Agente di una compagnia assicurativa è sulle tracce di una fatalona, che lo seduce al punto di farne il suo complice in un piano diabolico per uccidere l'ottuso marito... Uno dei maggiori noir di tutti i tempi, tutto superlativo: dal romanzo di Cain (quello del postino suona sempre due volte), sceneggiato da Raymond Chandler, diretto e fotografato magistralmente (quei chiaroscuri! Quell'atmosfera sudaticcia!), interpretato da grandi (la Stanwyck col braccialetto alla caviglia...) Altare.
MEMORABILE: La scena della porta, una "licenza poetica" di Wilder.
Uno dei noir "storici", narrato dalla voce fuori campo di Fred McMurray... Sappiamo come andrà a finire fin dall'inizio, non c'è quel tipo di suspense classica... solo un terzetto di attori di prim'ordine (McMurray-Stanwyck-Robinson), una regia classica, una fotografia funzionale e soprattutto una sceneggiatura semplicemente magistrale.
Strepitoso! Autentica lezione di cinema, oltre che uno dei più grandi noir di tutti i tempi, girato in un bianco e nero magistrale e interpretato da autentici mostri di bravura. La regia e la sceneggiatura sono pressoché perfetti e la temperatura si mantiene costantemente sopra i limiti di guardia. Ma quando dietro la macchina da presa c'è Billy Wilder... è il minimo che ci si possa aspettare.
MEMORABILE: Barbara Stanwyck con il braccialetto alla caviglia e... come può resistere un comune mortale?
Uno dei noir più belli e importanti della storia del cinema. Wilder, infatti, nonostante gli sviluppi del film siano abbastanza chiari sin dall'inizio, riesce a creare, grazie alla sua maestria registica e ad una bella sceneggoatura scritta a quattro mani col grande Raimond Chandler, una storia molto tesa e avvincente caratterizzata da un forte clima di suspence. Barbara Stanwick, che ci regala un'interpretazione da urlo, è una delle femme fatale più crudeli che si siano mai viste.
Classico del Noir. Scritto e diretto con la consueta maestria dall'indimenticato Billy
Wilder, girato in un bianco e nero strepitoso, con movimenti di macchina e sequenze che
sono scolpite nella memoria di chi abbia visto almeno una volta questo film. Noir ma con tocchi sapienti di umorismo. Splendido, indimenticabile terzetto di protagonisti. La Stanwick è una indimenticabile dark lady, MacMurray un predestinato alla sconfitta, Robinson da applausi. Grandi dialoghi.
MEMORABILE: Il braccialetto alla caviglia; Robinson che riprende il suo superiore.
Noir altamente coinvolgente, sicuramente ben fatto per l'epoca e con tre personaggi di indubbio spessore: l'agente che tenta il colpaccio (Mac Murray), la femme fatale (una Stanwick nemmeno tanto bella ma sensuale) e un valente "cane segugio" (Robinson). Lo script è notevole, qualche ingenuità narrativa qua e là, ma la tensione è distribuita magistralmente, senza inutili stravolgimenti.
Capolavoro noir girato dal maestro della commedia che però si muove benissimo in mezzo alle atmosfere torbide di questa storia di truffe ed omicidi tramati dal personaggio centrale, la mantide nera, splendidamente interpretata da Barbara Stanwyck. E' proprio nella caratterizzazione dei personaggi che il film trova il suo momento migliore, insieme alla cupa ambientazione prevalentemente in interni e notturna in una Los Angeles che sarà palcoscenico anche del successivo capolavoro del maestro, Viale del tramonto.
Uno dei cult immortali del noir, un grande film giustamente famoso. Diretto in maniera impeccabile, colpisce soprattutto per la sua struttura a flashback, per il ritratto dei tre personaggi principali e soprattutto per la costruzione della tensione, altissima in particolare nel secondo tempo. Perfetta Barbara Stanwyck, una dark lady memorabile, bravo Fred MacMurray e ottimo Edward G. Robinson in un ruolo solo apparentemente secondario. Ovviamente imperdibile.
Un noir storico, la discesa agli inferi di un assicuratore coinvolto in un piano criminale ordito da una delle più famose e spietate femmes fatales del cinema (indimenticabile interpretazione di Barbara Stankwyck). A parte qualche piccolo artificio narrativo, tutto lavora al meglio: la sceneggiatura di Wilder e di Chandler, l'ottima fotografia in bianco e nero, i dialoghi ben strutturati. Bravissimo Robinson.
MEMORABILE: "No, non ti ho mai amato, non ho amato nessuno. Sono guasta dentro, mi eri solo utile!"
Un classico del genere noir, che io amo tantissimo, nonchè una delle prove più importanti del cinema di Billy Wilder. Scene memorabili: tutta la sequenza del finto incidente, quando il protagonista scopre, parlando con Lola, di esser caduto preda di un tranello, ed il finale, che in realtà non sarebbe dovuto essere questo (Wilder stesso tagliò in extremis il processo con conseguente camera a gas per il protagonista). Per i miei gusti: manca un pizzico di carisma nel personaggio maschile; perfetto il personaggio della femme fatale.
L'incipit del film, con il protagonista che rientra di notte, ferito, nel suo ufficio presso la compagnia assicuratrice per cui lavora e inizia a narrare al dittafono (anche questo strumento collabora all'atmosfera cupa) la vicenda che lo ha portato in quella condizione con le parole "io ho ucciso per denaro e... per una donna. E non ho preso i soldi... e non ho preso la donna", connota senza dubbi il tenore di questo splendido noir cult. Inutile commentare, il biglietto pagato per vedere questo film è stato rimborsato due volte.
Murray (bietolone ma funzionale al ruolo) si lascia irredire dalla Standwyck, dark lady da antologia, trovandosi implicato nell'omicidio del marito di lei; il piano pare perfetto ma l'assicuratore Robinson, collega di Murray, sente puzza di bruciato ed indaga... In Viale del tramonto, Wilder farà narrare la storia da un morto, qui da un uomo con le spalle al muro, che non ha più nulla da perdere perchè ha già perso tutto. Cinema americano ai massimi livelli in tutti i comparti per un capolavoro noir indimenticabile
MEMORABILE: Standwyck che discende le scale dell'appartamento
"Ho ucciso per denaro, e per una donna: non ho avuto né il denaro né la donna": certe storie sono più vive se le racconta il protagonista, soprattutto se il protagonista è un uomo (quasi) morto. Walter racconta con lucidità, con rassegnazione, persino con ironia. Lussi da moribondo. E gli elementi della sua storia, la seduzione, l'avidità, la debolezza, l'inganno e il disinganno sono tanto più intensi ed emozionanti per noi, quanto meno lo sono per Walter. Che il suo dramma lo rivede, lui sì, come un film. Con distacco, da uno spazio lontano.
MEMORABILE: L'ultimo saluto di Walter al detective dell'assicurazione. L'entrata in scena di Phyllis.
Perfetto noir con tutti gli ingredienti del caso: narrazione esterna amara e rassegnata, femme fatale (che ricorda il personaggio dell'Arquette in Strade perdute) e trama intricata al punto giusto. La Stanwyck è splendidamente fredda e malvagia, MacMurray un perfetto viso sofferto e Robinson fa le veci di un instancabile investigatore alla ricerca della verità. Un'angosciata e soffocante Los Angeles estiva fa da ideale sfondo alla lurida vicenda di tranelli e omicidi. Uno dei migliori del genere, essenziale.
MEMORABILE: MacMurray scopre la presenza di un terzo uomo nel piano; la Stanwyck non riesce a sparare il secondo decisivo colpo di pistola.
Soggetto (il romanzo di Cain), sceneggiatura (Chandler/Wilder) e regia (Wilder) funzionano con precisione da orologio svizzero, facendo scattare tutti insieme i meccanismi e le logiche del noir: il colpo di fulmine per la donna cupida e mendace, un delitto perfetto reso impossibile dall’errore umano e dall’imperscrutabilità del Fato, le paure, i sospetti; la tensione, alta sin dall’incipit con il racconto fuori campo del moribondo Mac Murray, si spegne solo alla parola “fine”. Straordinario Robinson nel suo ritratto di detective assicurativo dal fiuto infallibile e dalla battuta istantanea.
MEMORABILE: La Stanwyck che scende le scale; «Fino in fondo»; Robinson con il suo “ometto”; la Stanwyck nascosta dietro la porta; l’immagine finale.
Che noir! Uno dei migliori che abbia visto. Storia che ha poche (o nessuna) sfumature, con interpreti all'altezza: bellissima la Stanwyck. Molte scene da ricordare, dato che Billy Wilder si dimostra bravissimo nel scriverle. Credo che pochissimi abbiano raggiunto risultati simili nel genere.
Film noir fondentissimo che ha tutti gli elementi, inclusi quelli thriller, per appassionare il pubblico più eterogeneo: una malefica femme fatale che attrae come una mantide, una storia di soldi e di assicurazione sulla vita, un intrigo mozzafiato. Straordinario Billy Wilder alle prese con una sceneggiatura e un cast di attori indimenticabili che non per nulla fanno di questa pellicola uno dei cento migliori film statunitensi.
Capolavoro assoluto del noir. Il bianco e nero, le ombre, il fumo, la femme fatale interpretata dalla bella Stanwyck, sono tutti elementi di massima importanza per il genere e ne fanno un archetipo. Cinico, forte, sorprendente. Assolutamente da vedere.
Grande film di Wilder. Noir eccezionale, con spazio riservato anche ai sentimenti. Prova maestra per i tre attori principali. La tensione è sempre costante pur conoscendo noi, dall'inizio, il nome degli assassini. Wilder ci conduce passo passo per le vie dei sentimenti che possono "provocare" atti così estremi. Indimenticabile come il profumo del caprifoglio.
MEMORABILE: Neff (McMurray) rivolgendosi a Robinson: "Non ti fideresti neanche della data scritta sul calendario!"
Bellissimo noir di Wilder, dalle sfumature, già dall'inizio, drammatiche. Il racconto a flashback funziona, anche se il personaggio di McMurray che racconta la storia manca di un po' di carisma; il tutto però è controbilanciato dalle due forti personalità interpretate dalla Stanwick e da Robinson, che infatti rappresentano un po' le luci e le ombre che il protagonista è costretto a subire su di sé. La gestione della tensione è ottima e non ci si stanca mai fino alla fine, per quanto già tutto sia scritto. Bellissimo.
MEMORABILE: Ho ucciso per denaro e per una donna e non ho preso il denaro e non ho preso la donna.
Forse il miglior noir dell'epoca d'oro degli anni Quaranta. L'ambientazione è quella tipica hollywoodiana e non manca una straordinaria femme fatale a tessere trame criminose. In più, a differenza di altre pellicole di quegli anni (vedi il comunque ottimo Vertigine), mantiene un ritmo serrato che permette di guardarlo anche oggi come fosse un film appena uscito nelle sale.
Resoconto dell’atto nefando per eccellenza; il nero dell’anima sul palmo di una mano, una fiamma del peccato alimentata dalla cieca perversione morbosa di un colpo di fulmine. Quintessenza del noir. Come in Viale del tramonto, il centro focale della struttura si ritrova nel “come” e nel “perché” e non sul “chi”. Dal tratteggio della dark lady (una magniloquente Stanwyck) all’inossidabile forza della sceneggiatura mista all’indagine “a orologeria” ci troviamo di fronte a un’opera immortale, indimenticabile e immensa. Assoluto.
Fa sorridere immaginandolo come un Colombo ante litteram, poiché le deduzioni del sagace Robinson sono degne del miglior Falk. Tornando seri, l'opera dell'elegantissimo Wilder regala momenti di puro cinema della tensione e la sceneggiatura scioglie i nodi della vicenda magnificamente. Devo proprio sforzarmi nel trovare un difetto e analizzando l'opera con i canoni estetici moderni la seppur brava Stanwyck non possiede la bellezza per il ruolo della femme fatale. Lavoro eccelso nella costruzione narrativa, esaltata da una messa in scena sublime.
Nella diatriba con gli autori del poliziesco così detto d’analisi, Chandler scrisse che era suo intendimento “rimuovere il cadavere dal giardino della parrocchia e restituire il delitto a coloro che ci sanno fare”. In Double Indemnity ci sanno fare tutti: dallo scrittore, autore di una sceneggiatura poco intellettuale e molto realista, a Wilder, superbo nel visualizzare la mancanza di freni inibitori di chi progetta e realizza un omicidio, fino al cast, terminale emotivo con lo spettatore di questo cortocircuito mentale.
