il Davinotti

il Davinotti: migliaia di recensioni e commenti cinematografici completi di giudizi arbitrari da correggere

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  • Film: La fortuna di Laura (2022)
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ULTIMI VOLTI INSERITITUTTI I VOLTI

  • Alexis Revidis

    Alexis Revidis

  • Sante Monachesi

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Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.

ULTIMI COMMENTI

Commento di: B. Legnani
Già dal titolo e dall'interprete principale si capisce che tutto sarà improntato alla messa in burletta della vicenda scespiriana, facendo un po' sorridere pure oggi. Amleto sposerà Ofelia (una Podestà di radiosa bellezza) dopo aver battuto lo zio usurpatore (un irresistibile Nino Pavese). Basato su giochi di parole, sui qui pro quo, sulla rivalità Monarchia-Repubblica allora in auge, sceneggiato persino da una decina di persone, diverte non poco nella prima mezzora, tiene botta nella seconda, cala con la terza, improntata alla buffoneria, alla canzonetta, al caos bellico risolutivo.
Commento di: Pumpkh75
Tanto morbido da sembrare al massimo un prodotto per dodicenni, sfacciato nel replicare l’imprinting dei Delitti del gatto nero e precipitoso nella scelta dei giovani attori, non proprio coinvolgenti. Eppure, dentro una atmosfera innocua al sapore di ragnatele finte e ragni di gomma, c’è un amore per il genere che racconta di poster in cameretta (Freddy e Chucky tra gli altri) e di Cry little sister nelle cuffie mentre qua e là occasionali sprazzi di genio mettono comunque dell’umore giusto. Il ragazzino sepolto dentro ognuno di noi, in qualche modo, troverà di che apprezzare.
Commento di: Il ferrini
Stavolta funziona tutto molto meglio; merito sicuramente del maggiore affiatamento del quartetto principale, ma anche dell'inserimento di Buccirosso, caratterista straordinario. Alla romanità del capostipite si aggiunge la criminalità (e l'esuberanza) partenopea, che giova alle gag aggiungendovi non di rado vere barriere linguistiche fra i protagonisti. Anche Gassman finalmente si lascia andare, specie con la madre di "Van Gogh". Diversi ospiti illustri, su tutti Conti e Cabrini, ma bello anche rivedere Davoli in un vero ruolo. Il seguito sarà un passo indietro, ma qui si ride.
Commento di: Paulaster
Operaio viene punito con la pena capitale. Il soggetto sarebbe la condanna alla pena di morte, anche se le indagini non sono granché (nonostante i crimini siano piuttosto violenti). Lelouch gira asciutto nei frangenti topici e non crea l'effetto morboso, anzi sembra quasi fare un film inchiesta. L'ultima parte è realistica a dir poco e non è adatta a un pubblico sensibile; l'impatto è notevole e la crudezza acuisce la bestialità dell'azione mortifera.
Commento di: Siska80
Dirigente di un'industria elettronica uccide la suocera che vuole licenziarlo simulando un furto finito male. Werner ha la faccia (da sberle) giusta per il ruolo del furbo omicida e la bravura degli autori sta nel contrapporre un tale deprecabile personaggio a quello opposto della dolce moglie invalida (trattata con estrema delicatezza da Colombo), regalando un finale che, se da un lato dà soddisfazione (per l'acume del detective, ma anche per la reazione del colpevole), dall'altro lascia con l'amaro in bocca. L'umorismo è somministrato con il contagocce, ma è efficacissimo.
Commento di: Paulaster
Gruppetto di italiani cerca la vincita a Montecarlo. Prima parte pimpante, altalenante poi quando gli intrecci non sono sempre filanti e qualche volta la costruzione è risibile. De Sica è a suo agio alla roulette e il tiramolla seguente (soprattutto il ruolo di Fassari) non fa nemmeno sorridere. Greggio usa la sua comicità televisiva e fa più bella figura di Boldi. Paolo Rossi ha qualche buona battuta. Leroy ha fascino e ha il ruolo più definito. Nicheli e Brega copiano sé stessi.

ULTIMI PAPIRI DIGITALI

Piccola produzione che non sembra andare molto oltre il film d’impostazione para-amatoriale e che sfrutta un'idea simpatica tirandola in lungo per un'ora e mezza senza grandi trovate che possano elevarla da una piattezza di fondo non troppo lusinghiera.

Siamo a Bellagio, la notte di Capodanno che segna il passaggio dal 2021 al 2022. In un ristorante sul lago di Como ("La carpa matta") si svolge il concorso di "Miss Over", dedicato a bellezze ultraquarantenni (in buona parte rifatte) ansiose di mettersi in mostra: sono loro le “vanitose” a cui...Leggi tutto fa riferimento il titolo; in una sorta di "Corrida" (quella di Corrado però) si muovono provocanti tra i tavoli esibendosi in ciò che riesce loro meglio: una poesia, un pezzo di Shakespeare, una canzone… Si ritrovano tutte nel “backstage” a pontificare sulla condizione in cui si trovano in attesa di uscire chiamate da Patrizia (Terreri), la presentatrice che ha il compito di introdurle intrattenendo, senza smettere un attimo di parlare.

