il Davinotti

il Davinotti: migliaia di recensioni e commenti cinematografici completi di giudizi arbitrari da correggere

LE STRELLE NEL FOSSO
foto di scena inedite
ENTRA
360730 commenti | 68525 titoli | 26998 Location | 14225 Volti

Streaming: pagine dedicate

Location Zone

  • Film: Un'estate ai Caraibi (2009)
  • Luogo del film: La spiaggia dove Vincenzo (Izzo) si apparta con l'amante Anna (Seredova), ma vi si imbatte nella cog
  • Luogo reale: Jennings: Queen's Beach, isola di Antigua, Antigua e Barbuda, Estero
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  • Film: Ciliegine (2012)
  • Luogo del film: La società dove lavorano Antoine (Elbé) e Florence (Carré) l'amica di Amanda
  • Luogo reale: Parigi: Rue Jacque Coeur 3, Francia, Estero
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  CINEPROSPETTIVE

ULTIMI VOLTI INSERITITUTTI I VOLTI

  • Luca Torraca

    Luca Torraca

  • Vincent Nemeth

    Vincent Nemeth

Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.

ULTIMI COMMENTI

Commento di: Luluke
Non è un horror e forse neppure un giallo. Anche se il tema della casa è immanente e in qualche modo il film si lega alla poetica dell'Avati prima maniera. Ma più per il senso favolistico di una narrazione che sovrappone il piano della realtà con la fantasia, fino a farla confondere con la follia del protagonista. Che però è tale solo per chi non sa guardare il mondo con il lirismo di un uomo che per pochi istanti ha visto la donna della sua vita e intende spenderla nella sua ricerca. C'è molto Bava nel bianco e nero e nelle inquadrature. C'è un regista/scrittore che torna fanciullo.
Commento di: Jandileida
Piace l'Al Pacino minimalista che indossa pregevolmente i panni di un mafioso di secondo rango, attempato e senza più grandi speranze per il futuro: bella interpretazione, misurata e piena di sfumature. Peccato che a fargli da contraltare ci sia un Depp tra l'accigliato e l'imbambolato, sia con i baffi sia senza: incredibile come la copertura non sia saltata dopo venti minuti. Per il resto Newell, che gira con mestiere, si appoggia a schemi "gangeristici" abbastanza consolidati, con poche sorprese e, anzi, con una certa tendenza alla confusione. Madsen meno psicotico del solito.
Commento di: Rufus68
Il primo episodio è un apologo sull'avidità in cui le colt del West sono sostituite dagli affari; il secondo vede un'amabile fratellanza fra ladro e derubato, malati di reumatismi; nel terzo due kidnappers sono perseguitati dal terribile moccioso. Un insieme alterno e variegato in cui fa capolino prima un apprezzabile cinismo, poi, dopo l'intermezzo (col bravo Nikulin), il più celebre segmento vede il quieto dispiegarsi della comicità spinta allo slapstick. Bene la coppia Vitsin-Smirnov a simulare il crollo dal ruolo di predatori a quello di vittime, scatenato il piccolo Tikhonov.
Commento di: Sonoalcine
Sembra iniziare come un clone di Venerdì 13, ma prende presto una strada tutta sua. Pur ispirandosi chiaramente al classico slasher estivo, non è affatto un suo sottoprodotto: i temi affrontati — tra identità, repressione e trauma — e il modo in cui costruisce la tensione, lo rendono unico. Ha un ritmo sicuramente più lento e a tratti quasi dispersivo e la regia è semplice, quasi ingenua, ma proprio questo stile diretto contribuisce al suo fascino indistinguibile.
Commento di: Pinhead80
Ancora una volta Ferdinand Zecca decide di rappresentare sul grande schermo la storia di un voyeur che questa volta, con un cannocchiale, spia il vicinato. Prima sarà la volta di una coppia innamorata e in seguito di una ragazza che poco alla volta si spoglia. Nel mezzo una panoramica dei tetti della città. Per essere i primi del Novecento il corto è molto audace, anche se ovviamente tutto viene interrotto "sul più bello". Zecca dimostra di conoscere bene lo spettatore e lo stuzzica con una visione che rende tutti un po' protagonisti. Molto simile a un suo lavoro precedente.
Commento di: Sebazara
Tra gli action con protagonista Cruise questo è senz'altro tra i più riusciti. Film con tante botte e poche pretese che sulla carta non offre nulla di nuovo ma che grazie a una buona regia, a una trama ben congegnata e ad attori ben calati nelle rispettive parti, riesce a essere godibile dall'inizio alla fine, merito anche di una sceneggiatura meritevole. Belle le comparsate di Duvall e Herzog.

ULTIMI PAPIRI DIGITALI

A soli otto anni di distanza dalla prima volta in cui venne trasposto sullo schermo in una serie, il romanzo di Harlan Coben “Just One Look” torna a riempire altre sei puntate spostando l'azione dalla Francia alla Polonia. L'avventura, qui, è quella di Greta Rembiewska (Debska), moglie di Jacek (Lukaszewicz) con due figli, la quale un giorno trova, tra le foto portate a sviluppare, quella di un gruppo di amici; tra questi le pare di riconoscere il marito, benché molto più giovane. La foto deve...Leggi tutto necessariamente risalire a prima del loro incontro, pensa, anche perché legata a un tragico incendio in cui perirono molti giovani durante il concerto di tale Jimmy (Stramowski). Lei era presente, allora; anzi, le hanno detto che fece di tutto per salvare chi poteva (tra questi anche il figlio di un potente poco di buono, che negli anni ha sempre dimostrato di esserle grata) e che venne strappata alle fiamme per miracolo, ma di quei giorni non ricorda nulla.

La memoria se n'è andata e con essa probabilmente qualche dettaglio molto importante, legato a una lenta riapertura del caso in seguito alla scomparsa di Jacek, rapito da un sicario che ama contattare donne nelle app di incontri per andare a casa loro, legarle e installarsi lì per compiere le sue missioni. Lo fa anche questa volta, ma la vicina della vittima, che amava osservare dalla sua finestra la dirimpettaia mentre si spogliava portandosi a letto un buon numero di uomini, si accorge che alla donna è successo qualcosa. Solo un caso che la voyeur sia anche un'ottima amica di Greta?

Gli intrecci della trama sono al solito studiatissimi e complicati, spiegati non sempre senza lasciare, in questo caso, qualche buco. Non troppi però, e mai tra le risposte necessarie a completare una soluzione complessa e affascinante. Rispetto alla prima versione la storia – naturalmente molto simile nei suoi sviluppi  - presenta qualche cambiamento, soprattutto nella scelta di privilegiare alcuni personaggi a sfavore di altri (vedi il padre del ragazzo morto nell'incendio nonostante il tentativo di salvataggio di Greta, qui decisamente sullo sfondo), rendendo più snello il racconto: tutti i flashback dell'incendio e l'incendio stesso sono ad esempio ridotti a pochi minuti seminati qua e là con scarsa convinzione; l'interesse è su altro.

La semplicizzazione di molti snodi aiuta la comprensione globale (al contrario dell'uso dei nomi polacchi, davvero difficili da memorizzare, in alcuni casi) e nel suo insieme la serie si segue più facilmente; è meno charmant nei personaggi, meno convinta nella recitazione (comunque valida) e le manca il colpo di scena notevole dato dalla scoperta del filmato di Greta con i ragazzi della band (sostituito da un molto più anonimo flashback). Si conferma però la qualità del soggetto - capace in sei puntate di raccontare una vicenda interessante - e quella di una sceneggiatura che, alle prese con un groviglio gigantesco di sottotrame, riesce a distenderle con abilità e discreto senso dello spettacolo. Insomma, al momento il nome di Harlan Coben rimane una garanzia; non solo per la creatività nello strutturare le storie ma anche per la professionalità con cui esse vengono rese su piccolo schermo.

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Christian Clavier padre della sposa per una delle mille varianti dell'incontro tra famiglie di ceto differente, i cui figli dovranno presto concretizzare la loro relazione in qualcosa di più serio. A dire il vero nessuno dei quattro genitori è al corrente della loro volontà di unirsi in matrimonio: sanno semplicemente di doversi finalmente conoscere dal momento che comunque Alice (Coullod) e François (Pesten) hanno una relazione da tempo. Gérard (Bourdon), il padre di lui, è un concessionario Peugeot che passa il tempo a spiegare ai suoi clienti quanto...Leggi tutto le macchine francesi siano meglio di quelle tedesche, inutilmente veloci, mentre Frédéric Bouviere Sauvage (Clavier), che vive in una tenuta smisurata insieme alla moglie Catherine (Denicourt), orgogliosa delle proprie radici italiane, ha vigneti in quantità e produce un grand cru delizioso. Raggiunti i due ricchi nobili nel loro vero e proprio castello, Gérard e la moglie Nicole (Testud) si mostrano cortesi e, in attesa dell'arrivo dei figli, sembra possano stringere amicizia.

Senonché Alice, di professione chimica, ha pensato bene di fare ai quattro genitori una singolare sorpresa: insieme a François ha prelevato in gran segreto loro tracce di DNA e le ha fatte analizzare in modo da poter capire in quali paesi abbiano davvero le loro radici. Già stupiti e spiazzati dall'annuncio di un matrimonio che soprattutto Frédéric non avrebbe mai voluto ("Il figlio di un garagista!"), siedono tutti al tavolo pronti ad aprire per la prima volta le buste contenenti la verità sulle loro origini. Comincia Gérard ed è subito uno shock: per il 50% è tedesco! E' un attimo che Frédéric inizi a prenderlo in giro ironizzando pesantemente sul passato nazista del poveretto, sconvolto dalla notizia...

Il sarcasmo si spreca, e per quanto Frédéric cerchi di fargli capire che si sta solo scherzando, è inevitabile che gli animi si scaldino. Ma le sorprese ovviamente non sono finite e su questo gioca il film, anche se l'idea non è poi così straordinaria: difficile ricavare un gran numero di battute da un passato che in fondo non può troppo variare la vita di ognuno di loro. Sono solo curiosità sul proprio albero genealogico, in fondo, che tuttavia il film cerca di sfruttare per un continuo gioco ad offendersi non troppo scherzosamente. E se le mogli sono inizialmente piuttosto composte (almeno Nicole, perché invece Cathrine trasecolerà), la parte del leone spetta ai mariti, commedianti di lungo corso chiamati a dare verve a una sceneggiatura piuttosto stanca.

Lo schema utilizzato è sempre il medesimo e l'ingenuità con cui le due famiglie si affrontano (i due figli restano regolarmente in secondo piano, spalle che non lasciano certo il segno e si limitano a rimproverare, quando è il caso, i genitori) dà l'impressione di un film per famiglie dall'umorismo molto blando, mai incisivo come forse avrebbe potuto essere. La morale è ben facile da immaginare e traspare dalle frasi della figlia, che ricorda come il possedere geni di paesi diversi sia un arricchimento e non un difetto.

Bisticci e riconciliazioni quindi, frecciatine e spazio alla difficile comunicabilità tra due mondi diversi, che provoca attriti e risentimento prima di una sorta di poco credibile accettazione delle proprie radici che genera un solo momento realmente divertente: l'incontro di Gérard col padre, che svelerà buffi aneddoti del passato che il primo ascolterà sconvolto. Per il resto una commedia innocua, con rari spunti comici dai bonari contenuti razzisti (nei confronti dei portoghesi, in particolar modo) e piuttosto puerili. Si è visto di molto meglio, oltralpe.

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Buon sangue non mente: Lucius (Mescal), figlio del defunto Maximus Decimo Meridio (Crowe), ne eredita lo spirito combattivo e la straordinaria abilità gladiatoria, ma ancora non ne è conscio. Lo chiamano Annone e se ne sta in Numidia (l'antica Tunisia), dove è sposato e si prepara a respingere da una fortezza sul mare l'attacco in massa dei romani comandati da Acacius (Pascal), che con grosse navi armate di catapulte si dirigono verso le mura africane. La resistenza di Annone e i suoi è strenua, ma dopo una feroce (e spettacolare) battaglia, le legioni imperiali...Leggi tutto hanno la meglio: la sposa di Annone viene uccisa e lui deportato a Roma (con sbarco a Ostia), dove è accolto dai due fratelli imperatori Geta (Quinn) e Caracalla (Hechinger) e dal console Macrinus (Washington), che presto avrà modo di saggiare il temperamento combattivo dell'uomo.

Scelto per combattere nelle arene e nel Colosseo, Annone passa da una vittoria all'altra dimostrando il suo grande valore già nella prima sfida contro un gruppo di scimmie inferocite. Macrinus lo ammira e grazie a lui vince pure belle scommesse, mentre i due imperatori assistono a mirabolanti incontri che vedono il barbaro Annone lottare contro un gigantesco rinoceronte e addirittura una nave nemica in un Colosseo riempito d'acqua e di squali (!!!) nella scena più delirante e grottesca del film. D'altra parte non è alla credibilità storica che Ridley Scott guarda, preferendo preoccuparsi di fornire uno spettacolo all'altezza delle aspettative. Se però con il primo GLADIATORE in qualche modo era riuscito nell'intento, complice un protagonista tagliatissimo per la parte come il giovane Russell Crowe, qui non può che pensare a tenere un ritmo sostenuto (d'altra parte sono due ore e mezza, da reggere) e adattarsi a caricare il più possibile di eroismo un Paul Mescal che il grande carisma di Crowe non ce l'ha.

E' questo il primo evidente difetto di un sequel che cede innanzitutto nel cast: se Mescal non ha lo sguardo intenso né la fisicità del suo predecessore, non gli è granché superiore la sua antitesi romana, ovvero l'Acacius di Pascal (oltre che di cognome i due attori si somigliano pure in volto, creando talora un po' di confusione). Connie Nielsen nel ruolo della madre di Annone si vede poco per poter incidere e Denzel Washington svolge il compitino senza brillare (anche se surclassa in classe il resto del cast). Quanto ai due imperatori sadici, sanguinari e tirannici come ci si aspetta, si rivelano soprattutto due simpatiche macchiette.

A indisporre è l'abuso di computergrafica, che fa sembrare case e templi artificiosa paccottiglia priva della necessaria tridimensionalità. Si intuisce che i mezzi ci sono, ma le ricostruzioni sono talmente tante e invasive che nulla finisce con l'apparire realistico. Il Colosseo infestato da squali poteva essere un'idea folle quanto spassosa, ma l'azione si concentra più sugli scontri tra le due imbarcazioni, con i pescecani che spuntano qua e là attaccando di striscio un paio di gladiatori restando poi in secondo piano a fare da simpatico contorno alla scena.

Quanto alla storia, elementare, fa più che altro da riempitivo tra uno scontro in arena e l'altro, con scampoli di complotto e tentativi di rovesciamento dello status quo utili giusto a dare un minimo di consistenza a personaggi altrimenti inutili. La presenza della scimmietta Dondo nel gruppo aumenta la sensazione di film per tutti, al quale si aggiunge timidamente, qua e là, un po' di sangue (terribilmente digitale). Ad ogni modo Scott ci mette il mestiere e ogni tanto regala scampoli di talento, la fotografia è scintillante e alla conclusione si arriva senza grandi affanni, il che è già un buon risultato...

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Il tenente Colombo

Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA

L'ISPETTORE DERRICK

L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA

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