Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.
Il progetto di Zemeckis è particolare ma talmente esagerato nel frammentare la storia che impedisce di goderselo. Non è solo l'ambizione dell'autore che ci trascina dall'era preistorica all'ultimo secolo e che lo ammanta di dettagli e dialoghi immancabilmente retorici sulla famiglia a stelle e strisce. E' proprio la struttura che non funziona, tanto che già a metà opera parteggi unicamente per la coppia istrionica dell'inventore di poltrone e di sua moglie, immersi in un arredo deliziosamente barocco. Mentre gli altri quadretti continuano a non dire niente o a diventare melensi.
Sequel piuttosto inutile di un buon kolossal, che nonostante alcune scene eclatanti e tendenti all'assurdo (squali nel Colosseo), non lascia particolari tracce. Il protagonista è abbastanza insignificante, mentre Washington, almeno, sembra divertirsi nel suo ruolo. Poi, però, bisogna un po' subire i due "imperatorucoli", tra il lagnoso, il ghignante e l'isterico. Meglio il generale Acacius. Si può anche vedere, grazie a un discreto ritmo, ma resta un'operazione poco giustificabile, che non aggiunge nulla di veramente originale; e quando prova a farlo, tende a uscire dalla realtà.
Il film spiazza lo spettatore che, dopo un prologo ad alta tensione drammatica, si aspetterebbe un thriller e si trova di fronte a una pellicola difficilmente inquadrabile che mescola i toni operando una “sottrazione emotiva” che ruota intorno a una maternità perduta in modo così violento. Il regista usa con grande bravura l’ambientazione suggestiva che esalta i paesaggi marini e boschivi. Eccellente l’interpretazione di Maria Nieto.
Neanche il consumato mestiere di Bruno Corbucci riesce a salvare un musicarello reso difficoltoso dall'interprete principale Mario Tessuto, qui decisamente legnoso e impacciato (ci si chiede come possa la Dionisio innamorarsi di uno così...). Mezzo punto in più perché si citano anche le imprese spaziali che tanto interessavano la propaganda di quegli anni, con la base spaziale che ha sede... a Cinecittà!
Dopo il suicidio di Walter, l’amica Iris riceve in eredità un cane alano. Inizialmente restia alla convivenza con l’animale, rovescia nel finale il proprio atteggiamento. Film squilibrato, con una prima parte insulsa e comunque innocua, nella quale la malinconia della perdita non impone mai un adeguato spessore all’opera e tutto galleggia in superficie sullo sfondo di un tardo autunno newyorkese. Nell’ultima mezzora il film ha un’impennata inattesa e una licenza narrativa dà spazio a un intenso dialogo tra Murray e una toccante Watts. Rimane tuttavia prevalente un gusto di sciroppo.
Favoletta "googliana" di cui si sentiva poco il bisogno. La storia è la classica commedia americana che si appoggia completamente sul duo e un manipolo di ragazzetti con ben poco appeal. Sono proprio i due attori che tengono a galla la pellicola, pur con il freno a mano ben inserito e senza alcuna gag che dia una scossa al tutto. Ferrell è l'unico momento fuori dalle righe e divertente, ma si limita a pochi minuti; minuti che sono invece tanti, troppi, per sciogliere la trama, come se tutto non fosse già inidirizzato. Guardabile ma piuttosto noioso.
Un uomo e la sua amante si guardano negli occhi: la loro storia non può continuare. Lui ha una moglie, lei non accetta di continuare a vivere nell'ombra. Eppure si amano, e quando lui la sta riaccompagnando a casa in auto ancora si scambiano dolci tenerezze, si guardano negli occhi. Invece di guardare la strada. E infatti fanno un bel frontale che spedisce entrambi in ospedale, salvi per miracolo. Lei, April (Leverette), la dimettono quasi subito, lui (Boyd) resta in coma a letto, assistito dalla moglie Susan (Sisinni) la quale, non appena vede April (che sa benissimo essere l'amante...Leggi tutto del marito), la guarda malissimo spedendola fuori dalla stanza.
La giovane protagonista è in crisi: oltre all'incidente sogna pure il padre morto senza che nessuno ancora ci spieghi perché, si abboffa di ansiolitici e un giorno al bar incontra Jimmy (Jebo), un ragazzone col quale fa subito amicizia e che sembra tenere molto a lei. In un'occasione lui le salva pure la vita impedendole di finire sotto un'auto mentre sta correndo in preda al panico; come non concedergli parte del proprio tempo? Le amiche del cuore di April, tuttavia, nutrono qualche sospetto su Jimmy: non frequenta i social e nessuno sa chi sia. E' il caso di indagare sul suo passato.
Conosceremo intanto anche la madre (Lanier) di April, che ci spiegherà che fine ha fatto il marito (quello che compariva negli incubi di sua figlia), tanto per aggiungere un po' di succo a una storia che sembra mettere insieme tanti spunti approssimativi per stare in qualche modo in piedi. La cosa nuoce con tutta evidenza alla credibilità dell'intreccio e rende artificiosi e fasulli i rapporti tra i personaggi: se fin dall'inizio appariva come patetico quello tra April e il suo maturo amante, presto non riesce a rendersi plausibile nemmeno il comportamento di Susan, la quale prova verso April un odio che va oltre quello della moglie preoccupata dagli eventuali futuri ritorni di fiamma con l'amante. Così come sbalestrato pare l'atteggiamento di Jimmy, e tale rimarrà per l'intero film.
Insomma, un collage di figure mal assortite che danno vita a una storia mai in grado di rendersi interessante, priva di ogni tipo di tensione e che, nonostante tale evidenza, viene comunque impostata a mo' di thriller. L'apparenza a dire il vero non sarebbe nemmeno delle peggiori (musiche e fotografia ad esempio non dispiacciono), ma la città di Atlanta, facilmente riconoscibile dai suoi grattacieli, fa da sfondo abbastanza anonimo e il tutto pare preconfezionato e completamente senz'anima, piatta replica di mille altri tv movie di fattura identica, priva di un casting che possa lasciare il segno. La storia si trascina non riuscendo mai a incuriosire, l'azione è ridotta al prevedibile faccia a faccia con pistola in chiusura, la Polizia non mette piede in scena, sangue e violenza sono banditi e per di più madre e figlia si ripetono "Ti voglio bene" "Anch'io" ogni volta che si guardano negli occhi. Si salva una certa professionalità di fondo, ma è davvero troppo poco.
Una ragazza corre disperata nel verde, grida, forse è inseguita. Tre mesi dopo sempre lei, Fey Connelly (Forsberg), si risveglia in un letto ancora preda di incubi. Venne ritrovata in fondo a un crepaccio, al tempo, da Curt (Lane), un suo coetaneo che le salvò la vita e ora è ogni sera ospite in casa loro. Beth (Bogart) e Frank (Boaz), i genitori di Fey, gli sono riconoscenti, ovviamente, mentre Fey comincia a sospettare che Curt voglia un po' troppo, da lei. Ma la cosa più importante, per la ragazza, è capire cosa accadde quel giorno, perché l'amnesia...Leggi tutto le impedisce di ricordare: sa solo che l'amica che era con lei, Maddie, si suicidò presumibilmente poco prima che lei finisse nel crepaccio. Lentamente, tuttavia, la memoria riaffiora e Fey si rivede insieme a Maddie in una spiaggia di sabbia rossa che nessuno, sull'isola dove è ambientata la vicenda, dice di conoscere.
Fey si confida allora con una nuova amica, Ali (Delva), che vorrebbe aiutarla, mentre una gran bella bionda (Holliday) si presenta nell'agenzia immobiliare di famiglia dove lavora Beth chiedendo di Frank. Sarà l'amante? In realtà, in precedenza, fu Beth a tradire il marito, non il contrario. Lui seppe perdonarla mostrandosi integerrimo in ogni situazione, perché i Connolly hanno una reputazione, sull'isola (il nonno fu tra i fondatori della prima comunità). Ma intanto le condizioni di Fey non sono affatto buone: continua a soffrire di improvvise crisi legate a quel momento tragico del suo passato, e c'è un po' da capire la vera natura dei protagonisti; di Curt, ad esempio, che chiede insistentemente a Fey di uscire con lui; ma anche del padre, che la bella bionda prosegue a cercare non si sa per quale motivo. Sul computer dell'uomo, intanto, sua moglie trova un movimento inspiegabile di diecimila dollari.
Sono molti i segreti nascosti in un soggetto strutturato in modo da non lasciare niente di non svelato, come si può immaginare. Una storia quindi fitta di accadimenti, con qualche inatteso colpo di scena compreso quello finale, parzialmente inatteso e che fa capire come l'intreccio sia studiato con una certa accuratezza. E' la realizzazione a lasciare a desiderare, come spesso accade in questi thriller televisivi di modesta fattura. Un po' per la recitazione - che comunque in questo caso si attesta su livelli dignitosi - un po' per dialoghi semplicemente di servizio, per una fotografia piatta e, soprattutto, per una regia che manca di quella brillantezza che marca la differenza tra le produzioni di qualità e quelle che non lo sono.