Guest star della serata è la più giovane Laura Zanichelli (Di Simone), che ha in casa il poster di Amy Winehouse e che come lei si trucca, mentre la giuria è composta dagli avventori del locale: dallo stagionato cantante "neomelodico" del Nord Don Sugar (Catania), che improvvisa uno dei suoi pezzi sfoggiando un look improbabile tra Gaber e Bob Dylan, al produttore di film porno Mandelli (Sinacori), dall'assessore alla viabilità subito corteggiato dalle "star" al fotografo “strapaesano” fino al prete (Grieco) pronto a scatenare anatemi sull'esibizione troppo provocante di una dodicenne. Al gruppo si uniscono consorti, amici, figli, in uno strano circo che si esaurisce in se stesso, un microcosmo dal quale non si esce praticamente mai. Qualche rara ripresa all'esterno esiste, ma il centro è sempre lo show, tra i tavoli sui cui campeggiano bottiglie di Santero (chiaro il product placement) e una figura che, insieme a Patrizia, capiamo quanto sia centrale: è quella di un giovane aspirante regista (Luca Molteni), che sogna Berlino e Venezia e punta forse a riprendere quello squarcio di vita autentica convinto di fare carriera, irriso dal produttore hard che pare saperla molto più lunga.

In buona parte il film è una protratta esibizione delle candidate alla vittoria, spesso in abiti succinti o intimi a mostrare corpi ancora in forma (c'è chi non nega l'aiutino del chirurgo estetico), presentate nel modo più banale che si possa immaginare in una passerella non certo entusiasmante che vale comunque come ritratto a suo modo corretto di una precisa umanità. Il cast femminile (la grande maggioranza) convince più di quello maschile, ridotto a due o tre personaggi piuttosto marginali (regista escluso), con la Di Simone che si atteggia a diva quando, durante il suo show in guêpière, replica la Sophia Loren di IERI, OGGI, DOMANI costringendo il giovane regista a sederle davanti simulando Mastroianni.

Qua e là qualcosa funziona, ma chiaramente il budget assai ristretto e una sceneggiatura non certo virtuosistica tendono a rendere piuttosto anonima un'operazione che invece, sulla carta, poteva avere qualche carta da giocarsi. Il problema è che l’opera non riesce a essere divertente come vorrebbe, a cogliere davvero l'aspetto caricaturale nelle "miss over" che sognano di indossare la fascia della vincitrice. Resiste una spontaneità di fondo in alcuni casi lodevole, ma inserita in un contesto che fatica a rendersi interessante e che sembra replicare le stesse scene all'infinito, con Daniela Terreri che è un torrente in piena mentre presenta con parole di crescente entusiasmo ed eguale enfasi le concorrenti e le “personalità” sedute ai tavoli. Si coglie il tentativo di ricavare personalità diverse dalle donne che si esibiscono, ma alla fine dei conti tutto scorre senza lasciare il segno, arrivando a una conclusione con bacio che non dice nulla...

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Dopo gli italiani ci provano anche i francesi, a rifare il messicano NOSOTROS LOS NOBLES; con esisti non troppo differenti, peraltro. Il film continua a funzionare meglio sulla carta come idea che come realizzazione, una sorta di favola moderna che si presta a una facile rilettura a tutte le latitudini. Siamo quindi ancora alle prese col padre miliardario (Jugnot) preoccupato per i tre figli nullafacenti che pensano solo a prosciugargli le carte di credito: Philippe (Artus) persevera nel proporre al padre progetti bislacchi falliti in partenza...Leggi tutto (scarpe già usate una settimana da altri per poter superare i problemi procurati dal modello nuovo da adattare al piede), Alexandre (Meliava) pensa a portarsi a letto qualsiasi essere di genere femminile gli capiti tra le mani, Stella (Lou) si preoccupa solo di far acquisti in negozi d'alta moda e a curare la propria immagine, pronta a sposare uno dei più classici cacciatori di dote (Leeb) a sua volta un buono a nulla che passa il tempo a suonare la chitarra e a organizzare feste coi soldi altrui.

Inevitabile che, di fronte all'ennesima dimostrazione del suo fallimento come genitore (l'adorata moglie è morta quindici anni prima) e a un mancamento che lo porta al ricovero immediato, Francis Bartek escogiti qualcosa per cambiare l'inerzia delle cose. Come? Con una studiata messinscena finge che la finanza sia sulle sue tracce e, presi in auto i tre figli, fugge nella campagna, dove si sposta a vivere con loro in povertà assoluta. Dopo i primi momenti di panico anche i tre scapestrati dovranno trovarsi una nuova - umile - occupazione per portare a casa la pagnotta.

Un messaggio facile facile per una commedia che comincia in modo piuttosto scatenato mostrando le giornate nell'ozio dei tre ragazzi e le loro "occupazioni", col padre che assiste rassegnato a un quotidiano deprimente. Sono le fasi più genuinamente divertenti, ancorché poco fantasiose: la dissolutezza al potere. Ma il sogno finisce presto e tocca rimboccarsi le maniche smettendo gli abiti dei rampolli d'oro. A questo punto, però, serviva inventarsi qualche sviluppo brillante, non semplicemente trovare per i tre qualche mestiere da fare svogliatamente; perché così ogni barlume di spasso svanisce e ci si limita a coltivare i buoni sentimenti tra bonari sorrisi e un'ordinarietà poco pregnante. Gérard Jugnot, poi, non ha la predisposizione al comico che nella versione italiana sfoggiava Abatantuono e quindi, anche sotto questo versante, tutto si sgonfia presto.

Ci si riprende un po' nel finale, con qualche reazione leggermente imprevedibile, ma è poca cosa e si resta nell'ambito della commedia d'impronta familiare, che non fa male a nessuno e prova a lavorare sui caratteri dei tre per dar modo a un cast piuttosto ben almalgamato di recuperare un po' con l'interpretazione: Camille Lou è magnifica, un portamento regale che si adatta più alla prima parte che alla seconda, il più voluminoso Artus sa rendersi sufficientemente simpatico (forse il migliore del lotto) mentre Louka Meliava resta in ombra, quasi il terzo incomodo cui non si sa bene cosa far fare. Il ricco costretto dalle contingenze a condurre vita da povero al cinema s'è visto infinite volte e ci si chiede come mai, per ritornarvi, si decida di riprendere di nuovo NOSOTROS LOS NOBLES, dal momento che la sceneggiatura non ha nulla di particolarmente brillante. Un copione usurato che può contare in questo caso giusto sulla patina di professionalità conferita dal discreto budget e poco altro.

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Se prima dei titoli di testa ti trovi davanti alla solita ragazzetta che sguscia tra stanze e corridoi inseguita da un tipo intabarrato, capisci già che molto probabilmente il film più di tanto non potrà dare. Ed è così, perché la storia è facile e ampiamente prevedibile, come giallo funziona poco o niente e anche gli ambienti in cui ci si muove, tra la scuola e la casa, sono quanto di più insignificante si possa immaginare. Resta la fresca e piuttosto credibile protagonista, Hannah Baxter (Topper), che vive con la madre, Melanie (Rosenow),...Leggi tutto e che al liceo viene bullizzata impietosamente da compagni insopportabili. L'unico che pare capirla e consolarla, oltre all'amica Zoey (Ledger), è il consulente scolastico Garrett Williams (Wright), con cui la giovane si confida e che prova a tranquillizzarla.

Studia pianoforte, Hannah, con un insegnante scorbutico (Brown) che tuttavia è lì per spronarla a migliorarsi. Viene continuamente schernita (le fan fare un provino da cheerleader solo per prenderla in giro) e pure le foto un po' osée che mette sul telefonino per compiacere un ragazzo interessato a lei finiscono in circolo con ulteriori passi verso lo screditamento più totale. Hannah prova allora a concentrarsi sul suo nuovo lavoretto (insegnante di piano per la piccola figlia di Garrett) mentre mamma si dedica a inaugurare un centro benessere. Nel frattempo un losco figuro (quello del prologo) si aggira senza senso sul set azionando il suo taser e spaventando più d'uno. Chi sarà mai? Inutile arrovellarsi troppo, anche perché l'unico gusto che si può provare non è tanto quello di azzeccare l'assassino quanto quello di scoprire - nell'ultima parte - come abbia messo in atto il suo diabolico (capirai...) piano.

Lasciando perdere la logica dell'intera operazione, che vela subito le proprie carte lasciando ben poco spazio al whodunit per preparare un'ultima parte con qualche piccolo colpo di sorpresa, il film non offre quasi nulla sul piano delle caratterizzazioni. L'unica a salvarsi, nel disastro generale, è Emily Topper, che con bella vitalità ci mostra il film sotto una luce più interessante di quanto non meriti: il suo sorriso contagioso, misto a una maturità che ne evidenzia i lati migliori, domina la scena molto più della figura di sua madre Melanie, costretta a un'interpretazione di maniera che prevede un forte avvicinamento alla figlia soprattutto nel momento del rischio tangibile.

Tra le cose buone non si può proprio annoverare la sceneggiatura, priva di sequenze che possano ambire a emergere dalla mediocrità a cui questo film televisivo pare condannato. Senza (troppa) infamia e senza lode, si consuma stanco fino a una conclusione in cui - come d'abitudine - i sopravvissuti han già dimenticato le vittime, ridono e scherzono. Le fasi più legate alla componente thriller, che si vorrebbe caratterizzante, sono deboli e rese artificiosamente minacciose (in modo fallimentare) dall’antipatica figura dell’uomo in nero che sbuca qua e là senza un vero perché…

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Il tenente Colombo

Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA

L'ISPETTORE DERRICK

L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA

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