Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.
Peccato perché Deodato sembra piuttosto ispirato, in regia (come spesso gli accade) e alcune morti non sono niente male come gli effetti speciali. Il problema è che la sceneggiatura è insulsa (anche alcuni dialoghi non scherzano), con questi telefoni che uccidono... Insomma, anche se è un horror ci vorrebbe un minimo di senso nella storia. Davvero un'occasione sprecata, perché la protagonista (fisicamente pazzesca) è brava.
Johnny O' Clock, gestore di una bisca clandestina, elegante e sicuro di sé, è anche un collezionista di belle donne rischiando sul filo del rasoio, ma quando una di esse verrà uccisa, si troverà coinvolto in una rete di sospetti che un rude poliziotto vorrà dipanare. Un noir che mischia poliziesco e sentimentale, che nella prima parte stenta a carburare disperdendo l'interesse per le troppe divagazioni amorose, mentre in seguito, quando i vari snodi convergono, riacquista un ritmo più consono al genere. La buona sceneggiatura e la qualità del cast ripagano qualche falla registica.
Un padre e una figlia compiono un lungo viaggio, finché la ragazza non scappa con un coetaneo di cui si è innamorata... Singolare pellicola che tiene col fiato sospeso sino all'ultimo, nonostante la narrazione non offra mai momenti particolarmente interessanti. In realtà, si procede con la visione giusto per capire se il protagonista riuscirà nel suo intento, in special modo grazie alla buona interpretazione dell'intero cast (in testa Mortensen, il quale ben si arrangia a parlare spagnolo). Le location, del resto, sono molto belle e la fotografia ha colori nitidi e avvolgenti.
Divertente fumettone (alcune sequenze sono effettivamente animate) che ricorda - e cita- tante opere simili, ma lo fa con estrema leggerezza e una grossa dose di umorismo. Questo lo rende piacevole da seguire, anche se come andrà a finire è ben chiaro da subito. Brave tutte le "kitties", compresa la più piccolina e determinante per la riuscita l'idea di prendere un tizio a caso (pure goffo) e trasformarlo in una vera macchina mortale. Giocoso, veloce, leggero.
Ragazzino si trasferisce in una scuola con soli sei alunni e fa amicizia con una coetanea... Ok, la trama non ha nulla di originale, ma ci si aspetterebbe comunque un intreccio più interessante di quello a cui si assiste. Certo, il legame tra i due giovani che si fa via via più intenso desta l'attenzione in alcuni momenti, ma la sensazione di incompletezza alla fine troneggia. Ciò nondimeno, la pellicola merita almeno una visione per il modo naturale col quale racconta la vita di tutti giorni e per la bravura degli interpreti principali, gradevoli anche dal punto di vista estetico.
Non è un remake di un film ben migliore, anche se il meccanismo è il medesimo (compreso il salvataggio di alcuni passeggeri). Pellicola tutt'altro che innovativa, costruita sul tentativo di lasciar correre un treno a una velocità superiore ai 100 km/h, pena l'esplosione di una bomba. Di qui le varie personalità dei passeggeri, la cabina di regia da remoto, i media, i politici e chi ha messo la bomba. L'unica sorpresa è il movente, bizzarro. Niente di che sul piano tecnico. Durata eccessiva. Da guardare per vedere i giapponesi inchinarsi.
A volte i film giapponesi sembrano scritti (e diretti) da un bambino impazzito d'improvviso. E quando si sconfina nel fantasy e cominciano ad apparire mostri di varie fogge la follia diffusa aumenta, fino a creare opere uniche e impensabili da replicare altrove. Prendiamo questo GOTHIC LOLITA BATTLE BEAR, ad esempio (tratto da “Sewing Man Nuguruma”, un romanzo di Kenji Ohtsuki). Il supereroe al centro della storia è Nuigulumar, una candida ragazza che prende potere da un orsacchiotto rosa e si trasforma fondendosi con lui: si riveste come d'incanto di una tutina rosa...Leggi tutto coperta di batuffoli sparsi e gli avambracci diventano cactus di moquette. Le compare un bottone sull'occhio (tipo benda) come ha l'orsetto e ciò che in definitiva ci appare di fronte è qualcosa di indescrivibile e indubbiamente comico.
Ma c'è una storia dietro, che parte da un pianeta esploso da poco. Gli abitanti, in fuga, migrano nello spazio fino a raggiungere la Terra in forma di batuffoli di cotone. Molti finiscono negli oceani o in terra scomparendo, ma due di loro, Dumuva e Deparza, entrano nel corpo di altrettanti orsacchiotti di peluche prendendone possesso. Il primo finisce regalato alla bella Kyoko da sua madre, il secondo capita nelle mani di un uomo frustrato alto 145 cm che cova propositi di vendetta contro il mondo. Kyoko tuttavia non sembra molto interessata al suo regalo e ne entra così in possesso Yumeku (Nakagawa), la giovanissima zia imbranata appena arrivata da lontano a raggiungere la “sorellona” (cioè la madre di Kyoko). Non ci vorrà molto perché Yumeku si renda conto di come l'orsacchiotto che chiama Pugnetto possa animarsi, parlare, tirar pugni e, dulcis in fundo, permetterle di unirsi a lei per diventare Nuigulumar. Per combattere chi? Ma l'orsetto Deparza e il suo perfido proprietario, naturalmente, anch'egli capace di trasformarsi in orsone gigante (ama definirsi il vendicatore di peluche)!
In realtà il nemico vero è rappresentato dall'orda di zombi che sta invadendo la Terra e che spuntano un po' qua e un po' là, spingendo Nuigulumar a intervenire per proteggere chi è in pericolo. E pure per salvare Kyoko, rapita dal cattivone (e dai suoi due sgherri, Lolita e Billy) che di lei s'è invaghito. Il film è tutto un turbinare di effetti speciali digitali, tra litri di sangue fasullo che sprizza dal corpo degli zombi squartati e dalle loro vittime, fulmini e saette, trasformazioni di ogni tipo... il tutto accompagnato da una colonna sonora pronta a esplodere nel finale, con canzoncine (cantate dalle ragazze protagoniste) che tanto ricordano quelle dei robot d'un tempo. In aggiunta, brani più rock danno ritmo all'avanzata di zombi che scatenati ballano (!) mentre invadono un festival musicale, mescolando coreografie danzanti e divoramenti.
Non bastassero queste follie, ci sono pure un adulto vestito da neonato mezzo maniaco sessuale, utile solo a schiacciar bottoni con la testa, e quattro belle ragazze adoratrici del perfido guerriero che custodisce Deparza: nella seconda parte queste d'improvviso si alzeranno in cielo in circolo scoprendosi il petto e lanciando raggi distruttori dai capezzoli (la chiamano “energia imbarazzante”!), devastando la città sotto di loro che neanche un attacco di quaranta bombardieri... Seguirà, infine, il previsto scontro totale tra i due eroi orsetto!
Va detto che il film non è affatto tirato via come si potrebbe credere. Gli effetti, per quanto ovviamente digitali e al risparmio, sono realizzati con cura, la tecnica di Noboru Iguchi (un regista che ha all'attivo una quantità di film esageratamente demenziali) è buona e il divertimento – almeno per chi sa a cosa va incontro – non manca. Anche perché il ritmo è scatenato, i personaggi un po' scemi ma simpatici, la protagonista dolcissima e vedere un orsacchiotto di peluche (animato molto bene) che parte all'attacco soddisfa, persino quando emette pesanti flatulenze giallognole per stordire l'avversario. Può insomma valere la pena, se si è in vena di divertirsi un po' con un film i cui dialoghi (e pure il resto, ovvio) sarebbero per noi impensabili, oltremodo ingenui. D'altra parte cosa pensare di una supereroina il cui costume nasce dopo propria espressa richiesta ("Voglio essere un eroe carino e coccoloso") all'orsetto che ha il potere di crearlo mentre i due stanno cadendo da un palazzo?
Reese (Vass) presenta sua moglie Mallory (Sursok) a un gruppo di amici invitati per l'occasione a casa: la poveretta è reduce dall'ennesimo ictus con conseguente amnesia e cerca di rimettersi in carreggiata; lavora come organizzatrice di eventi insieme all'amica (Kahlon) e ha bisogno che qualcuno la aiuti a trovare qualche cliente. E' dura, per Mallory, ricomporre una memoria frantumata. Sa solo di avere un marito che la ama e un figlio, Billy (Dacosta), per il quale prevedibilmente stravede. Tanto che quando un giorno l'accompagna nella palestra di arrampicata e lo nota...Leggi tutto parlare con Samantha, che il piccolo in famiglia aveva detto essere una che gli piaceva, si preoccupa: quella lì ha più di trent'anni, cosa vuole da suo figlio? Come prima cosa Mallory intima a Billy (ragazzino straordinariamente obbediente) di non frequentarla più, ma intanto cerca di capire chi possa essere.
Strane cose accadono intorno a Billy e, nella mente della protagonista, di tanto in tanto riaffiora qualche ricordo (reso virando i flashback per cercare di renderli quanto più possibile misteriosi): un messaggio di scuse lasciatole dal marito, ad esempio. Cosa le aveva fatto? Reese minimizza: chiedeva perdono perché pensava troppo al lavoro e non a lei. Ma qualcosa che non torna c'è, e cercare informazioni sull'enigmatica Samantha pare più difficile del previsto: non compare sui social media, nessuno la conosce...
Finalmente, si direbbe, qualcosa di nuovo sotto il sole di questi thriller televisivi di poco conto: un'adescatrice adulta che circuisce un bambino. Poi ci sono i “ricordi rubati di mamma” (ovvero il titolo originale, al quale i distributori italiani hanno espunto la parola mamma, evidentemente poco attrattiva) e c'è spazio anche per un altro spunto interessante, che si aprirà in un secondo momento. La storia, scritta da Adam Minneci, ha insomma qualche buona freccia al proprio arco, nonostante si sviluppi seguendo uno schema prestabilito che si aggancia alla formula tipica di produzioni simili; cerca di inserirvi qualche idea meno scontata del consueto, di proporre snodi inaspettati.
Poi però c'è da fare i conti con un cast debole, che proprio non convince e non riesce a dare grinta a un film cui anche la regista Panta Mosleh non offre un gran servizio: senza dover notare che la suspense è ridotta praticamente a zero, è l'intero film a risultare piatto, non in grado di offrire la necessaria vivacità a una storia che invece, magari articolata in modo meno banale, qualche soddisfazione avrebbe anche potuto darla. In fondo la soluzione non è del tutto prevedibile e c'è addirittura un prefinale per nulla consolatorio che non è proprio facile incrociare, in opere di questo genere. Certo, poi ci si aggiunge un epilogo che rimette un po' le cose a posto, ma la freddezza fin lì comunicata era stata quasi una sorpresa, e in positivo. Siamo invece alle solite con le figure maschili: diafane, lasciano abbondantemente la scena alle donne (fa in parte eccezione il piccolo BIlly, che però per una volta è fin troppo composto). Si conta un unico delitto, che chi conosce il genere sa già chi potrà riguardare... Eppure almeno uno sforzo nell'elaborare una storia congegnata decentemente si nota, ed è già qualcosa.
Potrebbe quasi sembrare un episodio lungo della PIETRA DI MARCO POLO, la serie che andava in onda sulla Rai fino all'anno prima e nella quale un gruppo di ragazzini molto amici si muoveva sullo sfondo di una Venezia ben ripresa al di fuori dei suoi angoli più turistici. Qui però siamo negli Anni Trenta, in pieno Ventennio (ce lo ricorda qualche filmato di repertorio in apertura), e la moneta di scambio dei più giovani, come spiegato da due signori in dialetto nell'incipit, sono i cosiddetti “cimbani”,...Leggi tutto vale a dire i tappi di bottiglia di birre e gazzose, spesso appiattiti col martello per acquisire maggior valore.
L'obiettivo della banda al centro della vicenda è comprare la “Maria”, una canoa custodita dal Cencio (Arrigo), che la mette in vendita al prezzo di dodicimila cimbani. I nostri la sognano, così come uno di loro, Sergio (Bianchi), sogna la bella Serena Paulon (De Cal), una loro coetanea che ogni tanto fa capolino con la sua acconciatura da vamp. Così, mentre si divertono alle spalle dei vicini di casa (i “Tabacco”, banda alternativa come il gruppo di “Castello”, con i quali spesso si scontrano), i nostri pensano a come raggranellare i cimbani necessari e a tale scopo organizzano un'asta per barattarli con le figurine del più piccolo di loro, Marco (Bocalon), non esattamente felicissimo della cosa.
Nel frattempo si staglia all'orizzonte, annunciata da una frase su un aeroplanino di carta “sequestrato” in aula dal loro maestro (Scaccia), la figura del "Morca", un misterioso individuo che scrive alla banda di voler incontrare separatamente due di loro disegnando sul foglio due ponti dove raggiungerlo. All'appuntamento, però, il Morca non si presenta e al ritorno i ragazzi scoprono che qualcuno è entrato loro in casa a rubare i preziosi cimbani! La stessa cosa accade pure ai “Tabacco”, che subito accusano i "nemici" del furto. I sospetti cadono dapprima su uno strano vicino di casa, un ragazzo della loro età (Moressa), ricco violinista solitario e ignorato, ma intanto il Morca seguita a lasciare enigmatici messaggi che fanno impazzire il gruppo. La ricerca del responsabile diventa presto una sorta di caccia che rappresenterà l'avventura intorno alla quale ruoterà la vicenda.
L'idea sulla quale si regge il film è quindi pretestuosa e non troppo stimolante, utilizzata soprattutto per mostrare begli scorci di una Venezia ritratta qui come una città popolare, lontana da ogni invasione turistica ancora prossima a venire. I ragazzini ne percorrono campi, calli e ponti divertendosi nei loro giochi anche se, va detto, la recitazione – com'è normale nei casi in cui protagonisti sono ragazzini evidentemente pressoché a digiuno di cinema – lascia piuttosto a desiderare. Fa eccezione il solo Scaccia, di fatto l'unico adulto presente con un ruolo di rilievo, che difatti quando è in scena alza la qualità della proposta.
Eppure, nonostante gli evidenti limiti, il film ha una sua dignità e piace come testimonianza di un'epoca scomparsa, ricreata con attenzione e affetto; e la caccia ai cimbani, che si protrasse ancora per molti anni, in città, ci riporta a un tempo in cui gli svaghi erano legati a una fisicità completamente diversa da quella attuale. IL MISTERO DEL MORCA è un film simpatico, inevitabilmente ingenuo, che racconta della complicità tipica di molti giovanissimi senza entrare nella drammaticità della Via Paal, alla quale si preferisce sostituire una buffa traccia gialla (potremmo quasi chiamarlo un whodunit) che può aumentare la curiosità anche di chi non si accontenta del semplice ritratto corale giovanile, chiuso infine con un pesante sberleffo al romanticismo.
Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA
L'ISPETTORE DERRICK
L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA