Western d'autore, nato chiaramente dopo l'esperimento riuscito di QUIEN SABE? nel quale Damiano Damiani e Franco Solinas avevano inserito importanti tematiche sociali in un contesto ormai abituale per il cinema italiano di genere dei Sessanta. REQUIESCANT non ha il ritmo dei western alla Corbucci né la leggiadria di un Sergio Leone e la non totale compatibilità del regista con il genere comincia a farsi sentire fin dall'inizio. A dire il vero le scene d'azione sono girate molto bene, la grande sparatoria iniziale comandata dal “cattivo” Mark Damon (che passava anche in italia dall’horror...Leggi tutto al western con disinvoltura) ha un feeling indovinato, ma le scene in cui Lou Castel (attore impegnato per eccellenza, che nello spaghetti-western avevamo appunto visto in QUIEN SABE? e avremo di nuovo in MATALO!) prende la scena non sono tra le migliori: vuoi per un viso dall'espressione incisiva, vuoi per il ritmo troppo blando. Come sempre Lizzani si rifà con i veloci colpi di pistola e i voli degli stuntman, nonché quando può creare la suspense che precede i duelli. Poi Castel/Requiescant (il nome gli viene dall'abituale frase biblica con la quale benedice le sue vittime prima di andarsene) incontra un gruppo di rivoluzionari messicani, decisi a riprendersi le terre sequestrate loro dal perfido Ferguson (Damon). Capitanati (ma pensa te!) da Don Juan/Pasolini (che si porta dietro gli inseparabili Ninetto Davoli e Franco Citti), i messicani ergono Requiescant (unico sopravvissuto alla strage iniziale) a loro capo e si vendicano. Finale in crescendo, con la scena del “gioco dell'impiccato” che è tra le più belle dei western d’ogni tempo, guidata da una tensione dosata benissimo e baciata da un finale perfetto.
Veramente molto carino questo western di Lizzani. Ho trovato molto azzeccate le interpretazioni di Lou Castel e di Mark Damon. La scena dove si ubriacano è fantastica. Ottima anche l'idea del pistolero che dopo aver ucciso legge un passo della bibbia: straordinario.
A dire la verità qualche difettuccio nella linearità del film c'è, ma comunque resta pienamente godibile. Presente anche P.P.Pasolini nella parte di un capovillaggio messicano a capo di un pugno di rivoluzionari.
Western dalle ambizioni politiche, sociali e religiose, come dimostra anche la presenza dell’eroe umile e rivoluzionario Lou Castel e del prete-guerrigliero Pasolini, che si porta dietro due suoi attori-feticcio (Citti e Davoli) e concepisce la violenza come male necessario per costruire una nuova società. Il ruolo del cattivo è affidato a Mark Damon in una pregevole caratterizzazione: cereo, vampiresco, misogino, razzista, assassino.
La cosa che funziona meno è Lou Castel, imbrigliato in un personaggio probabilmente scritto male: passa dall'essere un ingenuotto ad essere un infallibile e cinico pistolero nell'arco di un minuto e questa ambiguità dura per tutto il film rendendo quasi impossibile "capire" il personaggio. Per il resto il film funziona abbastanza bene nonostante alcune sequenze sin troppo didascaliche (come il predicozzo finale di Pasolini) che appesantiscono la visione.
La storia raccontata dal film non è certo originale, le ambizioni politiche risultano stonate, gli attori non sono al meglio della loro forma. Detta così sembrerebbe una Caporetto cinematografica e invece devo dire che, a mio avviso, dal punto di vista dell'intrattenimento il film risulta abbastanza divertente, soprattutto in alcune parti, ed avvincente nonostante il finale scontato. A patto di stare al gioco e non aspettarsi nulla, risulta una pellicola godibile. Piccola particina per Pasolini.
MEMORABILE: I giochi: quello del bevi e spara ma soprattutto quello dell'impiccato.
Bambino sopravvissuto alla strage del suo popolo, da grande riscopre le radici messicane e si vendica. Lizzani instilla nel cinema di genere (interpretato al meglio in scene come il gioco del cappio al collo) il discorso sulla necessità della violenza in un sistema bloccato di oppressione: la presenza del 'ribelle' per eccellenza Lou Castel (qui purtroppo monoespressivo) ne è una spia. Così come è forse ben più di un semplice attore Pasolini, chiamato a sostenere dialoghi concettuali di rilievo sulla libertà e sul dolore della guerra.
Lizzani, parlando di questo film nel successivo L'america a Roma, racconta di un modo per aggirare la censura e parlare un po' dei problemi politici. Esperimento riuscito? In parte sì, forse. Pasolini vorrebbe fare il prete rivoluzionario, ma ogni volta che parla butta giù un trattato di filosofia. Ninetto Davoli fa ridere e quello è il suo compito, Citti fa un cattivello ed il clan di Pasolini è al completo: Castel non si capisce come all'improvviso si sveglia dal torpore e fa fuori tutti!
Il bravo Lizzani firma un western abbastanza anomalo, che mette sul piatto temi impegnativi quali le contraddizioni della religione, l'eterna lotta tra aristocrazia e plebe, la rivoluzione come riconquista della dignità: tutti temi che due anni più tardi in Italia esploderanno (non a caso c'è anche la partecipazione di Pasolini e della sua cricca). Sul versante entertainment ci si diverte, grazie ad alcune scene dall'ottima tensione; molto bravo Damon nella sua caratterizzazione del cattivo, un po' ambiguo invece l'inespressivo Castel. Buono.
Celebre incursione di Lizzani nel western, forse ammantata da una fama superiore ai suoi meriti reali, ma resta comunque uno dei più dignitosi esempi di western sessantottino. Lizzani dimostra ottimo senso dello spettacolo nelle scene di tensione (vedi il gioco dell'impiccato sugli sgabelli, o il finale), ma lo script ha le sue ovvie ingenuità. Pregevole la presenza del Pasolini attore (doppiato) in una parte nemmeno tanto breve, contrapposto a Mark Damon: entrambi depositari di due arringhe finali memorabili.
Non è uno dei migliori spaghetti western che abbia visto, ma è da apprezzare soprattutto per la sue tematiche, altamente impegnate. Scritto bene, ove le parole più sagge del film vengono dette da Pasolini (e da chi se no?). Western da non dimenticare, dopo tutto.
Da non-appassionato di spaghetti-western non posso che rimanere un po' deluso da questo film di Lizzani, che mette molta carne al fuoco ma non suscita mai un vivo interesse nelle vicende. Qualche momento azzeccato c'è sicuramente, ma alcuni protagonisti non convincono (Lou Castel su tutti) e neanche il predicatore Pasolini con il suo affezionato seguito mi sembrano in parte. Ritmo blando, ma qualche pistola fumante scalda l'ambiente.
Il western all'italiana è stato un genere talmente prolifico che, a un certo punto, anche registi impegnati (Lizzani, in questo caso) hanno dato il loro contributo. Il tentativo di unire alla spettacolarità dell'azione temi socio-politici in realtà è riuscito solo in parte, anche se le scene d'azione (vedi la strage iniziale) sono ben ritmate. Curiose partecipazioni della ditta Pasolini-Davoli-Citti.
MEMORABILE: Le benedizioni ai cadaveri da parte di Requiescant.
Lizzani che dirige e produce; Castel e Pasolini fra gli interpreti ci fanno chiaramente capire che siamo dalle parti del western più impegnato. Il versante spettacolare, però, è piuttosto carente e la componente politico/ideologica non è affrontata in maniera tale da compensare la lacuna (almeno per i parametri odierni). Qualche buona trovata c'è, ma il ritmo è blando, i personaggi non emozionano (il più convincente è il super cattivo di Damon) e anche le musiche di Ortolani sono stranamente scialbe. Insomma, mi aspettavo decisamente di più.
MEMORABILE: La strage iniziale; La morte di Damon.
Enorme delusione! Ero partito gasato per questo spaghetti western con Pier Paolo Pasolini e alla fine mi sono trovato a vedere un film senza infamia e senza lode dove l'attore inespressivo è il tratto ricorrente. Lodevole nell'intento (come tutti gli Zapata western del resto), mediocre nella realizzazione. Non male l'idea del cattivo dai tratti vampireschi. Franco Citti il più credibile, se non fosse per la capigliatura alla "Big Jim" che poco ha a che spartire con i tempi e i luoghi della pellicola.
Seconda (e ultima) incursione nel western per Lizzani che dirige e produce una storia non originalissima tenendo conto della lezione di Leone. Il regista cerca la profondità rallentando il ritmo e dando solennità ai dialoghi, ma l'operazione riesce solo a metà a causa di un cast discontinuo. Pasolini incide poco e Castel sembra fuori ruolo; molto meglio il parterre dei cattivi con un sanguigno Damon migliore in campo. La confezione è molto buona e le stentoree musiche di Ortolani si fanno sentire. Un buon prodotto di genere, vale la visione.
Con la consueta professionalità unita alla non comune cultura (non solo) cinematografica, Lizzani gira una curiosa per quanto non originale né anomala variante di western rivoluzionario terzomondista. La bizzarria dell'operazione deriva dall'innesto nel genere dell'eterodossia pasoliniana (accompagnata da alcuni volti tipici del suo cinema), col suo carico affabulatorio e la coniugazion tra predicazione evangelica e violenza libertaria. Il risultato è attraente ma stordente e disomogeneo. Notevole il look da dandy vampiresco con latenze omosex di Damon.
MEMORABILE: Il massacro iniziale; La sfida etilica tra Damon e Castel.
Western particolare, in cui all'interno di una storia classica si cerca di inserire sentimenti socio/religiosi di una certa importanza. Il risultato però è altalenante, con alcune ottime atmosfere ma una recitazione pelopiù medio/bassa che di certo influisce sul risultato finale (basti pensare al protagonista, inespressivo). Alcuni dettagli e alcuni momenti lo salvano dal naufragio, come il duello tra gli antagonisti, il gioco dell'impiccato, il livello di violenza di alcune scene e la caratterizzazione del personaggio di Damon.
Anche Lizzani si cimenta con lo spaghetti western "politico" (sulla falsariga di Quién sabe?, uscito poco prima e meglio riuscito). Probabile che risenta dei troppi sceneggiatori che ci hanno messo mano (Bolzoni/Crispino/Battistrada e, anche se non accreditati, Pasolini e lo stesso regista), ma il risultato finale non convince appieno in quanto ha una trama discretamente frammentata e confusa. Il prodotto è comunque più che dignitoso e ha buone sequenze (la mattanza iniziale, il duello con le sedie), ma sconta anche un protagonista non certo molto incisivo. Così così.
Appartiene al filone dello Spaghetti Western ma è un film più completo e più profondo di quelli appartenente al genere. Dietro la cinepresa c'è Carlo Lizzani e si vede, sia a livello prettamente registico che per quanto riguarda i contenuti di questo western, che risulta a base politica con grande attenzione data al tema della rivoluzione. Ottima la scelta di Pier Paolo Pasolini attore, non tanto per la bravura quanto perché un po' il simbolo di un certo cinema del periodo. Il cast in generale se la cava, anche se Lou Castel appare spesso fuori luogo. Un film particolare, da vedere.
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Dopo la pionieristica uscita per la Shendene (la vhs riversata... ) il film è uscito per Medusa, in versione soddisfacente sul versante audio/video - che è quello che conta alla fine - ma che mostra plasticamente la cialtroneria con cui si confezionano i dvd in Italia. Nel retro-copertina, infatti, di un prodotto non di una sgangherata congrega di cinesi ma di una major del settore, campeggia una bella foto con Nino Manfredi tratta da Per grazia ricevuta! Evidentemente il responsabile della composizione aveva i files in una cartella intitolata "temi religiosi"...
Cari amici davinottiani, ho una curiosità: nella locandina che avete messo qui leggo il titolo: REQUIESCANT - UNA BIBBIA... UNA COLT... UN MASSACRO. Io sapevo che questo film era conosciuto col titolo REQUIESCANT o col titolo della riedizione DIO CREA GLI UOMINI REQUIESCANT LI UCCIDE. Quindi la mia domanda per voi è: questo film ha un terzo titolo?