il Davinotti

il Davinotti: migliaia di recensioni e commenti cinematografici completi di giudizi arbitrari da correggere

IL GENERE PELLICCIOTTESCO
(o pellicciotto-movie)
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365325 commenti | 69327 titoli | 27240 Location | 14430 Volti

Streaming: pagine dedicate

Location Zone

  • Film: Svaniti nella notte (2024)
  • Luogo del film: La baia dove Pietro (Scamarcio) e famiglia fanno il bagno nel flashback iniziale
  • Luogo reale: Porto Badisco, Otranto, Lecce
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  • Film: Stato di ebbrezza (2018)
  • Luogo del film: La strada dove Maria (Inaudi) scopre che il suo spettacolo era stato cancellato a causa della sua di
  • Luogo reale: Via Emilia San Pietro, Reggio nell'Emilia, Reggio nell'Emilia
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ULTIMI VOLTI INSERITITUTTI I VOLTI

  • Peppe Miale

    Peppe Miale

  • Luca Ragazzi

    Luca Ragazzi

Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.

ULTIMI COMMENTI

Commento di: Bubobubo
Posto che, anche nei casi in cui la stereotipata sovrapposizione di madeleine idealizzate viene scambiata per narrazione (dis)incantata del quotidiano, è difficile sbagliare in toto un odeporico coming of age adolescenziale, la questione imperante ruota attorno agli eventuali elementi di novità. I due Ross lavorano astutamente per far apparire autentico ciò che pienamente autentico non è, ma il gioco riesce a metà: se a convincere è la relativa spontaneità del cast di non professionisti, le dinamiche interattive sembrano spesso tarate su un superficiale entomologia instagrammabile.
Commento di: Puppigallo
Action girato come i precedenti della serie, alla John Wick, per creare continuità, al di là della presenza del primo protagonista. La nuova killer, qui nata come protettrice, se la cava abbastanza bene; e gli scontri sono sempre visivamente apprezzabili. Ma se non fosse per la lunga scena con i lanciafiamme (davvero notevole), darebbe troppo la sensazione di un'operazione commerciale con un po' d'arte visiva, ma senza parte, rapidamente dimenticabile. Un'occhiata gliela si può dare, grazie anche al paesello nevoso, con indigeni che ricordano un episodio di Lupin terzo.
Commento di: Herrkinski
Un'insegnante americana visita San Pietroburgo e finisce coinvolta in un pericoloso complotto per rubare un prezioso manufatto. Senza dubbio uno dei meno visti di Clark, è una spy-story vecchio stampo ambientata in una Russia post-Guerra Fredda; il film sembra ambire più che altro ai passaggi tv, visto il taglio prettamente televisivo che si traduce in nessuna violenza o sesso espliciti, nonché in un'impostazione generalmente fin troppo rilassata per un thriller. Un prodotto da prima serata adatto a tutti insomma, non fosse per l'impianto assai datato e per la noia pervasiva.
Commento di: Cerveza
Melodramma a sfondo motoristico teso a scolpire l’epopea dei centauri: uomini lucidi di grasso che dominano impavidi donne e motociclette ben carenate. Mentre le amate fremono a bordo pista, loro bruciano l’asfalto a fiammate di testosterone. Per soddisfare sia il pubblico maschile che femminile, pare di sfogliare una rivista patinata nella quale, alle pubblicità degli ultimi modelli su gomma, si alternano quelli di boutique. Coloratissimo e glamour, appare però tremendamente convenzionale. Risolve tutto in modo superficiale e sbrigativo come un ingessato fotoromanzo.
Commento di: Bubobubo
Giunta alle soglie della mezz'età, prigioniera di una madre oppressiva (Chipizhenko) e mobbizzata dalle colleghe dello zoo di provincia dove lavora, a Natasha (Pavlenkova) un giorno cresce una coda: è l'inizio di una nuova e inaspettata quotidianità... o forse no? Difficile dire se negli occhi di chi guarda vi sia la bellezza o non, piuttosto, la sola proiezione dei propri desideri più reconditi: Tverdovskij cattura e provoca con un dramma sentimentale che fuoriesce dalla sfera del privato per estendersi, non sempre efficacemente, alla società russa tutta (sanità e chiesa in primis).
Commento di: 124c
In una New York futuribile, che ricorda l'antica Roma, un geniale architetto progetta come rendere la città più tecnologica, ma è tormentato dai ricordi della moglie morta, si scontra con le ideologie degli scettici e trova il nuovo amore nella figlia del sindaco. La fantascienza secondo Francis Ford Coppola si rivela un mix di generi in cui, in realtà, ciò che spicca di più sono le incredibili scenografie e le performance del nutrito cast; il resto risulta alquanto confuso. Il protagonista Adam Driver recita decantando versi di Shakespeare, rispuntano Talia Shire e Jon Voight.

ULTIMI PAPIRI DIGITALI

Ingenua commedia - che si vorrebbe comica - totalmente focalizzata sugli imbarazzi di un umile curato di campagna (Préboist) all'interno di un campo di nudisti organizzato lungo una spiaggia della costa francese. Lui è padre Daniel, e nella sua chiesetta persa nel verde della Val d'Oise fa furori: quando c'è la messa il paese si svuota e le code per entrare ad assistervi sono impressionanti. Perché? Facile: Daniel è un comico nato e diverte tutti i parrocchiani chiamandoli a indovinare gli animali che entrano nell'Arca imitandoli a gesti. Un gioco...Leggi tutto dei mimi che entusiasma il suo pubblico, al punto che un prete di passaggio (Génès) capisce il fenomeno e, non poco invidioso del successo, avvisa il vescovo (Descrières). Quest'ultimo ci ragiona sopra un po' e decide di spedire il buon curato in un campo di nudisti della Costa Azzurra per tentare di introdurre anche lì gli insegnamenti del buon Dio. Una missione già fallita in precedenza, che per riuscire richiede gli sforzi di un uomo di fede particolarmente capace.

Così padre Daniel, ovviamente in incognito, è costretto a intrufolarsi tra gli ospiti nudissimi del campo, gestito dallo spregiudicato Léon (Nicaud). Come si può immaginare, tuttavia, le mire evangelizzatrici si spengono subito a causa delle continue difficoltà a muoversi in un ambiente in cui si è senza vestiti sempre e ovunque. A lui rifilano un'orrenda salopette (per qualche giorno, poi dovrà togliere pure quella, gli viene detto), ma il problema è comunque quello di trovarsi di fronte, sempre e comunque, a donne e uomini nudi a perdita d'occhio...

Il film sta tutto qui, al netto di un finale “giallo” (si fa per dire) aggiunto perché davvero era impossibile proseguire un'ora e venti senza uno straccio di trama. C'è il proprietario del campo che maledice il giorno in cui l'ha affittato a Léon e passa senza sosta lì davanti sparando alle insegne e ci sono soprattutto le facce di Paul Préboist, che dovrebbero rappresentare l'unico motivo per poter catalogare come comico un film che in realtà di battute di fatto non ne conta, limitandosi a una interminabile esposizione di seni e sederi da far invidia ai vecchi “nudies”. Poi però, non potendo esagerare, quando si rischia di inquadrare le “parti davanti” c'è sempre chi ridicolmente le copre con le mani, chi viene occultato da inquadrature ad hoc, mentre la maggior parte viene nascosto dove serve da foglioline stile Adamo ed Eva, borselli a tracolla o utilizzando ogni tipo di espedienti che saltuariamente lasciano spuntare al massimo qualche pelo qua e là.

L'umorismo è parrocchiale, elementare, si direbbe spuntato se solo avesse una punta di satira o di ironia tagliente, ma siamo a livelli talmente bassi che anche definirlo sorpassato, oggi, pare un eufemismo. Potrà incuriosire giusto chi è interessato a vedere belle figliole (molti meno gli uomini) in déshabillé. Patetica la figura del vescovo spinto ad agire contro il povero padre Daniel dal prete invidioso, un po' triste (più che comica) quella di Préboist regolarmente sull'orlo del pianto, triste o sconsolato per la situazione in cui versa fin quasi dall'inizio e che migliora un po' nel finale.

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Un piccolo aereo sorvola di notte le Florida Keys lasciando cadere in mare quattro grosse casse che s'inabissano. Una spedizione notturna con a bordo brutti ceffi armatissimi parte poco dopo in barca per recuperarle, ma non ha fatto i conti con gli squali, e ci vuole poco per accorgersi di quanto le acque siano infestate. Il misero gruppetto ci lascia le penne, come ben si può immaginare, in un attacco che comunque – al di là dell'evidente budget misero tipico delle produzioni Asylum – qualcosa in più della media, almeno a livello di creatività, già...Leggi tutto lo fa intuire.

Lo stacco successivo ci porta a cinque anni prima: una coppia di giovani si stringe e si bacia sul molo quando lui annuncia a lei che dovrà partire per una imprecisata missione di lavoro non sapendo purtroppo il giorno del ritorno. Quel giorno non giungerà mai, perché il rientro al presente ci mostra Gia (Cole), la stessa ragazza, in lacrime sullo stesso molo: è una agente della DEA (Drug Enforcement Administration) di Miami che viene a scoprire come in quel famigerato tratto di mare che avevamo visto all'inizio qualcuno ha perso qualcosa. Per la precisione rinviene sul fondo alcuni vasetti contenenti il “te del Reverendo”. Questo è quanto riporta l'etichetta e che si vede da fuori ma, una volta aperti, ecco celati all'interno voluminosi pacchi di cocaina. E quel Reverendo non è altro che il cognome di un grosso uomo d'affari locale (Hanks) chiaramente losco. E' lui che aveva mandato la prima spedizione a recuperare in mare le casse e ancora lui a inviarne una seconda che vada lì per capire che fine abbia fatto la prima. E a recuperare le casse, naturalmente.

Sul posto, quindi, si ritroveranno Gia, tornata lì da sola per capire cos'altro ci sia là sotto, e il nuovo gruppo di criminali attrezzati per riprendersi le casse adagiate sul fondo. Ma già l'arrivo in loco, con i resti della prima imbarcazione spersi in mare un po' dovunque, lascerà tutti perplessi. La risposta non tarderà ad arrivare, perché anche di giorno i numerosi squali che infestano la zona si mostrano pronti a prendere di mira chi si avvicina. Da qui si può ben immaginare come proseguirà il film, con i narcotrafficanti che si tufferanno a ripetizione cercando di eludere la “sorveglianza” dei pescecani, Gia che presto si unirà a loro senza sapere con chi ha a che fare (almeno inizialmente) e gli squali che attaccheranno in forze, spesso saltando fuori pesantemente dall'acqua e divorando arti appena possibile.

Una trama già ampiamente vista (il “tesoro” sommerso da recuperare evitando gli squali ha quasi creato un genere a sé stante) ma che in questo caso ancora funziona. Perché gli effetti speciali finalmente si vedono, pur se penalizzati dalla solita cgi approssimativa (movimenti ultraveloci spesso innaturali, scarsa resa dell'interazione tra computergrafica e riprese nonché altri difetti da sempre associati al genere). Si è visto di ben peggio, nel campo; e se dalla recitazione non ci si può aspettare granché, la regia di Ferrante garantisce se non altro una certa esperienza, contando i film già da lui girati sull'argomento.

Insomma, non si esce dagli ambiti di sempre ma ci si muove con più gusto del consueto, tentando qualche colpo di scena simpaticamente piazzato nel finale che si accompagna a un'improvvisa esplosione splatter di bella ferocia (una decapitazione volante, un braccio sgranocchiato tra urla lancinanti...). Le pinne che si avvicinano veloci in gruppo il loro impatto ce l'hanno e nella terra di mezzo tra la serie B più solida e la serie Z sempre più praticata dal genere shark, GREAT WHITE WATERS si ritaglia fieramente il suo spazio; qualcosa in più di quanto ci si poteva attendere da una produzione Asylum. Insolitamente grigia Miami, lontana cornice di un film comunque quasi per intero ambientato in mare.

