Giovane moglie in un manicomio, tra sedute psicanalitiche e elettrochoc, rievocazioni del passato e amnesie, fino alla "fossa dei serpenti", pozzo di contenzione dei pazzi più gravi. E' stato il film che ha spalancato gli occhi dell'America sulla terribile realtà dei manicomi e sulla necessità di una loro riforma. A parte il suo valore sociale, è un film cupo e claustrofobico, vagamente misogino ma ugualmente avvincente. Potente interpretazione di Olivia de Havilland, che attraversa con emozione i numerosi sbalzi psicologici del personaggio.
Litvak riuscì a fatica a trovare chi producesse il film, in quanto la tematica era considerata troppo forte, ed invece ottenne un grande successo con questo melodramma, debole nei passaggi psicanalitici ma riuscito nella rappresentazione del manicomio e dei metodi di cura del tempo, un ambiente popolato da donne in cui tutte - pazienti ed infermiere - dipendono dagli dei/medici maschi e l'unica via l'uscita può avvenire quando una giuria maschile giudica la protagonista sana, consegnandola poi ad un altro maschio/custode (il marito).
Bel melodramma in cui Litvak coraggiosamente (siamo nel 1948) ritrae in maniera vivida il mondo manicomiale ricorrendo alle tinte fosche (la fossa che dà titolo al film) e raggiungendo buone vette d'intensità, pur con qualche pausa, senza però mai
tirare colpi bassi allo spettatore o scadere nel patetico. Ne viene fuori un'opera
sobria e asciutta, in cui brilla la fulgida stella di una de Havilland in forma eccellente. Da recuperare.
Uno di quei film che compongono la storia e la memoria del cinema. Perfetto, semplicemente perfetto. Anatole Litvak dirige in modo impeccabile, ed inserisce anche dei coraggiosi elementi di critica sociale, descrivendo la pessima condizione in cui versavano i degenti dei manicomi dell'epoca. E poi lei, la grandissima, inarrivabile Olivia De Havilland giganteggia, regalando un'interpretazione indimenticabile, degna di un Oscar. E la storia, pur attraversando percorsi psicologici inquietanti, riesce a non scivolare mai nel grand-guignolesco.
MEMORABILE: La scoperta della chiave del mistero alla base delle turbe della de Havilland.
Da un lato la rappresentazione cruda e cupa degli ospedali psichiatrici e metodi terapeutici dell'epoca, culminante nella fossa dei serpenti del titolo (fortemente mantenuto), dall'altro il caso psicanalitico (a onor del vero da psychology for dummies, ma non importa) e l'intensa interpretazione di una bravissima De Havilland. Il finale scivola un po' nel melenso, ma del resto doveva rendere il passaggio dal buio alla luce e quindi... Film da antologia, "grande esempio di cinema" come da mio pallinaggio.
Opera manicomiale di grande caratura psicologica, girata come un invito a riflettere sulle genesi del comportamento umano e sui suoi conflitti morali e spirituali, allude alla psicoterapia come unica soluzione verso il recupero cognitivo. La de Havilland, che per quasi tutto il film recita coi capelli spettinati e il volto segnato dalla sofferenza, è un manuale vivente di recitazione. Splendidi gli affondi onirici e deliranti da dark movie, un vero coup de maître registico che lascia a bocca aperta.
Robusto nell’impianto narrativo, sovraccarico nel disegno dei caratteri. Opera femminile con poderosi affondi psicoanalitici, riesce nell’evocazione di un luogo manicomiale e spettrale, quasi onirico, dove le ombre della distorsione cognitiva si appiccicano ai volti scarniti dei personaggi come mali assoluti. Il finale offre un improbabile spiraglio di luce e la de Havilland sfiora l’eccellenza più assoluta.
Dramma maturo e scomodo per l'epoca in cui fu prodotto, che prende posizioni filo-progressiste (specie nella fiducia che ripone nella cura psicanalitica) denunciando senza eccessi enfatici la difettata gestione dei manicomi e le ingiustizie che ne caratterizzavano l'assetto gerarchico (l'infermiera Davis è da ritenersi il prototipo della Ratched di formaniana memoria). La sezione psico-investigativa soffre delle ingenuità tipiche dei mystery freudiani alla Hitchcock, tuttavia è sul rapporto fra le pazienti (Havilland eccelsa) e sulle doti espressive di Litvak che ricade l'attenzione.
MEMORABILE: Le immagini del mare in tempesta durante una crisi della protagonista; Il tappeto; La forza opprimente della "fossa dei serpenti" ripresa dall'alto.
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