Uno dei tanti poliziotteschi di Stelvio Massi con Maurizio Merli commissario manesco e iperattivo. Il titolo già dice tutto e infatti il film non aggiunge niente a quanto già visto in altri poliziotteschi, ma se non altro è (come quasi tutti quelli diretti da Massi) sorretto da un ottimo ritmo, qualità fondamentale per un action “usa e getta” come questo. Merli è qui il commissario Mauro Mariani, trasferito dalla squadra mobile per il troppo zelo. Ovviamente, quando può, Mariani se ne infischia di lasciare il campo alla mobile di Chris Avram ed entra in campo in prima persona. Quando per esempio c'è un sequestro lui prende, parte, trova...Leggi tutto i sequestratori, libera l'ostaggio e non consegna i soldi del riscatto. Praticamente il massimo! Chiaro poi che qualche vittima delle sue azioni ne voglia vedere il cadavere. Come Sergio Conforti, un giovanotto di poche speranze il cui padre, arrestato da Mariani, si suicida in cella: lui arriva fino in commissariato e, in attesa di Mariani, fuori per la solita azione punitiva, tiene in ostaggio un intero ufficio. Prima del commissario arrivano lì la moglie Janet Agren e il figlio piccolino, che il pazzo Conforti prende subito di mira. Per mantenere alto il ritmo Massi fa in modo che praticamente l'intero film si concentri in un'unica giornata. Frammenta gli episodi alternandoli, così dal commissariato dove c'è il pazzo si passa a Merli in caccia di un superlatitante per poi tornare al commissariato. Il finale è concitato e ci offre un Merli scatenato, che grida come un pazzo e mena pugni a destra e a manca. Dal punto di vista attoriale una delle sue performance più sentite, anche se il personaggio, come sempre, non offre troppe sfumature.
Uno dei titoli minori della coppia Merli/Massi. La storia rimane interessante fino ad un quarto d'ora dal termine quando i nodi vengono al pettine e si giunge cosi ad un finale sbrigativo e prevedibile. In più la regia di Massi è scialba, incolore, del tutto priva di qualsiasi idea. Peccato, anche perché il cast funziona e alla grande. Basta solo pensare al grande Merli, oppure a Mann, entrambi bravissimi. Un'occasione mancata.
Debole, ma tutto sommato accettabile. Stavolta ai classici parametri del poliziottesco (rapimento, riscatto, liberazione degli ostaggi) si aggiunge l’elemento drammatico-familiare con il rapimento del figlio del “commissario di ferro” Merli. Un Massi meno convincente del solito, che mette in scena una sceneggiatura del “fulciano” Gianviti. Musiche di Lallo Gori, con qualche richiamo all’elettronica.
Non male. Massi garantisce il ritmo, Merli la sua solita faccia di pietra e i suoi sganassoni. Non siamo al livello dei poliziotteschi lenziani, tuttavia anche stavolta Merli dà il massimo e riesce a reggere una storia un po' raffazzonata, che tutto sommato non intriga tanto ma che si lascia seguire comunque piacevolmente. Si potrebbe parlare di un film "minore" nel genere, ma in ogni caso i fans gradiranno ugualmente. Il dvd della Avo si trova in giro per 2 lire, quindi a buon intenditor...
Merli era una attore che viveva il personaggio che doveva interpretare e da certe mosse, certi dialoghi e certi sguardacci sembra proprio che Stelvio Massi sapesse che cartucce usare per far funzionare a meraviglia l'arma "merlesca". Classico canovaccio poliziesco italiano, con l'aggiunta del rapimento del figlio. Che volere di più?
Un poliziesco dove a prevalere è -stranamente- il lato privato della vita del commissario. Sì perché al di là delle solite invettive contro la delinquenza e gli scarsi mezzi della polizia (obolo da pagare al genere, in quel periodo) il film si concentra su una storia di vendetta personale, se vogliamo non originalissima ma comunque ben oliata in fase di sceneggiatura. La Agren, ancora bellissima, fa solo tappezzeria.
Poliziesco che intriga fino al rapimento del figlio di Merli, poi si cade nel già visto con un finale troppo frettoloso e che forse poteva essere fatto in altra maniera. Stelvio Massi è bravo nel girare le scene d'azione, ed alcuna anche al rallentatore (ricorda Castellari). Maurizio Merli come lo giri, lo giri: è sempre Merli...
Debole nella credibilità, ma audace per certi versi nello sviluppo della storia. Merli e Massi si intendono bene: l'impegno del regista per le scene più cult e violente e Merli nell'immagine del solito commissario incavolato. Non è ottimo e non raggiunge livelli molto alti, ma non è da buttare.
Non eccezionale, ma neppure brutto e deludente come molti lo hanno dipinto. Girato alla fine del 70 a mio avviso si sentono i primi scricchiolii del poliziesco all'italiana (che verrà chiuso proprio da Massi con Poliziotto solitudine e rabbia). Gli attori non sono malaccio e Merli è sempre Merli. Diciamo sufficienza piena.
Ottimo film di Massi con il mitico Maurizio Merli, qui personaggio carico di sfumature più umane e non giustiziere tout-court. La sceneggiatura è bellissima e stracolma di idee e situazioni originali, la scenografia e la fotografia sono curatissime. La storia tiene con il fiato sospeso per tutta la durata della pellicola, senza la minima caduta di tono e l'interpretazione offerta da Merli è davvero sentita. Finale leggermente frettoloso (una scena corale prima della fine non avrebbe guastato), ma anche molto ricercato a livello registico. Da vedere.
Gradevole poliziottesco che pur non essendo nulla di eccezionale e non potendo contare su scene d'azione particolarmente "cazzute" e memorabili, si lascia comunque seguire con piacere sino al finale abbastanza scontato. Stelvi gira professionalmente e Merli il suo lavoro lo fa sempre. Ideale per gli amanti del genere.
Questo commissario di ferro non rimarrà più di tanto impresso nella mia memoria, perdendosi nell'affollato universo di commissari simili, ferrosi o pietrosi che fossero. A rubargli la scena è uno psicopatico che prende tutti in ostaggio al commissariato! Grazie a lui, più che al protagonista, che nel frattempo indaghicchia, sparicchia, insegue e raccoglie i cocci della sua vita privata, si crea almeno un po' di tensione, stemperata dal cameriere che porta la colazione al commissariato e, trovando il pazzoide, che gli dice di stare calmo, esclama: "Me cago sotto!". Vedibile, ma nulla più.
MEMORABILE: Il protagonista arriva al commissariato e trova, un collega che legge il giornale e un altro che batte a macchina al rallentatore: "Siete indaffarati"
Non è certo un capolavoro, è sempre un film poverissimo pieno di leggerezze, incongruenze, stereotipi e recitato coi piedi, però è uno dei miei preferiti del duo Merli-Massi. Ha dalla sua l'idea originale della doppia storia (commissariato col pazzo che tiene sotto scacco gli agenti e commissario che vaga per la città preso dalle sue indagini) che scorre parallela fino al ricongiungimento finale. Più interni del solito (l'idea va incontro alla necessità del risparmio) per una "domenica nera" che un po' di suspence la sa offrire. Passabile.
Episodio di passaggio nella filmografia di Massi/Merli, non scanzonato come Poliziotto sprint ma nemmeno crepuscolare come Poliziotto solitudine e rabbia. Questo Commissario Mariani è privo di tutto il sottotesto che caratterizzava Betti e Tanzi. I suoi superiori, per una volta, non si lamentano dei suoi metodi ma si preoccupano che non sia proprio lui, poverino (con quell'arpia di suocera), a farsi ammazzare. Insignificante OST di Lallo Gori, scura fotografia, abuso del ralenty alla Peckimpah.
MEMORABILE: La scena del sequestro dentro l'ufficio della Polizia, con l'arrivo del cameriere del bar.
Qui si fa sul serio. Ottanta minuti tesi, non vi è nulla di inutile. Azione, suspence, ritmo ed emozioni. Merli è di ferro, Massi dirige con precisione. Il soggetto e la sceneggiatura funzionano, così come l'idea di girare quasi in diretta, come se il tutto si svolgesse nell'arco di una sola giornata. Solo il finale appare un po' affrettato ma il film è un poliziesco vero, coinvolgente, di buon livello.
Nonostante il titolo altisonante, Merli considerò sempre questo film come un'opera di transizione, "un film fatto di niente" ebbe a dire il compianto attore romano. La narrazione si svolge nell'arco di una giornata e culmina con il rapimento del figlio del commissario. Trama poco avvincente e un Merli che appare, a mio modo di vedere, stanco del ruolo. Buona l'indagine introspettiva sugli amari affetti familiari del protagonista.
Ennesimo poliziesco all’italiana, ma che si avvale di un Maurizio Merli più riflessivo che, consapevole del suo personaggio ormai cucito sul suo volto, cerca di dare un taglio personale al commissario senza però rinunciare del tutto all’action, anche se - occorre dirlo - il ritmo è complessivamente lento e questo fa inciampare la pellicola in cali di tensione non propriamente opportuni, nel genere. Nel complesso un film convincente che consiglio, anche per scoprire Merli attore e non solo "maschera". Ottima la OST di Lallo Gori.
Un poliziesco notturno dal cast solido, in cui spicca un Merli meno irruento e cinico del consueto e molto più riflessivo. Assieme a La legge violenta della squadra anticrimine uno dei film più compositi e ragionati di Massi, anche se non mancano elementi leggermente stonati, come ad esempio tutta la parte paradossale che vede il sequestratore (Massimo Mirani) tenere sotto scacco un intero commissariato. Bellissima e variegata la colonna sonora di Lallo Gori, con gustosi passaggi lounge avvolgenti e psichedeliche cacofonie ambient che riportano alla mente quelle ascoltate ne L'ultima casa a sinistra.
MEMORABILE: Tutta la sequenza al ralenty del rapimento della ragazza nei primi minuti del film.
Inconsistente. Merli non offre molto, pure la Agren appare svogliata e poco convinta e anche l'attore che interpreta lo psicotico risulta poco incisivo. C'è naturlamente azione, ma la parte finale dove Merli deve cercare di salvare suo figlio risulta quasi noiosa. Evitabile.
Uno dei film più obsoleti nel suo genere. A malapena fa sorridere l'assenteismo di un commissariato di polizia in una domenica. Anche la personalità del criminale non fa molto da collante; ottengono risultati molto migliori i tentativi di mediazione o persuasione degli altri funzionari di polizia che ci vanno di mezzo...
Discreto poliziesco con un Merli più misurato e riflessivo del solito, motivo per cui il registro del film si mantiene su livelli meno violenti pur non rinunciando all'azione che peraltro è molto presente e in alcuni tratti davvero notevole. La regia di Massi è molto presente (stupende le scene al rallentatore), il ritmo non è affatto male, mentre la sceneggiatura ha troppe ingenuità e incongruenze. Il finale invece mi è sembrato fin troppo frettoloso. Bellissima come sempre la Agren, anche se solo decorativa. Ottima la fotografia. Non male.
MEMORABILE: La scena del rapimento della ragazza girata al rallentatore...
Massi dirige con la consueta bravura un poliziesco a budget ridotto e non tra i più incisivi, ma che può vantare alcuni spunti originali come l'azione concentrata in una sola giornata e il peso predominante rivolto alle vicende personali del protagonista, che rendono Merli, a dispetto del titolo, meno rabbioso del solito. La breve durata comporta un ritmo serrato, ma anche un finale inevitabilmente sbrigativo. Buona prova del cast, scialbe le musiche di Gori. Non indimenticabile, ma il compito di intrattenere onestamente lo assolve in pieno.
Molto debole e a tratti noioso, purtroppo. Poche scene di rispetto e ampi spazi di mediocrità cinematografica di "genere". Merli appare poco convinto e la stessa cosa traspare nella sceneggiatura, costruita attorno a un evento improbabile (il tizio con la faccia da pazzo e/o terrorista che entra al commissariato armato, senza nessun ostacolo) che da qui si affanna per dare credibilità al prodotto, arrampicandosi su specchi appena lucidati. Finale ammortizzato e "sdrammatico", conseguentemente a questo "revolver" cui si è scordato di togliere la sicura.
Stelvio Massi e Maurizio Merli confezionano uno degli ultimi poliziotteschi dal tono crepuscolare. Il genere ha ormai poco da dire e l'ennesima spremitura del limone produce questa volta scarso succo. Sembra di aver già visto tutto e alcuni episodi mancano di credibilità. Anche i malviventi non fanno più paura e nella mediocrità generale si distingue Massimo Mirani (che sembra crederci fino in fondo) nel ruolo della scheggia impazzita. Solo per gli integralisti del genere.
Massi si scosta leggermente dal poliziottesco classico basandosi su un'idea di partenza tutt'altro che malvagia. Il montaggio alternato che domina la prima parte del film provoca la giusta tensione, ma purtroppo il cast non appare in stato di grazia e la regia non riesce a conferire buon ritmo a un film che appare "piatto" dall'inizio alla fine. Il carattere dei personaggi è solo abbozzato, perciò è difficile immedesimarcisi. Occasione sciupata.
Se la donna (leggi: il melodramma) uccide il western, il moccioso fa strage del poliziottesco. L'inizio è discreto, così come Mirani nei panni dello psicopatico vendicatore, ma la caccia per liberare il figlioletto annega nella nostra indifferenza. Ai minimi sindacali il cast, compresa la Agren che ha una gran voglia di starsene altrove. Merli, invece, padroneggia il mestiere e si conferma attore sottovalutato.
Merli nei panni del commissario è più credibile, sebbene la faccenda che lo colpirà nei suoi affetti familiari trasformi tutta l'operazione in una specie di tragedia "napoletana". Inesistenti le relazioni con i traffici internazionali e nessuna con la corruzione delle forze dell'ordine. Il protagonista viene lasciato solo a dimostrare (con fatica) tutta la sua capacità di attore. Fate voi...
MEMORABILE: L'inutile presenza "esotica" di Janet Agren.
Nella media del genere: senza picchi e senza cali. Per i non cultori dimenticabile, per quelli che lo sono, ricordabile ma come molti altri. Realizzato con molto mestiere e seguendo una sorta di ricetta ormai codificata. Merli fa... il Merli. Con il rapimento del figlio inizia una sorta di altro film e in quel caso si avverte un po' più di tensione.
Poliziesco atipico fra i tanti del periodo; l'incipit è in linea con il genere ma subito dopo il film vira verso il dramma personale del commissario e di un invasato che cerca vendetta. Massi dirige discretamente, buona la fotografia ma la trama a momenti sconfina nell'improbabile, pur avendo il pregio dell'originalità. Mirani è il più convincente del cast, inespressiva la Agren, Merli moderato e meno "di ferro" che in altre pellicole. Da rivalutare, ma i non avvezzi al genere storceranno il naso.
A parte colonna sonora e atmosfere incantevolmente nostalgiche, non ci sono grandi guizzi. La recitazione appare svogliata e la sceneggiatura decisamente prevedibile, poco avvincente. Ci sono i soliti cliché del poliziesco, cui si è aggiunta una nota sentimentale che resta in superficie, senza nulla aggiungere. Tante le scene al limite del farsesco alle quali segue un epilogo scontato. Un compitino passabile per il fascino del periodo.
Stelvio Massi si conferma un buon regista di polizieschi all'italiana, ma molto del merito in questo caso va all'inossidabile Maurizio Merli, il "commissario" per antonomasia. Come al solito il protagonista interpreta il ruolo che lo ha consacrato, ovvero il poliziotto dedito anima e corpo al servizio del cittadino a costo di infrangere lui stesso la legge e di lasciar da parte la famiglia. C'è anche della comicità non troppo velata, cosa che alleggerisce una sceneggiatura che poteva essere troppo violenta e ripetitiva.
MEMORABILE: Il commissario Mariani che distrugge con violenza un cancello in retromarcia.
Forse il miglior film con Merli commissario: pur non essendoci i tipici inseguimenti in auto non mancano certo l'azione e qualche scazzottata di rito. E' però quasi un noir, ricco di ritmo e colpi di scena, che coinvolge e stimola la visione sino alla fine. La Agren è proprio statuaria nel vero senso della parola, subito dietro solita parata di caratteristi del genere. Solida la regia di Massi.
Contiene almeno due inserti "originali" sia nel più vasto orizzonte del poliziottesco che nella costellazione baffuta relativa al Kommissar Merli: il risveglio alla Umberto D. del nostro con tanto di sbadiglio, sbarbamento, moka e l'"apparizione" del santino di Gramsci che tutti ci sbarella e circonfonde. Due assi nel mazzo dello script di Gianviti (esperto in commedie sarcastiche), che non contento mette sul tavolo pure l'edipico patologico Mirani che tiene in scacco il commissariato, un paio di stilettate romanesche di Manni e perfino un finale incruento. Eterodosso e stravagante.
MEMORABILE: Manni a proposito di Merli: "Prende tutta la banda, libera la ragazza, recupera il bottino e non è contento: ma che cazzo vorrà?".
Non male: Merli (non doppiato) è un gigante come presenza, la Agren è gelida e affascinante e il cast fa il suo lavoro, con un ottimo Massimo Mirani in un personaggio totalmente psicotico. Il film è corto, pare avessero finito i soldi, alcune scene sono stiracchiate (quella del deposito), ma tutto sommato si lascia guardare. Forse sarebbe stato possibile risolvere la storia in pochi minuti, aspetto che la rende inverosimile. Interessante la parte dell'inseguimento finale su treno.
Pellicola senza infamia e senza lode, tristarella come la sua musica di sottofondo. Un commissario con la fama da duro (il buon Merli, sempre dedito alla causa) subisce il rapimento dei figlio: ovviamente farà di tutto per ritrovarlo. Nonostante una storia più o meno credibile, il film si perde nella lentezza (e imbranataggine) dei poliziotti nel commissariato (dove avviene il rapimento) e nella poco convincente (ex) storia d’amore di Merli con la ricca e bella Agren. Poche scene d’azione, troppi interni: non proprio il terreno ideale per questo cast e regia. Per amanti del genere.
Film poliziottesco del 1978 (Merli ha qui però la sua voce), non aggiunge nulla alle solite pellicole del genere. La trama poi si risolve in un'ora e venti scarsa, con una certa prevedibilità. Peccato perché si poteva sicuramente rimpolpare un po' di più. La Agren (vestita) è presenza quasi impalpabile. A volte affiorano la noia e lo scontato. Nel cast anche Mariangela Giordano.
Poliziottesco breve e intenso, senza sbavature. Atipico perché svolto nell'arco di 24 ore. Merli "grilletto facile" è impegnato su due fronti, di cui uno personale. Si vede un po' della sua sfera privata, anche se ciò rimane un po' abbozzato per la durata esigua. Merli recita bene, ma doppiato da Accolla destabilizza. Svogliata e abbottonata la Agren, fuori parte nei panni della mammina. Meglio la Giordano in una scena umana. Massi in regia zoomma molto. Niente sesso o violenza gratuita. Intrattiene bene, senza stafare.
Per inserire un commento devi loggarti. Se non hai accesso al sito è necessario prima effettuare l'iscrizione.
In questo spazio sono elencati gli ultimi 12 post scritti nei diversi forum appartenenti a questo stesso film.
DISCUSSIONE GENERALE: Per discutere di un film presente nel database come in un normale forum.
HOMEVIDEO (CUT/UNCUT): Per discutere delle uscite in homevideo e delle possibili diverse versioni di un film.
CURIOSITÀ: Se vuoi aggiungere una curiosità, postala in Discussione generale. Se è completa di fonte (quando necessario) verrà spostata in Curiosità.
MUSICHE: Per discutere della colonna sonora e delle musiche di un film.
Markus permettimi l'inserimento per farti i complimenti, stai inserendo una tale quantità di location da far girare la testa a google map!
Complimenti e ... grazie!
Markus ebbe a dire: Hackett ebbe a dire: Markus permettimi l'inserimento per farti i complimenti, stai inserendo una tale quantità di location da far girare la testa a google map!
Complimenti e ... grazie!
grazie a te Hackett! mi fà piacere che hai gradito!
La prima traccia del CD di Elio e le storie tese Studentessi, riprende i dialoghi di Merli che irrompe nella bisca cercando notizie su Sergio Conforti.
.."Parla! Parla! Dov'è? Parla!!!"
"Non lo so! Glielo giuro! A Nando! Questo me spezza, diglielo! A Nando! Tu 'o conosci! Sergio Conforti è amico tuo! E diglielo, no?"
"Sei proprio una carogna!"
Sergio Conforti è il vero nome di Rocco Tanica tastierista degli Elii.
MusicheEllerre • 7/05/10 16:44 Call center Davinotti - 1216 interventi
Interessanti le composizioni minimaliste di Lallo Gori (Coriolano il suo vero nome) che scrive la colonna sonora di questo film. Il compositore romagnolo, che è noto per aver musicato film di Franco e Ciccio e varie commedie erotiche all'italiana, qui mette assieme una serie di brani non troppo elaborati ma ricchi di suoni e arrangiamenti originali. Tutto fatto con tastiere analogiche (Moog, Arp, ecc.) e batteria. "Casareccio" insomma. Anche nella colonna sonora "Ritornano quelli della calibro 38" (1977) è presente l'identico esperimento.
Riferimento discografico: Lallo Gori, Ritornano quelli della calibro 38 - Il commissario di ferro, Beat Records.