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Il titolo è rivelatore: dietro la facciata di una semplice agenzia di incontri matrimoniali si cela il vero tema del racconto, un’indagine profonda sui sentimenti condotta dalla protagonista Lucy (Johnson). Personaggio di notevole complessità, Lucy osserva le molteplici sfumature dell’amore da una prospettiva "terza", consapevole e privilegiata, che le consente di cogliere ciò che spesso sfugge agli altri. Glissando su un brutto prologo nella preistoria che lascia il tempo che trova (probabilmente il semplice desiderio di aprire originalmente, spacciando...Leggi tutto poi il pretesto come frutto dell'immaginazione di Lucy), si inquadra immediatamente il compito della protagonista, figura di punta dell'agenzia "Adore", specializzata nel far incontrare anime che si vorrebbero gemelle.

Un'agenzia matrimoniale vecchio stampo, insomma, che raccoglie le ultime tracce umane di un mestiere oramai depauperato e annichilito dallo strapotere delle app automatizzate. Lucy ha eloquio formidabile, capacità unica di empatizzare col cliente inducendolo a credere di poter contare sulla migliore complice possibile, nella difficile caccia al partner ideale. I casi bizzarri presentati in sequenza, che di tanto in tanto compaiono come intermezzi, alleggeriscono il tono generale grazie all'uso sapiente dell'ironia. Far sorridere attraverso il racconto di difetti e virtù condivisi è un espediente ampiamente collaudato, forse abusato, ma che continua a funzionare con efficacia.

C'è poi il bel rapporto con le colleghe, che naturalmente vedono in Lucy il modello a cui puntare, ci sono gli inviti ai matrimoni combinati grazie al suo talento nel trovare la persona giusta per ciascun cliente. Un dono che si basa sulla capacità di infondere fiducia in chi, affascinato dalla sua sicurezza, pende dalle sue labbra. Single per scelta, Lucy incontra allo stesso rinfresco il suo ex, John (Evans), che lì lavora come cameriere, e Harry (Pascal), l'uomo che in agenzia definirebbero un "unicorno" per la sua caratteristica quasi di miraggio. Semplicemente perfetto: fascinoso, bello, ricco, acculturato, alto... racchiude in sé tutti i requisiti più ambiti dalle donne; e pure Lucy, che aveva lasciato John per non fare una vita "al verde", si lascia irretire: un invito a cena al ristorante di lusso, conti sempre pagati (e siamo a New York, dove sono tra i più salati al mondo), scambi di opinioni lontani dalla banalità, complimenti di cui andare fiere... Dall'altra parte John: a 37 anni è un attore fallito, non ha un mestiere fisso e ancora vive nella stessa casa di un tempo, condivisa con altri inquilini, non ha cambiato auto. MATERIAL LOVE, dice il titolo, e al denaro Lucy non fa mistero di guardare come primo requisito da ricercare nel compagno a cui tendere.

Non serve anticipare il finale telefonato perché conta come ci si arriva; e il come, qui, significa soprattutto una sceneggiatura (scritta dalla stessa regista, Celine Song) molto ponderata, che studia ogni frase e tenta di sfuggire alla scontatezza dell'intreccio attraverso dialoghi curati, giochi di sguardi, silenzi inseriti al momento giusto, sorrisi... Il tutto impreziosito dalla bella espressività di Dakota Johnson, primadonna indiscussa intorno alla quale tutto ruota. Poi certo, alla materialità granitica della prima parte subentrerà una seconda in cui ogni certezza verrà scalfita confondendo i pensieri, aprendo la protagonista a una realtà da osservare da una prospettiva diversa.

Più apertamente indirizzato verso il sentimentale che la commedia, MATERIAL LOVE non racconta nulla di nuovo né lo fa con toni diversi dalla norma, ma sa essere delicato, apparentemente sincero e piacevole da seguire. Almeno fino a quando, nella seconda parte, si indulge in zuccherosità eccessive diluendo le scene senza più trovare negli scambi la necessaria malizia. Si annacqua il buono che c'era e, per colmo di mestizia, rifà capolino la scena d'amore tra i due cavernicoli. A quel punto si capisce che non c'è più nulla da dire e il superfluo si apre la strada mentre il film chiude malamente.

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Il tenente Colombo

Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA

L'ISPETTORE DERRICK

L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA

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