ad accudire queste persone. Nessun giudizio, ma solo un racconto dai toni a tratti forti a tratti tenui, in cui la cupezza della situazione si stempera nella speranza.
Depressa con tendenze al suicidio e bipolare schizzata: due donne in fuga da una comunità terapeutica e, prima ancora, da situazioni familiari e sentimentali disastrose. Soggetto drammatico che Virzì affronta nella prma parte con una certa leggerezza, omaggiando Thelma e Louise. Nella seconda il film si incupisce e diventa dascalico, fra spiegazioni e flashback che esplicitano quello che avevamo già intuito, mentre preme sul pedale della commozione ai danni della verosimilianza (la casualità dell'incontro sulla spiaggia ed il successivo bagno in mare). Brave comunque le protagoniste.
Due donne in una comunità, con differenti patologie caratteriali, vedono intrecciarsi i loro destini. Sorta di Thelma & Louise in versione borderline, azzardano una fuga che lascerà il segno. Nella contrapposizione fra lo spazio aperto (il mondo) e lo spazio chiuso (la comunità), Virzì appare più a suo agio nel tratteggiare quest'ultimo, mentre i personaggi del "mondo" appaiono un po' semplificati. Ben reso è il senso dei percorsi individuali delle protagoniste, che alla fine si arricchiscono reciprocamente. Grandi Bruni Tedeschi e Ramazzotti.
I mattarelli con voglia di libertà corrono sempre il rischio del cliché, così Virzì lavora sul lato umano per dare sostanza. Tedeschi in un gran ruolo che forse le ricorda le ricchezze familiari e Ramazzotti che al solito scava (magrissima) nei lati aspri del vivere disagiata. Eccessi nelle fughe (doppio furto d’auto) e in qualche personaggio rendono meno vera la vita di provincia, ma la discesa cupa nel finale dà merito alla scelta di non scimmiottare i veri casi di TSO.
MEMORABILE: Gli insulti della Tedeschi per gli indumenti da mare.
Virzì conferma le sue doti alla regia e la volontà di non accontentarsi del compitino. La prima mezz'ora per la verità preludeva a qualcosa di scialbo, ma poi la storia ingrana la quarta e ci offre dei siparietti notevoli in cui sale in cattedra il personaggio della Tedeschi. Più profonda la seconda parte, che riserva un epilogo sentito per la Ramazzotti (epilogo che a me è piaciuto nonostante sia basato su un paio di coincidenze forzate). Ma trattasi pur sempre di cinema.
A parte il finale che avrei preferito meno "pensato" e uno script che pare esser rimasto nel cassetto per qualche anno di troppo, il film conferma la virtù di Virzì (sempre più rara nel nostro cinema) di entrar in empatia con pubblico e storia. Le stesse contraddizioni tra la vis comica del regista e il fondamentale apporto drammatico della Archibugi risultan compensate da uno stile di racconto sempre robusto, apportando linfa vitale all'opera. La Bruni Tedeschi e la Ramazzotti rimpolpano di verità due personaggi a forte rischio di caratterizzazione.
MEMORABILE: L'ingresso di Beatrice nella villa dell'ex marito; La scena in spiaggia tra Donatella e il figlio.
L'intera storia e tutte le rocambolesche situazioni sono poco credibili e la messa in scena delle stesse procede a scatti senza una linearità di fondo rendendo il film ingodibile e abbastanza confusionario. A nulla vale lo sforzo delle due protagoniste, che purtroppo si fanno prendere da troppe forzature nella recitazione. E per dirla tutta il film affronta il tema del disagio psichico con un tentativo di vena umoristica che sfocia nel ridicolo.
Il fatto di aver trattato il disagio psichico con ironia e umorismo, a mio parere, è un valore aggiunto. Ne abbiamo già visti tanti di melodrammi sul tema ed è apprezzabile avvicinare questi due mondi, dai confini labili. Per me Valeria Bruni Tedeschi è una delle migliori attrici italiane sulla piazza e anche la Ramazzotti risulta, negli anni, sempre più convincente. Nel complesso il film è leggero, a tratti banalotto per alcune scene un po' forzate che potevano essere evitate, ma intrattiene piacevolmente, commuovendo nel finale.
Una pellicola leggera che miscela, con impegno, situazioni e argomenti di spessore maggiore. La narrazione scivola via ma regala anche momenti drammatici e di buon impatto emotivo. La Bruni Tedeschi offre una piacevole interpretazione nel ruolo da svampita ed è ben coadiuvata da una Ramazzotti anch'essa bene in parte. Nel complesso un film valido che si guarda con piacere.
