La saga di HELLRAISER è sempre stata contraddistinta da una creatività solitamente estranea all'horror seriale americano (quello dei Jason e dei Freddy Krueger, per capirsi). E anche per questo quarto capitolo Clive Barker (da tempo presente ormai solo come produttore) non si smentisce: si parte addirittura da una stazione orbitante nel 2029 per fare un rapido excursus storico della “bloodline” (come recita il titolo originale), la linea di sangue che parte dal creatore della malefica scatoletta, nella Francia del XXVIII secolo: un esperto di magia nera che scoprì per caso il mondo dei cenobiti (o semplicemente demoni, come han deciso di definirli da noi dopo il terzo capitolo...Leggi tutto) e ci finì dentro con tutte le scarpe. Un horror caotico, come nella tradizione della saga barkeriana, dove i muri perimetrali s’aprono d'improvviso su stanze e cunicoli infernali, tra funi e catene che ti si lanciano addosso in pochi secondi. Meno sangue del previsto, una sceneggiatura raffazzonata, un cast assai modesto. Questi i difetti principali di un film che comunque, grazie alla discreta regia di Kevin Yagher (il quale, scontento del risultato, si firmò con lo pseudonimo di Alan Smithee) si lascia vedere riservando qualche scena d’effetto e colori sgargianti seguendo le direttive tracciate dai predecessori. Il make-up soddisfa solo nell'immancabile icona Pinhead (Doug Bradley), mentre gli altri cenobiti sembrano a dire il vero usciti da un brutto quadro di Francis Bacon. Musica e fotografia danno quella patina di stile a cui Barker non rinuncia, e resta in ogni caso apprezzabile la volontà di volersi distinguere dall’approccio sterile, privo di idee che caratterizza la maggior parte degli horror d’oltreoceano. Quasi un horror di nicchia, d’élite...
Nonostante la qualità decrescente dei capitoli precedenti, la saga continua a mietere successi e, da questo episodio, la produzione passa in mano alla Dimension, costola horror della Miramax. L'intento era di fare una cavalcata nei secoli fino al presente, con visite nel futuro, sulle imprese dei cenobiti. Ma in sede di regia qualcosa si è inceppato e il film è stato drasticamente ridotto a 80 minuti scarsi (tanto che è uscito targato Alan Smithee). Pur palesemente handicappato è comunque interessante. Solo per fan.
L'effettista Kevin Yagher porta a conclusione il film, ma dopo la visione del montato ricorre allo pseudonimo utilizzato dai registi che intendono nascondersi dietro l'anonimato (Alan Smithee). Invece, tutto sommato, pur se il film non è tra i migliori della serie, è decisamente più dignitoso di decine (centinaia) di altre pellicole. Qui si utilizza un sistema narrativo "ad incastro" che parte da una stazione spaziale ed esplora (sempre ambiguamente) varie epoche alla ricerca del Suppliziante archetipo: Pinhead.
Siderale...
MEMORABILE: Pinhead: "La tentazione è un'illusione. Ma il tempo degli inganni è finito. In questo gioco, noi ci mostriamo per quello che realmente siamo."
Sottovalutato 4° film della saga. Nonostante lo stesso regista abbia ripudiato il risultato finale, il film non è certo da buttare e per certi versi è più innovativo e interessante del 3° capitolo. La sceneggiatura a volte mostra la corda, ma le parti ambientate nel passato (con protagonista il creatore della scatola, Lemarchand) sono di grande effetto e anche le parti sull'astronave riescono miracolosamente a sfuggire il ridicolo. Non mancano scene trucide e in generale il tasso di crudeltà è alto, l'atmosfera sulfurea permane... Non male!
Terrificante, inutile ed indigeribile quarto capitolo della saga dei supplizianti. Stavolta si torna indietro nel passato per spiegare le origini del "cubo" malefico, ma in realtà ogni tentativo di dare spiegazioni cade nel ridicolo a causa di una sceneggiatura risibile che ha il difetto di voler spiegare col senno di poi. Non se ne sentiva per nulla il bisogno!
Tra i più deboli sequel di Hellraiser (che per me termina col numero 3). Attori non proprio eccezionali, noia che regna sovrana e tentativo di allargare la trama che ci porta nel passato e nel futuro. Alcune parti del film sono oltre il ridicolo, vedi la scena dei due poliziotti che parlano di transessuali. Non orrido, ma scadente, gli do un mediocre risicato.
Totalmente folle e delirante questo quarto capitolo della saga. Con un inizio alla Punto di non ritorno, anche Pinhead, come Jason e i Critters, va nello spazio. Assurdo e sgangherato, ha i migliori momenti ambientati nel XVIII secolo (il creatore di giocattoli, come il creatore di sfx, chiaro rimando Yagheriano) e non male il mastino cenobita che anticipa i cagnacci zombi di Resident Evil. Yagher ha un certo gusto estetico, ma il finale sull'astronave è totalmente demenziale. Divini i dialoghi di Pinhead sulla fascinazione del male.
MEMORABILE: Tutte le volte che appare la Vargas, diavolessa da sturbo!; il fascinoso look dei nuovi cenobiti.
Segnato da gravi problemi (tra scene rigirate e altre scartate), non è una chiusura malvagia della serie (che cronologicamente si conclude qui, nonostante gli altri sequel). Bradley strepitoso come al solito, con un monologo finale da applausi, notevole il personaggio del sensuale e letale demone Angelique. Ottimo anche il prologo ambientato nel passato. Agli appassionati della saga non dispiacerà completamente.
Scialbo quarto capitolo che mastica maldestramente il non detto dei precedenti. Il prologo non sarebbe male, riesce ad attrarre l'attenzione ma via via si spegne e si diluisce il senso della presenza di Pinhead, che si trasforma in una specie di cameo finale insieme al vero aspetto di alcuni dei Cenobiti, come a ricordare i bei tempi che furono. Non se ne sentiva il bisogno, di questo film malriuscito.
Questo delirante quarto capitolo rimbalza fra il XVIII e il XXII secolo, passando da oscuri castelli francesi a futuristiche stazioni spaziali, concedendosi il gusto dell'esagerazione e puntando sugli effetti visivi. La trama è quello che è e il personaggio di Pinhead non ha lo stesso fascino sadico, ma si tratta indubbiamente di un passo in avanti rispetto all'inguardabile terzo film.
Nonostante la fama negativa, ho trovato questa pellicola molto superiore al precedente film di Hickox. Certo, il mondo presentato da Barker e Randal è lontano, ma questo quarto episodio ha il merito di recuperare in parte quelle atmosfere misteriose, almeno nelle parti ambientate nel passato. L'idea dell'astronave può fare storcere il naso, ma tutto sommato il film è godibile, Bradley è in gran forma e calibrato, la Vargas è incantevole. Un buon finale per la saga, pur proseguita con ulteriori episodi per il mercato Home video. Dignitoso.
MEMORABILE: Le scene con Pinhead e con la Principessa.
Mano a mano che ci allontaniamo dai primi capitoli della saga si rimane sempre più delusi. Questo quarto capitolo riesce a interessare nella parte relativa alla creazione della scatola malefica, ma il resto è noia allo stato puro. Pure nella creazione di nuovi cenobiti il regista non mi sembra si sia sforzato più di tanto. Seguito praticamente inutile.
Nonostante sia un enorme punto di merito la scelta di "regalare" ai fan della saga, finalmente, uno stralcio di spiegazione sulle origini di quella dannata scatola, su come è stata costruita e perché, il film è scandito da una regia molto lenta, poco incisiva e accattivante solo nel finale. Inoltre non mi convince tanto la scelta di ambientarlo nello spazio di un futuro prossimo (2127): ok per i flashback, ma nell'astronave si perde tutta l'atmosfera dell'horror cupo dei primi capitoli.
Il cubo di Le Merchand dalla crezione alla distruzione, passando per varie epoche e incontrando tutti gli avi della famiglia. Il bello della saga di Pinhead e soci è che, almeno fino a questo, ogni film ha una trama che si discosta dai precedenti e arricchisce la storyline. Peccato la produzione abbia avuto problematiche varie, che si riscontrano in enormi buchi nella sceneggiatura e in un ending banale. Alcune idee sono notevoli (il robot, Angelique, i gemelli Cenobiti), altre meno (vedi Pinhead ingannato da un ologramma). Spaziale.
MEMORABILE: Il robot che apre la scatola; L'evocazione di Angelique; I Twin Cenobites; Il monologo di Pinhead; Il ciccione dilaniato dalle catene uncinate.
Da una stazione spaziale fatiscente in cui vive come un eremita il discendente dell'ideatore della scatola evocatrice dei cenobiti supplizianti, parte un viaggio nel tempo, alle origini del congegno. Non sapendo più cosa inventare e nel tentativo di ridurre il già visto al minimo, esce questo film noioso, sicuramente ben fotografato ma per nulla coinvolgente. A parte la Vargas e i giocattoli ben realizzati, nulla che meriti di essere visto.
Sconfortante come la bramosia possa spingere i produttori a spremere oltre il dovuto una serie che ha esaurito il proprio potenziale. La conseguenza è la realizzazione di un filmetto privo di significato in cui i voli pindarici nella trama cominciano a sconfinare nel pacchiano. Si inizia in una stazione spaziale per tornare nel passato nella speranza di creare chissà quali atmosfere. A tratti sembra una produzione della Full Moon e non è un complimento, dato lo spessore dei primi due capitoli della saga.
Il quarto capitolo di una serie ormai celebre, fortemente voluto da Doug Bradley, non è un film che fa epoca. Fisiologicamente ci può anche stare ma procede piuttosto lentamente e la tanto ricercata tensione non ingrana. È vero che il cattivissimo Doug offre un'altra prova d'autore, ma da sola non può bastare a risollevare il morale. Mantiene tuttavia una discreta visibilità e considerando i giganti che gli camminano alle spalle è un risultato dignitoso.
Film pretestuoso (infatti fu fortemente voluto da Doug Bradley) ma dotato di un certo fascino. Non male il salto nel passato che ci fa sapere di più sul cubo malefico, meno riuscita l'idea di ambientarlo anche nella futuristica stazione spaziale (Jason X deve molto a questa pellicola). Non ci si risparmia in splatter (coinvolgente l'ennesimo scontro tra supplizianti e umani), ma il finale è poco convincente.
MEMORABILE: Il pauroso dobermann cenobita (presente anche nel coevo videogame Resident Evil).
Doug Bradley spadroneggia e alcune battute vanno a segno (persino migliorate dal doppiaggio italiano), gli effetti speciali sono discreti (non male la CGI del segmento spaziale), ma il gore vola basso (a parte una decapitazione esemplare e una poco chiara fusione tra gemelli) e narrativamente il film è un colabrodo: mancano scene di raccordo e i personaggi agiscono senza criterio. Yagher ne ha disconosciuto la paternità, come biasimarlo? Forse, senza le manipolazioni dei produttori ne sarebbe uscito un film persino migliore del terzo capitolo.
Non riuscito e senza dubbio scevro della poetica dei primi capitoli, questo episodio ha un ottima idea di fondo. Voler "analizzare" le varie epoche in cui bene e male si affrontano, fu ottima intuizione, ma il risultato è raffazzonato e i flashback più che funzionali sono solo buttati lì. Effetti CGI da arresto a piede libero e doppiaggio scarsino non aiutano, va detto. Bradley è sempre bravo ma è pure l'unico a credere nel progetto. Le scene splatter non mancano, ma i Cenobiti sembrano infilati a forza e va a finire che forse con un titolo differente ci avrebbero guadagnato tutti.
I titoli di testa con Alan Smithee regista non promettono bene, e infatti... Giusto abbandonare le atmosfere da Nightmare 3 viste nel terzo film e rendere a Pinhead un atteggiamento serioso, ma allo stesso tempo il film va pericolosamente avvicinandosi a caratteristiche che ricordano certi prodotti Full Moon. La storia ha potenzialità ma in certi passaggi convince poco (era proprio necessario trasporla su tre linee temporali comprendenti un lontano futuro?), gli effetti speciali sono pesantemente involuti, il cast è modesto, le atmosfere di Barker ormai perse. Mediocre.
Joe Chappelle HA DIRETTO ANCHE...
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DiscussioneZender • 10/06/17 08:03 Capo scrivano - 48117 interventi
Vorrei solo capire perché qui dovremmo mettere la linea invece dei due punti quando alla fine il titolo sulle locandine si presenta sempre allo stesso modo: titolo in grande e sottotitolo la riga sotto...
Zender ebbe a dire: Vorrei solo capire perché qui dovremmo mettere la linea invece dei due punti quando alla fine il titolo sulle locandine si presenta sempre allo stesso modo: titolo in grande e sottotitolo la riga sotto...
E, a dire la verità, non so ancora in che modo ragionano..
Forse, quando vogliono dire una parola mettono i due punti. Mentre, quando vogliono dare un titolo più lungo (come se fosse un capitolo a parte) il trattino!
Diciamo che coloro che si occupano di titolazione cinematografica non perdono tempo dietro oziose considerazioni sintattiche.
Se due puntini hanno funzione di attendere ad una specificazione del testo precedente, la lineetta (trattino lungo) dovrebbe darne una sorta di cesura.
Ammetto di preferire il meno corretto trattino lungo, ma semplicemente da un punto di vista di gradimento grafico personale...;-)
DiscussioneZender • 10/06/17 16:57 Capo scrivano - 48117 interventi
Io credo non esista nessuna regola: in casi di titolo e sottotitolo sottostante ognuno fa come vuole perché non esiste chi ha ragione e chi ha torto.