Danny Collins, anziano cantante ricco e famoso, ha perso da tempo la vena creativa. La scoperta che 40 anni prima John Lennon gli aveva scritto una lettera, mai giunta a destinazione, lo induce a dare una svolta alla sua vita...
Il refrain della canzone solo abbozzata, simbolo delle occasioni perdute, accompagna la ricerca di redenzione del protagonista, con alti e bassi ma fondamentalmente ottimistica, in questo film pacinocentrico forse un poco troppo ruffiano ma piacevole.
Il Pacino meno alimentare del nuovo millennio interpreta un cantante che a fine carriera deve fare non solo i conti con l'età ma anche con un repertorio sempre uguale a se stesso e dei rapporti familiari da rimettere insieme. Vi suona familiare? Probabile, visto che attorno allo stesso tema saranno stati girati ottocentomila film. Ciò non toglie che, mettendoci il buon Al molto del suo (anche Plummer), il film si fa seguire; insomma, un lacrima-movie sobrio e ben girato in cui il ricatto emozionale allo spettatore è ridotto al minimo.
Una trama vista molte volte, che trova però nell'ottima interpretazione di Pacino un motivo d'essere. Lui è infatti il motore del film, con la sua presenza scenica che dona al personaggio più sfumature di quanto la sceneggiatura non gli conceda. Per il resto Fogelman vorrebbe buttarla sulla lacrima facile, ma non riesce perché l'insieme sa di televisivo e non sempre coinvolge emotivamente. Cast di contorno non male, in particolare il vecchio Plummer.
Una storia di redenzione umana e professionale dallo spunto insolito (una lettera di John Lennon scritta molti anni prima al protagonista della vicenda), ambientata nel mondo della musica. Una storia in cui abbondano gli stereotipi ma che risulta meritevole di visione grazie alla bella colonna sonora (con leggendari brani di Lennon e un inedito cantato dal protagonista) e per la prova di tutto il cast, da Pacino al bravissimo Cannavale, senza tralasciare il grande Plummer e la Bening.
Pur ispirato da una storia vera, il film è un ricettacolo di cliché e spunti già visti in molti altri lavori del genere; la popstar in declino che non vuole invecchiare, il maldestro ricongiungimento con il figlio dimenticato, i problemi di salute dei familiari... Tutto segue i binari della dramedy buonista all'americana e a salvare la baracca ci sono solo il mestiere di un discreto Pacino e quello del bravo Plummer; risate a denti stretti e momenti agrodolci a go-go, per una storia di redenzione già vista e meglio altrove. Potabile, ma assolutamente non indispensabile.
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DiscussioneDaniela • 16/01/16 10:10 Gran Burattinaio - 5945 interventi
Fogelman, produttore e sceneggiatore alla sua prima regia di un lungometraggio, ha tratto ispirazione per il soggetto da un fatto realmente accaduto:
Steve Tilson, musicista folk inglese di discreto successo, nel 1971, quando era poco più che ventenne ed aveva appena pubblicato il suo primo album, ricevette una lettera da Lennon che lo incoraggiava a restare fedele a se stesso e lo invitava a contattarlo per un incontro.
La letterà giunse nelle sue mani, sfortunatamente per lui, solo trentaquattro anni dopo.
Tilson, che ha prestato la propria consulenza a Fogelman per il film, racconta il fatto in un breve spezzone durante i titoli di coda.