il Davinotti

il Davinotti: migliaia di recensioni e commenti cinematografici completi di giudizi arbitrari da correggere

ORCHIDEA DE SANTIS
l'intervista
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365680 commenti | 69416 titoli | 27264 Location | 14452 Volti

Streaming: pagine dedicate

Location Zone

  • Film: Quanto basta (2018)
  • Luogo del film: La stazione di servizio in Toscana dove Guido (Fedele) gioca a calcio con alcuni ragazzini
  • Luogo reale: Via Ardeatina 1271, Roma, Roma
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  • Film: Svaniti nella notte (2024)
  • Luogo del film: Il punto in cui Pietro (Scamarcio) fa cadere la droga mentre attraversa la strada
  • Luogo reale: Lungomare Starita, Lecce, Lecce
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ULTIMI VOLTI INSERITITUTTI I VOLTI

  • Antonio Venturini

    Antonio Venturini

  • Shukri Bislim

    Shukri Bislim

Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.

ULTIMI COMMENTI

Commento di: Luluke
Nell'America del secondo dopoguerra le vedove dei caduti si affidano agli annunci dei "cuori solitari" per costruire nuovi legami affettivi. Rischiando di incorrere in farabutti, come la coppia Fernandez-Beck, autori di un numero spaventoso di omicidi di donne sole per impadronirsi dei loro averi. Il film, con un cast importante, si fa apprezzare per la meticolosa ricostruzione d'epoca, una fotografia sporca come l'animo dei due assassini, la crudezza di alcune scene. Qualche perplessità desta la sottotrama legata al dramma familiare del detective che dava loro la caccia.
Commento di: Capannelle
Produzione ungherese ambientata nella prima metà del 900 che mette in mostra un generoso numero di nudi in una storia a base romantica in cui il fulcro è un dipinto di nudo commissionato dalla maitresse di un bordello. Non mancano rapidi accenni a repressione religiosa, matrimoni combinati, orge boschive e bondage, tutti però ininfluenti e stereotipati. La prima parte è ruspante, caratterizzata da pochi dialoghi e una simpatica musichetta gitana che non smette mai. Nella seconda si diffonde la vis erotica ma la narrazione diventa pasticciata perché mescola di tutto. Discreta la Sands.
Commento di: Jandileida
Sulla falsariga della recente sovrapproduzione di variazioni sul tema "anche i ricchi (o CEO) hanno i loro problemi", la Reijn mette su uno pseudo thriller erotico piatto come il suo paese d'origine. Si naufraga in un mare di noia, ammorbati da dialoghi improbabili e dalla riproposizione di una fantasia sessuale già vista e stravista (la capa dominata dallo stagista, buongiorno mondo). Non si salva nemmeno il lato carnale, praticamente ridotto a due scenette messe lì giusto per dare un tono all'ambiente. Nemmeno Kidman, Dickinson e Banderas sembrano crederci troppo. Moscio.
Commento di: Katullo
Un po' Jason Bourne, un po' Mission impossible, una spy-story futuristica studiata in onore del caos, tanto per affumicare il pubblico. L'andirivieni temporale infatti snerva il giusto che basta a sfiancarsi nel dover seguire quelli che dovrebbero essere colpi di scena, troppo sofferti in realtà, che intervallati con le scene di lotta giungono puntuali se non prevedibili. La confezione è buona, anche se il protagonista Madden, vivendo un doppio ruolo da eroe innamorato e smemorato, intenerisce. Lei invece, la spia gnocca, ispirerà anche uno spin-off nostrano. Sitcom formato action.
Commento di: Anthonyvm
Da un film basato sulla combustione umana spontanea, fenomeno in realtà non così inspiegabile ma nondimeno inquietante, ci si aspettava qualcosa di più di un semplice ripoff pirocinetico di Scanners, specie con un Tobe Hooper dietro la macchina da presa. Come se non bastasse, il plot è talmente scomposto e disomogeneo, fra colpi di scena randomici e buchi di sceneggiatura in quantità, oltreché incline al ridicolo involontario, dai personaggi mal concepiti ai dialoghi di cartoonesca bassezza, che si perde interesse nella visione anche prima di entrare nel vivo della storia. Irrisolto.
Commento di: Myvincent
Un gruppo di cosacchi viene sterminato e derubato di un carico d’oro da un furibondo licantropo e spetterà a Maksym Osa scoprire l’arcano. Una fiaba facile facile resa sontuosa da una ricostruzione ad hoc, ma in cui troppo spesso s’insinua la noia, se non altro per i pochi momenti di reale terrore. Quei boschi incantati e fumiganti non sono sufficienti a tenere desta l’attenzione per tutto il tempo della visione.

ULTIMI PAPIRI DIGITALI

Insignificante giallo ambientato nella Parigi dell'alta moda, dove una psicologa newyorchese viene reclutata per assistere uno stilista di grande successo con qualche paturnia di troppo. Lei è Lauren Elliott (D'Orsay), che della Francia sa poco o niente (figuriamoci la lingua). E' Charlotte Gauthier (Coquant), la sua amica del cuore che lavora per un marchio fashion molto importante, Lavigne, a chiederle di lavorare per loro nella Ville Lumière. Lauren sulle prime non sembra affatto decisa ad accettare il trasferimento, ma già quando vede entrare nel suo appartamento...Leggi tutto di New York il celebre stilista Virgil St. James (Legrand), da molti anni creatore di punta della Lavigne, comincia a cambiare idea. Una nuova avventura, stimolante anche per una donna con i piedi per terra come lei. C'è la settimana della moda, a Parigi, e Virgil ha assolutamente bisogno di qualcuno che lo calmi e lo faccia sopravvivere allo stress.

Tutti contenti, quindi? All'inizio naturalmente sì, ma poi qualcuno, appena terminata una sfilata della Lavigne, uccide una delle figure chiave del prestigioso marchio e il principale sospettato diventa proprio Charlotte, trovata sconvolta nei pressi del cadavere. L'ispettore Andre Dubreil (Marini) mette in custodia preventiva la donna e Lauren si sente perduta: certa che l'amica non possa essere colpevole, vuole aiutarla in ogni modo e per questo, non fidandosi della polizia, avvia delle indagini personalmente, confidando nel fatto che nei sui confronti tutti si mostrano disponibili a parlare. Ma intanto qualcun altro morirà e la situazione si farà sempre più drammatica.

Del fascino di Parigi poco si percepisce, anche per colpa di una fotografia che si finge colorata e vivace ottenendo un effetto anche peggiore, rispetto a quello più sobrio e spento del classico giallo televisivo. L'ambiente della moda, poi, da sempre fatica a rendersi credibile, quando il budget per la messa in scena è tanto chiaramente limitato e limitante: qualche modella, molto movimento tra stanze e interni anonimi spesso penalizzati dalla tendenza all'ocra della fotografia. Nemmeno la D'Orsay pare granché convinta nel suo ruolo di investigatrice dilettante, benché renda abbastanza lo spaesamento di chi si trova in terra straniera; forse l'unico che pare sposarsi bene al tema è Legrand, il quale ovviamente calca la mano nel caricare di atteggiamenti effeminati il suo Virgil St. James mostrando però una certa fragilità d'animo che ben si sposa al personaggio.

Sarebbe interessante il tema della contraffazione di oggetti di moda dal prezzo altrimenti inaccessibile (borsette firmate Lavigne che la protagonista nemmeno distingue da quelle autentiche), ma tutto si stempera in un giallo di maniera in cui lo svolgimento puramente meccanico non riesce mai a farsi coinvolgente. Né appare troppo credibile il rapporto dapprima piuttosto conflittuale poi sempre più amichevole tra Lauren e l'ispettore Dubreil, che gioca a fare il bel tenebroso.

La soluzione non è certo ingegnosa, la figura del padre (Rand) di Lauren è l'esempio lampante di una sceneggiatura che appiccica scene superflue dal chiaro sapore di riempitivo. Sangue assente, tensione idem. Nessun thriller: CRIMES OF FASHION è un dramma giallo fiacco e chiuso nel modo più convenzionale che si possa immaginare, nemmeno ravvivato da scorci di Parigi che perlopiù si limitano a piazzare la Tour Eiffel qua e là senza mai riuscire a comunicare l'atmosfera vera della città. Nel doppiaggio nostrano, poi, parlano sempre tutti italiano e di francese non si sente quasi nemmeno una parola.

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Lorraine Warren (Farmiga) scheggia uno specchio - già maledetto - durante una delle tante visite col marito a case infestate. E se anche il danno non produrrà sette anni di guai, è inevitabile immaginare che, da donna incinta (di Ed/Wilson, naturalmente), Lorraine non avrà un parto facile. Le capiterà di tutto, infatti, pure di vedere mostri appesi alle pareti mentre è lì a urlare quando le dicono di spingere. La bimba nascerà, a quanto pare morta; o così almeno giudicherà superficialmente il medico, perché invece quando...Leggi tutto Lorraine la prenderà in braccio... eccola riprendere vita. Bislacco, quanto meno, ma ai Warren succede un po' di tutto da sempre, per cui...

