Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.
Un gruppo di stuntmen si trova a fronteggiare dei narcotrafficanti; dovranno fare uso delle proprie capacità. Tra l'action e il survival-movie, un lavoro di serie B che soffre della mono-location desertica; l'azione si svolge interamente tra le rocce e la sabbia dell'assolata California, con continui attacchi e agguati tra le due fazioni. Qualche buona trovata, qualche stunt riuscito (e ci mancherebbe), fucilate varie e un protagonista con l'arco che sembra fare il verso a Burt Reynolds. Nel complesso guardabile, anche se le idee sono poche e la realizzazione piuttosto poveristica.
Un giovane spiantato e senza alcun principio morale né intellettuale, è costretto nel burrascoso periodo della fine dell'occupazione nazista a compiere azioni delittuose senza rendersi conto dei cambiamenti intervenuti, e perciò si trova in carcere in attesa di essere ghigliottinato insieme ad altri disgraziati come lui. Una riflessione di derivazione illuminista sulle colpevoli carenze della giustizia e soprattutto sulla pena di morte vista come un'ulteriore forma di assassinio; un film corale a volte retorico e spesso didascalico che denuncia senza poter dare soluzioni possibili.
Bella organizzatrice di eventi si innamora del fratello di una sua cliente il quale, oltre a essere affascinante, è anche un attore... Bingo! Fiaba che da speranza a molte fanciulle perse dietro ai divi televisivi (sognare non costa nulla), mentre al telespettatore più realista non ha effettivamente molto da offrire: certo, la protagonista è gradevole e interpreta un ruolo abbastanza simpatico, ma il rimanente cast qui convince poco (il special modo l'interprete principale maschile) e lo snodo non offre spunti stuzzicanti, a parte qualche sparuto momento vagamente divertente.
Il millenium bug pianifica la fine dell'umanità in uno scenario a metà tra supermarket horror e il tagliaerbe. Il Duemila è passato tanto che l'ex ragazzina ribelle Alicia Silverstone ora interpreta la mammina. Perché riesumare quel periodo con questa commediola teen portatrice di retorico e fastidioso messaggio global? Tanto più che si ripropone la solita contrapposizione tra nerd e popolari e si inneggia al consumo di alcool ed erba per sentirsi cool. Musichette insopportabili con imbarazzante entrata in scena del cantante dei Limp Bizkit. Un inutile groviglio di file cestinati.
Found footage tanto fortunato quanto assai sopravvalutato, proprio come Blair Witch Project. Il suo problema maggiore non è la storia e nemmeno il duo di inquilini (sebbene certi modi in cui lui tenti di approcciare "l'altro" siano da premio Darwin), bensì il fatto che la sola scena in grado di produrre vera tensione sia quella che precede i titoli di coda. La domanda nasce spontanea: se lì il gioco funziona, perché allora non fare qualcosa di simile anche nell'ora e venti precedente, invece di riempire il tempo con trovate in linea di massima noiose? Ripiegare su The borderlands.
Nonostante gli ampi"prestiti" da Polanski, questo gioiello di un inaspettato Winner (più noto per le sue eccellenti collaborazioni con Bronson) resta uno dei migliori esempi del felicissimo filone demoniaco-paranormale in voga negli anni Settanta in tutto il mondo. Tra raffinatezze autoriali e colpi bassi exploitation è un affascinante oggetto unico concepibile solo nella libertà degli anni Settanta, oltretutto con un cast strepitoso, tra vecchie glorie hollywoodiane e giovani che faranno strada (Walken e Goldblum). Argento e Fulci lo riprenderanno, con risultati assai migliori.
Il cliché più comune, nelle trame di questi gialli televisivi di scarse ambizioni, è quello della donna che si fa rivedere dopo anni per subentrare alla nuova moglie dell'uomo che ha sempre segretamente amato: Claire Mathers (Cannon), reduce da un prologo in cui l'abbiamo vista sfuggire incinta a un uomo nel bosco, fa esattamente quanto detto: dopo aver letto su internet che la sua vecchia fiamma del liceo, Bill O'Donnell (Boyd), ha sposato Rachel (Yennie), una loro compagna di classe con la quale al tempo lui nemmeno filava, e che i due daranno una festa per i...Leggi tutto 15 anni passati da quei gloriosi tempi, decide di unirsi al gruppo. La coppia sta disperatamente cercando di avere un figlio senza riuscirci mentre lei è incinta agli ultimi mesi, e quando si rivedono al party è un attimo stabilire un bel rapporto di complicità.
Claire appare gentile, comprensiva, dice a Rachel che alla fine riusciranno nel loro intento ma poi capiamo chiaramente quali siano i suoi piani: non avendo alcun uomo che possa aiutarla a far crescer il figlio e rivedendo in Bill il sogno della sua vita, ha deciso che il modo per prendersi tutto esiste. Dovrà solo fare in modo di seminare zizzania tra Bill e Rachel cercando di spingere lui verso di sé. Come? Sfruttando il bambino che dovrà nascere: loro non possono averne, lei ce l'ha ma le manca chi faccia da padre al bimbo...
Prima mossa: farsi riaccompagnare a casa dopo la festa e, una volta nel motel dove alloggia, fingere di aver preso un colpo in testa da qualcuno e farsi ricoverare. Detto fatto: Bill e Rachel, preoccupati da quanto accadutole, le dicono che è meglio non tornare al motel e che può intanto sistemarsi provvisoriamente da loro. A quel punto si aprono i giochi: ogni circostanza sarà buona per mettere in cattiva luce Rachel e consolare nel frattempo Bill.
Intorno al piano diabolico di Claire ruota un film che non ha nulla di "giallo", nulla da indovinare se non i sistemi che dovrà escogitare l'intrusa per arrivare progressivamente a mettere in pratica il proprio losco disegno. La faccia di Ella Cannon si rivela ideale, per il ruolo: dai lineamenti dolci, all'apparenza fragile e indifesa, muta di frequente atteggiamento per trasformarsi quasi in un mister Hyde in gonnella, pronta a sfruttare ogni tipo di attrito nella coppia (apparentemente solidissima). Il divertimento, o quanto meno ciò che dà il sale al film, sta nell'ambiguo approccio di Claire, difficile da inquadrare nella giusta ottica, per chi non la conosce bene.
Qualche personaggio secondario che bene si innesta nella vicenda, come quello della madre (Robin) di Bill o dell'amica del cuore (Butler) di Rachel, aiuta a movimentare un po' una costruzione altrimenti troppo elementare. Le due donne però recitano con la necessaria convinzione e la regia di Jeff Hare sa essere svelta senza cadere nella trappola delle divagazioni o dei rallentamenti. Di conseguenza, se anche dire che il film non ha nessun tipo di idea nuova significa semplicemente constatare un dato di fatto, sarebbe scorretto non aggiungere che lo si guarda piuttosto volentieri e che nella sua semplicità fornisce quello che un blando thriller da divano dovrebbe sempre offrire. Tensione scarsa, naturalmente, ma una situazione familiare che va progressivamente peggiorando e un delitto compiuto con uno scopo ben preciso. La sceneggiatura è sufficientemente professionale da garantire la godibilità relativa del tutto.
Si può anche essere indulgenti, considerato che il film è del 1966 e che si presenta con una magnifica, splendente fotografia d'epoca, ma come giallo dalle atmosfere vagamente gotiche (la gigantesca villa di famiglia a sostituire il castello, col fuoco che divampa in apertura uccidendo una bella signora) proprio non convince, parto di un meccanismo involuto quanto destituito di ogni credibilità.
A morire nel prologo è Jessica Shelley (Gabor), moglie di Edward (Ameche) e madre di Susan (Gordon), avvolta nelle fiamme in camera sua. Quest'ultima, ricoverata...Leggi tutto in una clinica in seguito al forte shock, viene tre anni dopo riportata a vivere nella lussuosa residenza dal padre, nel frattempo risposatosi con la governante di allora, Francene (Hyer). Dopo aver dilapidato la sua parte di eredità in viaggi e bagordi, l'uomo si ritrova senza un soldo e costretto a sperare nella clemenza di Susan, che eredita la villa e il denaro e alla quale chiede di poter vendere il lussuoso arredamento, unica cosa a lui rimasta (anche se in comproprietà con lei). Ma Susan nemmeno capisce: è ancora stravolta al pensiero di quanto accaduto a sua madre. Non comprende come suo padre possa già essersi risposato ed è perseguitata dagli incubi (e dire che in clinica la suora aveva tanto raccomandato al padre di non riportarla a vivere nel luogo del fattaccio).
Unico altro altro ospite, in villa, è il cugino Anthony (Reed), rimasto sfregiato in seguito all'incendio, si dice per aver invano tentato di salvare Jessica; ma su quella morte resistono ancora molte ombre, che dovranno essere dissipate lungo l'arco di un film che cerca di far montare la suspense con i tormenti della piccola Susan (la quale peraltro sembra molto più grande della sua età e si veste come se avesse trent'anni in più), gli intrallazzi di Francene e un padrone di casa in apparenza avulso dal contesto, pacato in qualsiasi condizione, persino quando vede la sua nuova moglie mezza nuda sul balcone col cugino. Colpa anche sua se il film resta ancorato al proprio tempo, compassato e rigido come tutti i personaggi (tranne Zsa Zsa Gabor che, almeno nei pochi flashback in cui la si rivede, un po' di vivacità la mette), inamidato persino in quelle che dovrebbero essere le impennate drammatiche (si registra la più improbabile delle uccisioni tramite rampino a quattri ganci, con la vittima arpionata e uccisa senza accennare una minima reazione, nonostante l'arnese la sfiori o poco più).
Tutto dovrebbe ruotare intorno al grande mistero legato alla morte di Jessica, del quale Susan - una volta recuperata la memoria - potrebbe conoscere particolari necessari a ricostruirne la dinamica. Considerato che i personaggi in scena sono quattro, non è difficile arrivare a capire cosa sia accaduto, ma anche in questo caso la soluzione arriva debolmente, senza che il regista Bert I. Gordon riesca a far montare a dovere la tensione. E così il film si spegne senza essersi a dire il vero mai acceso, appigliato alla scintillante confezione e alla recitazione discreta del cast, con un Don Ameche che mostra lo stesso aplomb di un Vincent Price senza poter tuttavia contare sul medesimo carisma. Scialba anche Susan Gordon, mentre - considerato il ruolo - un po' di più fa Martha Hyer, che rappresenta poi la figura più ambigua del lotto e forse l'unica interessante. Si può dimenticare senza rimpianti.
Quando si cerca di preconfezionare un cult ad ogni costo, il rischio di sbattere la testa contro il muro è altissimo. I riferimenti di TERMINAL sono il cinema pulp, Tarantino, quel modo di intendere la violenza che te la serve stemperata da dialoghi ricercati e personaggi bislacchi (in questo caso senza esagerare se non nel finale, quando finisce col sembrare fuori luogo).
Protagonista è Margot Robbie, già magnetica presenza che in film come SUICIDE SQUAD aveva mostrato il proprio lato più irridente e...Leggi tutto beffardo sotto la maschera di Harley Quinn: una maschera recuperata idealmente attraverso il trucco di occhi e labbra e quello sguardo killer che si stampa su di un viso senza imperfezioni, di bellezza statuaria eppure fortemente espressiva. Bastano un ammiccamento, un movimento d'occhi per sedurre e lasciarti a osservarla ammirato. Si presenta in confessionale ma di fronte a lei non c'è un prete, piuttosto qualcuno che lei mira a conquistare facendosi ingaggiare per nuovi "contratti". E' un killer? Forse no, perché quelli già ci sono (Fletcher e Irons) e se ne stanno chiusi in un appartamento al buio, in attesa di capire quale sarà la loro missione. Anche chi guarda se lo chiede, dal momento che non si può dire siano illuminanti, i loro scambi, parole che si perdono nel vuoto come un po' tutto quello che nel film accade.
In una stazione ferroviaria, ad esempio, un professore (Pegg) è in attesa di un treno senza che nulla gli importi della direzione in cui proseguirà la sua corsa. E' notte e lì incontra un inserviente (Myers, seppellito dal trucco) che lo consiglia di raggiungere un diner aperto h 24, dove verrà servito - guarda un po' - proprio da una splendida cameriera con le fattezze della Robbie. Con lei si confiderà, mentre i due sicari continueranno a pontificare sul nulla fino a quando non se ne andranno al night dove ammireranno danzare una coniglietta sensuale e provocante (sempre la Robbie!), che consegnerà loro una valigia. Si continuerà tra detto e non detto, con Pegg a lanciarsi in dotte dissertazioni e la Robbie a rintuzzarlo con malizia mostrandosi più matura di lui.
Tutto giocato su contrasti di luci artificiali di indubbio fascino (per quanto fin troppo artificiose) che lo immergono in un'atmosfera quasi cyberpunk, dominato in lungo e in largo da una protagonista plastificata da pose eccessive che la rendono a tratti fastidiosamente caricaturale, il film di Vaughn Stein è una coproduzione sterminata (partecipanti dall'Ungheria a Hong Kong, passando per l'intero universo anglosassone) che impiega troppo tempo a trovare una sua dimensione; soprattutto nelle scene con i due sicari azzecca di tanto in tanto qualche timida battuta, sciorinando però poi minuti interi di vuoto pneumatico; solo nell'ultima parte - con un Myers che torna sorprendentemente sugli scudi - prenderà finalmente coscienza della direzione in cui vuol virare, facendoci scoprire come tutto quello che sembrava costruito senza fondamento esclusivamente per stupire ha invece una sua traccia ben precisa da seguire, che si chiuderà nel kitsch e in uno sdoppiamento pretestuoso ma illuminandoci sui molti interrogativi che pareva non dovessero trovare risposta. Quasi mai divertente come si proponeva, un film con qualche guizzo ma che perlopiù annaspa, faticando a galleggiare. Piuttosto insignificante...
Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA
L'ISPETTORE DERRICK
L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA