Un incipt a dir poco straordinario, gustosamente tarantiniano (con non poco velati ammiccamenti a
Pulp Fiction), impreziosito da inaspettati stop-frame e presentazione dei personaggi che andranno a intrecciare le loro vite in un sudicio motel alla
Vacancy (una scarpina col tacco piuttosto "fatale", un tremendo incidente sotto la pioggia battente seveniana). E da notare come il numero 6 sulla porta della stanza diventi un 9, proprio come succedeva in
Hit List di William Lustig.
Una volta arrivati al motel (dove si nascondono cadaveri nel freezer e laide stanze con giornaletti porno), comincia il countdown slasher, tra sospetti e colpi di scena, bizzarri e grotteschi omicidi, che inchioda alla poltrona e la tensione non molla mai la presa.
Piove dannatamente (come nei finali della saga di
Venerdi 13) per tutto il film, e la mano del misterioso serial killer colpirà uno a uno spietatamente (chi "perde" la testa nella lavatrice, chi ritrovato con una mazza da baseball infilata giù per la gola, chi investito "accidentalmente", chi pugnalato a morte)
Mangold (dopo l'ottimo
Copland) si riconferma regista astuto e talentuoso, ottimo direttore di attori e padronanaza assoluta del mezzo cinematografico
Il suo primo e unico (per ora) film di genere, trasuda atmosfere e sapori settantiani (sin dalla fotografia di Phedon Papamichael), con schegge che hanno l'odore dei nostri thriller passati e gloriosi, per passare dal
Silenzio degli innocenti e degli slasher anni 80, nonchè un intelaiatura kinghiana non indifferente (il cimitero indiano e le sue "maledizioni", e spizzichi dei Figli del granturco).
Così come non manca la citazione all'amato
Shining (Clea DuVall che impazza terrorizzata chiusa in bagno, minacciata dal marito sbraitante)
Gran finale sotto il sole , tra aranceti e strade alla
The Hitcher, davvero sorprendente, che spiazza e elettrizza (sfido chiunque ad arrivarci sù) e chiude genialmente un piccolo gioiellino che avrebbe meritato più aurea di cult.
Di maniera le musiche di Alan Silvestri, e parco il gore (ma qualche effetto disturbante del magico trio KNB lascia il segno) e da antologia il flashback riguardante la vera natura di Ray Liotta, davvero da applausi a scena aperta.
La filastrocca: "
Salendo le scale ieri sera ho incontrato un uomo che non c'era...nemmeno oggi lui è qua. Spero tanto che se ne andrà", i personaggi tutti nati il 10 di Maggio, i nomi che rimandano a città o a stati. Tutti tasselli di un puzzle diabolicamente geniale.
Più di un punto in comune con
Session 9 (le registrazioni audio, la follia labirintica della mente umana), ma molto meno cupo e disperato del gioiello di Anderson.
Cosa chiedere di più ad un thriller/horror che mozza il fiato, ti prende dall'inizio alla fine, ti fà piombare in un atmosfera mortifera e umidiccia, inizia come
Pulp Fiction e finisce come
Grano rosso sangue?
Assolutamente da riscoprire.