il Davinotti

il Davinotti: migliaia di recensioni e commenti cinematografici completi di giudizi arbitrari da correggere

DUST DEVIL / DEMONIACA
il film maledetto di Stanley
ENTRA
365738 commenti | 69428 titoli | 27268 Location | 14456 Volti

Streaming: pagine dedicate

Location Zone

  • Film: Svaniti nella notte (2024)
  • Luogo del film: Il benzinaio dove Pietro (Scamarcio) si ferma per rassettarsi dopo il litigio con la moglie (Wallis)
  • Luogo reale: Distributore IP, Via Imperatore Traiano 15/A, Bari, Bari
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  • Film: Quanto basta (2018)
  • Luogo del film: La strada dove, nell’accostare, Guido (Fedele) provoca la rottura del semiasse dell’auto
  • Luogo reale: Strada Provinciale 3b "Santa Severa?Tolfa", Tolfa, Roma
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ULTIMI VOLTI INSERITITUTTI I VOLTI

  • Vicky Lagos

    Vicky Lagos

  • Ángel Lombarte

    Ángel Lombarte

Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.

ULTIMI COMMENTI

Commento di: Puppigallo
In linea di massima è una fanta sciocchezza, per giunta troppo lunga. Difficile anche trovare a chi possa essere indirizzato, perché gli adolescenti non sono così ingenui e sprovveduti. Il protagonista poi, ormai è poco più di uno scemotto; e anche gli effetti non sono certo dei migliori. Tra botta e risposta spesso da latte alle ginocchia, inutili lungaggini e scene di combattimento che non risollevano la baracca filmica, vi è un'unica certezza: la Liu e la Mirren sono lì solo per il nome e perché devono averle letteralmente coperte di dollari.
Commento di: Capannelle
E' un film costantemente delicato, in cui Mastandrea immagina una terra di mezzo per le anime di quelli sospesi tra la vita e la morte e le cui aspirazioni per la verità non sono sempre chiare. Ambientato principalmente in un ospedale romano, il racconto non presenta particolari guizzi e arriva a salvarlo il personaggio inquieto, quasi burbero, di Dolores Ponzi. Mastandrea esprime la sua solite indole, tra l'autoironico e il riflessivo. Compare anche la Morante in un ruolo di contorno.
Commento di: Artemio77
Tre note di pianoforte discendenti, che si ripetono a un tono più basso e poi daccapo, mentre un riverbero elettrico vibra costantemente. È la sensazione che qualcosa di importante monta, in modo costante, resa in musica. Lo score di Reznor e Ross è metà della riuscita di questo Fincher. Non c'è vera azione, eppure si è catturati nella storia. Quella di un uomo "che non è uno stronzo, ma prova ostinatamente a esserlo" e che mentre brucia tutti i rapporti chiave della sua vita, crea il "social" più importante di sempre. La metafora del finale è leggibile e disarmante. Bel film.
Commento di: Pesten
Tratto da un racconto breve che offriva spunti interessanti ma poco sviluppati, "Appartamento a buon mercato" sfrutta al meglio il potenziale della storia. L’intreccio di spionaggio è vivace e coinvolgente, arricchito da trovate intelligenti e momenti dinamici, come l’intrufolarsi di Poirot e Hastings nell’appartamento dei Robinson. Ne risulta un episodio ben costruito e piacevole, che eleva il materiale originale e si distingue come uno dei più riusciti.
Commento di: Siska80
Originalità, questa sconosciuta. Sarà poi vero che le donne trovano più facilmente un impiego? Chiedetelo a un avvocato divorziato costretto a indossare abiti femminili per mantenere il figlio. Commedia insapore in cui la musica la fa da padrona con effetto disturbante e la recitazione dell'intero cast è troppo sopra le righe per risultare convincente e gradevole. La sceneggiatura offre di quando in quando momenti simpatici ma è troppo poco, dato che la noia fa più volte capolino. Nel complesso una pellicola anonima i cui personaggi non riescono mai a fare veramente presa.
Commento di: Anthonyvm
Un rape and revenge da camera, non sorprendentemente tratto da un'opera teatrale, che di fatto dribbla la fase dello stupro (benché sempre per un soffio) al fine di concentrarsi sulla tensione psicologica derivata dal ribaltamento di ruoli tra vittima e carnefice, nonché sulle implicazioni morali che un'eventuale giustizia privata, per quanto spietatamente logica, comporterebbe nei confronti del boia e dei suoi riluttanti complici. Andazzo prevedibilmente lento, intensità drammatica moderata ma in costante ascesa (merito in primis dell'ottima performance di Farrah Fawcett). Valido.