Lo specchio crepato, intanto, viene regalato a una giovane cresimanda dai nonni e, fin da subito, fa intuire che recherà con sé disgrazie di ogni tipo. Anche gettarlo via con la spezzatura non è detto che basti. Come potrà quello specchio ritornare in contatto coi Warren? Semplice, attraverso Padre Gordon (Coulter), frequentatore dei due coniugi “acchiappafantasmi” (come qualcuno scherzosamente li definisce, visto che siamo in pieni Ottanta) e pure della sfortunata famiglia Smurl, ai quali lo specchio è finito in dono. I Warren, però, hanno deciso di ritirarsi, dopo centinaia di casi affrontati; si dedicano ormai solo a incontri e convegni durante i quali raccontare le proprie macabre esperienze. Epperò tira la giacchetta di qua, tirala di là, i nostri ritorneranno in ballo per risolvere il dramma dello specchio maledetto, e questa volta la lotta sarà davvero senza quartiere. Anche troppo, considerato che lo scontro finale con le entità demoniache si rivelerà veramente interminabile e solo a un primo esame relazionabile al genere di riferimento. Pare quasi più un western, combattuto a sprangate tra macerie, porte che sbattono, gente che urla, sangue, fughe e chi più ne ha più ne metta.

Va bene che la saga non è mai stata accostabile all'horror solo suggerito, a quello psicologico o delicatamente ricamato, ma qui si esagera; dimenticando che, insomma, l'atmosfera qualcosa dovrebbe ancora contare. Nella prima parte, a dire il vero, sembrava che si volesse percorrere la strada che già discreti frutti aveva dato nel capitolo precedente, sempre diretto da Chaves; ma quello aveva un occhio più puntato alla patina rilucente che, qui, una fotografia meno scintillante non garantisce allo stesso modo. E anche la presenza molto più ingombrante che in precedenza di Judy (Tomlinson), la figlia dei Warren e medium a sua volta, non sembra aggiungere granché: cresciuta, è alle prese con il fidanzato ex poliziotto (Hardy) che ci tiene a fare bella figura con coloro che dovranno nelle sue intenzioni essere i futuri suoceri. “Avrai capito che non siamo proprio una famiglia normale”, gli dice Ed, e il povero ragazzo non impiegherà molto per arrivare a comprenderlo.

La professionalità con cui l'operazione è condotta è quella di sempre, ma la storia è fiacca e poco degna di apparire come il "rito finale" di una saga tanto influente, conclusa oltretutto con la solita coda romantica nella quale Ed e Lorraine ci mostrano quanto si amino e il loro legame sembri fatto per durare in eterno. Baci, abbracci, corse in moto nelle campagne mentre Van Morrison canta la suadente "Comfort You": pare quasi la parodia di una rom com...

La componente horror è affidata ai soliti jumpscare, associati a qualche discreta idea spaventevole (il filo del telefono che scompare in una porta sul buio, quello elettrico che si fa corda per una tragica impiccagione...) e a suoni e rumori in crescendo quando ci si avvicina allo spavento, mentre la colonna sonora si preoccupa principalmente di sottolineare l'ambientazione eighties con Howard Jones (“Things Can Only Get Better”), i Cult (“She Sells Sanctuary”), David Bowie (“Let's Dance”)... Nella stessa direzione è da registrare la presenza di vhs (pure utilizzate in un video "rivelatore") e musicassette.

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Lo si intuiva già in PIOVE, che il pugliese Paolo Strippoli avrebbe continuato a imporsi con uno stile personale, virtù appannaggio di pochi. Scelto l'orrore (più psicologico che grafico) come ambito in cui esprimere al meglio la propria arte, il regista trova nel grigio plumbeo delle montagne friulane il clima ideale in cui immergere la sua nuova storia di paura e mistero. E lo fa studiando con cura le location (siamo a Tarvisio e dintorni, anche se la cittadina immaginaria prende il nome di Remis), individuandone alcune...Leggi tutto di ideali che inquadra con il talento di chi ben conosce il mestiere e sa come valorizzarle, in una luce cupissima che la fotografia stinge fin quasi fino ad annullare ogni barlume solare. Nulla di nuovo in questo. Né nella storia, a dire il vero, che attinge da fonti eccellenti e mescola qualcosa dello straniero che raggiunge terre di imperscrutabili culti pagani in WICKER MAN a quelle comunità apparentemente amiche ma invece sotterraneamente ostili (se non le segui) che rimandano alle mogli di Stepford o alle vette gemelle.

Sergio Rossetti (Riondino) si introduce nel mondo a parte di Remis da "straniero" ignaro, alieno, turbato da foschi pensieri derivati dalla morte di suo figlio. Preda di crisi improvvise, attacchi d'ira, pianti, è stato assunto, lui ex campione di judo, come nuovo insegnante di educazione fisica nel liceo cittadino. Il primo impatto non è dei più rosei: attacca senza un vero motivo i suoi alunni, si mostra intransigente, burbero, e quando incontra Matteo Corbin (Feltri) son dolori, per il ragazzo: esentato dalle lezioni, viene ugualmente messo in fila da Sergio con gli altri. Ma lui è diverso, e ce lo ricorda più di una volta Mia Martini con "Almeno tu nell'universo", regolarmente tagliata al momento del fatidico ritornello, che chiunque sa come completare comprendendo di conseguenza il palese riferimento.

Matteo è l'angelo di Remis; lo chiamano così perché possiede un potere inimmaginabile: quando lo abbracci, ogni tuo dolore interno svanisce. Se ne accorge anche Sergio, il quale verrà una notte accompagnato da Michela (Maggiora Vergano) nella strana "chiesa" locale, un edificio a facciata triangolare (location suggestiva, soprattutto nelle sue forme esterne) in cui il padre di Matteo, Mauro (Pierobon), accoglie e mette in fila tutti coloro che necessitano dell'abbraccio di suo figlio. I prescelti entrano e, al cospetto anche di Don Attilio (Citran), avvicinano "l'angelo" stringendosi forte a lui. Sergio non ci può credere ma è vero: riacquista pure lui il buonumore, perfino la capacità di scherzare come un tempo. Ma chi è davvero Matteo? Cosa nasconde il suo passato? Perché è costretto dal padre a sottoporsi costantemente agli abbracci di tutti gli sfortunati del paese?

Da uno spunto in fondo semplice, dalle tinte nere polanskiane, un film tutto giocato sulle pause e i silenzi, riempiti da una colonna sonora di grande fascino (di Bisozzi e Tomat), delicata, inquietante al punto giusto e calzante. Tecnicamente il film ha punte pregevolissime, momenti in cui si coglie appieno la voglia di percorrere strade nuove e coraggiose; però frequentemente s'inceppa, si autocompiace di scene prolungate senza un vero motivo alla ricerca di un'autorialità ad ogni costo che finisce col danneggiare pesantemente il risultato. Smarrendosi tra le troppe ambizioni di un cinema italiano che di rado, in questi casi, accetta di fare i conti con il pubblico. In questo Strippoli si avvicina allo spirito dei fratelli D'Inncocenzo: grandi qualità, tecnica e senso del cinema eccellenti penalizzati spesso da un ermetismo eccessivo.

Qui le due ore e più si sentono tutte e si ingrana troppo tardi, confidando in una seconda parte che finalmente accelera e ti trascina nel vortice oscuro, ma che esplode davvero solo nell'ultima mezz'ora. Senza che peraltro si raggiungano vette eclatanti. I personaggi, esclusi il protagonista e il giovane Angelo con i suoi turbamenti, entrambi ben delineati, vivono soprattutto grazie alla bravura degli attori (il solito impeccabile Citran, sovrano del cinema a Nordest, ma il migliore è Pierobon), mentre certi espedienti lasciano il tempo che trovano (inquadrature rovesciate, grandangoli...).

Risulta meno godibile di PIOVE forse anche per un budget limitato che in questo caso più si fa sentire, restituendo una certa sensazione di povertà (nella recitazione di alcuni, nelle scenografie interne, talora nella messa in scena...). Le potenzialità di Strippoli sono evidenti e non si può dire che il film non sappia distinguersi e colpire, anche per come si rifiuta di aderire alla regola del jumpscare o dell'effetto speciale gratuito; ma una regia più ficcante, meno estatica, e una decisa accelerazione, magari sfoltendo il film dalle scene superflue, avrebbero garantito un risultato migliore.



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Il tenente Colombo

Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA

L'ISPETTORE DERRICK

L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA

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