Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.
Mercante sposato e con prole perde la testa per una bella cortigiana e la sua ossessione prende una brutta piega... Trama antica come il mondo ma sempre attuale (a volte nulla si può fare, contro l'attrazione fatale) che però tiene incollati allo schermo sino al crudo, triste finale, soprattutto per due ragioni: la nitida fotografia in bianco e nero che rende l'atmosfera lugubre e le scene erotiche che si intuiscono (la morale dell'epoca imponeva drastiche censure) stimolando l'immaginazione. Il cast offre un'interpretazione intensa e il disperato protagonista fa tenerezza.
Documentario in grado di fare quadrato attorno a decenni di indagini sul caso emblematico di Emanuela Orlandi. Risposte definitive, purtroppo, ancora non ce ne sono, ma le tante ipotesi, le piste internazionali, i depistaggi e l’ostracismo diffuso, vengono raccontate con un piglio deciso che garantisce l’attenzione. Riesce nell’impresa di non scivolare nel sensazionalismo e nella facile retorica, cosa affatto non banale, se consideriamo la mole di situazioni a cui deve attingere. Uno dei misteri più tragici e fitti al quale manca una conclusione che possa dare in qualche modo pace.
Una sessantenne insoddisfatta si vede crollare il mondo addosso quando il figlio finisce in galera per omicidio involontario... Il regista racconta con mano sapiente e cruda la progressiva disgregazione di una famiglia che culmina in un epilogo dolorosamente toccante: la protagonista (una bravissima Micheloni) diventa specchio impietoso dei tormenti di tante altre donne ingabbiate in una realtà soffocante, ma anche gli altri personaggi sono delineati con una certa cura, mentre il ritmo regolare assicura una visione coinvolgente. Si passa volentieri sopra la fotografia non eccelsa.
Non sapremo mai se il film racconta quanto davvero successe nelle prigioni turche dove Hayes fu rinchiuso (lui stesso ha accusato il film di avere troppo romanzato la sua storia). Fatto sta però che, dal punto di vista cinematografico, siamo di fronte a un quasi capolavoro. Che Parker realizza pur essendo alla sola seconda regia, senza neppure avvalersi di star celebrate (il protagonista, Brad Davis era quasi all'esordio). Riuscendo a massimizzare ritmo, direzione degli attori, fotografia, uso della splendida OST di Moroder. Tanta Italia nel cast: Bonacelli, Ballista, Diogene.
Tre coppie trascorrono insieme qualche giorno di vacanza in ogni stagione dell'anno. Tratta da un film omonimo di Alan Alda, una miniserie scritta e cointerpretata da Tina Fey, che unisce i toni brillanti a una riflessione sulla maturità e sul passaggio del tempo, con i relativi cambiamenti sulle personalità dei protagonisti. La scrittura è efficace nell'esplorare le dinamiche di coppia e le suggestive ambientazioni costituiscono un degno contorno. Prova corale brillante del cast, con menzione particolare per la stessa Fey e per Steve Carell.
Cattivo e sadico, non senza difetti (anzi) ma con una dose di efferatezza davvero notevole. I registi sono abili a mascherare i limiti di un budget ridotto all'osso con una confezione molto professionale sfruttando bene la fotografia e la splendida ambientazione boschiva. Di fatto tre attori (tutti decisamente in parte) ma anche uno script che si regge in piedi a fatica, pochi dialoghi (spesso rivedibili) e un po' di sana noia. Manca la verosimiglianza (anche solo vaga), ma il finale cattivo e "bastardo" salva tutto in corner.
Ricky Tognazzi e la moglie Simona Izzo (presente anche tra gli sceneggiatori) ricostruiscono gli ultimi tredici anni di vita di Francesca Morvillo (Pantano) e Giovanni Falcone (Reggiani) partendo dal giorno del loro incontro in un ristorante, lui reduce dalla separazione dalla moglie, lei ancora felicemente unita a un uomo con cui condivide l'interesse lavorativo, oltre al letto. Eppure l'attrazione tra i due protagonisti è immediata, lo si capisce (come avrà modo di sottolineare in seguito proprio il marito di Francesca) da come lui guarda lei e da come lei si lascia guardare...Leggi tutto da lui.
La carriera del grande giudice palermitano rimane, per una volta, piuttosto in ombra rispetto all'evoluzione del rapporto tra lui e la donna che ama e che prova per lui un'attrazione irresistibile, arrivando a sposarne in pieno anche il gravoso impegno civile che lo schiera in prima linea contro la mafia conscio di rischiare quotidianamente la vita. Francesca è magistrato a sua volta, si occupa di minori e di un caso in particolare, che seguiamo fin dall'inizio e che riguarda un ragazzo accusato di aver ucciso il padre. Non parla, né lui né sua madre, benché entrambi sappiano benissimo che il vero colpevole è un altro. Atteggiamento esemplarmente rappresentativo di quella mentalità complice che diventa il terreno ideale per la prosperazione della criminalità organizzata.
Giovanni e Francesca sono uniti - a livelli diversi - in una lotta impari che ha coinvolto l'intero apparato di giustizia siciliano soprattutto in anni (gli Ottanta) in cui Cosa Nostra aveva dichiarato guerra allo Stato eliminandone fisicamente i più coraggiosi e strenui difensori. Non che non si scandisca il trascorrere degli anni attraverso le date precise degli attentati, come è usanza inevitabile per ogni film che racconti questo particolare periodo storico, ma ciò che i registi puntano a mettere in luce è la grande complicità, tra amore ed emozione, che unì le anime di Giovanni e Francesca, continuamente messa alla prova da eventi funesti che portano il primo a desiderare di allontanarsi dalla seconda per proteggerla ed evitare che possa finire coinvolta in eventuali azioni delittuose compiute ai suoi danni.
La relazione però, che sicuramente visse momenti di grande intensità emotiva, tende talora a spegnersi in una resa poco cinematografica e che ricorre a dialoghi anonimi tesi a porre l'accento sulla melodrammaticità della situazione. L'escalation di sangue e ferocia non si percepisce in tutta la sua virulenza, è tenuta quasi in secondo piano lasciando che filtri qua e là attraverso i servizi dei telegiornali d'epoca, qualche riunione in ufficio, la collocazione all'interno del suo spazio temporale di attentati che echeggiano in una telefonata, una fredda comunicazione... Anche perché il punto di vista scelto è in primis quello di Francesca, non di Giovanni, inevitabilmente più coinvolto nella lotta.
Conferiscono allora una dimensione precisa al lavoro di Francesca le parti relative al processo del giovane recluso nel carcere minorile (sono purtroppo le più deboli), sganciando ulteriormente il film dai tanti che negli anni hanno dato risalto solo all'attività del suo più celebrato compagno. Così, tuttavia, ci viene parzialmente preclusa la possibilità di calarci nell'estrema drammaticità del momento storico, impedendoci di cogliere la statura vera di Falcone, dipinto come un giudice simile a molti altri quando sappiamo quanto così, per forza di cose, non potesse essere. La dolcezza delle parentesi intime è in ogni caso ben resa da due attori che sanno restituirla con misura e garbo, mentre la regia svelta aiuta a ripercorrere, da una visuale diversa, le tappe di un'avventura che conserva ancor oggi tratti di autentico eroismo.
Ben poche ambizioni per l'ennesima commedia sul creativo in disgrazia, in questo caso un autore di programmi di successo che ritroviamo con la barba lunga e l'aria disillusa nello studio di una donna che l'ascolta e sembra volerlo spronare. L'uomo si chiama Giancarlo (Giusti) e, benché sembri ancora sorridente, sente di dover spiegare perché non ha più nulla a che spartire con il proprio passato. A colpi di flashback lo rivediamo più giovane, sbarbato e pieno di vita negli studi televisivi dove dirige una squadra di collaboratori fidati, con cui elabora...Leggi tutto le strategie per la trasmissione di cui è a capo, rivolta a un pubblico in età avanzata cui dare in pasto un po' sempre le stesse cose. Tutto sembra procedere per il meglio; ma allora cos'è successo, in seguito?
I problemi sono cominciati quando a Giancarlo è morta nonna, una nonna che non vedeva da decenni. Recatosi per dovere a Zagarolo al funerale, vi incontra solo un lontano cugino, Bernardo (Calabresi), che si spende in affettuosi abbracci ricordando i tempi passati insieme. Non basta: lo strano tipo sale in macchina con lui e gli si piazza in casa, dove anche la moglie (Spada) di Giancarlo non sa bene come trattarlo. Bernardo è un campagnolo rozzo e invadente, fissato con "il rito di nonna" ovvero un procedimento attraverso il quale è in grado di sapere cosa la gente pensa della persona alla quale strappa una ciocca di capelli. Il prescelto è ovviamente Giancarlo, che scoprirà in tal modo cosa dicono di lui (per l'appunto) i colleghi, gli amici (che lui chiamava "veri amici") e anche la moglie; e non sono certo parole dolci... Si rifugerà così nell'amore per una ballerina venticinquenne (Castagnotto), che gli presenterà un gruppo di strani personaggi con cui il protagonista si metterà in testa di rinnovare la trasmissione che dirige. Non si rivelerà una grande idea... In attesa tuttavia di capire cosa abbia cambiato totalmente la vita di Giancarlo, ne ripercorriamo le vicende, con il cugino di campagna cui spetta movimentare un'azione che senza di lui ristagnerebbe.
Calabrese, con accento romano/ciociaro, prova a rivitalizzare un Max Giusti piuttosto spento, costretto dalla sceneggiatura a un ruolo da moderno Scrooge appena più addolcito, pronto ad osservare senza esser visto non il passato e il futuro, ma solo un presente assai triste, in cui scopre che successo e denaro non sono tutto, nella vita. I duetti tra di loro qualcosa sortiscono, soprattutto grazie ai soliti tempi comici perfetti di Calabrese (che se la fila con la domestica orientale sciorinando saggi proverbi di provincia), ma la conduzione di Umberto Riccioni Cartese appare piatta e adagiata su temi e situazioni davvero troppo stravisti. Ci voleva almeno un po' di fantasia in più e la ricerca di qualche buona gag che innervasse una storia che procede incolore: da una parte la moglie accusata di tradire Giancarlo che si dimostra matura e stanca delle sue accuse, dall'altra lui che cerca di contenere l'esuberanza del cugino e di capire come riparare alla carenza d'affetto.
