Sicuramente il tono è meno realistico che in altre pellicole.
Ho comunque fatto altre ricerche e posso dirti che
La Stampa del 6 ottobre 1972 conferma che
il film tratta di un caso vero ma accaduto in altra città (altrove si legge che trattasi di città siciliana).
Probabile che, come si legge anche nel prosieguo dell'articolo, il fatto servì a Lizzani solo come spunto per indagare sugli ambienti criminali torinesi.
Anche se ciò ha poco a che fare con la tua richiesta, segnalo anche per mera curiosità, che l'articolo dimostra come il giornalismo e la critica cinematografica siano cambiati nel corso del tempo.
Il pezzo in questione, infatti, spoilera selvaggiamente tutto il contenuto del film comprese le svolte più importanti e, sacrilegio, il finale.
La cosa l'ho notata sempre sull'archivio de La Stampa in un altro articolo sul film. tre righe e...zac...svelato il finale!
Oggi i recensori verrebbero fucilati dal pubblico e, cosa ben più importante, non potrebbero albergare sul Davinotti, avendo infranto una delle
sacre leggi dei papiri davinottici.
P.S.
Tra l'altro in uno degli articoli trovati per la mia ricerca, mi sono imbattuto in una curiosità davvero bizzarra. Un magistrato dell'epoca si arrabbiò perché il suo cognome era omonimo a quello dell'avvocato interpretato da Nicola di Bari, ed ottenne di farlo eliminare da tutte le sequenze del film, tranne una. Per questo chiese che venisse eliminato anche dalla sequenza restante. Non so se la riserva sia stata poi esaudita, poiché l'articolo non lo dice.
Ultima modifica: 17/04/20 13:11 da
Cotola