il Davinotti

il Davinotti: migliaia di recensioni e commenti cinematografici completi di giudizi arbitrari da correggere

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  • Film: Svaniti nella notte (2024)
  • Luogo del film: La masseria dove abita Pietro (Scamarcio)
  • Luogo reale: Masseria Quattromacine, SP59, Giuggianello, Lecce
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  • Film: Il clandestino (serie tv) (2024)
  • Multilocation: Viale Gorizia sulla Darsena
  • Luogo reale: Darsena, Milano, Milano
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ULTIMI VOLTI INSERITITUTTI I VOLTI

  • Andrea Rambotti

    Andrea Rambotti

  • Francesca Semenza

    Francesca Semenza

Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.

ULTIMI COMMENTI

Commento di: Diamond
Parte come un thriller inerente a un triangolo sentimentale che mescola eros e mistero con un ritmo adeguato e twist centrati, per quanto poco sorprendenti. Svolta poi pesantemente verso il sovrannaturale trasformandosi in un prodotto sì incoerente, ma in fondo intrigante. Non tutto funziona alla perfezione, ma il finale cattivo rimane impresso e permette di prendere le distanze da tante serie tv simili. Bene il cast, discreta la messa scena.
Commento di: Furetto60
Thriller psicologico in cui la protagonista, la Bergman, è di professione psicologa, donna "tutta d'un pezzo" finché incontra il bel Gregory. Scatta il colpo di fulmine, ma lui non ci sta tanto con la testa, ed è pure assassino, o forse no. Film che vede momenti felici alternati ad altri meno riusciti, eccessivamente semplificati tanto da sembrare ingenui pure per l'epoca; questo impedisce di collocarlo tra i migliori di Hitchcock, pur restando gradevole a vedersi anche oggi.
Commento di: Siska80
Bella e un po' frivola liceale fa di tutto per mettersi in mostra, ma quando nella sua scuola arriva un nuovo studente... Commedia di poco conto figlia dei nostri tempi che esalta la spigliatezza dei giovani di oggi offrendo un banalissimo finale di comodo. Magari i teenager la troveranno interessante e persino coinvolgente identificandosi nelle situazioni presentate, ma nel complesso non si salva nulla (a parte i due protagonisti, affiatati ed esteticamente gradevoli). Nonostante il ritmo sia celere delle volte ci si annoia, perché non fa né sorridere né tantomeno riflettere.
Commento di: Teddy
Corman, Price e Poe: tre icone del gotico che qui si fanno vere e proprie coordinate culturali attraverso cui il film rilegge e reinventa l’immaginario orrorifico, trasformandolo in un gioiello sospeso tra la malia narrativa e la seduzione visionaria. L’afflato di morte e decadenza, che fuoriesce da ogni singola inquadratura, si insinua prepotentemente nella psiche dei personaggi alimentando vizi, parafilie e ossessioni malate. Morboso.
Commento di: Siska80
Discendenti di una famiglia di contadini neri deve proteggere la propria fattoria dall'invasione di feroci cannibali. Le premesse per una pellicola avvincente c'erano; l'esito, tuttavia, non si rivela all'altezza della situazione. Si aspetta invano e ciò può andare bene giusto per i primi venti minuti, perché poi la noia prende inevitabilmente il sopravvento. La mono location è buona ma utilizzata male, le sequenze d'azione non sufficienti a tenere desta l'attenzione, la fotografia non ottimale. Peccato, perché lo spunto è interessante e il cast offre una buona prova. Opzionale.
Commento di: Deepred89
Film di culto fortemente legato alla sua epoca, in seguito imitatissimo, ma messe da parte eventuali nostalgie personali, i limiti emergono inesorabili: ritmo non vorticoso, scenari privi di suggestione che gli emuli realizzati a un centesimo del budget hanno poco da invidiare, musiche tanto melodicamente deboli quanto pompose e, soprattutto, uno Schwarzenegger con espressioni spesso oltre la soglia del ridicolo involontario. Lo si guarda senza particolari affanni grazie a qualche trovata fantasiosa, al coinvolgente manicheismo del soggetto e alla buona prova di gran parte del cast.