In aggiunta: oltre a un Pupo in qualità di ospite stizzito alla trasmissione (si vede in più occasioni), troviamo un conduttore tv senza spina dorsale e un gruppo di amici stufi di essere presi in giro da chi si guadagna il rispetto solo pagando loro le cene. Una commedia uguale a mille altre che non riesce a trovare nel simpatico Max Giusti il mattatore che riesce ad essere in teatro. Il titolo del film è quello dell'omonima canzone di Cesare Cremonini targata 2008 e che si ascolta in un'unica occasione. Platinette, in versione Mauro Coruzzi, è tra i collaboratori di Giancarlo alla trasmissione, Simona Marchini è la madre che il figlio consulta quando cerca di capire cosa voglia il suo pubblico...
Ottima idea, quella della puntata di un vecchio show televisivo (andata in onda la notte di Halloween del 1977) rinvenuta casualmente dopo che era stata lungamente creduta perduta e che, a quanto ci viene detto, "fece la storia della televisione" (si capirà il perché). Il principio è naturalmente sempre quello del mockumentary, ma applicato per l'appunto alla diretta di una celebre trasmissione (inventata) del tempo. Si parla di "Night Owls", condotta da Jack Delroy (Dastmalchian), ricostruita al meglio come se fosse davvero esistita e in perfetto stile...Leggi tutto Seventies (il 4:3 era d'obbligo), quindi con i costumi di allora, il tipo di personaggi e di troupe che si possono facilmente immaginare. Delroy tuttavia non è un presentatore qualunque: frequenta un misterioso club occulto per soli uomini (con sede in una foresta) e ha perso da poco l'amatissima moglie (Haig) per un cancro ai polmoni.
Dopo una prima parte che riassume le vicissitudini del programma, con la lotta perenne agli ascolti e la rivalità con lo show di Johnny Carson che vede Delroy regolarmente sconfitto e relegato in seconda posizione, si può finalmente cominciare. Il film, interamente ambientato all'interno dello studio dove ha luogo il "Night Owls", si struttura come una possibile autentica puntata, per quanto piuttosto anomala. La trovata è quella di introdurvi l'occulto invitando come primo ospite un medium, tale Christou (Bazzi) e, in rappresentanza degli scettici, l'illusionista Carmichael (Bliss), il quale non perderà occasione per accusare di mistificazione coloro che ritiene dei semplici ciarlatani; come Christou, certo, che invece sembra davvero in contatto con le anime dei defunti.
Poi però il clou della puntata sono la parapsicologa June Ross-Mitchell (Gordon) e la sua giovane paziente Lilly (Torelli), sorta di Regan esposta al pubblico ludibrio. La donna ha scritto un libro, "Conversations with the Devil", in cui racconta delle sedute con Lilly, unica sopravvissuta di una setta sanguinaria che adorava Abraxas. La ragazzina, in apparenza placidissima (nonostante uno sguardo inquietante), quando cade in ipnosi viene posseduta da un demone che lei chiama "Mister Guizzo" e che la trasforma letteralmente, anche se l'illusionista insiste a dire che si tratta solo di chiacchiere.
I fratelli australiani Colin e Cameron Cairnes sono abili a far montare la tensione, sfruttando bene lo straniamento che coinvolge sempre più il conduttore, in difficoltà nel capire dove risieda lo stacco tra realtà e immaginazione, incapace di gestire con fermezza una situazione che sembra potergli sfuggire di mano in ogni momento. Piuttosto discutibile invece la scelta di mostrare (in bianco e nero) i "fuori onda" durante gli short pubblicitari, che riprese troppo artefatte e costruite (improvvisi focus su dialoghi privati, controcampi, primi piani) non possono rendere credibili, spezzando un po' ciò che invece si restituisce al meglio con inquadrature tipicamente televisive durante la diretta.
Sempre in attesa che accada qualcosa di straordinario, si riesce comunque ad apprezzare una sceneggiatura che ha tratti ironici, buffi nella figura di un presentatore che sembra sempre più fuori fase e che trova nel supponente, irritante illusionista un perfetto contraltare agli eccessi dei personaggi legati al paranormale. E non delude neanche l'ovvia esplosione soprannaturale nell'ultima parte; semmai a lasciare perplessi è il caos che la segue, i diversi piani di realtà che si sovrappongono a una dimensione onirica destinata a confondere il tutto in un delirio faustiano di dubbio gusto. Però si ha la sensazione di aver visto un horror diverso dal solito e non è poco, un horror che dosa bene gli effetti e non pensa a strafare, convincente nella messa in scena e nel suo pregevole involucro finto-documentaristico.
Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA
L'ISPETTORE DERRICK
L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA