Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.
Per il suo film d'esordio, Celine Song si inserisce nel solco di quelle storie sentimentali introspettive e sotto le righe, di ambientazione metropolitana, in voga nei primi anni Duemila, introducendo il tema del rapporto tra culture differenti, seppur sempre in ambito borghese. Lento e fascinoso, il film fa perdonare qualche notazione interculturale non di prima mano grazie a una parte finale eccellente, emozionante con finezza. Curiosamente, il tono del film si abbassa durante i dialoghi in inglese, spesso sul filo della banalità, risollevandosi quando si torna al coreano.
L'anello di congiunzione tra Di Leo e Tarantino (e, perché no, anche i fratelli Coen): un gioiello del noir rurale interpretato da un Matthau in stato di grazia, magistrale attore anche nei ruoli drammatici. Siegel dirige da maestro come non mai tra violenza, azione, malinconia e humour e il risultato è un vero classico noir, penalizzato ingiustamente da un successo di pubblico inferiore a quello di film più famosi dello stesso regista. Resta - con merito - oggetto di gran culto per gli amanti del genere, un vero capolavoro che non ha perso un grammo del suo altissimo valore.
Cortometraggio, abbastanza simpatico ma di certo non epocale, diretto dal sodale di Sam Raimi (che qui appare in una piccola parte) Scott Spiegel. La trama, semplice e demenziale, vede un guanto pubblicitario di un prodotto assalire una casalinga. La realizzazione è amatoriale e su tutto prevale lo spirito di divertire e divertirsi dei realizzatori. Curioso, più che interessante, per indagare su cosa realizzassero Raimi e il suo entourage prima di realizzare La casa, che darà notorietà internazionale al suo regista.
Nella produzione argentiana "Suspiria" rappresenta il passaggio dal thriller all'horror e, come in tutte le transizioni, si sperimenta il nuovo conservando al tempo stesso qualcosa del passato. Peccato che l'innovazione prevalga e strizzi troppo l'occhio al pubblico americano, in particolare nel compulsivo e frettoloso finale, mentre del vecchio Argento non restino che la cura dell'immagine grafica (questa volta ispirata a Escher) e poche sequenze di paura imprevedibile, esasperate da colori, scenografie e musiche eccessivi. Il soggetto era promettente, ma è stato subito tradito.
Soderbergh affronta un caso con importanti risvolti politici e sociali, accusando questo sistema legato al capitalismo americano con molto brio e grande sarcasmo. La sceneggiatura è brillante e prende in esame alcune vicende. Lo studio Mossack-Fonseca diffuse molti documenti che coinvolsero capi di stato e persone molto note. A questo punto prendono la scena Banderas e Oldman con il secondo che ne esce trionfatore con quella sua recitazione sopra le righe che, in questo caso, è un valore aggiunto che serve per accentuare il sarcasmo. Streep sempre brava, ma un po' stereotipata.
Tratto da un romanzo di Eva Konstantopoulos. Horror targato Netflix fiacco. La storia di tre ragazzi che imbrogliano sui fenomeni paranormali per poi ritrovarsi dinanzi quelli veri è tutt'altro che originale. Prevedibile, ritmi bassi e personaggi mal disegnati, con Florence Pugh unica nota positiva della pellicola. Regia dell'islandese de Fleur Johannesson poco efficace.
ASSASSINIO A BORDO è il titolo di un notevole episodio di Colombo ambientato su una nave da crociera dove veniva commesso un delitto. La situazione qui è simile, anche se gli ospiti del transatlantico hanno disponibilità finanziarie dalle cento alle mille volte superiori a quelle del tenente. E diverso da lui è anche l'investigatore privato che si ritrova ad occuparsi del caso. Barba e baffi folti, Rufus Coteworth (Patinkin) ricorda, nel modo di fare, molto di più Hercule Poirot, fors'anche...Leggi tutto perché tutta la vicenda è impostata secondo canoni chiaramente ispirati ad Agatha Christie, pur se rivisti in ottica moderna.
Una crociera per miliardari insomma, alla quale partecipano pochi selezionati personaggi (e altri loro conoscenti che rimarranno costantemente in ombra), in buona parte legati per qualche motivo alla famiglia dei Collier, proprietari di una grande azienda sull'orlo del fallimento che un gruppo di cinesi anch'essi presenti sulla nave è decisa a rilevare. Ci sono papà (Grant) e mamma (Atkinson) Collier, la loro figlia Anna (Patten) - in procinto di diventare CEO dell'azienda - con la di lei moglie Leila (Saremi), il figlio scapestrato Tripp (Cutmore-Scott), il legale di famiglia (Buns), un prete (Johnson) a loro vicino e poi Imogene Scott (Beane), che perse la madre quand'era bambina ed è rimasta a vivere con i Collier perché per loro la mamma lavorava, oltre ad essere saltata in aria nell'auto di fronte alla loro villa.
Non è dato sapere, sulle prime, se quel tragico accadimento, per il quale venne già al tempo chiamato a indagare Rufus Coteworth, sia collegato a quello che ora sta verificandosi in crociera. Anzi, la prima vittima (Gladis) sembra un uomo spregevole che tutti probabilmente odiavano, a bordo, un ricco e volgare vanesio che trattava male il prossimo. Tanto che Imogene - non ci vorrà molto per capire che è lei la vera protagonista - ci litiga fin da subito, entrando di notte nella sua cabina per spaccargli l'orologio da 50.000 dollari che questi aveva sgradevolmente sfoggiato poco prima. Purtroppo per lei quella stessa notte l'uomo viene ucciso, e la telecamera nel corridoio non può non averla inquadrata mentre usciva dalla cabina dell'uomo in orario più che sospetto.
Conosciuto (e portato a letto) l'addetto alla sicurezza (Garcia), Imogene s'introdurrà di soppiatto nella sala video per eliminare dal filmato la parte che la riguarda scoprendo che l'ha giò fatto qualcuno senza dirle nulla. Chi? Un primo colpo di scena che ne anticiperà tantissimi; possiamo anzi dire decisamente troppi, perché non è la quantità degli stessi a rendere necessariamente piacevole una serie gialla. Che ha nello specifico il difetto evidente di voler strafare: soluzioni narrative che favoriscono il disorientamento si assommano, insieme ai prevedibili, innumerevoli flashback (che spostano il tempo avanti e indietro in modo gratuito e irritante), altri stratagemmi utili solo a stupire sterilmente; si veda ad esempio l'inserimento nei suddetti flashback dei personaggi del presente, che interagiscono sgradevolmente con quelli del passato senza un vero perché, rendendo inutilmente confuso il tutto.
Anche nel tipo di montaggio, negli stacchi, nei riassunti a ogni inizio di episodio, si nota un tentativo di voler ad ogni costo lavorare sulla forma a scapito di una chiarezza che, all'interno di una trama tanto complessa, era la prima cosa a cui guardare. L'ossatura della storia è notevole, la caccia al misteriosissimo Viktor Sams intriga, le sorprese non mancheranno, il cast è di ottimo livello come lo sono un po' tutte le componenti. Però dieci puntate di oltre 40 minuti ciascuna sono eccessive e costringono a diluire le scene in modo sgraziato, a voler infilare nel plot troppi particolari, divagazioni inutili (la love story a Malta...), incroci da telenovela (l'immancabile falso genitore); appesantiscono la narrazione anche gli sproloqui superflui di Coteworth che si rivolge allo spettatore come stesse scrivendo un libro, mentre almeno un paio di episodi sembrano aggiunti a capocchia (quello riassuntivo e ahinoi l'ultimo, trascinato all'inverosimile). Insomma, una serie indubbiamente ben realizzata, che piacerà ma è anche caotica, spocchiosa e sfibrante, oltre che forzosamente condotta in tante sue parti.
Quando il cinema affronta la Borsa e le relative stratificazioni d'investimento che si generano nell'ombra, il rischio è sempre quello di realizzare un film assai poco comprensibile alla massa, se non si adotta una sceneggiatura capace di individuare un filtro che traduca un mondo di cifre e numeri in frasi e concetti comprensibili anche ai non addetti i lavori. DUMB MONEY in questo senso non fa un grande sforzo, confinando il risultato in un mondo fitto di tecnicismi che possono attrarre piccoli e grandi risparmiatori, broker e trader, rischiando di alienarsi tuttavia le simpatie...Leggi tutto dell'uomo comune, che del grande disegno può cogliere solo qualche sagoma muoversi nella nebbia.
La storia da cui si parte è autentica, e racconta di una vera rivoluzione avvenuta in un campo dominato dai grandi investitori e gli hedge fund (i fondi speculativi), rappresentati in parte da un Seth Rogen misuratissimo nei panni di un colletto bianco capace di perdere fino a 6,8 miliardi di dollari senza troppo scomporsi. All'altro capo un "nerd" fin dall'apparenza, YouTuber per passione col nome di Roaring Kitty (il gatto che ruggisce). Si chiama Keith Gill (Dano), è sposato con un figlio e si è messo in testa una grande idea: rilanciare le azioni di un'azienda sull'orlo del fallimento, la GameStop. Cominciando a comprarne azioni su azioni rivitalizza il titolo grazie soprattutto ai piccoli risparmiatori che, seguendo le sue direttive e credendo in lui, fanno lo stesso portando il titolo a impennarsi. Ovviamente, intorno a questo, ruota un universo di personaggi provenienti dalle più disparate aree della finanza che tangenzialmente incrociano il fenomeno causato dall'imprevedibile crescere delle azioni GameStop, senza che si dimentichi di lasciare un po' di spazio all'uomo comune, il quale semplicemente compra immaginando che ciò possa portarlo a guadagnare.
