La prima impressione, davanti a film così (meno insoliti di quanto ci si possa aspettare) è che il regista parta da un'idea di base con due o tre spunti chiari ma facilmente "affumicabili" e da li farcisca ogni scena di dialoghi enigmatici atti a mascherare il disegno che sottende al tutto. Perché le risposte ai mille quesiti che sorgono spontanei in chi guarda vengono date seguendo logiche imperscrutabili; probabilmente nemmeno esistenti. Quello che si capisce è che tale mr. Oscar (Denis Lavant, attore feticcio di Carax) ha durante il giorno una serie di appuntamenti organizzatigli da chi lo paga e che ognuno di questi prevede un diverso travestimento da compiersi...Leggi tutto all’interno della limousine che lo scarrozza per Parigi. Sembrerebbero appuntamenti che prevedono qualcuno che li filmi, ma non ci sono telecamere in giro; chi li vuole? E perché? Allo spettatore l'ardua sentenza; intanto Carax ha modo di sfoggiare il suo talento visivo azzeccando momenti di grande suggestione. E chi è veramente Celine (Kylie Minogue), l'autista che accompagna Oscar ad ogni appuntamento dando anche istruzioni? Dove finisce la realtà e comincia il lavoro misterioso del protagonista? Interrogativi che si fondono nelle "missioni" e in tutta un'impalcatura surreale di sicuro non per tutti. Lento, ipnotico e a dire il vero furbetto: irretisce con poco.
Strano, bellissimo film. Una lunga giornata in compagnia di Monsieur Oscar, strano figuro che gira in limousine tra un "appuntamento" e l'altro. Questi "appuntamenti" sono l'occasione per Carax di abbandonare ogni logica e stupire con immagini allucinanti, esteticamente perfette e a tratti divertenti, un insulto alla logica e al cinema impegnato. Nonostante la stramberia di cui è pregno il film si fa seguire e il finale, giustamente, porta il delirio al massimo livello, ma con grazia. L'Oscar per il make-up è praticamente già in saccoccia.
Dopo un inizio misterioso ed affascinante, il film prosegue criptico, intrigante, bello e pazzo tra i vari "appuntamenti" del protagonista, raggiungendo punte di bellezza estetico-visiva davvero notevoli. Una regia forte, folle e con sprazzi di genialità, copre qualche pausa di ritmo ed una sceneggiatura a tratti discontinua. La riuscita del signicante è preponderante rispetto al significato (molti potrebbero chiedersi dove Carax voglia andare a parare: e se fosse tutto uno sberleffo ad un certo cinema o alle aspettative dello spettatore comune?) Da vedere a patto di non volere un film normale
MEMORABILE: Tutto il secondo appuntamento. Il finale folle in cui il protagonista giunge a casa. "Visitate il mio sito web".
Apologo pessimista ed eccentrico, folle e ridondante, dalle forti tinte surreali sul “mal di vivere” odierno, sull’urgenza umana del dare un senso alla propria esistenza contemplando azioni belle ed estreme atte a rinvigorire un Io che và lentamente spegnendosi, morto in superficie, condannato alla solitudine; un’umanità col motore spento che non è più in grado di meravigliarsi, che, inerme ed apatica, affronta il passato con disinteresse, procedendo fluttuante verso la morte nel presente. Bello ma prepotentemente autocompiaciuto.
Decisamente accattivante la visione, dove le continue trasformazioni dei ruoli del protagonista fanno restare incollati alle riprese, dotate di ottimo impatto. Come un video virale, ci si aspetta qualcosa in continuazione e le immagini sono sufficienti, i dialoghi e un nesso causale non servono. A volte irriverente, scostante, politico, sopra le righe, eccessivo. Un inno alla vita? Di certo non banale. Sorpresa la Minogue.
Un film visivamente affascinante, con una logica eversiva che bisogna accettare per entrare nel meccanismo folle impresso da Carax alle situazioni bizzarre e allucinatorie che compongono la giornata di Oscar, di professione affabulatore camaleontico, e dei suoi "appuntamenti" di lavoro. Straniante, criptico, finanche megalomane nelle intenzioni dell'autore, è comunque un'opera che non si dimentica facilmente. Molto suggestivo il finale, che rivela almeno il significato del titolo.
Una cosa la si deve dire: un film così particolare non l'avevo mai visto. Impossibile da decifrare almeno nella prima mezz'ora, si presta facilmente a interpretazioni differenti da soggetto a soggetto. Le trasformazioni del protagonista sono davvero eccezionali e anche molto inquietanti. A tratti il regista forse esagera con il grottesco, ma gli si può perdonare considerando la stravaganza del progetto stesso. Cercare informazioni sul significato del film post-visione può aiutare nella comprensione del tutto.
Probabilmente il senso del tutto sta nel non avere senso o nel voler rappresentare l'assurdità, il grottesco e la teatralità della vita terrena oppure, ancora, nel mettere a nudo la finzione che appassiona molti di noi, il cinema. Forse perchè di questo film si potrebbe veramente dire tutto e il suo contrario; ma io sono ostinatamente vecchio stile e rimango dell'idea che, oltre alle immagini (Carax è un grande regista e lo dimostra), si debba fornire allo spettatore una chiave per decifrare l'opera; qui però il regista si è portato via tutto il mazzo...
La surreale giornata lavorativa di Oscar vi porterà a esplorare una serie di metafore in un crescendo di colori e mutazioni. Narrativamente scarso, dal punto di vista della critica un gioiellino. Un patchwork che di sicuro non insegue le banalità e lo fa senza supponenza filosofica, con una notevole fotografia (bellissima a esempio l'atmosfera dell'episodio con la Kensit), qualche provocazione degna e un intermezzo musicale straordinario anche perché aiuta a staccarsi da un certo torpore.
Concettualmente molto enigmatico e affascinante, il lavoro di Carax stupisce per la potenza viscerale ed evocativa della messinscena. Il regista non si limita a un lavoro sull'immagine fuori dal comune: è infatti la stralunata sceneggiatura ad intrigare lo spettatore, attraverso una storia superficialmente poco razionale ma che in profondità colpisce nell'inconscio. Memorabile Lavant che dà anima e corpo a un progetto folle, visionario e strabiliante. Qualche passaggio a vuoto non inficia la qualità dell'operazione. ****
L'autista Céline ha il compito di traghettare via limo un meraviglioso Denis Lavant sino al termine della notte, in un coacervo di riflessioni incentrate sull'identità, sulla maschera, il rispettivo distacco, la noia di un eterno ripetersi. Carax ha un senso dell'immagine che talora si fa sublime e la sua opera è illogica, figurativa, teatrale. Pregna di un senso surreale tutto francese, che può stufare, portare allo sbadiglio, anche per lo sforzo di comprensione. Ma resta meravigliosamente ipnotico.
MEMORABILE: La danza d'amore. Le bella e la bestia. La canzone della Minogue.
Un'allegoria sul cinema attraverso i suoi generi (affine, forse, a La montagna sacra) condotta con indubbio talento visivo, per una volta messo in scena senza troppi compiacimenti e con un protagonista dalle ottime qualità trasformistiche. Eppure qualcosa non va: il personaggio rimane (volutamente) distante, manca quel qualcosa in grado di catalizzare in modo continuo l'attenzione e si passa la visione nella speranza di un decollo che purtroppo non avviene mai. Gli ottimi squarci visionari non riescono a scavare e il film non funziona.
Un film che lascia basiti; un po' spaventa, un po' ipnotizza: da quando s'inizia a intuire l'ingranaggio tutto diventa straniante, tutto falso, il protagonista eclettico interpretato da un bravissimo Danis Levant attraversa ogni condizione umana attraverso una continua recita delle emozioni. Un film sul cinema, strettamente legato alla vita e alla morte: è proprio Carax che all'inizio squarcia infatti il velo di Maya e rivela il pubblico, inizio di un percorso che ci mostrerà noi stessi anche maggiormente della nostra stessa rappresentazione.
MEMORABILE: La bellezza è negli occhi di chi guarda...
Leos Carax si sveglia in una stanza che l'ha imprigionato per anni; a fatica trova una via d'uscita, ritrovandosi in una sala cinematografica con spettatori immobili, forse addormentati, forse morti. Basterebbe questo prologo a consegnare il film alla storia, invece il racconto si carica degli anni trascorsi nel silenzio; si anima di intuizioni visive ed esistenziali; si lacera con Monsieur Merde; tracima i confini del razionalmente comprensibile e a poco a poco si spegne, si ammala, si affatica, come il protagonista, come il cinema.
Carax non crede più nelle storie, nei personaggi, si è votato alle ombre, all'immagine, all'iconografia feticista: il suo cinema racconta il cinema. Qui mette in scena il trapasso della tecnologia nel digitale, celebra la morte della pellicola, la santità dei motori, l'insorgere del virtuale come decadenza dell'autenticità. Ma la crisi rappresentata è del Cinema o del suo cinema? L'attenzione volta a decifrare il reiterato ordito allegorico stempera, congela la partecipazione emotiva, e il proteiforme Lavant cambia identità senza mai cessare di essere se stesso. Cerebrale, definitivo.
MEMORABILE: L'incipit: Carax si sveglia in una camera, oltrepassa il muro del reale e accede alla dimensione del sogno...
Carax prova a risvegliare gli spettatori addormentati facendoli salire a bordo di una cadillac bianca in compagnia di Oscar, attore che "interpreta" vite, impegnato in una giornata di lavoro che lo vede di volta in volta vecchia mendicante, performer, freak, musicista, assassino, moribondo... Opera sorprendente nel senso etimologico del termine, che intriga e spiazza fino all'ultima sequenza, con un interprete eccezionale: Lavant, volto segnato da infinita tristezza, corpo mostruoso e/o bellissimo. Omaggio al cinema/vita assai ambizioso, talvolta troppo criptico ma sempre affascinante.
MEMORABILE: Motion capture; Il rapimento della modella da parte di Monsieur Merde; Il corteo di fisarmonicisti nella cattedrale.
Credo che se Carax si è divertito a girare questo film, forse inventato giorno per giorno come ogni artista è capace di fare partendo da un abbozzo di idea, si è certamente divertito molto di più a leggere e a sentire le molteplici recensioni e i commenti forbiti, a tentare di indovinare cosa mai ci sarà nel profondo di quelle scene, quale recondito significato... perché ci deve essere per forza un significato, un alto messaggio. Io non l'ho scoperto. Ho visto come può essere il cinema e mi sono un po' annoiato, come davanti a un quadro astratto.
MEMORABILE: Un guizzo di bassa realtà: le due limousine stanno per scontrarsi e gli autisti scendono a discutere... Lei non ha messo la freccia...
Carax perde un'ottima occasione per sottrarre il proprio cinema a un'egomaniacalità di fondo che non manca di prendere il sopravvento e di rendercelo inabitabile: il sorprendente tentativo di sublimare qualsiasi discorso sul metacinema che si fa metavita e viceversa (la prima, sbalorditiva ora tutta un divenir molteplice, una caduta molto lenta in un carrolliano pozzo molto profondo) viene intaccato e annichilito da una sindrome di Asperger che fa dell'ombeliclità maestade, e tanti cari saluti al pubblico. E così il tedio spodesta il fascino, velleitaria spocchia e visionarietà parificano.
Potente, visionario e in qualche modo limitaneo esempio di riflessione intra e metacinematografica, la cui violenza attrattiva sta primariamente nel suo polarizzarsi tra pulsioni vitalistiche e impulsi sepolcrali. Come in un ode catulliana, "l'odi et amo" di Carax nei confronti del cinema (o di quella parte di cinema che è la vita verebbe da dire) non conosce raziocinio eppure è qualcosa che accade implacabile, tormentando l'autore così come il polimorfo Oscar incarnato da Lavant. Molta fuffa certo, ma pure briciole di genio di impagabile sostanza.
MEMORABILE: Lo strepitoso finale degno delle migliori chiusure keatoniane.
Una limousine se ne va in giro con Oscar, personaggio in grado di passare da un'esistenza all'altra con certo trasformismo nonché notevole disinvoltura. Un film decisamente ostico per il tipo di narrazione imbastita sul nulla narrativo (non c'è una versa storia) e sulla monotonia di testi pomposi, musiche da camera (cioè a dire da latte alle ginocchia) e prolissità visiva pressoché stressante. La visione, soprattutto al varco dell'ora, diviene un tour de force e non si riesce a comprendere come il cineasta possa rendere sgradevole Eva Mendes!
MEMORABILE: Il rapporto (occasionale?) con una donna incontrata (?!) nell'ambiente a simulazione di realtà virtuale...
Francamente noioso. Sembra una riflessione sul cinema e il suo stato di salute, ma potrebbe anche solo essere un trip del regista in cerca di nuove strade enigmatiche e oscure. Il protagonista con la sua bravura passa da un ruolo a un altro ma tutto sembra poco interessante, lento e fumoso. Alcune scene sono visivamente o musicalmente affascinanti ma il senso dell'operazione rifuggendo chiare logiche sembra nullo. Lungo e stancante.
Se ne ammira il gioco d'ombre sul lungo boulevard dell'ambizione, più che le effettive tracce che gli pneumatici della limousine metacinematografica imprimono sul selciato. A tratti di una genialità selvaggia ed elettrica (il rapimento della modella nel cimitero), altrove estenuante e piuttosto soporifero (l'episodio del gangster cinese). Dopo un po' l'idea smette di reggere il peso del tempo e lo spettatore, compreso il gioco, è chiamato ad abbandonarsi allo scorrere delle immagini e ad abbracciare l'ignoto, richiamato dal grottesco finale.
Realtà e surreale si confondono in quest'opera sublime dal punto di vista tecnico che lascia spazio a ogni tipo di interpretazione e che regala tanto all'immaginazione. La fotografia naturale è un qualcosa di meraviglioso e dà quel tocco estetico in più a una Parigi viva nella sua normale quotidianità. Cercare di spiegare o trovare un senso a ogni scena, a ogni mossa del personaggio principale è superfluo: tutto si concentra sui concetti di bellezza e dello scorrere del tempo. Lavant semplicemente unico nel suo modo di trasformarsi.
MEMORABILE: La suonata con fisarmonica.
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DiscussioneRaremirko • 14/01/17 23:22 Call center Davinotti - 3863 interventi
Mco ebbe a dire: Grazie delle dritte carissimo Mirko, appena trovo un buco infilo la tua segnalazione tra i must to see.
Ps La Westgate ha il suo bel perché... ;-)))))
Certo che alcune frasi, tipo quella del buco, me le porgi su un piatto d'argento eh ;)
Di bel la Westgate non ha solo il perchè...
Con lei guarda pure Carnal desires, sempre di Ryan.
DiscussioneDaniela • 18/05/20 13:38 Gran Burattinaio - 5945 interventi
Michel Piccoli è deceduto il 12 maggio all'età di 94 anni, la famiglia ne ha dato annuncio oggi 18 maggio: tra la prima apparizione cinematografica nel 1945 e l'ultima partecipazione nel 2015, una costellazione impressionante di titoli, molti dei quali di produzione italiana.
Immediatamente riconoscibile ma anche mimetico, capace di essere credibile nei più diversi ruoli: addio ad uno dei più grandi attori europei.