Splatter. Non esiste altra parola che meglio sintetizzi la quintessenza di questa saga che, arrivata al terzo capitolo, continua a riproporre invariata la medesima formula puntando sempre più le carte sulla bassa macelleria, reinventata con rara ferocia e supportata ormai da effetti speciali allo stato dell'arte. Art il clown (Thornton) non è morto. Gli han tagliato la testa nel capitolo due, ma ci vuol altro per fermarlo; tanto che nel prologo lo ritroviamo - travestito da Babbo Natale, visti i giorni in cui l'intero film è ambientato - in piena forma, pronto a massacrare un'intera famigliola. In questo particolare...Leggi tutto frangente, a spaventare non è la resa grafica degli squartamenti mediante scure ma l'agghiacciante sonoro, se amplificato a dovere: il rumore dei colpi che si abbattono sui corpi e del sangue viscido che scorre copioso a ogni nuova discesa dell'arma fa accapponare la pelle ancor prima che, nel prosieguo dell'azione omicidiaria, si passi a mostrare il tutto in dettaglio.
I titoli e un breve flashback ci riportano subito dopo a qualche anno prima, quando il nostro era stato decapitato: giusto qualche minuto per farci capire come in quattro e quattr'otto lo spiacevole inconveniente si risolva, senza grandi sforzi di fantasia. La differenza sta nel fatto che qui Art è accompagnato, per tutto il film, da Victoria Hayes (Scaffidi), la studentessa universitaria investita e sbocconcellata nel capitolo uno e di passaggio pure nel due: parla in sua vece (lui è muto, come noto) e lo aiuta a smembrare chi capita a tiro. Un make up tuttavia piuttosto deludente per un personaggio nel complesso superfluo e talora ingombrante, che vediamo pure masturbarsi nel sangue in una scena disgustosamente gratuita.
Sospinto da musiche le cui sonorità a base di sintetizzatori rimandano agli Anni Ottanta, il film è ancora una volta sorretto dalla straordinaria mimica di Thornton, vero fiore all'occhiello del clown e ciò che lo differenzia immediatamente dai tantissimi pagliacci che hanno popolato il genere negli anni. Il terzo capitolo perde rispetto ai precedenti quel briciolo di profondità che permetteva di iscriverlo in un mondo nel quale la ricercata fotografia lo calava al meglio. Diminuiscono le scene in cui Art si aggira nel buio, si esibisce in smorfie e movimenti che ne sanciscono il delirio, per lasciare sempre maggior spazio agli attacchi sanguinari che qui raggiungono vertici non facilmente eguagliabili. C'è un delitto con motosega che fa sembrare quelli di Leatherface roba da far vedere alle feste per bambini: la lama circolare penetra nella carne infinite volte creando sconquassi, tagliando, spezzando gli arti, squartando facce e ogni parte del corpo immaginabile in un tripudio di sangue senza fine alternato al ghigno sadico del clown.
Lauren LaVera ritorna dopo il numero 2 nonché la trasferta italiana da restauratrice ritrovandosi faccia a faccia con Art, pronta a riprendere in mano la spada magica disegnata dal papà fumettista per un'ultima parte a dire il vero interminabile, puntellata sì da momenti di assoluto orrore ma anche di grida e dialoghi stiracchiati, pause gratuite e zoppicamenti poco degni di un regista eccellente come Damien Leone, il cui tocco è evidente anche qui, ma che fatica a imporre la personalità vista in precedenza. Così, se da una parte la solidità di effetti splatter incredibili non si discute (a benedirli nientemeno che Tom Savini in un simpatico cameo intervistato tra i superstiti della bomba al centro commerciale), dall'altra tutto rischia di ridursi a un giochino piuttosto sterile sporcato dalla presenza di una partner sanguinaria poco interessante. Pur tuttavia è tale l’imponente numero di delitti creativi realizzati con un realismo impressionante, tale la forza del personaggio e della sua mimica, da issarlo ancora una volta sul gradino più alto dell’horror moderno: una maschera così, che qui si mescola abilmente con l’iconografia classica natalizia, possiede un fascino intrinseco che ci fa dimenticare la ripetitività e la pochezza di quanto spesso gli viene costruito intorno.
Stavolta Art il clown si diverte a dissacrare il Natale e guai a impedirgli di vestire il rosso (sangue) costume di Satan Clown! Spesso coadiuvato dalla sodale sfigurata (qui un po' ingombrante, tanto che quasi sembra un film sulle gesta di una coppia omicida). La cornice è pretestuosa, torna la protagonista del secondo capitolo giusto in tempo per regalare alla famiglia della sorellona un Natale da ratti! Splatterissime le scene tanto attese dai fan: quella sotto la doccia, la migliore (e nessuno parli di misoginia!). Un trattato sullo stato dell'arte degli effetti prostetici.
Art il clown ritorna, stavolta in veste natalizia, per continuare i suoi massacri e vendicarsi della sopravvissuta del precedente capitolo. Repetita iuvant: nessuna novità sostanziale, tolta la "compagna" del villain, ma lo stile di Leone nel girare le oltraggiose scene splatter è sempre notevole e anche stavolta le due ore di durata scorrono senza farsi troppo sentire. Certo, la storyline comincia a mostrare la corda, le citazioni si sprecano e anche gli omicidi sono un po' meno fantasiosi, tuttavia la qualità c'è ancora; sarà lecito però attendersi di più dall'inevitabile sequel.
MEMORABILE: L'incipit; La motosega in doccia; La canzone natalizia "in tema" sui titoli di coda.
Sia detto: per la storia della cine-brutalità e benché sovrannaturalizzato haddonfieldese, Art è ormai bibbia, danger artist sul palco della quotidianità, redivivo Lindsay Kemp del Male (Thornton da Oscar). Urlata l’ultima parola sul neo-slasher, da vero babbo bastardo Leone ne ha una in gola anche per i santakiller-movies, stando allo splatter come Ann Chong all'hard ma tutt'altro che disattento su storytelling e worldbuilding (lecito anelare una sua derapata body horror, street-crime o rape and revenge). E con buona pace di Sbirulino è subito baby-meatgrinding. E la fanbase esulta.
MEMORABILE: Scalpo; Docce; Azoto liquido; Topolini; Art christmas song!
Il solito slasher natalizio contro l’istituzione della santa festività? Assolutamente no. Il terzo capitolo sulle prodezze di Art the Clown mantiene tutta la sua peculiarità malsana e dirompente, dal montaggio al servizio dello splatter a un impianto gore che lascia senza fiato. Gli omaggi al genere si sprecano, con un Hitchcock sotto steroidi e un Kubrick in pieno delirium. Il finale, sul filo dell’isteria, impone fantasy, horror e un colpa d’ala cristologico.
Gingillo mainstream gore da spezzettare nelle apps di microblogging ma anche opera d'intrattenimento d'alto artigiano; Damien Leone fonde gloriosamente i tratti delle tre action figures horror storiche: il silenzio, la cieca brutalità, la dimensione d'incubo, con in più un gusto proprio, creando l'ultima vera icona slasher: Art The Clown/Thornton maestro della mimica, delinea personalità attraverso i dettagli, warm picture (color pesca) anni Ottanta, nonostante l'orgia di violenza dissennata sia ovvia vige una tensione costante. Un instant cult, continuerà.
MEMORABILE: Il sonno nella soffitta; Babbo Natale; La sequenza della doccia; Il lungo finale casalingo davanti all'albero di Natale.
Ritorna per la terza volta il pagliaccio più spietato che ci sia e rincontriamo la divetta sexy Lauren LaVera dei contemporanei horror - persino nostrani - in questa pellicola dal sapore deliziosamente rétro, a partire dalle musiche - meraviglioso recupero dei synth d'epoca, senza fronzoli, ma nudi e crudi come li si sentiva quarant’anni fa - e il graditissimo ritorno dello "splatter" stile La casa senza l’impiego della computer grafica ad appiattire tutto (a proposito, c’è un cammeo di Tom Savini). Un film che nella sua semplicità riesce a conquistare e convincere.
Art, demone decapitato, resuscita e uccide, inserendo poi sul suo collo la testa della vittima. Vicky, la sopravvissuta sfigurata della prima mattanza, è ora sua alleata. Sienna, eroina del sequel, soffre di visioni mistiche. Il fratellino, cresciuto, si smarca da lei. Dopo Halloween, il contesto è il Natale. La resa dei conti è preparata da una autentica macelleria. La qualità cinematografica sale, con FX più sofisticati a servizio dello splatter. La dimensione sovrannaturale diventa dominante, le citazioni abbondano, l'epilogo annuncia un nuovo capitolo. Trionfo al box office. Boh.
MEMORABILE: La sequenza iniziale; Sienna combatte Art e Vicky con una corona di spine, novello redentore, mentre si apre la voragine di un immaginario inferno.
L'angelo del male, la cui testa è nuovamente partorita senza alcun atto fisico, è tornato in tempo per la festa delle feste, il Natale. La cristologia riempie la sceneggiatura di questo film, sebbene si celi dietro al sangue che zampilla ogni due per tre. Bene e sua Antitesi a rincorrersi tra pub, centri commerciali e case in cui vive l'amore, con una climax di effetti speciali dalla forza visiva inarrivabile. Alcune sequenze, soprattutto in capo (ospedale) e in coda (nella dimora degli zii della LaVera), sono puro delirio, anzi "Terrifier 3" è puro delirio visivo!
MEMORABILE: Vicky nutre la sua "creatura" con un'infermiera; Sotto la doccia; Il finale.
Dallo slasher alla demonologia. Dalla padella alla brace? Quel che conta per Leone è rimescolare l'horror anni ‘80 in un ribollente calderone splatter. Non ci si può nemmeno chiedere cosa rimarrebbe della zuppa senza il brodo, visto che è la sua stessa ragione di esistenza. D'altro canto, non si può nemmeno nascondere che la storia è quella di una spada magica con cui uccidere un brutto demone. Tutto qui? Tutto qui. Ancora una volta, dopo lo tsunami di sangue, rimane la sensazione di avere visto tanto, eppure di non avere visto niente. Come sempre, impressionante David H. Thornton.
Continua la mattanza splatter di Art the Clown, questa volta in salsa natalizia che fa da contrappunto orrifico alle solite luminarie e melodie zuccherose, con in più una seconda parte incentrata sulla vendetta. Niente di sostanzialmente nuovo nel moltiplicarsi delle situazioni e nel truculento modus operandi del clown in compagnia della inquietante Vicky, mentre la qualità rappresentativa è certamente superiore, nonostante la prevedibilità smorzi una reale tensione. Interessante l'apparato citazionistico e la Ost. Un altro sequel?
A differenza dei primi due capitoli, questo atto natalizio è migliore. A partire da una scrittura leggermente più costruita e tenendo presente gli innesti di black humour, Leone confeziona l'ennesima macelleria a buon mercato senza lesinare in cattiveria: gli effetti prostetici risultano efficaci, tanto quanto la performance di Thornton. Se si riduce tutto all'osso, il deus ex machina è una spada ammazza-demoni di matrice angelica. L'ennesimo non-finale spalanca le porte a un quarto capitolo. Energiche e in parte sia la Scaffidi che Lavera.
MEMORABILE: Il prologo con la famiglia; Nella doccia; I cicchetti con Babbo Natale; La sagoma d'angelo sul sangue; Masturbazione birbante con il coccio di vetro.
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