Truccato (grazie all'abilità della futura star del make-up Giannetto De Rossi) come l'onorevole Colombo della DC del tempo (siamo nel 1970), Buzzanca irride con la complicità degli sceneggiatori Lucio Fulci (anche regista) e Sandro Continenza il partito più importante d'Italia. E scoppia il finimondo, con il film sequestrato per essere poi tagliuzzato qua e là e reso così per molti versi piuttosto incomprensibile. L'onorevole Giacinto Puppis (Buzzanca), candidato alla Presidenza della Repubblica, ha un problema: educato fin da piccolo a evitare le femmine, finisce preda di raptus improvvisi che lo portano a palpeggiare inconsciamente sederi di donne anche molto in vista. Fulci gira le scene di...Leggi tutto palpeggiamento con piglio quasi degno dei suoi horror: la mano malandrina si muove come un artiglio verso la cinepresa mentre la musica sottolinea la tensione crescente fino al momento della palpata vera e propria. E’ l'unica idea geniale di un film confuso (per i motivi citati prima ma non solo) e dispersivo. Buzzanca sempre bravo mentre Lionel Stander/cardinale ne orchestra le mosse (il cognome Puppis non è casuale) per cercare comunque di portare il suo uomo/fantoccio alla Presidenza. Fuori luogo le scene al convento dove Puppis è condotto per guarire e dove comunque troviamo suore incantevoli col volto di Agostina Belli o della semiesordiente Laura Antonelli (il seno costantemente in mostra). Notevole la sequenza del sogno ingombro d'ogni sorta di chiappe. Renzo Palmer si conferma ottimo caratterista, ma nel complesso il film è scadente quanto ripetitivo, privo di una sceneggiatura capace di sfruttare le “cattiverie” del soggetto.
Riuscito a metà. Cast favoloso. Pescando nel mucchio (e nelle adorate seconde linee): Gàipa mafioseggia, Agostina Belli è di una bellezza incredibile, Dominici "polizieggia" come in Indagine su un cittadino, Feodor Chaliapin junior è delizioso ("me lo vogliono mettere..."). Ma la scoperta più bella è Quinto Parmeggiani (Signore e Signori, E tanta paura), cha fa, con Zerbinati (c.s.c. degli Anni Trenta!) l'ufficiale golpista.
Si tratta, se "letto tra i fotogrammi", di satira politica che mira a denudare vizi e malcostumi tipici, radicati in atteggiamenti (spesso truffaldini) della forza politica nota all'epoca come Democrazia Cristiana. E già in questo film iniziano, per Fulci, le grane con la censura e i tribunali (il regista viene citato da un parlamentare della DC, identificatosi nel personaggio di Buzzanca, l'On. Puppis)... Fulci mica tanto facilone/leggero, a ben vedere col senno di poi. Anarchico.
Film curioso, ma piuttosto mediocre. Non mancano alcune idee geniali e punte di cinismo piuttosto insolite, ma il ritmo è decisamente discontinuo e la storia è a tratti confusa (forse anche a causa degli interventi della censura dell'epoca); inoltre manca l'equilibrio tra comicità pecoreccia e commedia politicamente scorretta. Ottimo il cast: memorabile Buzzanca (ottimamente truccato da Giannetto De Rossi) nel ruolo dell'onorevole Puppis, bravissimo Stander nei panni del cardinale. Buone le musiche di Fred Bongusto.
Dal titolo e dall'attore protagonista ci si aspetterebbe un filmaccio scollacciato tutto doppi sensi e tette al vento. E invece vien fuori un film politicamente scorrettissimo, che bacchetta politica, chiesa, esercito e mafia attraverso una trama scombinata ma realistica (e, per certi aspetti, effettivamente reale). Eccessivo, a volte ridondante, spiazzante. Si ride ma spesso si ride amaro, si grida all'esagerazione, ma sotto sotto si teme che molto di quello che accade nel film possa essere successo davvero. Tutto sommato, è da vedere.
Film capitale, che rivisto ora in una finalmente bella copia dvd non ha perduto un'oncia della sua carica a momenti addirittura eversiva per l'esplicitezza delle accuse. Ma c'è Buzzanca, ci sono i culi, c'è il pecoreccio, e quindi nessuno capì (tranne i maggiorenti democristiani che ebbero una non del tutto lecita anteprima e fecero sforbiciare). I blandi coprolalici in cerca di patenti di martire avrebbero da imparare sulla satira. Buzzanca enorme e Fulci grandissimo, che inventa incubi felliniani e palpate con atmosfere thrilling.
Tagliente, impavida satira degli intrallazzi tra DC, clero, gerarchie militari e Cosa Nostra. La sceneggiatura è pervasa di humour nero ed efficaci sequenze onirico-sessuali simili a quelle proposte in Una lucertola. Un Buzzanca al top presiede un foltissimo cast di comprimari (Palmer frate epicureo e comunista, Stander cardinal criminale) e indispensabili ruoli di contorno (Gaipa, Parmeggiani, Nicastro, Chaliapin, Puglisi…). Belle la Antonelli e la Strindberg; palpitante e immaginaria la Czemerys.
Deludente. Forse se si fosse potuta vedere l'opera prima dei vari tagli censori impostigli all'epoca, il giudizio potrebbe essere meno severo, ma il film che si può visionare ora è inutile e noioso. Fortunatamente ad "allietare" la visione concorrono alcune bellezze tipiche del periodo (la Belli e l'Antonelli tra tutte) ma ciò non basta a far arrivare alla fine senza tirare più di uno sbadiglio. Comunque da apprezzare il tentativo di Fulci di mettere alla berlina il rapporto chiesa-politica, anche se il risultato è quello che è.
Si dice a Napoli "comandare è meglio che fottere", e che il potere sia una sublimazione dell'istinto sessuale. Questo film illustra il concetto in maniera grottesca e magniloquente, com'è nello stile di Fulci. Detto questo, mi è sembrato più un'operazione divertita e divertente che autenticamente caustica.
MEMORABILE: La "confessione" in Santa Maria in Cosmedin, i sogni dell'onorevole.
Super boiata, che ha però un merito: anticipa ciò a cui stiamo assistendo proprio ora, ovvero a una passerella di politici repressi, che vanno a trans, a mignotte, a "massaggiatrici". Qui invece, il buon Buzzanca, sempre in parte, ha la fissa dei sederi e la sua mano morta non perdona. Anche i religiosi, nessuno escluso, non ne escono certo bene, perdonando agli altri, ma soprattutto a se stessi, qualunque peccato (la segretaria statuizzata). Da salvare c'è però ben poco, a parte l'interpretazione di Buzzanca (esce dall'ascensore con ancora la mano in posizione di tocco) e qualche macchietta.
MEMORABILE: Un'idea per eliminare un politico scomodo: "Ripeschiamo quello scandalo delle sovvenzioni ai bambini spastici seviziati".
Nel genere "commedia di costume", a cui il film non solo ambisce di figurare ma merita di appartenere, gli è superiore Il cav. Costante Nicosia, epperò non c'è dubbio che questo precursore outing fulciano sul cortocircuito vizioso Potere-repressione sessuale-perv(er)sione religioso affaristica sia tanto eloquente (oltrechè vaticinatore) da meritar un posto almeno nell'antologia (se non nella storia) dello spettacolo italiano. Apprezzabile pure il tentativo di "misura" in un contesto di per sé già debordante, il difetto semmai è in un ritmo troppo lasco.
MEMORABILE: La satira su rischiatutto; La staordinaria trovata comica della "canonizzazione" mafiosa.
Interessante commedia tra il grottesco e il comico dell'eclettico Lucio Fulci. Senza troppi convenevoli mette alla berlina alcune delle tragedie dell'italico suolo, dalla politica alle connivenze e agli intrecci tra tutte le componenti dello stato, lecite e non lecite. Cast ricco di nomi altisonanti che non tradiscono le attese: Antonelli e Belli raggianti, Palmer fratacchione bonario, Stander clericale mafioso assolutamente credibile. Non voglio neanche pensare quanto la censura dell'epoca abbia tagliato. Inquietante.
MEMORABILE: La trasformazione in statue di cera di due "traditori" della mafia.
Feroce fotografia degli intrecci tra politica, chiesa e mafia in questa pregevole pellicola di Fulci, noto anticlericale, che all'epoca ebbe notevoli problemi con la censura per questioni ovviamente politiche. Il film è ben diretto e può contare sulla presenza consistente di un Buzzanca in ottima forma; nel cast anche la bella Antonelli e il bravissimo Stander. Da rivalutare per la sua attualità.
Certamente per l'epoca ha rappresentato un pugno in faccia al malaffare, denunciando e satireggiando su intrecci clericali-politici-criminali. Certamente la messa in scena è ricca con attenzione nelle ricostruzioni e un cast all'altezza (sempre grande Buzzanca, Stander credibile, tutto il resto azzeccato e la Strindberg semplicemente bellissima). Il risultato finale, al netto di questo, è però una storia che non avvince, che spara solamente il colpo dello scandalo senza risultare appassionante.
Film tragicomico non completamente riuscito che ha sicuramente il merito di essere politicamente scorretto. La grande "balena bianca" sguazza nel mare tra mafia e malcostume. A volte risulta un po' discontinuo e forzato. Fulci muove bene la macchina da presa e sicuramente senza censura avrebbe tirato fuori una piccola gemma. Bisogna accontentarsi, del resto alcuni limiti strutturali ci sono. Bravi gli attori.
Il maestro Fulci, attraverso un film comunque imperfetto e discontinuo, utilizzando l'ironia di un Buzzanca in gran forma e la sensualità della povera Antonelli, presenta una storia estremamente provocatoria e probabilmente fastidiosa, all'epoca. Osteggiato in censura, il maestro parla di politica e di quanti cercano di influenzarne gli eventi, mescolando aspetti quasi razionali e credibili ad altri molto sopra le righe, al limite del grottesco. Ne esce un prodotto che può essere visto in modo leggero oppure osservato con qualche preoccupazione.
Accompagnato alla sua uscita da un notevole battage scandalistico-pubblicitario, il film deve la sua fama all'identificazione del buzzanchiano onerevole Puppis con l'allora onorevole Colombo, stella di prima grandezza della DC e della Prima Repubblica. Rivisto oggi, se da un lato mantiene una certa grinta e varie notazioni e riferimenti potrebbero essere più che mai validi anche per il presente, dall'altro risente di un'eccessiva lunghezza e di molte inutili divagazioni. Buzzanca molto ben calato in parte, splendida come al solito l'Antonelli.
MEMORABILE: Buzzanca trascina la moglie dell'ambasciatore francese in un cespuglio nei giardini del Quirinale, sotto lo sguardo impassibile di un corazziere.
Una sceneggiatura inconsistente e fastidiosa fa affondare un grande cast (e che funziona pure): una contraddizione solo apparente poiché la bravura di Palmer e la gradevole gigioneria di Stander e Buzzanca (apprezzabili anche Nicastro e Gaipa) non riescono a dare continuità a una storia banale e con rari guizzi satirici (certi inserti onirici, i sederi palpati al ritmo della "chiama" dei deputati). Alla fine, al di là degli a solo dei suddetti, anche irritante e tedioso.
Una mezza delusione, considerato il cast e soprattutto che dietro la macchina da presa c'è Lucio Fulci. Certo, il suo mestiere tutto sommato c'è, ma il film promette e poi non mantiene. La satira non lascia il segno, è molto scontata e mal impostata. Qua e là c'è qualche buona scena, ma l'insieme è ripetitivo e in certi momenti anche noioso. Niente da dire sul cast (tutti straordinari), l'idea c'era ma non è stata ben sviluppata. Mediocre.
Incredibile mescolanza di satira politica e pecoreccio non del tutto riuscita: l'idea di base non è male ma l'intreccio si perde via confusamente (l'episodio del convento con il frate psichiatra è troppo lungo) e i rimandi a complotti e golpe sono ostici per chi non conosce i veri avvenimenti; resta un grande Buzzanca qui homo heroticus suo malgrado e qualche lampo di genio come i "canonizzati"; consueto stuolo di caratteristi del genere con Gaipa in testa (che doppia Lionel Stander ed è a sua volta doppiato!).
MEMORABILE: I raptus di Puppis: la mano ad artiglio sembra l'arma di un serial killer
La commedia più audace di Fulci, che qui prende di mira la pruderie e il correntismo della Balena Bianca, il clero, le trame nere e Cosa Nostra, con dialoghi corrosivi, aforismi e incursioni nel macabro che ben descrivono gli orrori della politica di allora (purtroppo non superati e probabilmente peggiorati). La carne al fuoco è forse troppa e a tratti la satira è più grossolana e meno acuta, ma Buzzanca (in un ruolo più complesso e complessato del solito) è una scommessa vinta, anche se il meglio viene dalle seconde linee (Palmer, Chaliapin e il perfido – quasi demoniaco - Stander).
MEMORABILE: “Me lo vogliono mettere nel...”; “L’Onorevole tasta il Meridione”; Padre Luciòn; Le “canonizzazioni”.
Più che elogiarlo per il film che è, lo si rimpiange per il film che avrebbe potuto essere se lo stesso Fulci (ben prima del famigerato intervento della censura) avesse deciso di spingere sino in fondo il pedale dell'acceleratore. Per quanto la parafilia di Puppis (splendido Buzzanca) sia il miglior pretesto per sfoggiare un gineceo di tutto rispetto, la satira grottesca sugli incroci di sangue tra mafia e Vaticano (trame di potere, omicidi politici) appare a tratti come appendice posticcia, non comunicante con la linea narrativa principale. Spuntato nonostante la grana grossa.
MEMORABILE: Infinita schiera di posteriori da agguantare; Il finale.
Lungimirante commedia "politica" di Fulci cui il tempo ha donato plausibilità. L'effetto satirico è molto efficace, tanto che all'epoca provocò risentimenti (e divertimento) nel gotha del partito di governo, preso pesantemente di mira da una sceneggiatura che non le manda a dire. Buona anche la regia, che forse eccede nei momenti onirici e grande prova del protagonista che sfodera talento puro, mentre fra i comprimari si fa notare Bandini, ottimo attore. Nel cast tecnico si apprezzano Bongusto, autore di una ost intelligente, e il lavoro di Giannetto De Rossi al trucco. Niente male!
MEMORABILE: Le trombe che squillano ogni volta che si nomina il deretano.
Insieme a Non si sevizia un paperino il film più coraggioso di Fulci: qui, ridendo (ma sono risate amarissime), si va a colpire il Potere (soprattutto quello democristiano) senza alcuna pietà; oltre a confermare che "è meglio comandare che fare l'amore", resta come nell'ultimo Pasolini l'amarezza per un popolo incapace di ribellarsi ai soprusi, instupidito com'è dai mille tipi di oppio usati per addormentarlo. Buzzanca supremo, il Cardinale è il più terrificante della galleria di mostri fulciana. Una commedia sexy girata come un thriller che diventa denuncia politica.
Scatenata commedia nella quale Lucio Fulci propone tutto il suo umorismo sulfureo e anche la sua irriverenza nei confronti del potere. I servizi segreti pullulano di fascistoni golpisti, il cardinale è felpato ma crudele, i generali felloni anticipano Pinochet; e in più ci sono presenze femminili veramente conturbanti, nonché un ritmo che non viene mai meno. Si capisce che la censura lo abbia massacrato, ma anche così il risultato è ottimo.
Pur non indovinando in pieno la ricetta (le sequenze oniriche sono fuori luogo, il ritmo della seconda parte troppo sfilacciato), Fulci firma il suo film più dissacrante: una feroce satira che mette alla berlina il potere democristiano, gli intrecci tra Vaticano e mafia, forze dell'ordine che progettano colpi di stato e un popolo italiano incapace di ribellarsi perché assuefatto dagli strumenti di distrazione di massa. A tratti si ride, ma amaramente, come dimostra anche l'epilogo. Bravissimi Buzzanca e tutto il cast, specialmente Palmer e la Antonelli con le sue forme mozzafiato.
I connotati appartengono a quelli della satira sociale, rivolta alle principali istituzioni che governano e vigilano sul popolo, caricaturate e messe a nudo senza remore. Basterebbero le scene oniriche per intuire la volontà degli autori di spingersi oltre il semplice sbeffeggio per colpire pesantemente i bersagli. Peccato non riesca a mantenersi sempre sullo stesso livello qualitativo e subisca in più occasioni delle battute d’arresto che penalizzano il gradimento. Un umorismo di carattere diverso da quello proposto poteva dare un equilibrio migliore e renderlo più divertente.
MEMORABILE: “Avrete il Presidente della Repubblica più puttaniere della storia”.
È il Fulci ispirato di inizio anni '70, che cerca di trasformare in oro tutto quello che gira e chissà cosa sarebbe stato questo film se il regista non fosse stato costretto ad acrobazie nella sua realizzazione per venire incontro alla produzione (che voleva accentuarne il lato boccaccesco) e richieste di censura. Bistrattato come fosse un prodotto di bassa serie B, è invece, al netto di eccessi farseschi nella seconda parte, una buona commistione di grottesco e feroce critica politico-sociale, in una chiave simil pop che verrà riproposta in seguito con plauso universale.
MEMORABILE: Il nome Salvini che risuona in Parlamento durante lo spoglio del voto per l'elezione del Presidente della Repubblica; L'On. Tast Er Meridione.
Satira politica e sociale a firma di Fulci travestita da commedia sexy ma diretta a tratti come se fosse un thriller. Tra riferimenti più o meno ovvi a personaggi veri (o quantomeno verosimili), Fulci sa essere pungente e cattivo (anche se forse meno di quanto avrebbe voluto a causa dei tagli censori) e al contempo divertire sfruttando un cast perfettamente adeguato al caso. Script in parte prevedibile ma comunque ben sviluppato, finale amaro e beffardo. I veri mostri del cinema fulciano sono qui.
MEMORABILE: Il sogno/visione di Buzzanca; Buzzanca e lo scozzese; Il finale.
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Grazie. Però più che "favere" suona "fave-e-ere". Inoltre googolando non trovo alcun esempio di queste due parole accoppiate. E se fosse "Unusquisque faber est", versione breve di "Unusquisque faber fortunae suae est"?
Grazie. Però più che "favere" suona "fave-e-ere". Inoltre googolando non trovo alcun esempio di queste due parole accoppiate. E se fosse "Unusquisque faber est", versione breve di "Unusquisque faber fortunae suae est"?
Io sento la V di Favére e non la B. La E in questione è lunga, in latino, senza contare che, cantando, molte vocali accentate si prolungano con la voce. Poi, sia chiaro, non posso esserne certissimo.
DiscussioneAlex75 • 16/02/21 14:06 Call center Davinotti - 710 interventi
Così Fulci raccontò, nel suo Miei mostri adorati, alcuni fatti inquietanti avvenuti durante la lavorazione del film: «Il mio telefono cominciò a non funzionare. Strani ometti, col distintivo SIP, ma senza la I, venivano a "ripararlo". Sotto casa, tutti i giorni, c'era sempre un signore in una 500 che leggeva tranquillamente il giornale. Persino una delle mie figlie, che allora erano piccolissime, notò che il giornale era sempre di uno stesso giorno». Nello stesso libro, racconta anche della famosa proiezione privata a beneficio del Gotha della DC, durante la quale Andreotti e Fanfani si sarebbero divertiti moltissimo.
HomevideoAlex75 • 16/02/21 14:12 Call center Davinotti - 710 interventi
Il visto censura del 1° marzo 1972 stabilì per il film il divieto ai minori di 18 anni, per turpiloquio e per la presenza di molte scene erotiche, pur non ravvisandovi offesa al buon costume. Tale divieto è stato, nel 1995, ridotto ai minori di 14 anni, anche se per le emittenti televisive resta un film da "bollino rosso" (come facilmente riscontrabile visionando il video del film attualmente reperibile su Youtube).
Di questo film posseggo un BetaSP utilizzato per la messa in onda sulle emittenti regionali. Non l'ho mai controllato, per cui non ho idea se corrisponda al vecchio DVD italiano e/o ai passaggi Mediaset. Probabilmente sì.
DiscussioneGugly • 24/07/23 17:29 Archivista in seconda - 4712 interventi
Dialogo fra l'onorevole Puppis e militari che gli illustrano il progetto del Colpo di Stato - Presidente, i Prefetti sono con noi! - (Puppis) e perchè? - (Capitano Leonardi, interpretato da Quinto Parmeggiani)....Boh....?
CuriositàApoffaldin • 6/08/24 10:40 Pulizia ai piani - 265 interventi
La prima pagina del giornale l'Unità mostrata dal cardinale Maravidi (Lionel Stander) a 1 ora e 21 minuti dall'inizio del film è quella del 30 settembre 1971.