La storia prende spunto dalla cattura di un inglese da parte di un tribù di sioux per farci fare un viaggio all'interno della cultura di questa tribù e fornircene un'immagine diversa da quella circolata grazie ai western più classici. Ottima l'interpretazione di Richard Harris il quale, partendo da ruolo di "cavallo da fatica", riuscirà poco a poco a dimostrare il suo valore e a conquistare lo status di "uomo" fino a sposare una pellerossa. Un bel film che anche a distanza di tempo convince appieno.
Un film che rappresenta un viaggio interessante all'interno di una tribù di pellerossa (i Sioux), con una delle scene più impressionanti viste al cinema: il rito del sacrificio al sole per consentire il passaggio di Richard Harris da uomo a guerriero. E' una scena fatta veramente bene, che ci permette di apprezzare anche l'aspetto magico e crudo del rito. Il film non prende però abbastanza posizione sul rapporto indiani/pionieri conquistatori. Da vedere.
Un grande Harris in un western atipico, dove un bianco si ritroverà a salire molto lentamente i gradini gerarchici in un villaggio indiano. Ottime caratterizzazioni dei personaggi, tra i quali spicca il francese diventato una sorta di stregone pazzoide, ma rispettato. Anche i vari membri della tribù sono apprezzabili, con tratti psicologici ben distinti, che li fanno differire dal punto di vista caratteriale. La parte in cui Harris è considerato un animale da soma è la migliore, con la tremenda vecchia che lo possiede, sfruttandolo. Originale.
MEMORABILE: La tremenda prova a cui si sottopone il protagonista per diventare un membro del villaggio (fa male solo a guardare); "Addio mia libertà".
La psicologia di un "viso pallido" costretta a mutare, previo addestramento psico-fisico, sino a raggiungere la trasmutazione dell'Io, al di là del colore di pelle. Ispirato ad un racconto di Dorothy M. Johnson, il film venne decisamente sopravvaluto all'epoca, per via dell'anomalia del punto di vista (calato nell'ottica Sioux) e per la ricostruzione storica e cronologica, spesso avversa al genere western già codificato (prima - e peggio - da John Wayne, quindi - in maniera "fantastica" - da Sergio Leone). Comunque, resta un film esemplare.
Inglese catturato dai Sioux diventa pian piano membro della tribù, sposandosi con una ragazza e affrontando la fatidica prova sacrificale al sole. Fulcro del film è proprio questa scena, di grande effetto e parecchio disturbante per lo spettatore che, in qualche modo, deve superare anch'egli la prova - quasi psichedelica - per approdare a un'altra visione del mondo. Splendido film contro gli stereotipi sugli indiani, al confine con un'antropologia alla portata di tutti e marcato da lunghissime parti in lingua sioux. Ineludibile.
Nel rispetto del filone cinematografico degli anni '70 (che prevedeva la rivalutazione delle figure degli indiani d'america contrapposti al "bianco" invasore), un western tutto dalla parte delle popolazioni indigene nelle quali si inserisce un baronetto inglese che si guadagna il rispetto dei nativi, salendo gradualmente la scala gerarchica della tribù. Molto credibile l'interpretazione di Richard Harris in un film avvincente e ben realizzato.
Un western anomalo in cui si parteggia per gli indiani d'America. La vicenda di un nobile inglese catturato dai pellerossa e dopo una lunga trafila diventato loro condottiero. Ben narrato e psicologicamente valido, mostra anche delle torture d'iniziazione abbastanza cruente.
Interessante pensando che è del 1970 (lo vedo quasi come un precursore del Paese del sesso selvaggio di Lenzi: il bianco diverso tra gli indiani, dipinti in modo molto buffo). Anche se le usanze indiane si rivelano primitive e violente, per il protagonista Richard Harris diventano una sua piccola libertà, come la chiama, quando sposa la donna indiana e acquista prestigio tra la tribù dei nativi americani (bella razza di capelloni). C'è la figura del mezzosangue francese, simpaticone, che serve da tramite, visto che gli indiani parlano la loro lingua.
Un nobile inglese verrà catturato dai Sioux ma si guadagnerà il loro rispetto. Western centrato sulle usanze indiane, è cruento nei rituali e documentaristico nel quotidiano. Fondamentale apporto dello stregone che traduce la lingua, dato l'uso dell'idioma da parte dei nativi. Piccola parentesi sentimentale abbastanza telefonata. Harris ha fisicità e si presta a diverse vessazioni, specie all'inizio.
MEMORABILE: Appeso coi ganci visto anche ne L'ultimo re di Scozia; Legato al palo da soma.
Baronetto inglese a caccia nel selvaggio west viene catturato dai sioux che lo usano come bestia da soma. Inizialmente umiliato e deriso, riuscirà col tempo a farsi valere e conquistare il loro rispetto... Western comunemente inserito nel filone "revisionista" nonostante l'ambiguità per cui l'uomo bianco risulta comunque vincitore, il film di Silverstein si segnala, oltre che per la prova convincente di Harris, per le parti di natura etnografica sugli usi e costumi tribali e per la sequenza della "prova del dolore" che, a distanza di molti anni dall'uscita, conserva un notevole impatto.
Rientra tra i western più atipici che siano mai stati girati e la ragione va ricercata nella sua unicità. Snobba di netto il dualismo tra nativo e conquistatore bianco e sembra disinteressato dall’assumere le parti di qualcuno per riabilitarne il ruolo nella storia. Preferisce un approccio etnologico sugli usi e costumi della tribù dei Sioux, dimostrando coraggio nell’utilizzare per gran parte del tempo la loro lingua madre e spingendosi oltre con il cruento rito di iniziazione al sole. Merita di essere visto, più di mille altri western stereotipati e dozzinali.
Splendido western inizio '70, tra i primi dalla parte degli indiani. Un nobile inglese viene fatto prigioniero, durante una battuta di caccia, da una banda di sioux. Portato al campo viene schiavizzato e si deve adattare alla vita con i pellerossa. Le sequenze nel villaggio sono perfette nel ricostruire usi costumi e cerimonie con l'alternarsi delle stagioni, dal duro inverno al rinascere della natura in primavera. Notevoli le scene di battaglia e la fotografia, tra gli interpreti Harris perfetto nel ruolo e Judith Anderson notevole nella parte della madre di Mano Gialla. Imperdibile!
MEMORABILE: La vita nel villaggio Sioux; La prova del dolore; La pittura facciale del capo Shoshone.
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CuriositàGugly • 17/03/08 18:42 Archivista in seconda - 4712 interventi
Nell'edizione italiana il protagonista è doppiato da Gigi Proietti ( fonte: intervista a Proietti nella puntata del magazine Matrix andata in onda il 12.03.08)
Prossimamente ne arriveranno alcuni che hanno sconvolto perfino me, quindi seguimi...a meno che le Sorprese d'epoca non mi brucino sul tempo. In tutti i casi arriveranno ;-)Fra l'altro questo lo voglio rivedere perché è gigantesco, ma forse lo potevo modificare meglio.