Il tema del disagio mentale è troppo serio per essere preso sottogamba riducendolo a una commediola falso-brillante, confusa e scattosa, condizionata dai luoghi comuni sulla malattia, la sua genesi nonché sulle psicoterapie. Alcune situazioni appaiono inverosimili e altre reggono solo in virtù del citazionismo; la divisione tra le due personalità patologiche risulta manualistica e conduce a inutili ripetizioni. La Bruni Tedeschi eccessivamente sopra le righe, la Ramazzotti più credibile. Un insieme mélo che ammicca troppo al televisivo.
MEMORABILE: Gli inseguimenti dietro alle due fuggitive; La doppia corsa in macchina; I drammoni familiari; Il piccolo ritrovato.
Virzì conferma di essere rimasto uno dei pochi cantori, forse ormai l'unico, della commedia all'italiana: con grande abilità, infatti, fonde elemento comico e drammatico e lo fa divertendo, emozionando e coinvolgendo allo
stesso tempo lo spettatore. Il tema trattato, il disagio mentale, è di quelli forti ma viene presentato con sobrietà, gentilezza ed ironia. Il finale può apparire, ad alcuni, imperdonabile per la sua caduta nel patetico ma fa il suo lavoro: eccome se lo fa. La Bruni Tedeschi è perfetta per il ruolo ma anche la Ramazzotti, piaccia o meno, fa un ottimo lavoro.
Tra le migliori qualità di Virzì c'è certamente quella di non scendere mai sotto il livello del più che buono. Qui di ottimo ci sono le due attrici (la solitamente detestabile Bruni Tedeschi qui è eccellente), la scoppiettante sceneggiatura - dai tempi un po' televisivi, ma funziona bene - e la consueta capacità di leggere il presente per metafore forse non sottilissime, ma sempre sorridendo. La parte più drammatica è un po' insincera con i sentimenti dello spettatore - che si commuove per forza - ma il film regge ed è consigliato.
MEMORABILE: La cena di lusso a Montecatini; La visita dalla veggente; I sotterfugi per il vino.
Virzì riesce a rappresentare, in questo film, a tratti drammatico, a tratti comico, il tema del disagio mentale, visto con gli occhi delle due protagoniste. Le due sono una sorta di Thelma e Luoise che fuggono da una comunità di recupero per disturbati mentalmente e vivono alcuni momenti di "libertà" tra avventure grottesche e drammatiche. Pellicola ben diretta e sublimi le due protagoniste. Virzì affronta un tema ancora poco affrontato, facendoci riflettere sui tanti misteri ancora irrisolti del disagio mentale.
Il grande cocomero vent'anni dopo (d'altronde la co-sceneggiatrice è la Archibugi): qualcuno è guarito e qualcuno è ancora perso come le due protagoniste, una logorroica a cui vorresti spesso tappare la bocca e una depressa grave che scappano in un road movie a volte improbabile ma quasi sempre commovente. La Bruni Tedeschi estremizza se possibile ancora di più il personaggio a cui si è abbonata (la nevrotica pretesa chic), la Ramazzotti si incurva nella disperazione e nell'accento toscano. Assurdo finale accomodante, il resto ci sta.
Film che conferma l’eccessiva stima di cui gode Virzì, di certo non l’erede dei grandi maestri della commedia all’italiana. La regia è anonima, del tutto aderente agli standard moderni, camera a mano inclusa anche quando non serve e fotografia scura che mortifica alcuni scenari di indubbia bellezza. E poi non basta parlare in dialetto toscano per far ridere e il finale manca della giusta cattiveria. Eppure nel magro panorama italico odierno fa la sua figura. Ottima la Tedeschi. A parte una breve citazione Thelma & Louise non c’entrano nulla.
MEMORABILE: Beatrice che si finge dottoressa; La fermata dall'ex amante Renato; L'incontro con il padre di Donatella; Il furto dell'auto di Graziano Salvadori.
La storia del forte legame che si crea tra due donne in fuga da una casa di cura. Tra una peripezia e l’altra, viene gradualmente svelato il loro tragico passato. Virzì affronta il tema del disagio psichico con grande sensibilità, nonostante una narrazione dal tono leggero. Il film diverte e commuove, grazie soprattutto alla magistrale interpretazione delle due protagoniste. Peccato solo per un paio di forzature di troppo.
Nonostante la pellicola risulti troppo verbosa, il giudizio generale è positivo in quanto il tema trattato è toccante e viene affrontato in maniera sì drammatica ma non pesante. Il regista riesce a mescolare vari ingredienti rendendo il film godibile ma lasciando ampio spazio alla riflessione sul tema. Nota per Valeria Bruni Tedeschi, che gestisce decisamente bene il ruolo.
MEMORABILE: "Ma dove si trova la felicità? Nei posti belli, nelle tovaglie di fiandra, nei vini buoni, nelle persone gentili”.
L'idea buona c'è e ci sono un paio di personaggi interessanti. Ma tutto è rovinato da una tecnica mediocre, brutti dialoghi e soprattutto un basso livello recitativo, fatto dei soliti sospiri e delle solite urla. I problemi che il cinema italiano si porta dietro da tanti anni. Paolo Virzì è un valido regista, ma nulla può contro tali limiti. Qualche buona scena e un bel finale non riescono a salvare una pellicola che, con altri attori, sarebbe stata migliore.
Un tuffo nelle vite di due donne affette da problematiche psicologiche e ognuna, in maniera diversa, incapace di confrontarsi con la società. Chissà quanta gente potrebbe riconoscersi in Beatrice e Donatella, tratteggiate da mille sfumature ben restituite al pubblico dalle attrici che ne indossano i panni. Si concede licenze e divagazioni che lo allontanano dalla realtà, scelta probabilmente voluta per trasmettere un messaggio preciso. Il quadretto accomodante a chiudere, non proprio adatto a sugellare un soggetto simile, ne è la conferma.
Thelma & Louise in versione disagio psichico, con le due donne (notevolmente interpretate) in corsa verso una libertà amara, temperata dalla sensibilità profonda e al tempo stesso lieve e bonaria di Virzì (che, ahimè, "cade" proprio nel prefinale retorico-buonista parecchio artificioso). Il film restituisce due bei ritratti femminili di naufraghe dell’esistenza, nella loro sofferta incapacità di dialogare con il resto del mondo: monadi di un universo altro, che in una bislacca intima solidarietà ritrovano il senso del loro essere. Bello.
Uno dei lavori più riusciti di Virzì, in cui il regista livornese riesce a sfrondare il suo lavoro da qualsiasi intellettualismo e a portare in scena un'opera frizzante e a tratti poetica. Molto poggia sulle spalle della Bruni Tedeschi, che con una performance eccellente permette al film di spiccare il volo. La Ramazzotti, nella parte della ragazza madre problematica, è indubbiamente una spanna al di sotto, anche se porta a casa la pagnotta. Per concludere, un bel film davvero!
Sorta di on the road all'italiana abbastanza riuscito. Convincente sotto il punto di vista interpretativo offerto dalle due protagonisti (soprattutto la Bruni Tedeschi), meno per quanto concerne la trama, o almeno la sua evoluzione: la parte finale è troppo stereotipata e si cade nel solito melodramma che sfiora il banale. Colonna sonora mediocre. Consigliabile.
Al tempo Scott non poteva immaginarlo e meno ancora curarsene, ma il suo fallout avrebbe colpito anche il nostro anossico cinema. Prendi la più strana delle coppie, falla viaggiare/scappare, e litigare per ore. E allora sì che Amicizia sarà - cinema, un po' meno. Va ammesso, non è quanto rende allergici a Virzì, anzi se ne differenzia vivendo, benché di rimbalzo, di un basale proto-internazionale. E poi c'è l'acting, mai troppo over né troppo under, a soddisfare il giusto. Al dunque, un pari e patta tra infamia e lode che consente al più fiscale cinemaniaco di farsela andare bene.
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Nel cast andrebbe aggiunto Graziano Salvadori, che interpreta il personaggio che prima da un passaggio alle due fuori dal centro commerciale "I gigli", e poi viene derubato dell'auto.
DAVID DI DONATELLO 2017 come
Miglior film
Migliore regista (Paolo Virzì)
Migliore Attrice Protagonista (Valeria Bruni Tedeschi)
Migliore Scenografia (Tonino Zera)
Migliore Acconciatore (Daniela Tartari).
DiscussioneZender • 28/03/17 07:31 Capo scrivano - 48958 interventi
Graf ebbe a dire: LA PAZZA GIOIA ha vinto il DAVID DI DONATELLO 2017 come Miglior film, come Migliore regista (Paolo Virzì), come Migliore Attrice Protagonista (Valeria Bruni Tedeschi), come Migliore Scenografia (Tonino Zera) e come Migliore Acconciatore (Daniela Tartari).
Zender ebbe a dire: Graf ebbe a dire: LA PAZZA GIOIA ha vinto il DAVID DI DONATELLO 2017 come Miglior film, come Migliore regista (Paolo Virzì), come Migliore Attrice Protagonista (Valeria Bruni Tedeschi), come Migliore Scenografia (Tonino Zera) e come Migliore Acconciatore (Daniela Tartari).
credo che la Tedeschi reciti neanche piu' di tanto aahahhahaha
HomevideoRocchiola • 3/01/19 14:43 Call center Davinotti - 1320 interventi
Uscito sia in bluray che DVD su licenza 01 Distribution/RaiCinema. L'edizione on HD è riversata su di un ottimo BD-50gb con video panoramico 2.35 dalla definizione praticamente perfetta ed audio DTS 5.1 di buona levatura. Nulla da eccepire.