ULTIMI PAPIRI DIGITALI

David Lowery, che dirige e scrive da sé il suo film, recupera sorprendentemente l'icona più tradizionale e ingenua che possa esistere del fantasma (quella col lenzuolo bianco e i buchi per gli occhi) calandola all'interno di una storia che è al contrario ambiziosa, sorprendente, e creando in tal modo un contrasto spiazzante, che fa sorridere e insieme stupisce per il coraggio. L'obiettivo è quello di immaginare, per il fantasma protagonista, una sorta di esistenza parallela a quella dei due protagonisti, che in verità tali non sono dal momento che...Leggi tutto molto poco restano in scena rispetto a lui. Si vedono soprattutto nella prima parte, quando passano ore felici nell'appartamento che diverrà (o forse già lo è) la sede unica del fantasma.

C (Affleck) e M (Mara) sono sposati e hanno deciso di trasferirsi da quella casa. Lei - dicendo una frase a cui prestare attenzione perché avrà importante significato in un secondo tempo - racconta di come da piccola, avendo subito un gran numero di traslochi, lasciava sempre un bigliettino nascosto, nelle abitazioni dalle quali si doveva trasferire, per essere certa di trovare qualcosa di suo nel caso vi fosse tornata. Poi il primo segnale di una "presenza", lì, una notte in cui qualcuno fa cadere presumibilmente un oggetto sul pianoforte della stanza vicina. Inspiegabile, ma ci si passa sopra. Quello che cambierà le loro vite è invece l'incidente in auto di lui, di cui vediamo solo le conseguenze: il corpo senza vita contro il volante.

In ospedale il riconoscimento di C. Il lenzuolo bianco che lo ricopre viene abbassato e rialzato, ma poco dopo, lasciato solo, il cadavere si rialza (o almeno così pare a noi, perché da qui in avanti la presenza del fantasma non sarà visibile ad altri che allo spettatore). Non si preoccupa, una volta in piedi, di togliersi il lenzuolo bianco lungo e a strascico, che quindi resterà il suo "abito" per l'intero film. Il fantasma come lo hanno sempre immaginato i bambini insomma, o come si usa disegnarlo nelle strisce comiche. Eppure, inquadrato sotto la luce giusta, immobile e ieratico, non fa affatto ridere. Si piazza nelle diverse stanze dell'appartamento e non si sposta quasi mai, limitandosi a osservare quel che accade in casa. Il tempo si sfalda sotto i suoi (e i nostri) occhi lambendo epoche diverse, perdendo la sua linearità, confondendosi in una sorta di fiume in costante cambiamento (come cantavano i Genesis di Gabriel).

Rallentando il ritmo fin quasi a bloccarlo, rifiutandosi di tagliare dove cinematograficamente sembrerebbe logico farlo, Lowery trova una sua poetica che gli ha fatto guadagnare begli elogi dalla critica, riuscendo oggettivamente a creare un film con pochi paragoni, nella lunga storia del cinema. Sono tanti i motivi che esisterebbero per premiare un'opera tanto singolare, ma anche tanti quelli che la rendono di difficile fruizione, estremamente statica e ripetitiva, si può dire quasi muta, da quanto limitato è il numero di dialoghi.

Affleck e la Mara (più lei di lui) presenziano relativamente, perché l'unica costante è l'imponente figura del fantasma ripresa come il soggetto di un quadro medievale, anche per le scenografiche pieghe del lenzuolo. Di nuovo ironico eppure carico di mistero il rapporto con il fantasma alla finestra della casa dirimpetto, straniante il silenzio che confina il protagonista ai margini quando la casa è occupata da altri. Nel complesso intrigante, curioso, a tratti alienante, il film, tuttavia, sembra pretendere di dire anche con ciò che non dice, lasciando perplessi per l'impianto narrativo quando si comincia a saltabeccare tra presente, passato e futuro. Al di là della bella idea di partenza e della qualità delle riprese, però, sembra più che altro un furbo esercizio di stile.

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Una versione alternativa del "Canto di Natale" di Dickens (da sempre uno dei testi più utilizzati al cinema dagli americani) che David Zucker dirige imbarcandosi in un'operazione sulla carta curiosa ma all'atto pratico piuttosto insignificante. Portando subito in scena Leslie Nielsen nei panni del nonno che racconta la sua storia a un gruppo di bambini, il regista si riappropria di un attore feticcio che con la sua sola presenza indica il genere, quella commedia demenziale che, negli Ottanta e Novanta, Nielsen ha dominato senza rivali, spesso proprio grazie a Zucker.
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Seduto al tavolino in un giardino dove si sta celebrando la festa del 4 luglio, il caro nonnino annuncia che racconterà la storia di Scrooge, ma non quella che tutti conoscono. Il suo Scrooge è un regista americano di documentari che non ci vuole molto a identificare in Michael Moore, qui impersonato da un piuttosto somigliante Kevin Farley. Un gruppo di terroristi afghani comandati dal perfido Aziz (Davi), alla ricerca di qualcuno che possa dirigere un vero film propagandistico per la jihad, capisce che c'è bisogno della professionalità degli statunitensi, per realizzare un prodotto davvero efficace. Per questo sbarcano in America e individuano nel regista controcorrente Michael Malone, sempre pronto a girare documentari antiamericani, la persona giusta. Lo contattano a un festival, dove è appena stato premiato, per offrirgli dieci milioni di dollari. Malone accetta, anche perché sta in quel momento cercando di boicottare proprio la festa dell'indipendenza americana (il 4 luglio).

Ben presto tuttavia – per fargli capire quanto stia sbagliando - compariranno sulla strada di Malone i tre fantasmi ben noti a chi conosce la favola di Scrooge; solo che questa volta, annunciati addirittura dal presidente John Kennedy (che esce davanti agli occhi del protagonista dal televisore durante un vecchio filmato in cui faceva un discorso alla nazione), hanno sembianze ben diverse dal consueto: il primo è il Generale Patton (Grammer), che mostrerà a Malone un'America ancora in preda alla schiavitù, il secondo nientemento che George Washington (Voight) e il terzo l'Angelo della Morte (Adkins), che lo traghetterà in un futuro dominato dagli islamici (buffa la pubblicità di Victoria's secret rifatta come Victoria's burka).

Il tutto per far "rinsavire" Malone/Moore e fargli comprendere come attaccare l'America significhi stare dalla parte sbagliata. Un messaggio - per come è messo in scena - piuttosto reazionario, si dirà, ma l'approccio resta goliardico, disincantato e comunque "scorretto", con un prologo iniziale in Afghanistan che rappresenta la parte più genuinamente legata al demenziale di casa Zucker e che prometteva molto meglio. La presa in giro dei “martiri” della jihad ha punte di black humour azzeccate, mentre quando ci si sposta in America il tutto assume l'apparenza di un attacco forte e facile a Moore e ai suoi documentari "di sinistra". Malone viene descritto come un qualunquista che punta solo a distruggere ogni valore americano e per contro a glorificare Cuba e il comunismo. Certo, lo si fa esagerando come sempre, ma l'idea che si voglia dare comunque una lezione di patriottismo si fa strada, eccome.

Purtroppo il procedere caotico e sconclusionato del film, con scene di massa confuse e camei illustri (ci sono anche Dennis Hopper, un sempre simpatico James Woods come agente di Malone, Kevin Sorbo e Paris Hilton sul palco del festival e addirittura Gary Coleman/Arnold, presente giusto per una gag), difficilmente strappa il sorriso. Nonostante il film sia buffo, bizzarro e a tratti pure geniale, tende a riproporre sempre la medesima situazione, con la controfigura volgare di Moore chiamata a riflettere in modo puerile sull'ovvia superficialità delle sue invettive contro l'american way of life.

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Si è sempre sostenuto che la qualità della democrazia, negli Stati Uniti, si vede anche da come permette ai giornalisti di attaccare il potere costituito senza guardare in faccia nessuno; le rivelazioni sul carcere di Abu Ghraib, per esempio, non a caso portate alla luce dalla stessa Mary Mapes qui protagonista, ne sono una delle tante dimostrazioni. Non si pensi, tuttavia, che condurre un'inchiesta sul presidente in carica - nello specifico George W. Bush jr. - possa risultare priva di ostacoli. Le insidie si nascondono in ogni passaggio di notizie, gli avvocati sul piede di...Leggi tutto guerra non aspettano altro che demolire ogni indizio... E Mary Mapes (Blanchett), la produttrice del programma giornalistico "60 Minutes", alla CBS, lo sa bene, quando decide che la nuova stagione aprirà con un'indagine che riguarda proprio Bush.

Siamo nel 2004, durante i mesi che precedono le elezioni poi rivinte da Bush, e alcune testimonianze certificherebbero che agli inizi dei Settanta il futuro presidente venne arruolato nella Guardia Nazionale - evitando così di partire per il Vietnam - grazie a influenti raccomandazioni. In aggiunta ci sarebbe poi da scoprire quali agganci abbia avuto addirittura con proprietà di Osama Bin Laden. Intrecci da chiarire e materiale scottante su cui Mary e il suo team (all'interno del quale si riconosce Dennis Quaid) affonderanno le mani riuscendo a trovare un documento (glielo fornirà un quasi irriconoscibile Stacy Keach) che si rivelerà piuttosto controverso, scritto a macchina, al tempo, da chi denunciò velatamente l'assenteismo di Bush jr. rispetto ai suoi obblighi nella Guardia Nazionale. E' sull'autenticità tutta da stabilire di questo fondamentale foglio di carta che si giocherà l'intera partita, con Mary in trincea costretta a rispondere alle accuse di chi sostiene sia un falso. Al suo fianco un monumento del giornalismo come Dan Rather (Redford), il quale ha preso a cuore il caso e si occuperà di intervistare chi di dovere per preparare le puntate alla base della nuova stagione di "60 Minutes".

In apparenza uno dei tanti film che Hollywood ciclicamente sforna per raccontare dall'interno il competitivo mondo dei media (televisione in primis), se ne differenzia soprattutto in virtù di un finale insolito, lontano dal trionfalismo imperante nel genere, portando a riflettere sulle zone d'ombra della giustizia. I toni utilizzati sono invece quelli consueti: grazie a una regia e un montaggio concitati - sorretti dall'interpretazione impeccabile della Blanchett, che vi si adegua nel migliore dei modi - la tensione si mantiene alta agganciando, all'elemento focale (il documento), altri filoni d'indagine che arricchiscono la storia.

Nessuno spazio o quasi viene riservato al privato dei protagonisti: l'attenzione è costantemente rivolta alle indagini, alle interviste, a tutto ciò che ruota intorno a un'inchiesta televisiva di grande rilevanza che implica il coinvolgimento di alte personalità, ufficiali e militari. La figura di Rather, che Redford restituisce con l'abituale, impareggiabile classe, è meno centrale di quanto si possa pensare e serve per conferire "di sponda" spessore umano a una protagonista totalmente dedita alla professione. Forse l'argomento e l'ambito in cui ci si muove possono risultare non troppo coinvolgenti, per chi non è americano e poco conosce la politica di quegli anni, ma resta lodevole l'impegno con il quale si mette in scena una vicenda esemplare, illuminante per come descrive le dinamiche più comuni legate alle sfide giudiziarie, non necessariamente concluse come al cinema tutti si aspettano. La convenzionalità dell'approccio non deve distogliere da un'impostazione tesa invece a nascondervi conclusioni e spunti tutt'altro che banali.



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Il tenente Colombo

Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA

L'ISPETTORE DERRICK

L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA

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