Itaca il ritorno - Film (2024)

Resoconto cupo e realistico dello sterminio dei Proci, invasori di Itaca e pretendenti alla mano della regina Penelope, in cui non mancano i difficili rapporti fra il redivivo Ulisse con il figlio Telemaco. Ralph Fiennes si cala nei panni dell'eroe di Omero, ma il suo Ulisse/Odisseo, che non disdegna primi piani nudo, ha l'aspetto trasandato di un reduce di guerra, tutto piaghe, malinconie e schizzi di sangue. Juliette Binoche è una degna Penelope, Charlie Plummer un Telemaco arrabbiato e Claudio Santamaria l'attore che non t'aspetti al fianco di Ralph Fiennes, ma che funziona.

Cinquant'anni dopo la bellissima Odissea di Franco Rossi, questa rivisitazione della parte conclusiva non sfigura al confronto. Qualche limitata variazione sul tema: Telemaco edipico, conflittuale con il padre, si allontana alla fine per divenire autonomo, Penelope tentata da uno dei Proci, le ancelle infedeli vengono risparmiate. Toccante l'incontro con il cane Argo, che muore felice. Interpreti tutti molto in palla: sopra tutti Fiennes, esausto veterano carico di ferite e dolore e Binoche madre affettuosa e austera custode della famiglia. Operazione ambiziosa ma riuscita.

Il tempo delle lotte, degli inganni, delle avventure e delle sfide agli Dei è ormai alle spalle e quello che giunge come un naufrago a Itaca è un Odisseo più anziano, rispetto alla rappresentazione consueta, fiaccato nel fisico e nello spirito, in questa cupa rilettura del capolavoro omerico certo ambiziosa ma solo in parte riuscita. A convincere pienamente è Fiennes, che si conferma attore molto adatto a ruoli complessi e pensosi, e anche Binoche è una Penelope adeguata, mentre risulta un po' piatta la messa in scena, con fotografia, scenografie e costumi da vecchio sceneggiato tv.

Si avverte che la principale preoccupazione di Pasolini è di fornire una ricostruzione fedele dal punto di vista scenografico della storia del ritorno di Ulisse a Itaca. E soprattutto del rispetto dei tempi (lunghi) di preparazione della sua vendetta contro gli usurpatori dell'isola. La mancanza di ritmo che ne consegue finisce però per appiattire il film, che non prende quota neppure nella scena del massacro dei Proci dentro il palazzo. Fin troppo scolastiche le interpretazioni di Fiennes e Binoche; penalizzata quella di Santamaria da una fastidiosa cadenza romanesca.

Odisseo, dopo vent'anni, torna nella sua isola assediata da beceri pretendenti della sua affascinante moglie. Trama arcinota realizzata con cura di particolari e arricchita dal magnetismo di Fiennes e dalla dolcezza della Binoche. Buoni gli scenari, ma il taglio da fiction televisiva appare sempre in agguato. Nel complesso non male, ma con un finale che meritava più pathos.

Sorprendente rilettura del mito attraverso la sensibilità attuale: Odisseo, ritornato a Itaca, è un reduce che ci appare in preda ai rimorsi per ciò che è diventato, riluttante a seguire il destino che prevede l’uccisione dei nemici e le aspettative del popolo che ha abbandonato. Un film teso e crudo, tagliente e dolente, bucolico e cruento, che ci catapulta in mezzo alle rovine non di Troia ma della coscienza e dell’umanità perdute, perché la guerra è ovunque e dopo la sua fine non viene mai la pace. Grande cura estetica. Folgorante.

Il mito viene rimaneggiato in chiave più umana; questo invecchiato e provato Odisseo, onestamente trasposto da Fiennes, non ha dee a spalleggiarlo ed è dubbioso sul da farsi (teme ragionevolmente che il proprio popolo possa incolpargli d'essere il solo superstite). Senza dubbio meglio una rappresentazione di questo tipo rispetto a un qualcosa tutto effetti e poca sostanza, però l'impianto avrebbe dovuto poggiare su spalle un po' più solide; la confezione è da fiction Rai (una fotografia migliore avrebbe giovato molto), il narrato è spesso piatto, Antinoo ha il volto sbagliato.