Seppur ricordato principalmente per le sue grandi commedie, con questa pellicola Billy Wilder lascia un indelebile segno nel genere noir, dirigendo un film perfetto in ogni aspetto, dalla sceneggiatura scritta con Raymond Chandler al clima di suspence che aleggia in tutto il film. Fondamentale la figura della "dark lady", che verrà poi riproposta in molti film di questo tipo, anche se poche volte con la stessa efficacia di questa Barbara Stanwyck.
Assicuratore uccide il marito di una sua cliente al fine di incassare un lucroso premio assicurativo ma le cose vanno storte... L’amore decrittato come passione distruttrice, l’insegnamento morale della storia impastata nel freddo cinismo del regista, la voce fuori campo iniziale che decreta la fatalità del destino impossibile da cambiare. Un film apicale, una dark lady esemplare nella sua totale mancanza di pietà e amore, un noir anticonvenzionale dalla struttura eufonica e dallo stile levigato privo di angoli aguzzi. Un incubo a occhi aperti.
MEMORABILE: Barbara Stanwyck inarrivabile nell'infido ruolo della dark lady.
Wilder e Chandler erano così in sintonia che si odiavano come marito e moglie. Sono ormai leggendarie le vicende legate alla collaborazione fra i due durante la sceneggiatura del romanzo "Double indemnity" di James Cain (titolo tradotto in italiano meglio del film con "La morte paga doppio"). Il risultato, naturalmente, è perfetto; come una creazione fuori livello, come "La divina commedia", "La Gioconda" o l'Everest. Credo di aver visto molto raramente un film così bello, forse mai...
MEMORABILE: "No, io non ti ho mai amato, non ho mai amato nessuno. Sono guasta dentro." (Phyllis/Barbara Stanwyck)
Superbo noir, girato sei anni prima di Viale del tramonto e per molti versi altrettanto indimenticabile. Qui più che mai la regia di Wilder arriva dritta dall’espressionismo tedesco, con i suoi marcati contrasti fra buio e luce. Barbara Stanwyck è di una bellezza e di una malvagità sublimi, la tensione narrativa è alle stelle, la recitazione di MacMurray impeccabile. Se uscisse oggi non perderebbe una briciola del suo fascino e forse conserverebbe, a ragione, il titolo originale: "Double Indemnity". Obbligatorio.
MEMORABILE: "Non sentivo più i miei passi. I miei erano i passi di un morto".
Assicuratore si invaghisce di una cliente, con la quale mette in atto un piano criminale che si rivelerà difficoltoso. Basandosi su un romanzo di James Cain (ispirato a un fatto reale accaduto nel 1927) e servendosi di una sua sceneggiatura curata nei dettagli, Billy Wilder confeziona un dramma a tinte forti in cui la tensione è mescolata ai risvolti psicologici che possono stare dietro a un'azione illegale. È considerato uno dei migliori noir di sempre e lo è per il modo in cui fa emergere l’ambivalenza umana in presenza di lussuria e avidità.
Il delitto perfetto per intascare l’assicurazione e sposarsi la vedova: peccato che fallisca, come ci viene detto proprio all’inizio, senza che lo spoiler scalfisca l’attenzione e la tensione. Magia di Wilder in questo caposaldo del noir, che detta le ‘regole’ hollywoodiane del genere, dosando in modo esemplare personaggi (a cominciare dalla femme fatale), dialoghi incalzanti e mai forzati, ritmo narrativo e colpi di scena, fotografia (impeccabilmente scandita da ombre e luci). Quasi un manuale. Seminale.
Noir magnetico. Inesorabile in ogni suo anfratto tecnico e poetico. Cupo, morboso, erotico, cinico: disegna un personaggio di femmina fatale che è un prototipo visuale - indimenticabile (perversa, sensuale) Stanwyck, che con la frase detta nel pre-finale, in un momento di languida e ambigua frenesia ("Sono marcia dentro"), chiude un luciferino cerchio di lirismo nero. Il Maestro non si fa scappare l'occasione di traslitterare in immagini - con il suo stile scientifico ed espressivo - un solido lavoro letterario; e ci consegna un capolavoro.
MEMORABILE: L'entrata in scena di Barbara Stanwyck, con il fatale bracciale alla caviglia; La porta; Il pre-finale (le scintille tra MacMurray e Stanwyck).
Ispirandosi a un romanzo di James Cain, sceneggiato in collaborazione con Raymond Chandler, Wilder estrae dal cilindro un caposaldo del cinema noir, che ancora oggi conserva un notevole spessore sopratutto nella splendida seconda parte (nella prima invece il peso dell'età si fa sentire maggiormente). Se Robinson è ottimo come sempre, MacMurray, attore complessivamente modesto, azzecca qui il ruolo della vita; discorso a parte per la Stanwyck: non l'ho mai trovata bellissima, ma la bravura, il magnetismo e la carica erotica sono indiscutibili.
Squisito thriller che racconta "una storia come tante" per dimostrare con drammaticità da tragedia greca che il crimine non paga. Una veloce spirale di tentazione e delitto motivata da amore e denaro, che conduce in breve a "non avere i soldi e non avere la donna". Ottimi tutti gli attori, in particolare molto azzeccato il doppiaggio di MacMurray, mentre si perdona qualche eccesso melodrammatico nelle scene tra quest'ultimo e la Stanwyck. Risalta il meraviglioso personaggio di Barton Keyes.
Capolavoro assoluto del genere noir e non solo. Un film dove si respira un'aria di destino ineluttabile e di morte dalla prima all'ultima inquadratura. Fotografato in un fantastico bianco e nero, con un ottimo uso delle scenografie (la mediterranea casa della dark lady, l'asfissiante appartamento del protagonista, la ferrovia). L'iconica Stanwyck è una delle più terrificanti dark lady della storia del cinema, un orrido mostro senza anima, complesso nei suo lati oscuri il protagonista Macmurray, magistrale Robinson. Pre-finale e finale magnifici.
MEMORABILE: L'entrata in scena della Stanwyck sulle scale; Il volto della stessa durante l'omicidio; La preparazione del delitto; La Stanwyck nascosta.
Wilder, Chandler, Caine. Un trio d'eccezione per un capolavoro, clamoroso debutto del regista in un genere di cui anticipa una tendenza futura (un everyman come protagonista criminale, invece del solito bandito), mettendo sapienza visiva e narrativa in ogni fotogramma. La burrascosa cooperazione con Chandler produce dialoghi perfetti a ritmo di screwball, ma la commedia non c'entra. Dramma nerissimo, illuminato da un perfetto trio di attori. Su tutti domina Robinson, che dà al suo personaggio grande sottigliezza. Capolavoro assoluto.
MEMORABILE: "I killed him for money and for a woman. I didn't get the money and I didn't get the woman. Pretty, isn't it?"
Primo noir che narra dell’omicidio del marito di una donna splendida (Stanwyck) per mano del suo amante in un lungo fashback carico di tensione. Gli evidenti riferimenti sessuali, la prova degli attori, con la protagonista che incarna in modo esemplare l’ambiguo personaggio della donna fatale e MacMurray assai credibile al servizio di un Wilder indiscutibile, aiutato da una magnifica sceneggiatura e da un montaggio molto moderno (scena del supermercato) rendono questo film indispensabile a ogni cinefilo. Fondamentale.
MEMORABILE: Il primo incontro dei due personaggi principali.
Noir così classico che più classico non si può. E questo non è certo un difetto, anzi... La Stanwyck è una "femme fatale" convincente, MacMurray ben imterpreta il "pesce finito nella rete", ma sopra a entrambi giganteggia Edward G. Robinson, anche se in un ruolo di minore importanza. Ottima l'idea del lungo racconto in flashback e molto buona la sceneggiatura che Chandler e lo stesso Wilder hanno tratto da un racconto di James M. Cain. Splendida anche la fotografia in b&n. Film che ha quasi 80 anni sulle spalle ma che non li sente proprio.
Wilder elabora la propria idea di delitto perfetto (che ovviamente perfetto non è) in un noir coi fiocchi, la cui particolare struttura a flashback con voce narrante "hard boiled" in punto di morte sembra una prova generale per ciò che si vedrà in Viale del tramonto. Sebbene il plot non riservi colpi di scena sbalorditivi (in fondo l'esito degli eventi ci è rivelato sin dal principio), la suspense si muove con precisione meccanica, hitchcockianamente impeccabile. Una dura parabola sulla brama di potere (tema caro a Wilder) con una Stanwyck indimenticabile nel ruolo di villainess.
MEMORABILE: Il piano diabolico messo in pratica dai due amanti; L'auto non parte; Il testimone oculare per poco non riconosce MacMurray; Il confronto conclusivo.
Billy Wilder si conferma tra i migliori registi di Hollywood. Gira grandi commedie e inventa generi come il noir realizzando con questo film, quasi un capolavoro di tensione e avvicinandosi, forse l'unico, a un certo Alfred Hitchcock. Il gioco delle attese è magistrale, la storia è contorta al punto giusto e numerose sono le grandi sorprese. Ottimo il cast, con Barbara Stanwyck perfetta nel ruolo della femme fatale, ma tutti in generale interpretano al meglio questo gioco tensivo. Unica nota stonata è qualche passaggio forse troppo veloce. Un grande film, mai invecchiato.
Noir schietto, veloce, evolutivo nella narrazione e nella suspense, impietoso e regressivo nel dipingere l’instabilità emotiva dei personaggi. Indimenticabile l’ultimo fiammifero acceso dopo l’agognata confessione, perturbante lo sguardo di Barbara Stanwyck, il cui volto si fa emblema del disincanto e maschera del cinismo più dissoluto. Un assoluto capolavoro.
Del film di Wilder si apprezza il modo in cui procede, la sua forma psico-narrativa che si evolve nel tempo e negli spazi, ma soprattutto si apprezza la ripartizione fra la turbata bramosità e la pacata compostezza. Noir testamento di un’epoca, di un genere, in cui la figura della femme fatale compie sotto gli occhi dello spettatore una metamorfosi catartica tra inferno e paradiso. Barbara Stanwyck, una delle poche Dive ad avere due revolver agli posto degli occhi. Immenso.
Assicuratore aiuta una moglie a eliminare il marito per riscuotere una polizza. Sebbene l’incipit riveli già il finale, la sceneggiatura è un meccanismo perfetto negli sviluppi criminali e nello svelare minuziosamente i particolari. Viene evitato l’effetto hitckcockiano di sfruttare i colpi di scena e i contrattempi vengono affidati allo scorrere degli eventi. La Stanwick è in un gran ruolo per i tempi, di moglie spietata e dal sangue freddo, sebbene manchi di sensualità (inutile il braccialetto alla caviglia); MacMurray è tra lo spaurito e Bogart, Robinson si rivela fondamentale.
MEMORABILE: La doppia firma; L’incontro sulla piattaforma del treno; La moglie che fu infermiera; La pistola sotto il cuscino.
Se in una pellicola la voce fuoricampo, che spesso può risultare fastidiosa (qui è quella del protagonista) fa sembrare, grazie alle descrizioni, di stare leggendo un libro, è chiaro che il meccanismo funziona. E se questa si va a fondere con le interpretazioni dei protagonisti, su tutti il capo dell'assicuratore (formidabile Robinson), ecco che si è al cospetto di un qualcosa di superiore alla media dei buoni film noir. Se proprio si vuole trovare un "difetto", si può far notare che il coprotagonista tende a mettere in ombra coloro che dovrebbero essere al centro della storia.
MEMORABILE: Il capo liquida il villico col furgone bruciato (la manopola); L'ometto che gli pizzica lo stomaco; "Sapevo bene di aver preso una vipera in mano".
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Billy Wilder pretese, per esigenze di copione, che Barbara Stanwyck indossasse nel film una parrucca bionda vistosamente posticcia (doveva servire a fare da pendant alla cavigliera e a rendere il suo personaggio più "sordido"). Il produttore esecutivo del film, Buddy DeSylva, non si mostrò entusiasta della trovata, che toglieva molto al fascino "acqua e sapone" che era una delle peculiarità dell'attrice, tanto che ebbe a commentare deluso: "Abbiamo assunto Barbara Stanwyck, e ci ritroviamo George Washington".