La Forsberg è lagnosa, lamentosa, preda di crisi che durano troppo senza motivo, la Bogart (habitué del genere) anonima mentre, per una volta, sono le figure maschili a lasciare semmai il segno: ambigue entrambe (Frank e Curt) eppure sfumate e di una certa solidità (soprattutto il padre), si segnalano come quelle che danno un senso al film, altrimenti prigioniero di una piattezza che sconfina nel patetico, con la storia del povero pappagallino in gabbia che diventa in seguito metafora della fuga da una vita che non offre quello che si sperava. Se non altro ci viene risparmiata la solita inutile scena consolatoria pre-titoli di coda: si chiude in fretta senza troppa gloria sulla scena del rendez-vous finale. Peccato, perché una storia dietro c'era...
Miniserie in due puntate coprodotta tra Italia e Australia (dove è interamente ambientata), racconta le vicende di tre ragazzi di diverse età che si conoscono e crescono insieme in un orfanotrofio: Danny (Hardi) è il più grande, un adolescente, e Frances (Elliot) ha pochi anni di meno. Chi fa loro quasi da mascotte è il piccolo e dolcissimo Paulie (Gilmore), che completa il gruppo. Quando i tre vengono adottati da tre diverse famiglie, per loro comincia una nuova vita, fatta più di giorni tristi che di soddisfazioni, ma non solo per colpa dei genitori. ...Leggi tutto Paulie sembra il più incolpevole: è chiamato a sostituire nei cuori di papà e mamma un figlio morto e fin da subito il padre, sognando possa ripetere i successi nel calcio del vero figlio, lo costringe ad allenarsi senza sosta col pallone, benché sia evidente quanto non sia quella la sua strada. Frances, invece, vive un rapporto conflittuale soprattutto con il padre (Blackwell), ma anche la moglie (Toppano) di questi fatica a entrare nelle grazie della ragazza. Particolarmente introversa, Frances trova amicizia in un'anziana libraia specializzata in occultismo (Leith), con cui condivide uno speciale potere (la telecinesi, anche a distanza!). Danny infine, ossessionato dalla ricerca della propria madre biologica (vuol sapere perché l'ha abbandonato), viene adottato da una ricchissima famiglia il cui padre (Olsen) esige da lui innanzitutto impeccabile educazione. Martha (Lyons), la nuova madre, è invece forse la persona che più riesce a comprenderlo stabilendo con lui un bel rapporto d'affetto. Il padre di lei peraltro, il vecchio Bops (Spencer), è un ex pugile che vive con loro e che subito prova simpatia per Danny, mettendosi in testa di allenarlo per farlo sfogare con i guantoni.
Tre situazioni diverse studiate senza ricorrere a banalità eccessive, piuttosto ben rese pur all'interno di un prodotto nel complesso modesto, soprattutto a causa degli inevitabili limiti di recitazione dei ragazzini: solo il piccolo Gilmore, che suscita tenerezza e mostra lodevole spontaneità, sa reggere con furbizia il suo personaggio, gli altri due si rifugiano in bronci, intristimenti, sfoghi improvvisi che non depongono certo a favore della sceneggiatura. Bud Spencer, barba lunga e occhi strizzati, non si vede quasi mai nella prima puntata ma si guadagna un suo spazio nella seconda, affiancando nell'avventura in campagna la Leith e dando un senso alla sua partecipazione.
Se però nella fase di sistemazione in famiglia la miniserie (la durata totale è di tre ore) funziona, aiutata dalla recitazione matura dei genitori, quando i rancori dei tre ragazzini nei confronti delle loro nuove famiglie si concretizzano in una fuga, il tutto comincia a perdere colpi. L'avventura nuoce a un'opera che si muoveva al meglio nello studio delle relazioni tra genitori adottivi e figli, mentre già quando i tre si ritrovavano incontrandosi tra loro si capiva che non troppo aveva da dire. I “tre per sempre”, insomma, non sembrano così affiatati come la situazione necessiterebbe e il film ne risente, per quanto venga mantenuta un'apprezzabile misura e, almeno inizialmente, non si ricada nel rischio di nuotare in un mare di melassa. Lascia più di un dubbio la scelta di assegnare lo strano “potere” a Frances, poco pertinente in una produzione che punta a raccontare drammi adolescenziali attraverso sentimenti reali. Finale commovente quanto ovviamente telefonato, e il goffissimo incontro di boxe in chiusura ce lo potevano risparmiare...
Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA
L'ISPETTORE DERRICK
L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA