Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.
Il film è diviso in quattro parti e tratta svariati argomenti prettamente horror. Uno di quei rari esempi in cui, pur in assenza di un filo conduttore e soprattutto di un budget sufficiente, non solo non ci si annoia un instante, ma si rimane coinvolti in una serie di situazioni effettivamente macabre (a tal punto che si passa volentieri sopra persino a degli effetti speciali al limite del ridicolo). Il cast d'altro canto si impegna e i momenti gore sono frequenti: difficile scegliere il miglior episodio, ma forse il più interessante è quello inerente il videogame.
Alcune dinamiche del cinema italiano andrebbero studiate, come in questo caso: due ottimi registi, che in passato hanno sfornato un paio di film originali, simpatici e ben fatti, decidono di "rimodellare" l'idea alla base di uno di essi, infarcendolo di becere gag, mai divertenti, scongelando un Boldi che ha poco da offrire se non aggrapparsi ai suoi tormentoni. Operazione molto triste, specchio del bisogno di offrire un prodotto popolare abbandonando l'originalità e, probabilmente, quello in cui si crede. Pessimo.
Un uomo e una donna (ovviamente entrambi affascinanti) si incontrano nel periodo del Black Friday e scoppia subito la scintilla... Ok, la trama ruota intorno a una serie di poco verosimili eventi che accompagnano lo spettatore lungo un viaggio all'insegna della prevedibilità (il finale roseo è solo la punta dell'iceberg); tuttavia la pellicola non è nel complesso disprezzabile e l'atmosfera fiabesca, in fin dei conti, apre i cuori più romantici alla speranza, mentre il cast in parte si cuce addosso personaggi abbastanza simpatici e il ritmo regolare assicura una visione distesa.
Un'avventata e istintiva manovra del pilota Sully salva la vita a più di 150 anime: l'uomo è un eroe o un imprudente? Il "fattore umano" è l'incalcolabile incognita cui Eastwood inneggia in un breve, intenso e coinvolgente dramma ispirato a una splendida storia vera, manifesto della pura, epidermica poesia di quei miracoli quotidiani che accendono una luce di ottimismo sul buio del mondo, alla faccia di qualsiasi freddezza burocratica. La delicatezza dei dubbiosi incisi interiori dell'affidabile Tom Hanks si accosta ad ansiogene sequenze di volo, con solo qualche flashback di troppo.
Durante le feste di Natale puoi accogliere dei senzatetto, oppure, come negli USA del 1945, gli eroi di guerra. Commedia degli equivoci dall’innesco potenzialmente in grado di creare situazioni e testi scoppiettanti; invece, questa sorta di bel gonfiabile da parco giochi, rimane sempre mezzo floscio, preferendo appiattirsi sulle scontate note rosa per tralasciare quelle più imprevedibili della comicità. Funziona così di più il contorno dei protagonisti. Morgan è anonimo, mentre la Stanwyck non riesce a dare profondità espressiva come avrebbe potuto fare ad esempio Ginger Rogers.
Negli ultimi anni sono state prodotte simpatiche sitcom, ma nessuna raggiunge la comicità di "Big bang theory". Quattro nerd si innamorano e sposano tre ragazze molto diverse tra loro, mentre il quarto ne conosce varie senza avere un rapporto stabile. La comicità scaturisce da una perfetta caratterizzazione di tutti i personaggi, tra i quali Sheldon, personaggio geniale ma anche maniacale, si erge sopra tutti a tal punto che uscirà un prequel dedicato esclusivamente a lui. È una sitcom di successo, dai meccanismi perfettamente oliati, di un livello difficilmente raggiungibile.
Due occhi osservano, da dentro un'auto, una casa bruciare. A chi appartengono? Bisogna aspettare ventidue anni per saperlo, dal momento che quello era solo il prologo. E ventidue anni dopo siamo in casa con la Lucy di E.R. (Martin) e il Dylan di BEAUTIFUL (Neal). Qui si chiamano Nina e Stuart St. Clair e sono una coppia apparentemente più o meno felice, con due figli. Lui è medico e se la spassa un po' con le infermiere carine, lei lo sa ma crede nel...Leggi tutto suo ravvedimento. Soprattutto ha altro a cui pensare, in quel momento, perché dopo quindici anni di lontananza si rifà vivo suo fratello Drew (MacDonald), il quale fin da piccolo aveva manifestato chiara instabilità psicologica. Ora sembra cambiato, ma intanto, per risalire a dove abita sua sorella, ha appena preso per il collo l'addetta al noleggio delle auto, che è stata costretta a trovargli la pratica di Nina - venuta da Chicago a New York per salutare la nonna malata - e fornirgli l'esatto indirizzo di casa di lei.
Drew, partito così per Chicago, lì si è stabilito in un appartamento di fronte alla villa della sorella, da dove ha cominciato a spiarla. Prima di farsi vedere da lei ha però agganciato Stuart in un bar riferendogli di essere il fratello di sua moglie. "Mia moglie non ha fratelli", gli aveva replicato lui. Ma deve ricredersi e Drew sembra un tipo brillante, educato, capace di farsi benvolere. Spiega che Nina non ha mai parlato di lui per via del suo passato turbolento (14 mesi di carcere per averla difesa uccidendo il tizio che la stava molestando). Stuart decide di aiutare Drew e lo invita a casa, dove questi rivede Nina e conosce i due nipotini, della cui esistenza nulla sapeva. Nina è l'unica a non essere affatto tranquilla; e infatti, come prima cosa, ingaggia un detective privato (Pla) per far luce sul passato di Drew. Apparentemente tutto sembra in regola, ma quello potrebbe pure aver cambiato nome, nel frattempo...
Il film è impostato sul rapporto tra Nina, di specchiata onestà, e il suo misterioso fratello, che non capiamo quanto si sia davvero ravveduto: campa scommettendo sui cavalli e le partite di ogni sport, dice, si comporta bene, sfrutta il proprio fascino per sedurre chi gli capita a tiro (dalla domestica dei St. Clair alla collega di lavoro di Nina), e questo a sorpresa conduce a qualche scena di nudo, che comprenderà pure un "freddo" amplesso televisivo del medico con la sua assistente. Si tenta insomma di rompere il rigido schema dei film per la televisione e si lavora molto di regia: quella del canadese Philippe Gagnon è particolarmente vivace e i ritmi sono buoni.
La tensione che ogni thriller dovrebbe garantire latita per gran parte del tempo, ma almeno la recitazione è discreta e - pur lavorando sul suo stereotipatissimo Drew - Adam MacDonald si prende facilmente la scena anche quando inevitabilmente mette in luce il suo... lato oscuro. C'è buona varietà nella scelta dei diversi personaggi e la sceneggiatura li assiste decentemente. La storia è però troppo imperniata su un movente poco credibile, che si rivelerà l'unico vero mistero da svelare (a parte la ricostruzione dell'incendio iniziale, del quale ormai non interessava niente a nessuno). Per fortuna il film procede piuttosto sicuro e spedito verso il finale (sbrigativo) in attesa della immancabile, inutile scena pre-titoli di coda...
Perché aggiungere altro, nel titolo, se effettivamente l'unica parola che può venire in mente guardando il film, oltre a quella, è forse solo "sangue"? Prendi un treno, ce li metti tutti dentro e cominci a far turbinare la mattanza. KILL sta tutto qui e non servirebbe in fondo spiegare altro. Non i motivi per cui Amrit (Lakshya) decide di prendere lo stesso treno sul quale è salita la sua amata Tulika (Maniktala), non quelli per cui il cattivissimo Fani (Juyal) sta lì insieme a una nutritissima banda di criminali che comprendono pure un ampio numero...Leggi tutto di suoi familiari...
D'accordo, diciamo che è sufficiente aggiungere che il primo vuole convincere la sua donna a non sposare l'uomo alla quale è promessa (secondo costume paterno) e che il secondo è sul treno con la sua banda per una bella rapina a mano armata (nel senso di pugnali e lame di ogni tipo, giacché le pistole sono prevedibilmente bandite o tutto finirebbe troppo presto). Così, dopo un'offerta di matrimonio (con tanto di anello) consumata non troppo romanticamente nella toilette mentre fuori si sente sferragliare, si arriva ben presto al rendez-vous tra i due antagonisti e le loro diverse fazioni folte di padri, fratelli, sorelle, cugini, amici...
Scelti (non è certo la prima volta) gli angusti scompartimenti come teatro dell'azione, si comincia un po' a basso regime, anche se già cominciano a volare calci e pugni tra i corridoi e le poltroncine (cuccette sovrapposte senza alcun separatore che le isoli dal corridoio comune). I contendenti rimbalzano da una parte all'altra gridando e già non troppo si capisce di quello che sta accadendo, anche perché perfino i volti di Amrit e Fani rischiano di confondersi tra loro. Non parliamo di chi tenta di mandare a memoria qualche nome...
Quello che ben presto si capisce è come a fare la differenza sia l'estrema violenza degli scontri, caratterizzati da pugnalate in ogni dove e sangue che scorre a fiumi, con vittime anche giovanissime e nessun rispetto per chi dovrebbe far parte della cerchia di protagonisti. Si muore a grappoli e chi c'è c'è, mentre, in sottofondo, una colonna sonora rumorosissima contribuisce a dare ritmo e regalare al film parte di quell'originalità alla quale non può consapevolmente puntare. Se infatti l'unica differenza è data dall'aumento della ferocia con cui si combatte, dobbiamo sorbirci sventramenti e sbudellamenti di ogni genere senza che siano accompagnati da dialoghi minimamente interessanti. Non che si potessero immaginare grandi scambi, né qualche tocco ironico che infatti è del tutto assente (a meno che non si voglia considerare tale qualche accoppamento grottesco in cui si testa l'inventiva degli autori)...
Ad attutire in parte l'impatto devastante di alcune scene di lotta girate in pochi metri quadrati c'è però una fotografia piuttosto buia che a lungo andare stanca e che, unita al prevedibile montaggio serratissimo, rende talvolta poco comprensibile quanto accade. Botte da orbi, insomma, moltiplicate dall'enorme quantità di persone stipate tra i vagoni e spesso impossibilitate a muoversi o quasi lungo gli stretti corridoi del treno. Una specie di THE RAID indiano, senza però la stessa raffinatezza stilistica e inventiva e invece votato a una visione puerile della lotta, mortificata da dialoghi insignificanti. Qualche scontro è comunque piacevolmente selvaggio, la tecnica c'è, il sangue non manca, la regia coglie bene la frenesia dell'azione e siamo dalle parti di quel cinema orientale al quale, per contenuti ed elementarità dello script, idealmente ci si avvicina.
A soli otto anni di distanza dalla prima volta in cui venne trasposto sullo schermo in una serie, il romanzo di Harlan Coben “Just One Look” torna a riempire altre sei puntate spostando l'azione dalla Francia alla Polonia. L'avventura, qui, è quella di Greta Rembiewska (Debska), moglie di Jacek (Lukaszewicz) con due figli, la quale un giorno trova, tra le foto portate a sviluppare, quella di un gruppo di amici; tra questi le pare di riconoscere il marito, benché molto più giovane. La foto deve...Leggi tutto necessariamente risalire a prima del loro incontro, pensa, anche perché legata a un tragico incendio in cui perirono molti giovani durante il concerto di tale Jimmy (Stramowski). Lei era presente, allora; anzi, le hanno detto che fece di tutto per salvare chi poteva (tra questi anche il figlio di un potente poco di buono, che negli anni ha sempre dimostrato di esserle grato) e che venne strappata alle fiamme per miracolo, ma di quei giorni non ricorda nulla.
La memoria se n'è andata e con essa probabilmente qualche dettaglio molto importante, legato a una lenta riapertura del caso in seguito alla scomparsa di Jacek, rapito da un sicario che ama contattare donne nelle app di incontri per andare a casa loro, legarle e installarsi lì per compiere le sue missioni. Lo fa anche questa volta, ma la vicina della vittima, che amava osservare dalla sua finestra la dirimpettaia mentre si spogliava portandosi a letto un buon numero di uomini, si accorge che alla donna è successo qualcosa. Solo un caso che la voyeur sia anche un'ottima amica di Greta?
Gli intrecci della trama sono al solito studiatissimi e complicati, spiegati non sempre senza lasciare, in questo caso, qualche buco. Non troppi però, e mai tra le risposte necessarie a completare una soluzione complessa e affascinante. Rispetto alla prima versione la storia – naturalmente molto simile nei suoi sviluppi - presenta qualche cambiamento, soprattutto nella scelta di privilegiare alcuni personaggi a sfavore di altri (vedi il padre del ragazzo morto nell'incendio nonostante il tentativo di salvataggio di Greta, qui decisamente sullo sfondo), rendendo più snello il racconto: tutti i flashback dell'incendio e l'incendio stesso sono ad esempio ridotti a pochi minuti seminati qua e là con scarsa convinzione; l'interesse è su altro.
La semplicizzazione di molti snodi aiuta la comprensione globale (al contrario dell'uso dei nomi polacchi, davvero difficili da memorizzare, in alcuni casi) e nel suo insieme la serie si segue più facilmente; è meno charmant nei personaggi, meno convinta nella recitazione (comunque valida) e le manca il colpo di scena notevole dato dalla scoperta del filmato di Greta con i ragazzi della band (sostituito da un molto più anonimo flashback). Si conferma però la qualità del soggetto - capace in sei puntate di raccontare una vicenda interessante - e quella di una sceneggiatura che, alle prese con un groviglio gigantesco di sottotrame, riesce a distenderle con abilità e discreto senso dello spettacolo. Insomma, al momento il nome di Harlan Coben rimane una garanzia; non solo per la creatività nello strutturare le storie ma anche per la professionalità con cui esse vengono rese su piccolo schermo.
Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA
L'ISPETTORE DERRICK
L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA