Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.
Adolfo è un cactus. Due ragazzi si incontrano mentre il ragazzo sta per andare al funerale del padre, mentre la ragazza è appena uscita da un centro di riabilitazione. Ecco il materiale per un film che tende a un minimalismo che deve cercare di esprimere un mondo giovanile con le sue difficoltà e le sue problematiche. L'opera prima di Sofia Auza non riesce in questo intento. Il cactus non ha specificità simboliche per cui possa assumere una valenza particolarmente significativa. Fallisce anche come film lirico, a causa di dialoghi poco significativi. In parte si salva la fotografia.
Classico thriller destinato a un pubblico di giovani: non troppo violento, con qualche sparatoria e una spruzzata di scene "hot" ma senza neppure un nudo. La prova del cast è tutto sommato valida, contando che la maggior parte degli attori sono giovani, e abbiamo anche un piccolo colpo di scena nel finale. Un film appena vedibile, però: poca tensione e parecchia noia.
Brillante action parascientifico costruito su un'idea (per la verità piuttosto derivativa) di uomini per metà cyborg: in questo caso al protagonista, diventato tetraplegico, viene impiantato un chip che non solo gli consente di recuperare le funzioni motorie, ma anche di guadagnare capacità formidabili che decide di usare per scoprire chi e perché gli ha ucciso la moglie. Ben diretto, interpretato da un Marshall Green in perfetta forma fisica e vena umoristica aperta, si distingue anche per un epilogo non troppo convenzionale preparato da un colpo di scena ottimamente congegnato.
Film di brevissima durata (supera di poco l'ora) che racconta una storia di spionaggio ambientata, durante la Seconda Guerra Mondiale, a San Francisco. La storia è zeppa di ingenuità (il carcerato che riesce a capire il messaggio cifrato perché è appassionato di sciarade), però riesce anche a intrattenere piacevolmente. Gli attori, non certamente tra i più famosi, non entusiasmano ma neanche demeritano. La regia è piuttosto solida e ben sfrutta la l'esigua metratura della pellicola per tenere sempre alta l'attenzione degli spettatori.
Un giovane professore temporaneo si trova alle prese con una classe ribelle e problematica che con provocatoria sincerità si autoaccusa dell'omicidio del precedente insegnante, stuzzicando una curiosità mascherata da senso di giustizia dai connotati sempre più irritanti. Sulla carta un buon soggetto, anche se condotto senza una linea coerente, ma reiterando le futili chiacchiere e le fanciullesche provocazioni degli studenti, con episodi talvolta irrilevanti (le scommesse) o altri senza peso sulla trama (l'aggressione alla moglie). Finale frettoloso, efficace la prova di Hemmings.
Bel corto, realizzato con una tecnica di animazione semplicissima ma efficace. Al giovane Bob vengono regalati dei pupazzi e il ragazzino organizza uno spettacolo per i suoi coetanei. Ci vengono così mostrate alcune situazioni con personaggi che compiono le loro consuete attività lavorative, ma non senza complicazioni, dovute a un'automobile con conducente piuttosto "esuberante". La storia è semplice ma simpatica e ben realizzata. Merita sicuramente la visione.
Thriller in alta quota per Mel Gibson, il quale, dopo i progetti ambiziosi che ne hanno spesso caratterizzato la carriera da regista, scende di livello per tuffarsi in un B-movie facile facile che punta tutte le sue carte sulla tensione. Non solo quella data da un volo di difficilissima gestione, ma anche quella garantita dall'avere a bordo uno spietato killer armato di cattivissime intenzioni. Non ci mette molto il film a entrare nel vivo dell'azione: dopo un breve incipit nella camera di un motel dove Winston (Grace), il supertestimone prossimo a dare il suo fondamentale contributo per...Leggi tutto incastrare un boss, viene fermato dalla polizia e ammanettato perché non possa fare scherzi, ci si sposta già sulla pista di un aeroporto.
La US Marshal Madolyn Harris (Dockery) sale sull'aereo privato che dovrà portarla, insieme a Winston, ad Anchorage (siamo in Alaska), da dove poi partire per Seattle. Il pilota che li accoglie (Wahlberg) si mostra scherzoso, ha voglia di parlare con qualcuno e, fin da quando decolla, non smette per un attimo di farlo. Madolyn non ne può più, mentre Winston, seduto e incatenato al suo posto poco più indietro dei sedili di guida, mostra un simpatico spirito ironico a sua volta poco apprezzato dalla donna. Qualche scossone, un uccello che si schianta sul vetro spaventando Madolyn, le ciance del pilota che, nelle cuffie che fa indossare anche alla donna per parlarle, mette in loop "Blue Monday" dei New Order: una situazione che resta comunque piuttosto nella norma fino a quando una frase del pilota mette in allarme Madolyn: sa qualcosa che non dovrebbe sapere. Come mai? Semplice: quello non è l'uomo che dovrebbe essere ma qualcuno mandato dal boss contro il quale Winston dovrà testimoniare e il suo obiettivo è uno: uccidere quest'ultimo.
La tensione esplode d'improvviso a bordo e inizia l'avventura ad altissimo rischio che non ha in sé nulla di nuovo ma si propone il difficile compito di riuscire a intrattenere per la tradizionale ora e mezza senza mai uscire dall'abitacolo dell'aereo. E' un sottogenere ben preciso, quello a location unica, e per funzionare richiede una sceneggiatura di ferro o in alternativa una regia di alta qualità in grado di mantenere alta la suspense facendoci dimenticare le limitazioni date dall'unità di luogo. In questo caso la sceneggiatura non è certo virtuosistica, ma Mel Gibson dietro la macchina da presa ci sa fare e sfrutta bene gli spazi spostando l'attenzione da un personaggio all'altro e aggiungendovi le pericolose evoluzioni del velivolo.
La credibilità va perlopiù a farsi benedire, Wahlberg (per l'occasione mezzo pelato in testa e... senza l'utilizzo di effetti speciali, come ha tenuto a precisare: semplice rasatura), in un raro - per lui - ruolo negativo, non è sempre sopportabile per quel suo salire esageratamente sopra le righe che conduce alla macchietta. La Dockery non è troppo empatica ma fa quel che deve, Winston contribuisce alla vena ironica con qualche intervento azzeccato. Ma in questo senso chi ha buon gioco è la voce che da terra dovrà aiutare il velivolo a non schiantarsi. Le spiritose avance via radio a Madolyn sdrammatizzano e donano spesso relativa brillantezza all'azione. L'unica variante importante è data dalla scoperta che qualcuno, in polizia, fa il doppio gioco, e Madolyn è coinvinta di sapere chi sia. Una sorpresa che a fatica regala un po' di interesse a una vicenda un po' stantia che tuttavia si segue con un buon grado di coinvolgimento. Niente di eccezionale o di originale, è evidente, ma come thriller ad alta quota si lascia guardare volentieri.
Non solo gli americani: a visitare Roma in cerca d'amore, avventura, magari con la speranza di fare un giro in Vespa fino alla Bocca della Verità (citando apertamente VACANZE ROMANE, of course) ci sono anche i russi, che in questa coproduzione con l'Italia portano nella Capitale la loro diva Olga Stanislova Pogodina, attrice in patria di decine e decine di film e serie. Qui è Olga, dirigente moscovita della maison di moda di Vladimiro (Frassica), brand per il quale la donna si reca a Roma per lanciare una nuova campagna...Leggi tutto pubblicitaria. Si fa accompagnare da Massimo (Conticini), uno dei pochi nell'ambiente che non sia gay e che la sistema in uno splendido hotel.
Il Gregory Peck della situazione è invece Giorgio (Preti), bamboccione che il padre (Giannini) è stanco di dover mantenere. Dopo aver orgogliosamente deciso di cercarsi una strada lontano dal genitore, capisce che trovare un lavoro non è affatto facile e, dopo una serie di colloqui a vuoto, finisce a parlare con l'addetto alle risorse umane (Molteni) proprio della Vladimiro, che sulle prime, dal momento che il giovane non ha referenze, lo invita ad uscire. Quando però Giorgio, capito che chi gli sta davanti è decisamente gay, mostra il fisico e ammicca, l'uomo cambia idea e lo assume come cameriere per l'imminente party organizzato da Vladimiro. E' da qui che il protagonista capisce come quello sia per lui l'unico modo per farsi strada nell'ambiente; decide così di fingersi gay prendendo il "nome d'arte” di... Georgie.
Avvenente, alla Vladimiro Georgie attrae l'interesse di molti, e tutti fanno a gara per farselo amico e vezzeggiarlo. Tra i tanti conosce anche Olga, alla quale dice di essere un dirigente omosessuale stabilendo con lei un rapporto di complicità e facendole un po' da cicerone alla scoperta di Roma (l'immancabile giro in Vespa sarà tuttavia uno solo e molto breve). Giorgio deve intanto fare ben attenzione a non farsi scoprire dagli amici, ai quali ha taciuto la sua frequentazione di un certo mondo. L'arrivo in città della madre (Udovicenko) di Olga, alla quale quest'ultima aveva detto, per farla felice, di avere appena trovato lì un nuovo fidanzato, lo costringerà (su richiesta di lei) a spacciarsi proprio per l'amore italiano della bella dirigente russa, tacendo alla donna la sua (finta) natura omosessuale.
Una trama non certo nuova e sufficientemente intricata da creare un po' di movimento, al quale partecipano personaggi eccentrici ed effeminati (gustoso Frassica in questo senso, pur se privato delle sue battute travolgenti) e pure il cagnolino di Vladimiro, Vogue, utilizzato come classico espediente "slapstick" facendolo balzellare allegramente per il set inseguito di volta in volta da qualcuno. Si capisce chiaramente, dal tipo di impostazione, come il pubblico di riferimento sia prima di tutto quello russo (c'è pure un gruppo che canta la "Gelato al coccolato" di Pupo, artista notoriamente molto apprezzato da quelle parti). Manca ogni tipo di punta amara o caustica, tutto è volto in direzione di una forzata brillantezza e di un tipo di umorismo grossolano ed elementare che il pubblico italiano difficilmente può apprezzare.
La recitazione dei personaggi secondari è buona (ci sono anche Tosca d'Aquino, Alessandro Borghi, Flora Canto), ma quella dei protagonisti lascia abbastanza a desiderare, dando l'impressione di un film impostato per raccontare la solita banalissima storia d'amore con la straniera sedotta dall'italiano bugiardo ma affascinante e di buon cuore, mostrando nel contempo una Roma sfavillante, ideale culla romantica. Si vede qualcosa anche di Mosca (soprattutto la Piazza Rossa e la Chiesa del Cristo Salvatore, i due simboli della città), con una prevalenza di esterni che conferma la natura cartolinesca dell'operazione.
Per il resto si ironizza senza fantasia sulla predisposizione omosessuale nel mondo della moda, generando multiple macchiette stantie. La Pogodina non possiede la stessa spontaneità di una Audrey Hepburn e il film si presenta come un concentrato piuttosto rozzo e goffo di luoghi comuni sull'Italia, da sempre immaginata e idealizzata in questo modo da chi ne vive lontano. Max Nardari, restando in tema gay, farà meglio in futuro con AMICI PER CASO, allontanandosi per fortuna dai lustrini e dalla confezione patinata tipici di certe coproduzioni nate per soddisfare con tutta evidenza palati esteri.
Giallo di poche pretese, ha almeno il merito di evitarci la solitamente immancabile scena che nell'incipit - senza aggiungere nulla - ci catapulta in avanti per poi tornare indietro. Più lineare nello svolgimento, la storia comincia in famiglia, con Helen Parker (Holden), architetto piuttosto in gamba, che sta preparando una cenetta per festeggiare un premio conferito a suo figlio Taylor (James), sedicenne ottimo scolaro fissato coi videogiochi e tendenzialmente asociale. Insieme a loro l'altra figlia Gia (Christie) e Judy (Isack), una vicina di casa amica di Helen, insieme al proprio...Leggi tutto figlio Miles (Williams). Mancano i padri, presenze di norma assenti o marginali in questo tipo di film, ma il gruppo è affiatato e tutto sembra andare per il meglio. Anzi, Taylor pare abbia finalmente conosciuto una ragazza, anche se solo via chat, con cui scambia dolci messaggini. Parlano della festa per i sedici anni di Sophia (Rowe), a cui andranno tutti (madri escluse), senza sapere che quella sarà una serata maledetta: Sophia, infatti, verrà trovata qualche ora dopo cadavere in un parco e Taylor incriminato del delitto.
Quando la polizia bussa alla porta per arrestare suo figlio, Helen trasecola: sa che Taylor non può essere il vero omicida, ma spunta la registrazione da una telecamera della zona che mostra proprio Taylor uscire quella notte di casa e tornare poco dopo. Lui nega recisamente di aver ucciso Sophia e sua madre gli crede, mentre intanto compare in scena un collega (Cermak) di quest'ultima, che con lei si dimostra gentile e servizievole. Un tipo piuttosto ambiguo però: è in buona fede o nasconde qualcosa?
Ci sarà ancora tempo per aggrovigliare ulteriormente una matassa assai intricata, studiata con una certa abilità soprattutto con il chiaro intento di celare la soluzione. Ciò non toglie che una regia (di Soran Mardookhi) troppo fiacca non riesca mai a far decollare il film. Un po' per i personaggi inconsistenti interpretati senza grande convinzione (fa eccezione Gina Holden, professionale e non a caso scelta per il ruolo centrale), un po' per le debolissime scene in famiglia che li vedono interagire in modo piuttosto artificioso, è proprio difficile appassionarsi alla storia. Che invece, nella seconda parte, qualche buona sorpresa la riserverebbe, spiazzando (relativamente) e riuscendo a incuriosire.
Bandita ogni traccia di azione, è assente del tutto pure la suspense, al punto che indicare come thriller il genere questa volta riesce piuttosto difficile. Tutto scorre piatto senza che CATFISH MURDER (il titolo fa riferimento alle false identità che si creano online ed è buffo che il tema sia molto meno centrale di quanto possa si possa immaginare all'inizio) riesca ad emergere rispetto alla bassa media di questo tipo di film. Si apprezza la volontà di rimanere nei ranghi senza voler strafare, offrendo nel contempo una confezione decente, ma soprattutto i giovani - peraltro tutti apparentemente molto più adulti dell'età dichiarata nella finzione - non riescono a far presa, rendendo il tutto più anonimo e inconsistente di quanto meriterebbe...
Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA
L'ISPETTORE DERRICK
L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA