Miniciclo: 6 film visti da lei
La Ionesco racconta (con sorprendenti tocchi di delicata regia) la sua (mala)adolescenza di lolita/modella, musa "artistica" di una madre (Isabelle Huppert) che fà del suo corpo acerbo strumento di pose erotico-necrofile.
Autobiografico e realmente sentito (forse troppo), sofferto e per nulla morboso (la Ionesco evita assolutamente pruderie varie, se non la sequenza in cui la madre vende le foto della figlia-in un parco-ad un presunto pedofilo) dove lo sguardo prettamente femmineo non dà spazio ai lati "torbidi" della vicenda
Così, la piccola Violetta (tramutata dalla madre in una specie di bambolina perversa con chili di rossetto), che sia in autoreggenti e scarpe con tacco 12, vestita da vedovella sexy contorniata da teschi, scheletri e inquietanti manichini "baviani", in minigonne attilatissime, piume di struzzo, o agghingata come Marlene Dietrich dell'
Angelo Azzurro, non suscita nessuna morbosità "pedofila", ma tutto pare "naturale" e quasi "meccanico" davanti all'obiettivo della madre , sempre più convinta di rivoluzionare il mondo dell'arte ("
Diventerai più famosa di Shirley Temple", le dice)
A parte qualche ottimo momento di gran cinema (l'incontro con l'efebico rocker dandy inglese-il figlio di Nick Cave- nella sua villa, che fà fumare alla ragazzina delle droghe, per poi abbracciarsi teneramente sul prato all'aperto, un misto di cinema greenaweyano e vontreieriano, la crisi "selvaggia animalesca" di Violetta nei confronti della madre, il bellissimo finale "boschivo", con Violetta in fuga dalla madre che appare vestita come la Vergine Maria, i canti ortodossi nella piccola chiesa romena, la stanza set "necrofora" e quasi baviana) , il film pare però girare su sè stesso, come se la Ionesco (nel trattare il suo vissuto) si chiuda in se stessa, in un racconto ermetico che lascia poco spazio a quello che circonda madre e figlia (praticamente , quasi tutto il film, si barcamena tra i set fotografici della madre e i litigi furenti con la figlia, tra la scuola e la claustrofobia del piccolo appartamento alla periferia di Parigi)
Schegge impazzite, come il party "warholiano", la cena con le modelle (dove Violetta sbircia sotto il tavolo e vede che le ragazze non indossano le mutandine), gli incontri con il mercante d'arte Denis Lavant, la cattiveria delle amichette di scuola di Violetta (la madre la manda in classe conciata come una "piccola puttana"), la ribellione di Violetta agli scatti sempre più (h)arditi della madre, l'incontro con l'assistente sociale, il sorprendente 'omaggio baviano, tutti piccoli particolari che gravitano attorno ad un rapporto di odio e amore sempre più crescente
Emblematiche due scene (non dialogate, tra l'altro): la Huppert che si distende su una tomba in un cimitero (sequenza onirica quasi rolliniana), che si autoscatta fotografie immersa in un letto zeppo di inquietanti bambole baviane, Violetta che insegue un ragazzo ad occhi chiusi, si mette a carponi sulle scale annusando come un animale, per poi annusarsi a vicenda, che donano al film un aria surreale e staniante, quasi fiabesca e barocca-e non per nulla la Huppert,ad un certo punto, cita Lewis Carroll- (molti gli spunti favolistici/horror: la madre vista come una specie di vampira attratta dalla morte, la piccola Violetta vittima sacrificale, protetta dalla nonna molto religiosa, le camere degli "orrori", la passione per la decadenza mortifera, la madre che "vampirizza" la bellezza acerba di Violetta, l'infanzia "incubotica", con un sapore di "cinema delle streghe" che rammenta odori e flebili risonanze che stanno tra
Suspiria e
Livide)
La Ionesco (coadiuvata dalla magnifica fotografia di Jeanne Lapoirie e dalla partitura musicale di Bertrand Burgalat-bellissimo il pezzo dell'arrivo alla dimora della rockstar inglese- e da sfavillanti costumi "felliniani") regala momenti di gran cinema sentito e sofferto, anche se si fà prendere troppo la mano sul suo passato burrascoso, finendo quasi per autopsicanalizzarsi e lasciando poco spazio al "narrato filmico"
Visto in francese (con sub francese per non udenti) , senza grandi difficoltà a capirne i dialoghi, molto fluido nella narrazione (le direttive della madre sul set, i dialoghi tra le due:"
Cos'è l'incesto mamma?" chiede Violetta alla madre, e la madre risponde:"
Quando due parenti hanno rapporti carnali" , risponde, e Violetta:"
Allora il nostro e un rapporto incestuoso?", ribatte Violetta). Curioso, poi, che nei film in lingua originale vengano mantenute le varie lingue (si parla francese, inglese e rumeno), e non una solo idioma come nel doppiaggio italiano
In un paese come il nostro, che banna in tv
Pretty Baby (con cui il film ha diversi punti in comune), forse, non lo vedremmo mai, anche se le morbosità sono tenute fuori dalla porta
Grandiosa la Huppert (fragile e determinata al tempo stesso, e sentirla parlare in francese le dà una marcia in più), e gran rivelazione Anamaria Vartolomei nel ruolo di Violetta, davvero intensa e sofferta
La silfide con l'arco nella fiaba di Murgia è cresciuta, dimostrandosi narratrice di razza che getta una luce "ombrosa" sul suo tumultuoso passato di un adolescenza spezzata di ragazzina divenuta donna troppo in fretta. Imperfetto, ma davvero sentito.