Il film ci immerge in un gioco continuo di rimandi tra reale e virtuale dominato da collegamenti di ogni tipo, rimbalzi tra telefonini, social, trasmissioni, interviste a ritmi velocissimi, il tutto sostenuto da una colonna sonora incalzante. Ci si aggiunge anche un po' di quella volgarità che contraddistingue la nuova commedia americana e che al mondo della finanza si sposa bene da sempre, abbinabile facilmente al cinismo feroce dei "lupi di Wall Street". Il tempo, per i non addetti ai lavori, trascorre faticosamente tra l'instabilità dello short squeeze (il veritiginoso aumento di prezzo di un'azione), i movimenti per pararne l'esplosione (ma nemmeno troppi), qualche breve momento in famiglia e - dal momento che siamo in piena era Covid - un po' di mascherine e riferimenti vari a uno dei momenti più bui della nostra storia recente.
Nel complesso, in ogni caso, la godibilità del tutto è scarsa, ravvisabile solo a tratti, e il cast non è dei più memorabili, per cui anche il coinvolgimento nell'avventura è limitato, apprezzabile infinitamente di più da parte di chi questo tipo di ambiente lo frequenta abitualmente o lo bazzica per passione. Paul Dano è il protagonista, gli altri gli ruotano intorno occupando spazi minori (Seth Rogen si vede decisamente poco) senza mai troppo incidere, per quanto si intuisca la professionalità dell'operazione.
Il comune di Poggiostorto (siamo nel crotonese in realtà, tra Isola di Capo Rizzuto e Le Castella) si avvicina alle elezioni amministrative e il sindaco uscente, l'avvocato Spadafora (Calabretta), non ha ancora un candidato da sfidare. Pasquale (Salvi), un semplice cittadino, ne parla col figlio a tavola mentre seguono il telegiornale e questi, scherzando, sostiene che per cambiare qualcosa in paese ci vorrebbe qualcuno di diverso; qualcuno come... Rocco Loria (Marra). Papà ride: Rocco lo conoscono tutti, in paese; è un contadino un po' tardo che pensa alle sue pecore...Leggi tutto e non è certo dotato di eloquio forbito (tutt'altro!). Ma come si può anche solo pensare...
Pasquale però alla fine ci ripensa. Va a trovare Rocco e gliela butta lì: càndidati, sono sicuro che ce la puoi fare! Lui sorride divertito, ma la notte già sogna il bagno di pubblico mentre saluta con la fascia tricolore al petto i suoi elettori. Il giorno dopo, assistito da Pasquale e dal suo amico Saverio (Magurno), comincia a pensare alla proposta seriamente. Si fa per dire, ovvio, dal momento che il film è una di quelle commedie regionali che di serio non hanno nulla, giocate sull'atmosfera strapaesana di una location insolita ripresa in pieno sole, con il mare e lo splendido castello di fronte. Un clima conviviale, un protagonista (Marra) dall'aria simpatica e genuinamente allegra, buffo quando sbaglia le parole ed espone concetti semplici riconducibili al suo lavoro.
In città la candidatura di Rocco accoglie tiepidi entusiasmi, a dire il vero, ma con lui si schiera intanto la prorompente Carmela (Rettondini), che Pasquale da sempre guarda con cupidigia, decidendosi ad avvicinarla proprio sfruttando la comune campagna elettorale per quel buffo candidato. Nella stessa sono coinvolti anche il cugino (Tallura) di Rocco con la moglie malmostosa, appena scesi da Torino con la figlia, e il parroco del paese. Una varia umanità che si muove insieme al protagonista alla ricerca disperata di voti mentre l'avversario, l'avvocato Spadafora, guarda senza preoccupazione alcuna a chi dovrebbe impedirgli di riconfermarsi. Cionostante, qualcosa per informarsi sulle mosse di Rocco la fa anche lui, mobilitando i suoi scagnozzi e pure una bellona col compito di carpirne i piani.
Ancora qualche figura di secondo piano che occhieggia qua e là (il maresciallo dei carabinieri interpretato da Martufello, autentica guest star, visto un cast non troppo folto di volti noti) e la trama si sviluppa senza bisogno di inventare grandi cose: è sufficiente mettere in relazione i tanti personaggi e farli agire insieme per spingere verso l'improbabile vittoria di Rocco. Ci saranno l'immancabile tribuna politica in tv, lo scontro al convegno... Sono film girati col sostegno degli sponsor, senza grandi pretese o ambizioni, che scavallano non di molto l'amatorialità puntando sull'estro del cast e, in questo caso, su una figura vivace e discretamente originale come quella cui dà anima con vigore e professionalità il buon Paolo Marra, anche autore unico di soggetto e sceneggiatura.
Salvi, più composto del consueto, ormai rodato dall'esperienza televisiva della saga di DIN DON, si ritaglia uno spazio importante, con la Rettondini a sua volta piuttosto presente; ma a funzionare poco è una regia blanda, che fatica a dare ritmo al film contribuendo a collocarlo nel novero delle produzioni a basso costo di scarso interesse, salvata in parte dall'atmosfera solare, da scorci in alcuni casi suggestivi di una zona del meridione bella e poco battuta dal cinema e dalla spontaneità del cast.
Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA
L'ISPETTORE DERRICK
L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA