Possedevo la vhs da noleggio (e a quel tempo, negli anni Ottanta, non era mica facile!) perché avevo una venerazione per la bella Serena nazionale. Purtroppo però, a parte le curve smisurate della protagonista, tutto il resto è di un piattume esorbitante, talmente noioso da non meritare più di una visione per intero. Anche la componente erotica latita del tutto.
Molto liberamente ispirato da un romanzo di Italo Svevo: Senilità. Vi si narra dei tormenti di un intellettuale, appesantiti da una sorella ipocondriaca. L'uomo incontra una donna disinibita e, inizialmente, accetta di spartirla con altri amanti. Finale tragico per i due fratelli: lui solo, lei ... Il testo di partenza non era malvagio, ma purtroppo Barzini deve barcamenarsi tra attori poco in parte (su tutti la formosa Grandi) ed una sceneggiatura maldestra. Alla fine, data anche la manierata e misurata componente erotica, quel che si percepisce del film è "l'occasione mancata".
Tipico film italiano su un intellettuale fallito che perde la testa per una bellezza prorompente e disinibita. La donna è Serena Grandi e il suo bellissimo corpo nudo è l'unica luce che illumina il film come la grigia e tetra vita del protagonista, incaricato tra l'altro di curare l'edizione di un libro del giovanissimo scrittore Sergio Rubini. L'estinzione dell'industria culturale tradizionale e della figura dell'intellettuale classico presentano se non altro il vantaggio di salvarci da film di questo tipo.
Probabilmente il meno interessante film di quelli del periodo dei "gerundi" erotici all'italiana, si tratta di una totale insulsaggine con storiellina banale e recitazioni da canile. In mezzo ci finisce anche un giovane Sergio Rubini. Il clou in mezzo alla noia e ai prevedibili scadimenti nel ridicolo dovrebbe essere Serena Grandi, le cui spropositate forme erano molto di moda all'epoca, ma i 90 minuti del film si risolvono in un gigantesco Deserto dei Tartari.
Uno dei peggiori film con Serena Grandi. Nonostante le sue grazie siano sempre in vista, il film è di una pesantezza e noia mortale, con il protagonista che più mummia non poteva essere. A completare la mediocrità c'è anche Sergio Rubini. Deludente.
Non proprio pessimo ma noioso e piatto. A parte le belle ma insistenti musiche (che puzzano un poco di già sentito) e il bel corpo della Grandi, c'è davvero poco di memorabile. Cast maschile da dimenticare, non eccezionale Rubini e male l'attore principale. Mediocre.
Melodramma all'italiana con fratello e sorella costretti a subire umiliazioni in serie, psicologiche e non: per entrambi finirà malissimo. Evitabile pellicola che si regge sulle esibizioni di una Grandi raramente così nuda e discinta e che mette in risalto i leggeri e tutto sommato piacevoli Anni Ottanta tra cene, feste e serate in discoteca. Fra gli attori fa capolino anche un giovane Rubini che forse si rivela il meno peggio della compagnia.
Micidiale. Scrive Giusti (nel suo "Stracult") che a un certo punto la Grandi "geme attaccata ad una colonna [che è] più espressiva di lei". Il problema non è solo che è vero, ma anche che tutti (ad eccezione della Calandra, che sta in scena pochissimo) recitano in maniera tremenda e che il doppiaggio riesce, incredibilmente, a peggiorare ulteriormente la situazione. Da notare che il protagonista fa il "ghostwriter", qui malamente tradotto con "schiavo". La traduzione corretta è da sempre "negro", non "schiavo".
Se avete voglia di rispolverare la Grandi in tutta la sua giunonica bellezza in questo film non mancheranno le occasioni, ma per carità non guardate la recitazione altrimenti passerete ad altro in pochi secondi. Non è da meno il resto del cast, dove appare anche un giovane Rubini in un ruolo poco consono. La sceneggiatura prenderebbe spunto da un romanzo di Svevo, la quale lettura però non sembra aver particolarmente ispirato il film.
Misero scarto di magazzino della nouvelle vague erotica di metà anni '80, interamente costruito attorno alla sexy divetta emergente del periodo, tanto abbondante di forme e generosa nel mostrarle quanto attorialmente disastrosa. Non che gli altri dimostrino maggiore familiarità con la settima arte, visto che a una sceneggiatura ripetitiva e infarcità da dialoghi scadenti fanno riscontro la desolante piattezza della regia e la granitica inespressività del resto del cast, compresi i bravi (ma altrove) Sergio Rubini e Valeria D'Obici.
MEMORABILE: I ripetuti primi piani sulle mani della Grandi che si infilano nei pantaloni dei fortunati maschietti che la attorniano.
A parte il giunonico corpo della Grandi, qui all'apice della sua bellezza, il film è poca cosa. Si parte con un prestesto raffinato e culturale, per mostrare poi la bella Grandi nuda ed un po' di erotismo "pudico". Debole anche il cast, che comprende anche un giovane Rubini che si sforza di alzare il livello generale, parecchio modesto.
Senilità qui si (ri)legge attraverso i seni extralarge di Serena Grandi, che da soli reggono per buona parte il film. Dapprima sbirciati, poi bramati e infine conquistati da uno scrittore che tira a campare, annoiato di sé come della vita. Il soggetto, che tende a trasferire qualche suggestione sveviana, come la malinconia o l'assenza di redenzione, non è disprezzabile e soprattutto la D'Obici merita di essere vista in preda alle sue turbe. L'aspetto feticistico è molto presente, tra collant, reggicalze, scarpe e piedi nudi. Da vedere uncut.
MEMORABILE: L'amplesso nel camerino del teatro; Il ballo di una D'Obici alticcia e (forse) felice.
Mediocre, nulla di più per un film già sulla carta scontatissimo. Trama esile e attori impalpabili; di essi forse solo il biondo Leysen risulta il meno peggio; capitolo a parte Serena, la quale (e non è la prima volta) sopperisce a certe carenze recitative esibendo il suo corpo meraviglioso. C'è pure un giovane Rubini che fa la corte alla D'Obici e le loro effusioni amorose sono ben accette, in un film che ha ben poco di salvabile.
Misera trasposizione del romanzo "Senilità" di Italo Svevo (per il quale, nel 1962, era già stato tratto un omonimo film) adattata ai patinati Anni '80. La prosperosa Serena Grandi assurge a protagonista ma, tolti i meriti che madre natura le ha dato e le classiche calze nere con la giarrettiera, resta il limite - non da poco - di una interpretazione insufficiente. Accanto a lei il vuoto e spiace vedere una brava attrice come Valeria D'Obici costretta a spogliarsi per "adeguarsi" a questa squallida messinscena da soft erotico.
Con due protagonisti diversi e una sceneggiatura più curata non sarebbe stato poi neanche così male. Ma Serena Grandi non funziona, se non senza veli e Johan Leysen è una sorta di brutta copia di Tony Musante. E il resto non si salva, compresa la solitamente bravissima Valeria D'Obici, qui in ombra. Salva in parte qualcosa un certo gusto anni '70 di alcune scenografie e alcune atmosfere torbide e ben congegnate. Ma resta poco più che mediocre.
Trasportare il romanzo di Svevo nella seconda metà degli anni '80 ha la sua resa, nel senso di decadenza e di edonismo dell'epoca; come pure sono azzeccati i volti e i ruoli: Emilio l'inetto, la promiscua Giulia (Angiolina nel libro), Amalia folle e repressa. Il rapporto Emilio-Giulia viene reinterpretato come una sorta di voyeurismo masochista su cui il protagonista persevera. Le varianti danno una "svecchiata" al passato, ma qui trionfa il videoclip softcore; con una cesellatura più accurata e una maggiore aderenza al testo poteva diventare migliore.
Quel soft core anni '80 nel quale, accanto al nudo della bellezza del momento, si costruisce uno scheletro di sceneggiatura e si nasconde il vuoto con richiami all'incomunicabilità. Mediocre il tutto, con una storia che praticamente non c'è e si alimenta dai rapporti dei quattro protagonisti, peraltro poco ispirati (eppure la D'Obici e Rubini sono grandi attori). Nemmeno la recitazione salva il salvabile e la noia regna sovrana. Emblema di un'epoca, questo sì: anni '80 in tutto e per tutto.
Un ghost writer che vive con la sorella in una decadente casa di famiglia si infatuerà di una donna libertina e prosperosa in cerca di divertimento. Disastroso film erotico firmato da Andrea Barzini che si gioca tutte le carte cercando di mostare il più possibile le generosità del corpo di Serena Grandi. Questo non riesce però ad incantare a sufficienza e i limiti di un'interpretazione generale approssimativa vengono a galla. In pratica non succede quasi mai nulla di buono eccezion fatta per le scene in cui compare la brava Valeria D'Obici.
Nonostante le giunoniche forme della sexy Grandi, la pellicola, benché s'ispiri lontanamente al romanzo di Svevo "Senilità", mostra la corda sin dall'inizio, con un protagonista maschile anonimo e una serie di situazioni che tendono all'erotico patinato che vorrebbe evidenziare una lieve venatura thriller. Il risultato è deficitario anche per via del pessimo doppiaggio, però la Grandi è tanta roba.
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In questo spazio sono elencati gli ultimi 12 post scritti nei diversi forum appartenenti a questo stesso film.
CuriositàUndying • 17/07/09 11:08 Controllo di gestione - 7585 interventi
Sceneggiato da Gianfranco Clerici, in collaborazione con lo stesso regista, Andrea Barzini, si dice essere ispirato da Senilità di Italo Svevo.
HomevideoRuber • 19/07/13 16:22 Contratto a progetto - 9208 interventi
Il dvd della General Video ha una durata di 1h28m40s in formato 1.78:1 anamorfico, con audio italiano in 2.0 e relativi sottotitoli, vano extra con filmografie e trailer.
DiscussioneRuber • 22/08/16 18:06 Contratto a progetto - 9208 interventi
Ultracut come al solito, anche il passaggio dell'altra sera su Iris si è rivelato tagliato con l'accetta! Menomale che ho il dvd! Diamine li mandano a fare in onda i film se sono cosi tagliati??
CuriositàBuiomega71 • 14/09/16 19:31 Pianificazione e progetti - 24804 interventi
Direttamente dall'archivio privato di Buiomega71, il flanetto di Tv Sorrisi e Canzoni della Prima Visione Tv (Ciclo: "Desiderio", domenica 14 ottobre 1990) di Desiderando Giulia.
NB: Il flanetto evidentemente già immaginava la versione censurata che sarebbe stata trasmessa (notare la durata segnalata):