Misconosciuto colossal italo-sovietico: ripercorre la campagna di Russia dell'esercito fascista e le tragiche conseguenze che seguirono al ritiro dei tedeschi da Stalingrado. L'ottima ricostruzione storica e le migliaia di comparse fanno ancora emozionare, segno che il film è invecchiato bene; onnipresente il classico clichè propagandistico "italiani buoni, tedeschi cattivi, sovietici eroici". Molto buona la prova di Pisu, curioso il ruolo di napoletano logorroico assegnato a Peter Falk.
Emozionante come mai è stato un film di guerra, caratterizzato da una regia impegnata socialmente e pregno di amor per la patria, De Santis realizza un altro dei suoi capolavori. La sequenza della ragazza tra i girasoli in corsa in contro direzione ai soldati fa venire la pelle d'oca e basterebbe da sola ad ergere la pellicola tra le opere cinematografiche degne di stare in un ipotetico museo del neorealismo. Antieroico e cameratesco.
Una piccola perla sepolta dalla polvere che andrebbe riscoperta. Narrazione profonda, struggente, mai così fedele a quella che fu una delle più inutili, criminali, carneficine della nostra storia politica e militare. Sempre un passo indietro e sempre con la dignità schiacciata sotto i tacchi, ma la miseria non è quella degli umani travestiti da soldati bensì di coloro che aberrantemente pretesero di ergersi a loro condottieri e ne facero frattaglie offerte sacrificalmente in nome del Dio delirio.
Un quadro eloquente e realistico di un gruppo di fanti della Torino, mandati in Russia come parte del CSIR prima e dell'ARMIR poi, che fornisce uno spaccato della società italiana alle prese con la guerra. Non ci sono vittorie eroiche, né morti gloriose. Alcuni episodi un po' forzati, ma con le migliori intenzioni. Forse a tratti schematico, ma lontano dalla retorica quanto basta per farne un'ottima opera antimilitarista. Alcuni bei personaggi ed un'ambientazione perfetta. Sopra la media quanto a realismo per l'epoca delle riprese. Buon film.
MEMORABILE: I superarditi (simbolo della vuota pomposità del regime); il camion in ritirata che non si può fermare.
Film bellico che racconta l'avanzata e la successiva ritirata sul fronte russo nel corso della seconda guerra mondiale. Realizzato con impegno (si tratta di una coproduzione italo-sovietica), appare molto efficace dal punto di vista della ricostruzione ambientale, ma mostra parecchie lacune narrative, con un ritmo che mostra più di una pausa e una regia non impeccabile. Buona la prova del cast.
In generale è un'opera che coniuga bene l'atmosfera tragica della rovinosa storia dell'Armir con le vicende, giocate sul semiserio, dei personaggi coinvolti. Uno schema solito ma applicato con molta cura e avvalendosi di un cast ben affiatato e ben diretto. Molto valida la prima parte, che culmina nella bella scena della contadina sovietica che corre, un po' dispersiva la seconda. Qualche manicheismo di troppo sui tedeschi ma era costume.
Il regista è più interessato a evidenziare il rapporto tra i nostri soldati e la popolazione russa, tra cui spiccano improbabili contadini con volti da fotoromanzo, piuttosto che alla ricostruzione delle difficoltà cui si trovarono le truppe all’arrivo dell’inverno e nella successiva drammatica ritirata (ne tornò 1 su 9), come riportato nella vasta letteratura del genere (Bedeschi, Petacco, Rigoni Stern ecc.). I battaglioni delle camicie nere risultano spocchiosi e codardi, gli altri “normali” sono, in fondo, "brava gente". Buona prova di Pisu.
MEMORABILE: Il traffichino che riesce a trovare un passaggio dai tedeschi.
Punto di non ritorno e in qualche modo anche di "rottura" (dopo girerà solo un film e 1/2), del cinema di De Santis, quello in cui giungono a estrema tensione (e contraddizione) l'afflato neorealista, l'epica socialista e il respiro "hollywoodiano" dello stile registico. Il contrappunto letterario (l'epistolario di alcuni soldati dell'Armir) e il carattere "episodico" della sceneggiatura, appesantiscono sicuramente il film, più forse della sua dichiarata partigianeria. Opera dall'allure polverosa, diretto però con gran senso visivo e scene d'impatto lirico.
MEMORABILE: L'ufficiale medico napoletano che dà l'indirizzo di casa alla ragazza russa; La ritirata nella tempesta di neve col camion che passa sui soldati.
L'orrore bianco può anche essere interrotto da sbracature e risatine per nulla marziali. Gli italiani lasciano una valvola alla vita anche nella trappola russa. De Santis, con De Concini, concede questo lusso, e nella narrazione non stona, ma è fermo (e spettacoloso) quando scava la fossa di missili e ghiaccio. Così per gli appiedati stirati dal carrista, per il romano guascone (ottimo Pisu), per il gagà (un ammiccante Falk doppiato da Croccolo!), per l'ingenuo villano di Persiceto e per l'ineffabile ostaggio sovietico. La catastrofe Armir dalla A alla Z. Un dettagliato promemoria.
MEMORABILE: Il giovane chirurgo napoletano: "Tu sei comunista, non credi in Dio, è vero? E quando devi bestemmiare come fai?".
La campagna di Russia viene ripercorsa dando importanza ai buoni sentimenti degli italiani e alla relativa disfatta. Valido come documento storico per spiegare le proibitive condizioni ambientali e il tempo passato lontani da casa. Prima parte più centrata sul conflitto, si frammenta poi nelle vicende dei singoli con qualche scena ad effetto o più simbolica. La connotazione provinciale aiuta a calarsi nei variegati personaggi (male però Falk come napoletano), con le meste voci fuori campo a sottolineare i tragici fatti. I tedeschi, sebbene alleati, vengono ritratti come approfittatori.
MEMORABILE: I campi di girasoli; Il dottore italiano mandato a salvare un russo; I razzi; La battaglia sul Don; La ritirata a piedi; L’arrivo dei cosacchi.
La campagna di Russia durante la Seconda guerra mondiale viene qui magistralmente raccontata portando in scena un cast tanto desueto quanto di grandi capacità attoriali: da Pisu a Cucciolla, da Peter Falk a Checchi. Vengono ricostruite le dinamiche strategiche, ma soprattutto il clima di totale incertezza che spesso regna al fronte, in cui si distingue una umanità, la più variegata, che ha mille sfumature diverse. Colpiscono la resa veritiera dell'intero progetto e la malvagità degli alleati tedeschi, specie a confronto con la confusa, contraddittoria benevolenza delle nostre truppe.
Le vicende di un plotone di soldati del CSIR si inserisce nel quadro più ampio della Seconda guerra mondiale in Russia. Il titolo è oggi usato come critica da parte del revisionismo storico contro la rimozione della colpa bellica dalla memoria collettiva. In realtà il film non si perita di mostrare anche il fanatismo e la vigliaccheria fascista e ha un fondo di antimilitarismo. Semmai dove pecca è nell’indulgere scene eccessivamente patetiche dove tocca le vicende personali dei soldati, mentre si fa più autenticamente tragico ed epico nelle scene di massa. Girato con grandi mezzi.
MEMORABILE: Le scene della ritirata nella neve; Gli ucraini prigionieri che cantano nei prati l'Internazionale.
La tragica campagna di Russia in un kolossal epico, girato nella vasta Ucraina, che slitta dalla dimensione novellistica della prima parte all’intensa tensione emotiva della ritirata finale, che riscatta il tono un po’ troppo pittoresco e ingessato della descrizione buonista e assolutoria degli italiani che va dal titolo a buona parte della narrazione. Se la commedia regionalista indulge a tratti, cercando riferimento nella Grande guerra senza averne la complessità, il film tocca comunque le corde della pietas, e a tratti emoziona.
Grandioso film nel quale Giuseppe De Santis ricostruisce la campagna di Russia, uno dei massimi abomini del regime fascista. Le scene di massa sono vigorose e De Santis usa il dolly con la stessa spettacolarità dei kolossal hollywoodiani e la medesima intensità del cinema sovietico. Anche gli interpreti riescono a dire la loro con efficacia. Coinvolgente ed emozionante.
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In questo spazio sono elencati gli ultimi 12 post scritti nei diversi forum appartenenti a questo stesso film.
Montato e più volte rimontato, girava in TV una copia con 49 minuti in meno rispetto alla versione originale (156'). Mancava la sequenza più espressiva: quella di centinaia di sbandati che, all'interno di un granaio circondato dal gelo, dormono in piedi, addossati uno all'altro.
La tecnico narrativa usata in Italiani brava gente recupera la componente letteraria già rivelata in altre opere del regista di Fondi: in questo film torna in auge la voce fuori campo, anche se ad essa non è più affidato il dire esplicito dell’autore, come accadeva in Caccia tragica. Del resto, dopo un quarto di secolo di (dolorosa) presenza nel cinema italiano, De Santis non ha più bisogno di un dire così esplicito, anche perché ormai non ci crede più ed il suo progetto è stato smontato.
CuriositàGeppo • 7/01/13 00:17 Call center Davinotti - 4238 interventi
Qui vediamo il video inedito con il provino di Adriano Celentano per il ruolo da protagonista del film Italiani brava gente di De Santis del 1965.
Adriano, pur avendolo superato, non lo interpretò perché si era sposato da poco e non voleva lasciare Claudia Mori.
Il personaggio del Maggiore Ferro Maria Ferri è mutuato dal libro di Gian Carlo Fusco "Le rose del ventennio" ed in un certo senso (mi) ricorda anche il personaggio di Manfredi in "Café express" (non fosse che esso sia in realtà ispirato ad una vera persona).
Io non ho idea di come trovarlo, ma magari qualcuno riesce a vederlo (da IMDb risulta che esiste anche una versione in italiano).
C'è anche una pagina Facebook promozionale, dove è caricato anche qualche spezzone. Magari qualcuno più sgamato di me può contattare gli autori per chiedere informazioni:
Molto difficile accedere a quel documentario. E te lo dice uno di Fondi. Tra l'altro il responsabile dell' Associazione Giuseppe De Santis, non risponde neppure alle email.