Note: Soggetto dal romanzo "Dragonwyck" della scrittrice americana Anya Seton, pubblicato nel 1944 dopo essere uscito a puntate su una rivista femminile l'anno precedente. E non "Il castello di Dragonwick".
È molto invecchiato, purtroppo. Bella l'ambientazione e belli i "duelli" che la pellicola rappresenta e ci presenta. Ovviamente gustoso (ma meno "finito", rispetto alle grandi prestazioni dei decenni successivi) il personaggio di Vincent Price. Oggi ci appare "solo" discreto (il film, non Price).
Film gotico di impianto classico, che riprende il mito di Barbablù e lo fa con grande efficacia, grazie alla bella regia di Mankiewicz che, pur essendo alla sua opera prima, mostra già tutto il suo valore e mette in luce quello che sarà uno dei temi fondamentali di tutta la sua opera: il potere della parola che è essenziale nell'instaurare i rapporti, spesso di dominio, con gli altri. Ottimo cast, nel quale spiccano il "malefico" Vincent Price e l'ingenua Gene Tierney.
La ragazza è timorata di Dio ma sposa - scioccherella innamorata! - un signorotto arrogante e oppressore: questioni sociali, morbosi sotterfugi e fantasmi di famiglia si fondono in un romanzone forse eccessivo nella netta distinzione tra buoni e cattivi, ma ugualmente godibile per la buona struttura della narrazione, lo stimolante e complesso intreccio dialogico e l'efficace cast di attori in cui primeggia Price. Un'ottima e promettente opera prima.
E sì che per fare un gotico bastavano il castello, il ritratto, il fantasma, la stanza chiusa nella torre... ma qui c'è un contesto storico-ambientale puntigliosamente descritto, una polarizzazione conflittuale tra il microcosmo feudale di Dragonwyck e l'America "democratica", tra l'oppiomane ed egotico signorotto Price e la salubre e solare Thierney. Fiaba e Storia, realismo e incubo, ragione e follia, tradizione e novità, decadenza e rigoglio: Mankiewicz intaglia un diamante multisfaccettato e dà al suo gotico un'impronta di modernità e di inconfondibile eleganza.
MEMORABILE: La prima moglie di Price, che annega la disperazione nel cibo. Price, roteando i globi oculari:"Sono divenuto ciò che il volgo chiama... un drogato!!"
Esordio di Mankiewicz che già mette in luce pregi indiscutibili (direzione degli interpreti, rifinitura e gestione dei dialoghi) ma anche imperizia a carico della messa in scena: gli elementi gotici sono solo enunciati senza che vi corrisponda un'appropriata resa atmosferica: così, il castello - con cui Miranda dovrebbe instaurare un rapporto simbiotico - rimane una bella scenografia; la torre - in cui Van Ryn si ritira notte tempo per i suoi oscuri conciliaboli - non c'è, e l'ava esecratrice è un quadro muto appeso sul camino. Curiose le implicazioni sociopolitiche tratteggiate.
Ambientazioni "simil gotiche" nell'America dell'800, quella dei coloni olandesi dove il castello ricorda in modo artificiale l'architettura dei paesi bassi. È l'America di Washington Irving e che avrà buoni seguiti cinematografici tra cui Sleepy Hollow di Tim Burton. Ottime premesse che soddisfano solo in parte in una storia alla Jane Eyre poco incisiva, ma che assume toni cupi nella perfida figura di Van Rin nobile feudale interpretato da un giovanissimo e magro Vincent Price, che si scontra con il nuovo mondo dai principi democatici.
Fanciulla contadina allevata in una famiglia di rigidi principi religiosi va a vivere nel castello di un lontano parente, uomo sprezzante e privo di fede. Ossia il Diavolo e l'Acqua Santa, con la seconda che scioccamente si innamora del malvagio aspirante vedovo, per questo esordio registico in cui la trama da fiaba gotica mostra qualche crepa nella gestione dei personaggi di contorno, ma questo passa in secondo piano di fronte alla bellezza vibrante di Gene Tierney e al fascino altero di Price, perfetto in un ruolo che anticipa quelli cormaniani.
MEMORABILE: Limbarazzo della fanciulla al suo primo ballo; Il delirio di onnipotenza nell'epilogo
Le inquietanti regioni dell'inconscio, il territorio oscuro della mente, lo spazio del sogno e dell'incubo: i temi che Mankiewicz affronta nel suo film d'esordio si proiettano davanti allo spettatore in visioni cupe, in eclatanti contrasti chiaroscurali e in scenografie d'impatto espressionista. Un film testimone di un'estremo quanto romantico "viaggio" d'amore, un capolavoro malavagio e mirabilmente solitario. Vincent Price è da Oscar. Splendida la fotografia di Arthur C. Miller.
L’esordio di Mankiewicz introduce caratteri e stimoli mediante l’uso della messinscena; con la sensibilità del chiaroscuro, l’incidenza della penombra attanagliata dalle sue infinite e polverose variazioni e, nondimeno, attraverso l’impianto architettonico che è un vero e proprio mostro leviatano. Psicologicamente scrupoloso e con un romanticismo di vibrante e mortifera natura. Eterea la Tierney, diabolicamente poetico Price.
Una ragazza di belle speranze e divorata dall’ambizione sposa un ricco cugino proprietario di un magnifico castello. Ma fa tutto parte di una perversa macchinazione. Price ovviamente nella parte del malefico è perfetto, così come in opposizione la leggiadra Tierney. La trama ha qualche buco che andava per lo meno rattoppato, ma quel che conta veramente è l’atmosfera gotica che aleggia sinistra su tutto il racconto.
C'è già tutto il cinema, cerebrale nella struttura narrativa e opprimente nella messinscena, di Mankiewicz in questo esordio già pienamente consapevole in termini di "poetica" e capacità di utilizzare il mezzo tecnico per i propri fini espressivi. Così, se il romanzo della Seton diventa la traccia per seguire sul piano della superficie il coté gotico (con eccessi melò) di Rebecca, il Mank è interessato già precipuamente alla mente dei suoi personaggi e in particolare alla loro blasfema, supponente intelligenza, qui incarnata da uno straordinario Price, cui si oppone la dolce Tierney.
MEMORABILE: La egocentrica e al contempo terrorizzata Johanna, prima moglie di Price, interpretata da Vivienne Osborne.
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CuriositàDaniela • 27/12/18 10:52 Gran Burattinaio - 5944 interventi
Soggetto dal romanzo "Dragonwyck" della scrittrice americana Anya Seton, pubblicato nel 1944 dopo essere uscito a puntate su una rivista femminile l'anno precedente.
Gene Tierney e Vincent Price avevano già lavorato insieme l'anno precedente in Femmina folle per la regia di John M. Stahl, con la prima protagonista e il secondo nel ruolo secondario del fidanzato inizialmente sospettato di averla assassinata.