E' arduo, nella biografia di un artista, cogliere il confine tra vita e arte, tra impulso creativo ed espressione. La difficoltà si manifesta tutta in questo ulteriore tentativo di Schnabel che alterna didascalismo spinto a dosi di retorica (presenti già nel titolo) enfatizzate da estenuanti "pseudo interviste" dalle impossibili risposte. Una sovrabbondanza di immagini e movimenti esasperati da una fastidiosa mdp a spalla (che dribbla i limiti percettivi) e da un commento musicale ossessivo e monocorde. Resta il rispetto di Defoe per il grande pittore.
MEMORABILE: La scolaresca e la maestrina; Il colloquio col prete "critico"; Il pittore e la pastorella; La trovata del funerale/vernissage (?!).
Schnabel racconta l'ultimo periodo della vita di Van Gogh, un uomo fragile e profondamente solo. A differenza di molti altri film sul pittore olandese, Schnabel taglia tutto ciò che riguarda l'alcolismo, la follia e la violenza, concentrandosi solo sull'uomo, la sua solitudine e il rapporto con la natura. Ritmi molto lenti, fatti di pochi dialoghi e molti sottofondi musicali che rendono il film molto poetico e tranquillo, anche troppo se si pensa alla turbolenza dell'artista. Ne esce un film non brutto, ma fiacco e facilmente dimenticabile.
Il tributo di Schabel al grande pittore olandese riesce a essere per nulla banale, lontano da una biografia documentaristica o romanzata. Il regista/artista americano si concentra sullo smarrimento dell’uomo, sulla sua affannosa ricerca dell’ispirazione nella luminosa natura di Arles, sui tratti prodigiosi e incompresi della sua tecnica, con un approccio raffinato e artistico che, al di là di qualche eccesso narcisistico e di un uso smodato della camera a mano, è di grande effetto. Ottima la performance di Defoe.
MEMORABILE: L’esposizione finale della salma tra le opere in mostra.
Un insieme di tasselli percettivi. Un volto, un'espressione stupita. Gambe in movimento tra fili d'erba e distese infinite. La bellezza della natura e dell'esistenza. Campiture di colore materiche come argilla. E poi i sassi scagliati e ricevuti, le ubriacature, lo smarrimento del Sé, l'allontanamento dagli amici e dai parenti più cari, gli ospedali psichiatrici, le pallottole, il silenzio perpetuo. Non è un documentario, tantomeno un biopic: è l'omaggio di un pittore a un altro pittore, una composizione su tela delicata e poetica. Da vedere.
MEMORABILE: Il dialogo tra Van Gogh e l'inquisitore tonacato, interpretato da uno straordinario Mads Mikkelsen.
Splendido ritratto di un pittore che di ritratti ne ha fatti parecchi. Van Gogh come non lo si è mai visto: sperduto, impaurito, a tratti tenero, prigioniero del suo genio. Un Dafoe straordinario, come straordinari sono gli altri interpreti e l'uso dei colori. Per la maggior parte del film la camera a mano vaga per il set, trema, ci porta a un passo dai protagonisti per osservarli da vicino e spiarli. Se non fosse per un finale un po' troppo veloce, il film sarebbe a pochi passi dal capolavoro.
MEMORABILE: Le tue sono sculture, più che quadri! (Gauguin a Van Gogh).
Un gran bell'omaggio al celebre pittore olandese. Meglio la prima parte, quando il nostro vaga per paesaggi bucolici in cerca dell’ispirazione, immergendosi letteralmente nella natura che poi andrà sublimemente a disegnare. Nella seconda frazione il ritmo cala bruscamente e gli ambienti si fanno sempre più chiusi, il che rende il film visivamente meno appagante e un po' tedioso ma pur sempre interessante. Nota di merito per un eccellente Dafoe, che interpreta al meglio il talentuoso, pazzerello Van Gogh.
Un film dove l'interpretazione sentita e appassionata del protagonista vale più del film stesso. Negli occhi di Dafoe si può leggere quanto sia dentro il personaggio, nelle sue mosse trovi la veridicità di alcuni passaggi. Ma per il resto il film è carente. Carente di vere emozioni, pieno di inquadrature pretestuose e che alla lunga provocano il mal di mare, attraversato da dialoghi banali. Anche il resto del cast non convince più di tanto. Peccato.
Quando il dipingere è bisogno istintivo di immergersi nella natura che dà senso all'esistenza portando sino alla soglia dell’eternità. Questo è Van Gogh e il film è un omaggio alla sua arte pura e imperfetta, girato da Schnabel con lo stesso spirito espressionista di cui il pittore è precursore. Un ritratto personale e intenso che mostra, quasi in soggettiva, l’artista in viaggio alla ricerca della luce, la sua ansia crescente, il disagio nelle relazioni, il legame col fratello Theo e Gauguin, il malessere profondo. Dafoe ottimo, come il film.
Difficile imbattersi in un film che disturba come questo. Le riprese di tipo "amatoriale" (ipermosse), i primi piani eccessivi, l'uso anomalo del filtro che sfoca la parte bassa dell'immagine, un calderone di effetti spesso sgradevoli.Sembra di essere in un dipinto del pittore, e non è necessariamente un complimento! Si salvano solo le belle, luminose scene "normali" e la grande interpretazione di Dafoe. Niente colpisce particolarmente, molto disturba visivamente.
Ma cosa c'entra la camera a mano? Siamo in Blair Witch Project? O davvero il regista vuole convincerci che due ore di sballottamenti, tremolii, riprese a due centimetri dalla faccia siano espedienti artistici per mostrarci il malessere di Van Gogh? Sembrano più che altro espedienti furbastri per dare un'aria intellettualoide a un film tanto pretenzioso quanto vacuo, che trasmette poco e non aggiunge nulla. Si salva la buona interpretazione di Defoe, mentre Gauguin sembra un hipster dei giorni nostri. Particolarmente insulsi i dialoghi.
MEMORABILE: L'incredibile sequela di scene "artistiche": Van Gogh cammina, Van Gogh corre, Van Gogh piange, Van Gogh ride e a tutti noi viene il mal di mare.
Film sull'"uomo" Van Gogh. Sullo sfondo i problemi che lo afflissero durante la sua vita, in primo piano la componente "spirituale". La sua ricerca spasmodica di un contatto con la natura per poterla fissare sulla tela, la diffidenza dei contemporanei per la sua arte, il rapporto con Gauguin con cui condivideva il destino di artista incompreso. Il dialogo col prete "razionalista" che vuole trovare una logica nella creazione artistica rappresenta il contrasto tra omologazione e "rivoluzione".
MEMORABILE: "Forse Dio mi fa dipingere per quelli che nasceranno".
Un periodo della vita del grande pittore olandese in cui si evidenzia la sua arte visiva sommata a una latente follia e a una genialità assoluta. Qualche ottimo momento tra i quali sono da sottolineare il dialogo con il sacerdote e gli incontri con Gauguin. Monumentale Dafoe con il suo intenso sguardo e la sofferta interpretazione. Finale che s'ispira a una tesi di due biografi del pittore.
Gli ultimi giorni di Vincent Van Gogh nel sud della Francia sono raffigurati in questo sentito dramma. Willem Dafoe offre una potente interpretazione del pittore indigente e travagliato che non fu compreso da quelli dei suoi tempi. Mentre Van Gogh cerca di esprimere il suo straordinario occhio per la natura e i ritratti, coloro che lo circondano sono cinici e diffidenti o al massimo incuriositi. Suo fratello è il suo unico vero conforto. Ottima la fotografia che riproduce magistralmente lo spirito delle opere.
Biopic del pittore incompreso per antonomasia: Vincent Van Gogh. La pellicola ripercorre il legame stretto che ebbe col fratello e col suo amico/collega Gaugin. E' un buon film, convincente sotto il profilo registico e soprattutto interpretativo: Willem Dafoe è davvero straordinario. Certamente i ritmi bassi non danno alla storia più di quello che merita. Colonna sonora poco ascoltabile.
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Salve, scusate vi chiedo se nella scena girata nel chiostro in cui Vincent dialoga col prete vi è capitato di sentire il rombo di una moto...o era una mia allucinazione uditiva?
Grazie saluti.
Kinodrop ebbe a dire: Salve, scusate vi chiedo se nella scena girata nel chiostro in cui Vincent dialoga col prete vi è capitato di sentire il rombo di una moto...o era una mia allucinazione uditiva?
Grazie saluti.
Mmm, no, io a dire il vero non ho sentito nulla di tutto questo.
DiscussioneRaremirko • 7/12/21 23:54 Call center Davinotti - 3863 interventi
Momenti alla Malick abbastanza riusciti, pieni di natura e melodie, dialoghi interessanti, ottimo cast (in ruoli atipici peraltro, si veda Mikkelsen prete o Amalric baffuto che posa per il quadro) con un Dafoe perfettamente calato nel ruolo (il suo viso si presta del resto ai più vari ruoli, reali e/o immaginari, vedi Pasolini o il Goblin di Raimi) che risulta bravo e credibile.
Il ritratto filmico dedicato al grande talento Van Gogh, in questo caso pittorico, diretto da un altro pittore, Schnabel, che ha fatto anche il regista.