ULTIMI PAPIRI DIGITALI

Non poteva mancare, nel gran numero di pellicole interpretate da Adam Sandler per Netflix, il recupero di uno dei personaggi a cui l'attore americano è da sempre più affezionato (tanto da aver fondato in suo onore la Happy Madison, con tanto di sigletta con la pallina da golf), quell'Happy Gilmore che lasciò l'hockey per portare nel golf la potenza del suo tiro. Campione genio e sregolatezza, un po' scemo e tanto amato, aveva raggiunto enormi risultati nel golf prima di ritirarsi definitivamente in seguito a un tragico evento: con un colpo particolarmente violento...Leggi tutto aveva centrato la sua splendida moglie (Bowen) tra gli spettatori, uccidendola!

Happy, rimasto vedovo con quattro figli maschi e una femmina, Vienna (Sunny Sandler, figlia di Adam anche nella vita), inammorata del ballo, per cui è dotatissima, vive alla giornata lavorando in un supermarket e attaccandosi appena può alla bottiglia. Quando scopre che Vienna potrebbe danzare all'Opera di Parigi vorrebbe a tutti i costi farle avere i 370.000 dollari che le servirebbero, ma capisce bene che l'unico modo per ottenerli sarebbe quello di riprendere in mano le mazze e ricominciare lì dove aveva smesso. Dieci anni non sono passati senza lasciare il segno, però, e i primi approcci in un campo dove allenarsi in incognito sono tutt'altro che incoraggianti.

In più, all'orizzonte, si profila la possibilità che si imponga la Maxi League, una nuova lega di golf più moderna, al passo con i tempi, rivoluzionaria, il cui boss (Safdie) avrebbe voluto ingaggiare Gilmore come testimonial. Non avendo questi accettato, la lega si era rivolta a quello che nel primo film era stato il suo unico antagonista, Shooter McGavin (McDonald), che stava marcendo in una clinica per malati di mente e che è stato fatto rimettere "in libertà" apposta. Ma Shooter non sembra affatto convinto dalle nuove regole della Maxi League e finirà col riavvicinarsi proprio all'antico nemico Gilmore in quella che sarà la sfida destinata a decretare il vincitore tra i vecchi golfisti e i nuovi.

Poche idee che confluiscono nel prevedibile scontro tra "buoni" e "cattivi", anche se l'atmosfera totalmente goliardica riunisce tutti in un rumoroso caos nel quale infilare qua e là trovate bizzarre e demenziali adeguate al clima di follia generale. Non si dimenticano ad esempio i quattro figli di Gilmore con le loro grida esagitate e i gesti da volgari esibizionisti sfoggiati in ogni ambito (notevoli quando uno dopo l'altro raccontano i loro presunti successi sul lavoro ripetendo tutti lo stesso esplicito movimento col bacino), mentre si recuperano dal primo capitolo anche Ben Stiller (qui nel ruolo non troppo felice del gestore di un gruppo di alcolisti anonimi a cui si rivolge il protagonista) e l'ex Squalo di due 007 Richard Kiel (inconfondibile già per l'altezza).

Cosa poi ci faccia Steve Buscemi in divano a godersi le avventure di Gilmore in tv non è ben chiaro, visto che poteva esserci chiunque, al suo posto; ma l'idea sembra un po' quella di riunire amici e familiari (nel cast anche la moglie di Adam, Jackie, e l'altra figlia, Sadie) per riportare tutti ai vecchi tempi, recuperando più scene dal primo film. Il risultato tuttavia non è molto meglio di allora: alcune stramberie spassose (il vecchio campione cui è stata infilata una scarpa nel retto, come da radiografia) puntellano una trama ben poco sigificativa. Una bella colonna sonora rock garantisce qualche valida accelerazione (i Foreigner di "Juke Box Hero" sentita quasi per intero, i Cult di "She Sells Sanctuary", i Kansas di una "Carry On My Wayward Son" appena accennata, "The Waiting" di Tom Petty and the Heartbreakers sui titoli di coda).

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Insignificante giallo ambientato nella Parigi dell'alta moda, dove una psicologa newyorchese viene reclutata per assistere uno stilista di grande successo con qualche paturnia di troppo. Lei è Lauren Elliott (D'Orsay), che della Francia sa poco o niente (figuriamoci la lingua). E' Charlotte Gauthier (Coquant), la sua amica del cuore che lavora per un marchio fashion molto importante, Lavigne, a chiederle di lavorare per loro nella Ville Lumière. Lauren sulle prime non sembra affatto decisa ad accettare il trasferimento, ma già quando vede entrare nel suo appartamento...Leggi tutto di New York il celebre stilista Virgil St. James (Legrand), da molti anni creatore di punta della Lavigne, comincia a cambiare idea. Una nuova avventura, stimolante anche per una donna con i piedi per terra come lei. C'è la settimana della moda, a Parigi, e Virgil ha assolutamente bisogno di qualcuno che lo calmi e lo faccia sopravvivere allo stress.

Tutti contenti, quindi? All'inizio naturalmente sì, ma poi qualcuno, appena terminata una sfilata della Lavigne, uccide una delle figure chiave del prestigioso marchio e il principale sospettato diventa proprio Charlotte, trovata sconvolta nei pressi del cadavere. L'ispettore Andre Dubreil (Marini) mette in custodia preventiva la donna e Lauren si sente perduta: certa che l'amica non possa essere colpevole, vuole aiutarla in ogni modo e per questo, non fidandosi della polizia, avvia delle indagini personalmente, confidando nel fatto che nei sui confronti tutti si mostrano disponibili a parlare. Ma intanto qualcun altro morirà e la situazione si farà sempre più drammatica.

Del fascino di Parigi poco si percepisce, anche per colpa di una fotografia che si finge colorata e vivace ottenendo un effetto anche peggiore, rispetto a quello più sobrio e spento del classico giallo televisivo. L'ambiente della moda, poi, da sempre fatica a rendersi credibile, quando il budget per la messa in scena è tanto chiaramente limitato e limitante: qualche modella, molto movimento tra stanze e interni anonimi spesso penalizzati dalla tendenza all'ocra della fotografia. Nemmeno la D'Orsay pare granché convinta nel suo ruolo di investigatrice dilettante, benché renda abbastanza lo spaesamento di chi si trova in terra straniera; forse l'unico che pare sposarsi bene al tema è Legrand, il quale ovviamente calca la mano nel caricare di atteggiamenti effeminati il suo Virgil St. James mostrando però una certa fragilità d'animo che ben si sposa al personaggio.

Sarebbe interessante il tema della contraffazione di oggetti di moda dal prezzo altrimenti inaccessibile (borsette firmate Lavigne che la protagonista nemmeno distingue da quelle autentiche), ma tutto si stempera in un giallo di maniera in cui lo svolgimento puramente meccanico non riesce mai a farsi coinvolgente. Né appare troppo credibile il rapporto dapprima piuttosto conflittuale poi sempre più amichevole tra Lauren e l'ispettore Dubreil, che gioca a fare il bel tenebroso.

La soluzione non è certo ingegnosa, la figura del padre (Rand) di Lauren è l'esempio lampante di una sceneggiatura che appiccica scene superflue dal chiaro sapore di riempitivo. Sangue assente, tensione idem. Nessun thriller: CRIMES OF FASHION è un dramma giallo fiacco e chiuso nel modo più convenzionale che si possa immaginare, nemmeno ravvivato da scorci di Parigi che perlopiù si limitano a piazzare la Tour Eiffel qua e là senza mai riuscire a comunicare l'atmosfera vera della città. Nel doppiaggio nostrano, poi, parlano sempre tutti italiano e di francese non si sente quasi nemmeno una parola.

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Lorraine Warren (Farmiga) scheggia uno specchio - già maledetto - durante una delle tante visite col marito a case infestate. E se anche il danno non produrrà sette anni di guai, è inevitabile immaginare che, da donna incinta (di Ed/Wilson, naturalmente), Lorraine non avrà un parto facile. Le capiterà di tutto, infatti, pure di vedere mostri appesi alle pareti mentre è lì a urlare quando le dicono di spingere. La bimba nascerà, a quanto pare morta; o così almeno giudicherà superficialmente il medico, perché invece quando...Leggi tutto Lorraine la prenderà in braccio... eccola riprendere vita. Bislacco, quanto meno, ma ai Warren succede un po' di tutto da sempre, per cui...

Lo specchio crepato, intanto, viene regalato a una giovane cresimanda dai nonni e, fin da subito, fa intuire che recherà con sé disgrazie di ogni tipo. Anche gettarlo via con la spezzatura non è detto che basti. Come potrà quello specchio ritornare in contatto coi Warren? Semplice, attraverso Padre Gordon (Coulter), frequentatore dei due coniugi “acchiappafantasmi” (come qualcuno scherzosamente li definisce, visto che siamo in pieni Ottanta) e pure della sfortunata famiglia Smurl, ai quali lo specchio è finito in dono. I Warren, però, hanno deciso di ritirarsi, dopo centinaia di casi affrontati; si dedicano ormai solo a incontri e convegni durante i quali raccontare le proprie macabre esperienze. Epperò tira la giacchetta di qua, tirala di là, i nostri ritorneranno in ballo per risolvere il dramma dello specchio maledetto, e questa volta la lotta sarà davvero senza quartiere. Anche troppo, considerato che lo scontro finale con le entità demoniache si rivelerà veramente interminabile e solo a un primo esame relazionabile al genere di riferimento. Pare quasi più un western, combattuto a sprangate tra macerie, porte che sbattono, gente che urla, sangue, fughe e chi più ne ha più ne metta.

Va bene che la saga non è mai stata accostabile all'horror solo suggerito, a quello psicologico o delicatamente ricamato, ma qui si esagera; dimenticando che, insomma, l'atmosfera qualcosa dovrebbe ancora contare. Nella prima parte, a dire il vero, sembrava che si volesse percorrere la strada che già discreti frutti aveva dato nel capitolo precedente, sempre diretto da Chaves; ma quello aveva un occhio più puntato alla patina rilucente che, qui, una fotografia meno scintillante non garantisce allo stesso modo. E anche la presenza molto più ingombrante che in precedenza di Judy (Tomlinson), la figlia dei Warren e medium a sua volta, non sembra aggiungere granché: cresciuta, è alle prese con il fidanzato ex poliziotto (Hardy) che ci tiene a fare bella figura con coloro che dovranno nelle sue intenzioni essere i futuri suoceri. “Avrai capito che non siamo proprio una famiglia normale”, gli dice Ed, e il povero ragazzo non impiegherà molto per arrivare a comprenderlo.

La professionalità con cui l'operazione è condotta è quella di sempre, ma la storia è fiacca e poco degna di apparire come il "rito finale" di una saga tanto influente, conclusa oltretutto con la solita coda romantica nella quale Ed e Lorraine ci mostrano quanto si amino e il loro legame sembri fatto per durare in eterno. Baci, abbracci, corse in moto nelle campagne mentre Van Morrison canta la suadente "Comfort You": pare quasi la parodia di una rom com...

La componente horror è affidata ai soliti jumpscare, associati a qualche discreta idea spaventevole (il filo del telefono che scompare in una porta sul buio, quello elettrico che si fa corda per una tragica impiccagione...) e a suoni e rumori in crescendo quando ci si avvicina allo spavento, mentre la colonna sonora si preoccupa principalmente di sottolineare l'ambientazione eighties con Howard Jones (“Things Can Only Get Better”), i Cult (“She Sells Sanctuary”), David Bowie (“Let's Dance”)... Nella stessa direzione è da registrare la presenza di vhs (pure utilizzate in un video "rivelatore") e musicassette.

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Il tenente Colombo

Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA

L'ISPETTORE DERRICK

L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA

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