Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.
Carico all'occhio di cromìe sature ipercontrastate, spastico nel montaggio delle sequenze concitate, con la macchina a mano che si sposta da un viso all'altro in quelle statiche; non bissa il miracolo che avvenne nella Città di Dio di Meirelles e Lund. La volontà espositiva dei problemi civili della corruzione della polizia ordinaria e l'eccesso sanguinario del BOPE (che fa sembrare i narcos non così male) a Rio de Janeiro finisce per fagocitare i personaggi facendoli diventare argomentazioni più che esseri umani. Fa storcere il naso il tono fascista di alcune pronunciazioni.
Un'ora con splendide sequenze (insuperabile quella con Musante intrappolato tra le vetrate) e sceneggiatura impeccabile. Per dialoghi, inserimento progressivo di personaggi, sviluppo del thriller. Purtroppo nell'ultimo terzo di film si avverte la difficoltà del regista-scrittore nel fornire una soluzione credibile al giallo. Che naufraga non tanto nel modo attraverso il quale si arriva a capire chi potrebbe essere l'assassino, ma nel lungo e incongruo finale in cui si scopre chi è. Restano comunque i pregi visivi e di atmosfera, grazie anche a Storaro e Morricone.
Il campione, tra i più grandi al mondo nonostante la giovane età, si racconta intimamente, senza censurare le pressioni, i disagi fisici ed emotivi, gli infortuni e l'abnegazione al mondo tennistico che, però, talvolta stride con la vita, più normale, dei suoi coetanei a cui cede di tanto in tanto. Una dedizione, quindi, a modo suo. Un documentario consigliato agli appassionati del tennis, ben girato, ricco di aneddoti, interviste, filmati. Stralci di vita reale da cui emerge un ritratto verace e spontaneo. Ritmo estremamente scorrevole e confezione curata.
Film a episodi, tutti imperniati sul calcio, o meglio, sui sogni e sulle ossessioni che girano intorno al mondo del pallone. Dei quattro episodi il migliore è sicuramente l'ultimo, che ha una storia leggermente più articolata e in cui Mastandrea, nonostante sia strano sentirlo parlare toscano, fa qualche colpo di tacco e qualche finta per cercare di deliziare il pubblico. Mentre per i primi tre episodi pare si faccia melina, con la speranza che l'arbitro fischi la fine quanto prima, così da portare a casa il sospirato pareggio. Pellicola invecchiata male. Pareggio immeritato.
Una nonnina tarchiata e baffuta ha occhi esclusivamente per il nipotino appassionato (solo) di ciclismo, che da adulto viene rapito. Storia in agrodolce, quasi del tutto muta, con tanti riferimenti caricaturali al mondo dello spettacolo e dello sport e con una superba grafica dal tratto tipico della scuola francese del fumetto (in particolare Paul Cauuet, "I vecchi forni"), che riesce a essere onirica evidenziando allo stesso tempo particolari sgradevoli (i bagni luridi) e un’umanità brutta, grassa, superficiale, provinciale. Creatività a mille.
La Mary Herron di American psycho torna ai serial killer, ma questa volta accantona la fiction e riesamina la storia di Charlie Manson da un punto di vista muliebre. Descrivendo la corruzione e il subdolo assoggettamento delle tre famigerate "ragazze", la regista offre una più ampia panoramica di denuncia sociale, allacciandosi indirettamente a temi quali gli abusi domestici, la spersonalizzazione femminile e le relazioni tossiche. Una prospettiva interessante, che tuttavia fa apparire spesso deficitario il reparto propriamente cronachistico. Cast e ricostruzione d'epoca molto buoni.
Riproponendo tale e quale la formula dei suoi MISSION: IMPOSSIBLE, che al cinema già era di fatto una replica di James Bond, Tom Cruise non può che trovarsi a suo agio, anche se qui l'azione dura e pura è stemperata dall'affiancamento alla sempre deliziosa Cameron Diaz, dal celebre sorriso che abbaglia. Un film di coppia, con un agente tra i più inscalfibili della storia che si lancia in acrobazie di ogni genere favorito dalle nuove frontiere del digitale, che permettono evoluzioni un tempo impensabili...Leggi tutto al prezzo di qualche evidenza digitale di troppo. Tutto fa gioco per un diluvio d'azione che, come da tradizione per i film alla 007, ci porta da un angolo all'altro del globo per donare al tutto quell'internazionalità sempre apprezzabile nelle grandi produzioni d'azione.
La storia si apre in aeroporto, con i due protagonisti che vengono casualmente in contatto scontrandosi per due volte incidentalmente. Poi il viaggio in aereo insieme, durante il quale l'agente Roy Miller (Cruise) fa strage di chi tenta di sottrargli qualcosa che lui ha e ancora non sappiamo cosa sia. June Havens (Diaz), chiusa durante lo scontro in toilette, ignara, ritorna a sedersi e capisce che qualcosa non va: cadaveri un po' ovunque e un pilota che non c'è più, accoppato pure lui. Niente paura: ci pensa Roy! Messosi ai comandi, porterà la donna in salvo, atterrando in un campo poco prima che il velivolo esploda. Il tempo di spiegarle di stare accorta, di evitare di salire su qualsiasi veicolo se invitata da persone che le dicono di volerla condurre in un posto sicuro, e i due tornano alle loro vite.
Per ben poco, perché June viene subito braccata dall'FBI che le spiega come Roy sia un traditore in possesso di una speciale pila "perpetua" chiamata Zefiro di cui lo Stato deve assolutamente rientrare in possesso. C'è da credergli? Non si sa; ma intanto, mentre quelli se la portano in auto sulle superstrade di Boston, piomba sul parabrezza Roy che spara a destra e sinistra, vola da un mezzo all'altro e nel frattempo parla a testa in giù a una sempre più sconvolta June, che sembra non potersi più affrancare dal protezionismo esasperato di Roy, col quale inevitabilmente dovrà fare i conti. Così ecco i due finire prima a Salisburgo, poi in un'isola sperduta della Azzorre (in realtà è la Giamaica) o a Siviglia, dove la scena madre non potrà che essere ambientata all'Alhambra, con una breve puntata per le strade in moto, inseguiti dai tori e perfino nell'arena...
James Mangold cerca di girare quanto più velocemente possibile l'azione, rallentando di tanto in tanto per lasciare spazio a qualche momento di tenerezza e di ironia tra i due protagonisti, quiasi credibili in panni che invece non lo sono affatto. E' un semplice gioco di fughe e inseguimenti condito da un'elementare trama spionistica, vuoto e superficiale come si addice a un giocattolone action come tanti, in cui il valore aggiunto sono i due spiritosi divi, le location spettacolari e ovviamente gli effetti speciali, ripresi con competenza per fornire il giusto grado di entertainment. Musiche e suoni ben calibrati, fotografia luminosa, sorrisi complici a profusione e i Persol di Cruise indossati anche nei frangenti meno indicati...
Non ci si aspettino squali di foggia classica, perché il film appartiene a quella ristretta cerchia in cui del pescecane resiste solo il muso, ficcato brutalmente in testa al poveretto di turno che si trasforma in tal modo in uomo-squalo. Del pesce originario mantiene solo il proverbiale appetito e l'apparenza sopra il collo (in questo caso il modello a cui ci si rifà è uno squalo martello), per il resto il mostro assassino, che si aggira - come immaginabile dal titolo – in un cimitero, attacca chi bazzica in zona con assalti annunciati da un ruggito e mordendo poi...Leggi tutto il collo vampirescamente. L'azzannamento libera litri di sangue rossissimo ma chi spera in un po' di sano splatter dovrà accontentarsi di effetti caserecci da sagra paesana. D'altra parte si parla dell'ennesimo zero budget in tema, girato con quattro dollari sfondando con tutta evidenza nell'amatoriale alla ricerca dell'immancabile impatto trash che qualcuno evidentemente ancora soddisfa.
Incredibile, tuttavia, che per una volta si cerchi di imbastire addirittura una trama, per quanto assurda e risibile; perché dopo il prologo con smembramento di due coppie di ragazzi che amoreggiavano nel cimitero, a indagare sulla sparizione degli stessi viene chiamata l'immancabile Youtuber in disgrazia, tale Abby (Ward), che con il suo socio videomaker ha un blog di criptozoologia (si parla di animali mitici e mai visti come il Bigfoot, il mostro di Loch Ness e via dicendo). Giunta nel paese del cimitero maledetto, la donna si introduce subito in un gruppo di autosostegno nel quale i partecipanti raccontano i loro incontri con il leggendario graveyard shark attraverso flashback orrendi (d'altra parte in linea con il film).
Nel frattempo le uccisioni si moltiplicano perché chi appena si introduce nel cimitero resta vittima prima o poi del mostro che, oltre alla testa di squalo martello impiantata sul collo, si presenta con corpo da culturista gonfiato visibilmente grazie a della gomma azzurra e un giubbotto nero borchiato dal quale fuoriesce sulla schiena una pinna. Ci viene addirittura spiegato come nacque: un pescatore della zona (March) una notte incontrò al largo una sirena (Nene) con la quale ebbe un rapporto sessuale. Rivistala dopo qualche tempo, scoprì come il loro amore avesse partorito un uomo pescecane, che vediamo cullare dalla donna. L'uomo, capendo la mal parata, ammazzò la sirena e abbandonò a se stesso il piccino, che scopriremo in seguito essere stato recuperato da qualcuno dei personaggi principali in un finale a sorpresa non spoilerabile.
Ma anche Abby aveva da piccola subito un trauma: il padre era stato ucciso da un essere peloso durante una passeggiata nel bosco alla ricerca di nuove specie animali. Insomma, si infila dentro un po' di tutto al punto che la durata del film (di norma, nel sottogenere, quasi mai superiore all'ora e venti) supera addirittura l'ora e mezza. Non che questo tuttavia sia segno di buona qualità; e infatti tutto è come sempre al di sotto di ogni standard, dalla recitazione alla sceneggiatura per finire con una fotografia e una regia abbondantemente sotto la media. Se poi come in questo caso gli squali nemmeno si vedono e al loro posto ti rifilano un tizio vestito da carnevale con una testa di squalo in testa è anche difficile far rientrare il risultato nel filone ampissimo degli shark movies...
Epilogo ultrasplatter alla Joe D'Amato, con budella che saltan fuori dappertutto in un delirio di effetti da bancarella che comprendono pure un orso mannaro nato chissà da dove e un siparietto simil freudiano che non ti aspetti... Ah, e non dimentichiamo una folle parentesi onirica in cui Abby ha un complicato rapporto sessuale a letto con un Bigfoot (palesemente un tizio travestito con una maschera buona giusto per i carri di Viareggio).
Più tendente alla commedia che allo spionistico, il film di Dick Clement si gioca la carta della brillantezza con la coppia Kirk Douglas/Marlène Jobert, inserendo i due in un complicato intreccio che parte da Bucarest, dove Fabienne (Jobert) è in luna di miele col marito John Fenton (Mower). Lei è francese (deliziosamente doppiata con accento conseguente da Vittoria Febbi), lui è nipote di un ministro inglese (Howard). In Romania John viene però arrestato dalla polizia locale e spedito direttamente a Mosca senza che alla poveretta venga spiegato nulla....Leggi tutto Anzi, nel tentativo di scoprire qualcosa conosce un tizio del posto, Andrej Ferenk (Douglas), che la addormenta e la piazza, drogata, sul primo aereo per Londra.
Nel frattempo si è capito che John verrà restituito agli inglesi solo se questi ultimi accetteranno di barattarlo con una spia russa detenuta nel Regno Unito. Al momento dello scambio, tuttavia, il buffo personaggio prescelto (Blier) cade nel buco formatosi in un lago ghiacciato e la trattativa resta momentaneamente in stallo. Per questo Fabienne si mette in testa di trovarla lei, una spia da scambiare per riavere il marito; e capito come Andrej, che nel frattempo ha ritrovato a Londra, ne abbia tutta l'apparenza, cerca di “usarlo”; non sa che l'uomo ha nascosto un suo microfilm nella valigia che crede appartenga a Fabienne e a sua volta cerca di far confessare alla giovane dove ora la valigia sia.
I due, insomma, s'incastrano a vicenda e insieme fuggiranno da chi presto cercherà di fermarli. Da Bucarest e Londra si passa in Scozia, rendendo evidente quanto il film punti su un buon numero di ottimi esterni e su di una sceneggiatura che vorrebbe essere più spiritosa di quanto non riesca effettivamente a essere. La Jobert (anche scrittrice nonché madre della splendida Eva Green) esibisce buona iniziativa, per quanto un po' petulante e a tratti fastidiosa, mentre Douglas – nonostante il fascinoso sorriso – non pare contribuire granché alla resa umoristica dell'insieme. L'intricata vicenda è comunque spiegata se non altro con chiarezza e offre come apice spettacolare un lungo inseguimento in gommone sul lago. A seguire, un simpatico colpo di scena chiamato a movimentare l'ultima parte.
Trevor Howard apporta la scontata componente di humour britannico con qualche battuta all'insegna della scarsa voglia di sporcarsi le mani del governo inglese in una faccenda del genere: è la conferma della predisposizione alla commedia di un film che invece, sotto il profilo della suspense, resta molto sotto al livello di guardia. Qualche sorriso di tanto in tanto e poco altro ma una regia che se non altro regge un discreto ritmo per l'intera durata, grazie anche alla spigliatezza di Kirk Douglas e Marlène Jobert. L'argentiano Sacha Pitoëff è l'uomo addetto alla sorveglianza di John in Russia.
Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA
L'ISPETTORE DERRICK
L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA