Dopo i buoni risultati ottenuti con CAMORRA e I GUAPPI, Pasquale Squitieri completa la sua trilogia sulla malavita napoletana con questo L’AMBIZIOSO in cui, oltre a cambiare il periodo storico (qui siamo nella Napoli dei giorni nostri), il regista opta per un differente protagonista. Non più il buon Fabio Testi ma il bello e dannato Joe Dallesandro (che in questi anni, chioma bionda alla Nino D'Angelo, interpreta un discreto numero di polizieschi all’italiana), sempre con la mano sulla lunga frangia e l'occhio azzurrissimo che gli illumina uno sguardo freddo ma innegabilmente...Leggi tutto magnetico. Non c'è più spazio qui per i sentimenti e l'onore: la camorra, con l'arrivo della droga, è diventata un'organizzazione spietata. Il pesce piccolo Aldo (Dallesandro, per l'appunto) ha grandi ambizioni e, dopo una sanguinosa scalata al potere, finisce per controllare night e ristoranti incassando mucchi di denaro. Sembra tutto perfetto ma non è così, perché il vecchio boss non ci sta. Squitieri è bravo come sempre a tratteggiare una Napoli fredda e insolita, ma il suo obiettivo è mettere in luce l’esuberante personalità di Aldo, cinico e ondivago, incapace di capire i sentimenti della sua ragazza (Stefania Casini) e impegnato solo a moltiplicare potere e ricchezza. Un personaggio negativo, come del resto tutti quelli che compaiono nel film. Perché L’AMBIZIOSO è uno spaccato lucido e distaccato sulla camorra e Squitieri non è affatto interessato a dipingerla con i tratti eroici di Scorsese o Coppola. Spazio quindi alla violenza e al sangue (anche se non quanto nei polizieschi del periodo). Insistiti i primi piani su ogni cosa; Dallesandro è una calamita, perfetto nella sua parte.
Grandissimo film, una energica ma amarissima parabola su un uomo che mira a raggiungere i vertici della criminalità a Napoli ma dovrà fare i conti con "gli amici degli amici"... Splendide musiche, molte facce giuste nei ruoli di secondo piano, ed in più un'abbacinante Stefania Casini che fa un po' il verso alla Diane Keaton de Il padrino. Un ottimo film di un abile artigiano come Squitieri. La banda di balordi messa assieme da Dallesandro fa davvero impressione, comunque...
MEMORABILE: Il finale è girato in modo spettacolare e non lascia delusi.
Squitieri continua a parlare di malavitosi del Sud, ma questa volta ricorre ad un approccio più artigianale e aderente agli stilemi del “genere”: non a caso i caratteristi Murolo, Reale, Torrisi, Di Luia, Cianfriglia sono presenze pressoché fisse del poliziesco/noir all’italiana. Piuttosto trascinante la seconda parte, in cui l’ambizioso Dallesandro mette in atto la sua vendetta e la detronizzazione del boss Pellegrin.
Se un film ha soggetto risibile (una mezza tacca partenopea con un gruppo di romani elimina la camorra napoletana dai locali sotto il Vesuvio? Ma dài...), protagonista bello ma catatonico o eccessivo, primadonna imbambolata (la Casini), ma lo si guarda fino in fondo, vuol dire che il resto è notevole, pur non potendo arrivare, per i motivi citati, ad alto rango. Belle le inquadrature di colore, perfette le facce del cast secondario. Grande ruolo per il c.s.c. Lorenzo Piani (il killer francese che non dice una parola). Può ricordare La sfida.
Parabola di un malavitoso che ambisce al potere della città. Finirà vittima dei suoi stessi errori. Non si può non dire che anche lo stesso Squitieri ambiva a realizzare un film stile "americano". C'è riuscito a metà. I personaggi son ben lineati e i rapporti tra Aldo e la ragazza sono ben descritti. Forse si poteva fare di più con i rapporti interni alla banda. Buona la colonna sonora. Si poteva fare di più.
Interessante film su di un personaggio che cresce nella Napoli sporca con l'ambizione di divenire uno dei più grandi malavitosi della città. Crudo e aspro. Sembra coinvolgente ma molto spesso risulta inconcludente. Bravi gli attori e bella anche la colonna musicale.
Eccellente poliziesco dell'ottimo Squitieri. Un malavitoso da mezza tacca parte dal nulla e si trova a lottare contro un potente boss della camorra (il magistrale Pellegrin). Questi erano i veri polizieschi, fatti di azione e sentimento. Attori motevoli, belle musiche; magari la trama può sembrare inverosimile, ma il film piacerà.
Aldo è un giovane ragazzo, figlio della guerra, mezzo napoletano da parte di mamma, mezzo americano da parte di padre. Vivacchia con il contrabbando di sigarette americane, come il 99 per cento della popolazione di quel periodo. Il tentativo di fare il salto di qualità di Aldo riesce... La vita bella, i soldi facili, (prima che uscissero le macchinette conta soldi era una tragedia contarli), le donne, il potere, possono dare alla testa. Il buon Squitieri conosce bene la sua città anche se questa volta non si vede molto. Il film è uno spaccato del periodo.
MEMORABILE: Il guardiaspalle di don Enrico, in "incontro" col clan rivale, benché sia solo contro tanti, estrae la pistola e fa: "mo' è spar mocc a chistì stunz".
Uno dei divi più trasgressivi d'America, Joe Dallesandro, è il protagonista di questo buon film di Pasquale Squitieri. Si parla di contrabbando, traffico di droga, ricatti e i classici clichè della malavita partenopea. Il film funziona abbastanza e Little Joe (come veniva chiamato all'epoca) si dà molto da fare per risultare credibile; effettivamente le sue origini italiane vorranno sempre pur dire qualcosa, o sbaglio?
Un film tipico di Squitieri, cioè senza speranza. La violenza è estrema, Dallesandro è scelto bene e in linea col titolo. Il sangue, anche se abbonda, non impressiona molto, mentre impressiona di più la Casini, che già in altri film come in questo gioca bene nel dramma di una donna disperata e strabevuta... Il messaggio forte è: non sperare di contar qualcosa solo perché sai pestare e accoppare, dal momento che i boss che vedi son solo marionette e chi le manovra se vuole ti elimina in un secondo. Eccellenti i due killer muti, efficaci da ambo le parti.
Rispetto ai suoi "camorristici in costume", ne L'ambizioso Squitieri centra molto meno l'attenzione sull'analisi sociale del fenomeno criminale puntando più su aspetti spettacolari e per così dire divistici. Non poteva peraltro esser altrimenti, vista la scelta "carismatica" come protagonista di Joe D'Allesandro, che con la sua "coolface" calamita close-up e scene madri. Notevoli la presentazion di una Napoli da eterno dopoguerra, alla Malaparte, il ritratto di fragile femminilità della Casini (attrice sensibilissima) e le caratterizzazioni tutte. Spiccio.
MEMORABILE: Il malvivente spaurito con famiglia di Nando Murolo; Il laido ricettatore Corrado di Giuseppe Leone; La moto e l'auto status symbol di Aldo.
Al suo terzo faccia a faccia col mondo della camorra, Squitieri depone le austere gradazioni da feuilleton per puntare sul realismo naif dell'animale da strada Joe Dallesandro, qui deputato al ruolo di capobanda ribelle e incosciente, piccolo kamikaze della scalata piramidale. Più che un noir dileiano, un romanzetto criminale che annusa lo sciamannato gangsterismo rionale della futura Magliana, purtroppo frantumato nell'incostanza di un ritmo barcollante e di un intreccio trascinato con gran disordine. Poco napoletano il protagonista, ancora infuso nel suo portamento bohemien da gigolò maledetto.
MEMORABILE: Il montaggio alternato tra Dallesandro alla guida della sua Rolls-Royce e il sicario jugoslavo alla guida della sua vettura con roulotte al seguito.
Notevole noir settantiano che vede come protagonista un Dallesandro al top, nel suo momento più prolifico, affiancato dalla bella Casini (all'epoca sua compagna anche nella vita) e da un cast di notevoli caratteristi dell'epoca. La storia di scalata al potere, da piccolo delinquente fino ai vertici della malavita, è un classico del cinema gangster; in questo caso Squitieri sceglie un ritmo molto alto e un concatenarsi di eventi senza tregua, fino al finale prevedibile ma intenso. Violento al punto giusto, con una OST tra funk e rock strepitosa.
MEMORABILE: L'accoltellamento del gay Corrado; Gli abiti da gangster di Dallesandro; La distruzione dei locali.
Dopo Camorra Squitieri ritorna nella sua Napoli a esplorare il mondo della malavita parteopea usando, stavolta, un approccio più "leggero" e fumettistico. Il plot anticipa lo Scarface di De Palma (il personaggio di Dallesandro somiglia molto al Tony Montana di Al Pacino, anche nel look). Comunque il film non è niente di trascendentale. Per i fan del genere.
Fatica un po' a mettersi in moto, ma quando si trasforma in un western rozzo e concitato tutti i suoi punti deboli (i protagonisti principali, l'improbabilità dell'intreccio) passano in secondo piano. Un cinema di genere, deferente verso le regole del poliziottesco, basico nelle psicologie e sfrontato nel preterire ogni lettura che non sia quella superficiale e coinvolgente dell'azione. Adeguate ed energiche le musiche di Campanino. Se la seconda parte l'avesse girata Woo non ci salveremmo dalle accurate analisi cinefile.
Le ambizioni criminali di un giovanotto senza morale all'ombra del Vesuvio. Squitieri, attraverso i topoi del noir italico di quegli anni, racconta storie di vita e malavita incentrando la scena sul personaggio-chiave interpretato dall'americano Joe Dallesandro, che nei panni di bello e maledetto ci sguazza e convince. Qualche violenza gratuita (in definitiva è cinema popolare) e alcuni passaggi non propriamente chiari talvolta ingarbugliano la faccenda, ma resta indubbiamente un'opera "settantiana" degna di nota. Molto buone le musiche.
Squitieri costruisce un film "maschio" sui delicati e femminei lineamenti di Joe Dallesandro con risultati spiazzanti, ma non del tutto censurabili. La storia è quella dell'escalation di un delinquentello che, oltre all'ambizione, non ha una valida bussola che lo guidi nella sua corsa vendicativa. Alcuni momenti sono piuttosto poetici, inaspettatamente, mentre la Casini è poco più che decorativa.
Un insolito Squitieri ci conduce in una poco convincente lotta per il potere fra bande criminali. Il regista alterna banali ingenuità a momenti di grande classe, ma il risultato finale è limitato dalla prova manierata di Dallesandro, poco adatto al ruolo. Di livello diverso l'interpretazione della Casini, che lavora molto sui dettagli e alla fine è la migliore del cast. Ost aggressiva e convincente di Campanino e grandi caratteristi per un discreto film di genere, nonostante un finale piuttosto frettoloso che non mi ha convinto per niente.
Notevole, potentissimo film sulla malavita italica. Se non fosse per il finale un po' affrettato e inopportuno, la pellicola potrebbe volare davvero alta. Bravo il protagonista, assolutamente in parte a trecentosessanta gradi. Perfetti i comprimari, anche quelli meno in vista, un vero gruppo di brutti ceffi da galera! Storia non originale ma dal ritmo serrato, con momenti molto forti e una performance motociclistica da mondiale! Squitieri conosce il mestiere e il film merita un posto distinto e di rispetto nella storia del suo genere.
MEMORABILE: L'assalto al locale, con le moto; Il francese silente e assassino; Il destino di lei e poi quello di lui.
Squitieri mette su una trama semplice, programmatica già dalle prime battute e dall’esito scontato, ma quello che gli interessa è rappresentare la pochezza – morale, intellettuale, fisica - dei criminali di basso livello, pesci piccoli che come tentano di salire nella scala gerarchica, vengono schiacciati dalla statura internazionale del “vero” malaffare. Azzeccata sia la scelta del volto angelicamente glaciale di Joe Dallesandro, “cattivo dentro”, sia le scene d’azione, caserecce ma sottolineate da un coinvolgente ritmo hard rock.
MEMORABILE: "A Napoli le cose non si sa di chi sono, solo delle donne si conosce il padrone".
Atto conclusivo della trilogia camorristica di Squitieri, che torna nella Napoli contemporanea per raccontare il tentativo di scalata da parte di un giovane contrabbandiere. Le forze dell'ordine sono del tutto assenti, ma anche gli alti papaveri della malavita restano sullo sfondo: è una lotta tra pesci sostanzialmente piccoli, che non concede spiragli di speranza a nessuno. Azione ben dosata, ma nella seconda parte il ritmo perde qualche colpo. Dallesandro domina la scena, la Casini buca lo schermo, Pellegrin è sempre una sicurezza. Bella colonna sonora di Franco Campanino.
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DiscussioneXtron • 9/06/17 16:18 Servizio caffè - 2231 interventi
A circa 60 minuti di film si vedono per qualche secondo dei giocatori che stanno praticando uno sport indoor a metà tra tennis e tamburello. Qualcuno di voi conosce il nome di questo gioco?
Xtron ebbe a dire: A circa 60 minuti di film si vedono per qualche secondo dei giocatori che stanno praticando uno sport indoor a metà tra tennis e tamburello. Qualcuno di voi conosce il nome di questo gioco?
DiscussioneXtron • 9/06/17 19:20 Servizio caffè - 2231 interventi
Qui c'è un'azione di gioco:
Qui si vede bene il "tamburello"
Il badminton non può essere perchè non si vedono racchette e volani.
La pelota basca e derivati nemmeno perchè in genere gli incontri non si svolgono uno di fronte all'altro, ma entrambi di fronte al muro.
HomevideoZender • 10/06/17 08:19 Capo scrivano - 48855 interventi
Sì, ho il Bluray Arrow, di qualità buona (scanner in 4K) anche se i colori mi sembrano troppo contrastati e scuri e la grana non manca: audio italiano e sottotitoli eliminabili.
Potrebbe essere il tambutennis.
Congettura sulla location: lo Sferisterio di Napoli? Si svolgevano competizioni di palla basca, tamburello, ping pong...
Dovrei confrontare i fotogrammi con altri (tipo Napoli si ribella e La sfida).
Nemesi ebbe a dire: Potrebbe essere il tambutennis.
Congettura sulla location: lo Sferisterio di Napoli? Si svolgevano competizioni di palla basca, tamburello, ping pong...
Dovrei confrontare i fotogrammi con altri (tipo Napoli si ribella e La sfida).
Anche io ci avevo pensato, cercando nei giochi simil-tamburello, ma non corrisponde il tipo di racchetta.
Ottima idea, quella del confronto.