Roth che gioca al massacro nei
campi del signore, spazza via la pagliacciata
lenziana (mai capito il culto) e tributa messer
Deodato (e non solo) che come , giustamente, scritto poco sopra "un film di un fan fatto per i fans".
Hostel trasportato nell'Amazzonia peruviana,
Cabin fever con aggiunta di tribù antropofaghe, un'incidente aereo tra i più spaventosi dopo quello di
Alive (gustoso l'omaggio allo
Zombi roemeriano con il tipo che si spacca la testa sotto l'elica dell'aereo), una ferocia e una crudeltà inusuale per un prodotto a cui anche Jason Blum ha contribuito (Roth non ci va giù leggero e ci si può ritenere soddisfatti per l'alto tasso di blood and gore e non solo), e soprattutto personaggi sgradevoli e bastardissimi, come l'infimo Alejandro, un gran figlio di che, in uno dei momenti più inaspettati e disturbanti, si masturba dopo che una delle ragazze si squarcia la gola sotto gli occhi di tutti.
Una delle scatologie più sofferte mai girate (al pari dei peti di Juliane Moore in
Maps to the stars), per nulla divertente, ma quasi insostenibile, l'espulsione di diarrea della ragazza di cui se ne sentiva quasi la puzza, in un contesto già di per se degradante (la porcilaia).
Tutta la preparazione iniziale (il disboscamento della foresta sulle splendide note "ritzortoliane" di Manuel Riveiro con testimoni due indios di differente estrazione generazionale (il vecchio e il bambino) dove tra i
non solo scritti poco sopra c'è anche la dedica all'ambientalista e mai troppo citato
La foresta di smeraldo, l'incipit a New York tra manifestazioni alla
Fragole e sangue, la partenza per il Perù, l'arrivo, un momento dove Roth, a dispetto dei suoi colleghi, mostra un pene che urina, con tarantola, quasi nella sua interezza, abbagliato da una bellezza suggestiva quasi "conradiana" come il giaguaro sul costone a guardia dell'imbocco del fiume), per poi sfociare nell'inferno verde con una tribù di tagliatori di teste davvero terrifica (le teste mozzate sui pali, i resti umani come macabri trofei).
Roth apre così le danze ( a cominciare dai capelli strappati dalle mani fameliche dei selvaggi ai danni della biondina) con pasti antropofagi dai viscerali riverberi
romeriani, smembramenti, ossa spaccate, formiche guerriere all'opera (si, quì davvero brutta la CG, ma tant'è), eye violence parafulciani, lingue strappate e ingoiate, corpi impalati, gole auto squarciate, brutali test della verginità, tatuaggi staccati e usati come divertimento per i bambini, arti, pelle squoiata e casse toraciche lavorate e sezionate dalle anziane della tribù, una crudeltà che non risparmia nemmeno i superstiti che, pur di salvare la buccia, non ci pensano due volte a far trangugiare, a forza, il sacchetto di "maria" nella bocca del cadavere della loro compagna di sventura.
Geniale, a suo modo, anche il doppio finale (le chiuse dei suoi film hanno sempre portato dei piccoli problemi a Roth, quello surreale lynchiano di
Cabin fever, quello buffonesco e pagliaccesco di
Knock Knock), con un'incubotico omaggio d'
Amelia e una beffa che maschera l'iposcrisia e la falsaità di certi , cosidetti, ambientalisti (la maglietta simil Che, le immagini di google maps con la telefonata a sorpresa della sorella).
Certo se il film chiudeva con la Izzo (bellissima "
donna chiamata cavallo" pittata di bianco) che diventava la nuova Dea della tribù, pre
Midsommar, sarebbe stato tutto un'altro paio di maniche, che da Deodato spostava l'asse da
Franco a
Gariazzo, quest'ultimo comunque omaggiato nel massacro finale tra gli indios e la squadra di mercenari).
E nel Cuore di tenebra, o nell'
Apocalyspe now , rothiana rimangono impressi la tenerezza della ragazzina selvaggia (un pò come la Ruby delle
Colline hanno gli occhi) e il meraviglioso look incancrenito della spaventosa regina dei cannibali.