Sincero ritratto di vita di provincia negli Anni Trenta. Siamo a Luino (VA), sulle rive del Lago Maggiore, quando la vita era un lavoro facile, tra la partita a carte con gli amici e la caccia alle belle donne. Tra i vari personaggi che concorrono a un'opera corale in cui la ricostruzione storica resta il pregio principale, Piero Chiara (autore del romanzo e co-sceneggiatore insieme al regista Paolo Nuzzi e Maria Pia Solima) si sofferma a descrivere quello del Càmola (Aldo Maccione), il più scafato dal gruppo. Non fa nulla di così diverso dagli altri, ma il suo savoir-faire con le donne lo pone su un piano diverso facendocene apprezzare le sfaccettature. Maccione, in una delle sue poche interpretazioni...Leggi tutto “vere” (non condizionate cioè dalla sguaiata comicità per la quale è quasi sempre chiamato), dimostra una profondità nell'approccio e una dedizione al ruolo degne di miglior causa: non sale mai sopra le righe pur interpretando un personaggio sanguigno e verace. Il resto del cast gli è chiaramente inferiore (salvo qualche elemento secondario come Macario, perfetto come tenero scemo del villaggio), ma una regia discreta sa circondarlo di un clima ben calato nel tempo che spesso copre le lacune della sceneggiatura. Il fascismo ancora relativamente blando non condiziona la vita di paese, non quanto la presenza di una splendida “straniera” (una candida Agostina Belli) che fin dal suo arrivo catalizza i sogni di tutti. Qualche scena divertente (senza esagerare) non sposta la direzione entro cui è incanalato il film, che segue concettualmente (e con i dovuti distinguo, ovvio) lo spirito di AMARCORD.
Vezzosa pellicola di ambientazione luinese (in realtà girato ad Orta San Giulio: si vede anche l’isoletta in mezzo al Cùsio), con gradevolissimi caratteristi. Accanto ad un ottimo Maccione, ruotano l’Agostina ;-))), Gora, Diogene, Leontini, Maffioli, Vargas, Pellegrino… In più ci sono due assi come Bernard Blier (che ha la faccia di uno che è nato per fare l’attore) e Macario (non proprio eccelso, ma lo si guarda sempre con affetto). Film non grande, ma legittimamente di piccolo culto.
Gustoso e salace, in tono con la poetica di Chiara (che co-sceneggia e fa una fugace apparizione su una panchina ad ammirare la Belli). Maccione straordinario, ricostruzione accurata. Un film riuscito.
Distribuito nelle edicole (ormai in anni lontani, tipo 1996-1997) nella serie Commedia Sexy all'Italiana (Shendene & Moizzi) il film non brilla per ritmo, essendo statico (fissato attorno ad un tavolo) e costringendo a piangere, non solo il piatto, ma pure lo spettatore. Il pianto poi si dilunga, di fronte allo sperpero d'un cast di spessore (risalta il simpatico Macario) ed alla perfetta ricostruzione degli ambienti d'epoca (anni '30). L'obiettivo del film è mancato in pieno, ma merita una visione.
Non ho mai capito perché anche i cinefili dalla mente più aperta, più anticonformisti, sempre pronti a rivalutare ignobili filmacci, non abbiano mai riscoperto questa gradevole pellicola d'ambientazione provinciale (e d'epoca fascista), ispirata all'omonimo romanzo (1962) di Piero Chiara. Certo, non è perfetta, i tempi morti purtroppo non mancano, ma tutti gli interpreti sono affiatati e il risultato è comunque gradevolissimo da visionare.
Per chi ha letto il libro di Chiara, il film sembra un'altra cosa. Comunque è vedibile. Amo soprattutto la foto-location che conosco molto bene. Orta San Giulio è un'improbabile Luino, Maccione è un Camola credibile non interamente. Azzeccata anche la presenza di Chiara in veste felliniana. Comunque il mood c'è e tutto e il film è ben vedibile, cinematograficamente parlando. Ottimo anche il commento musicale con l'Arpa di Micalizzi.
MEMORABILE: Belle le perle... si infilano davanti e anche dedrèe... come dice il Camola.
A volte per caso ci si imbatte in un film dimenticato da tutti e si trova una chicca preziosa. Film nel suo genere strepitoso con regia di livello (Paolo Nuzzi primo assistente di Fellini) e la sceneggiatura dello scrittore del romanzo omonimo Piero Chiara. Un Amici miei più sottile che non annovera attori di livello come il film di Monicelli ma si difende con un Aldo Maccione perfetto e una serie di caratteristi da amarcord. Notevole l'ambientazione storica di un film che è una nostalgica e divertente cartolina ingiallita di un'epoca felice.
MEMORABILE: La scoperta del "Camola" della non-verginità della Flora.
Ormai non lo ricordano in molti, ma questo film di Nuzzi merita più di una visione, nonché una degna rivalutazione. Una commedia orignale, che vuole rappresentare un lato felice di un periodo piuttosto "delicato" per la storia del nostro paese qual'è stato il fascismo, in uno stile che ricorda molto Amarcord. Bellissime e assolutamente perfette le scenografie e la ricostruzione dell'epoca anni 30. Ottimo comparto di attori tra cui spicca un fantastico Aldo Maccione e una sempre splendida e fascinosa Agostina Belli. Buono.
Una buona ricostruzione d'epoca ma sostanzialmente il film veleggia un po' troppo a favore della noia per mancanza di ritmo. In compenso ci si riscatta con una buona prova degli attori e in particolare si segnalano Aldo Maccione (anche perché aiutato dalla sceneggiatura) e un tenero Macario in un piccolo ruolo di contorno. Il film ricorda vagamente il celebre Amarcord di Fellini.
Il primo romanzo di Piero Chiara viene portato su schermo facendo ruotare la vicenda attorno al più succulento dei personaggi, "il Càmola". A questo gruppo di vitelloni anni Trenta apparteneva lo stesso Chiara, che passava giornate al bar a giocare ma anche a raccogliere tutte quelle storie e personaggi di provincia che poi nutrirono i suoi racconti e romanzi. Ironia e sensualità sono trasposti sullo schermo in modo garbato, con quella vena di malinconia che soffoca il ritmo della commedia.
MEMORABILE: Il Càmola che, per motivi puramente terapeutici, vuole deflorare la Flora (non ancora maggiorenne!) ma si rende conto che è stato preceduto e lascia.
Una commedia sexy all'italiana di altri tempi. Ambientata ai tempi del fascismo, non ha chissà quale trama originale raccontando la vita di ricchi provinciali degli anni 30 tra bische clandestine, bordelli e sopratutto avventure con donne. Il cast non si discute: ci sono i sempre ottimi Guido Leontini, Aldo Maccione e poi ancora Vargas, Diogene, Gora... Doveroso citare anche Agostina Belli, attrice dal fascino notevole. La regia di Nuzzi è buona, ottima l'ambientazione. Da riscoprire.
Commedia tutto sommato originale ambientata all'epoca del fascismo sul Lago Maggiore, location notevole che fa da suggestivo contorno a una storia di paese "amarcord" scandita dal dialetto locale, vera marcia in più per valorizzare i dialoghi sagaci e ben scritti, non privi di qualche genialata. Il cast è di quelli delle grandi occasioni, riunendo alcuni tra i migliori caratteristi in circolazione guidati da un Maccione ancor più bravo del solito; la ricostruzione storica è adeguata e non appesantisce una commedia agrodolce che ha il sapore familiare di un cinema d'altri tempi.
Quasi buono. Nuzzi (qui all'esordio su grande schermo con una "fiction", seguirà solo un altro film) dirige bene questo Amarcord ambientato a Luino, alla cui riuscita contribuisce la prova attoriale di Maccione, qui più misurato che in altre occasioni. Bellissima la Belli, che ben si adatta alla parte, e buono il cast di contorno. Ritmo lento, ma mai noioso, per una trama interessante anche se non eccezionale. Peccato che la carriera del regista finisca praticamente qui (Giovannino, suo ultimo film, è ben poco ricordato). Arrotondando per eccesso tre pallini ci possono stare.
Parafelliniano (viene a mente subito Amarcord), lacunoso e lacustre, il film di Nuzzi non disattende lo spirito "provinciale" del romanzo di Piero Chiara pur risultando talora particolarmente etereo al di là della sua intrinseca episodicità. Ne esce fuori una trasposizione di discreta fattura che, dal punto di vista narrativo e cinematografico, ha il merito di non far calare l'attenzione dello spettatore, calandolo nelle attutite, lievemente appiccicose atmosfere della Luino anni '30. Merito anche di un cast di caratteristi che incarna con piglio disincantato l'humus strapaesano.
MEMORABILE: Il bordello di Mamma Rosa/Beluzzi; Maccione e la Belli; Brovelli/Macario piglia a calci il fascista; Maffioli/Venezia; L'accanimento omofobo.
Film che ricorda da vicino il coevo Amarcord. Del capolavoro felliniano non possiede la dimensione onirica, in compenso il regista Paolo Nuzzi ci racconta tramite l'opera prima di Piero Chiara il ritratto verace di una cittadina di provincia ai tempi del fascismo. Meno atmosfera di sogno quindi, più realtà e personaggi più sinceri. Non tutti forse indimenticabili, ma i principali sono interessanti, a cominciare dal protagonista del bravo Aldo Maccione. Non un filmone, ma atmosfere e fotografia sono assolutamente di valore. Non se ne parla tanto, ma merita una visione.
Il ritratto della provincia lombarda durante il Ventennio non sarà una novità ma è ricostruito molto bene, con gran cura nei dettagli e si avvale di uno script di lusso che non perde il suo fascino letterario nemmeno sullo schermo. Nell'assurdo quotidiano di un paese sempre uguale a se stesso si intravedono le contraddizioni di una dittatura che si faceva più consistente e si riesce anche a riderne, benché amaramente. Il cast è di quelli importanti, con un Maccione ottimo protagonista e la confezione non lascia nulla al caso, per un film che dispensa risate per niente facili. Buono.
Abile, intelligente e sensibile narrazione delle vicende di una compagnia di amici negli anni centrali del Ventennio fascista in un paesino del nord Italia. Gli amori, i vizi più o meno insospettabili, l'uniformarsi per convenienza o meno ai dettami della dottrina fascista e, onnipresente, la passione per le donne e il gioco, per le carte e la voglia di puntare e vincere che in fondo unisce tutti. Maccione e Maffioli una spanna sopra agli altri.
Da un romanzo di Piero Chiara, una storia fatta di nottate passate a giocare a carte, tragicomiche, nelle quali un gruppo di buontemponi, a cui piace lavorare poco e andare a caccia di donne (e di uomini), si diverte da matti. Una sceneggiatura non perfetta, ma che sa farsi piacere grazie soprattutto a un Aldo Maccione, qui non completamente prigioniero nel suo solito ruolo da merlo maschio. Un’aria vagamente malinconica e insieme scanzonata sa farsi esaltare da una colonna sonora indovinata, che porta la firma di Franco Micalizzi.
Durante il Ventennio un gruppo di amici passa il tempo a giocare a carte. Commedia in cui il fascismo è più presente che opprimente e il clima amicale è goliardico. Le presenze femminili mostrano qualche nudità, anche se non si scade nel becero. Maccione è adatto per questi ruoli al limite dello sporcaccione e si fanno notare i comprimari come la Ferréol e Blier; la Belli ha una bellezza pulita e mostra il posteriore ai gerarchi fascisti.
MEMORABILE: La vergine che non è vergine; Nascosto nel camino; La punizione per il pederasta.
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Film ispirato ad un romanzo (omonimo) scritto da Piero Chiara, opera di Paolo Nuzzi, un regista già all'opera su set felliniani per un arco di tempo che copre gli anni dal 1954 al 1960 (coinvolto sui set de: La strada, Il bidone, Le notti di Cabiria, La dolce vita).
Macario, infatti, nella parte del folle Brovelli, ricopre un ruolo che rimanda sia al mendicante-narratore, sia al Biscein di Amarcord.
Ancora: non è casuale la presenza, nel film, di Maria Antonietta Beluzzi (Mamma Rosa, la tenutaria del bordello) già tabaccaia nel citato Amarcord di Fellini.
Il co-sceneggiatore Piero Chiara (autore anche del testo di partenza) compare velocemente nei panni di un tizio che legge il giornale seduto al bar della piazza.