Mediocre filmetto di Marcello Andrei sulla delinquenza giovanile, impersonata qui da un Joe Dallesandro (l'attore feticcio di Warhol e Morrissey) dallo sguardo magnetico. Il soggetto (che a fine proiezione si sostiene essere tratto da una storia vera a cui sono stati cambiati i nomi di luoghi e personaggi) è alquanto comune e nasce sulla scia di fatti di cronaca che caratterizzavano la provincia italiana negli Anni Settanta (ma ancor oggi i costumi non sono cambiati). Il protagonista è Piero, un poco di buono che si destreggia tra truffe da quattro soldi e bravate da tipico soggetto deviato. Lo fa per non seguire le orme del padre, onesto ma finito in un ospizio senza un soldo. A Piero...Leggi tutto e la sua banda dà la caccia il commissario del posto, a cui dà il volto il celebre Martin Balsam (che nel capolavoro hitchcockiano PSYCO rivestiva un ruolo molto simile), personaggio disegnato con poca convinzione dagli sceneggiatori e ancor meno dall'attore stesso. Il commissario sta però chiaramente dalla parte dell' abolizione delle buone maniere (anche se a volte sembra il contrario, mah!), mentre chi cerca in tutti i modi di salvare i giovani è Don Eugenio (Rossano Brazzi, perlomeno lui è professionale). A far da contorno troviamo la brava Magali Noël e altri attori di minor conto. Andrei dirige in modo del tutto anonimo, lasciando spazio al carisma di Dallesandro, alle buone musiche di Verrecchia e alla solita dose di iperviolenza (si passa dallo stupro, con donna cosciente prima e ragazza svenuta poi, alle risse, dal trascinamento di un ragazzo sul selciato al pestaggio…), ma la storia non decolla mai.
Diciamolo subito, il genere "ragazzi de borgata" ha visto cose decisamente migliori (Amore tossico su tutti) ma questo sotto-prodotto non è da buttare. Joe Dallesandro fa il suo solito personaggio bastardo con convinzione, sesso e violenza sono dosati bene come in ogni buon film anni '70, l'analisi sociale, per quel che ci si aspetta, c'è... Insomma, un buon B-movie, niente di più. Note di merito per l'adorabile Cinzia Mambretti (peccato sia sparita così presto) e per la trascinante colonna sonora.
Il difetto principale di quest'opera è la troppa frammentarietà a livello narrativo. Troppi i temi toccati e mai nessuno davvero approfondito, tempi narrativi troppo corti, tanti luoghi comuni. Ed è un peccato perché le intuizioni per rendere originale il film c'erano anche, se pensiamo ad esempio al tema (purtroppo solo sfiorato) dell'odio del commissario di polizia nei confronti dei giovani violenti, odio che non ha possibilità di repliche e finisce per travolgere tutto e tutti. Approfondendo almeno questa tematica, sarebbe stato un altro film.
Bel poliziesco, truce, duro e molto violento. Dallesandro è il solido loser parecchio incazzoso che tenta il riscatto con gli unici mezzi che conosce... Ma il film non vuole fare troppa critica sociale, è puro intrattenimento e come tale funziona più che egregiamente: anche il finale è di quelli che si ricordano. La scena del furto con il divano consegnato per sbaglio tornerà anche in "Squadra antifurto" di un anno dopo, più o meno uguale.
MEMORABILE: Balsam che tira fuori il revolver e guardandolo esclama: "Questa è la legge!"
Violento, crudo, realistico, cinico. Non si salva niente e nessuno. Neppure l'ipocrisia di una vittima sacrificale quale Magali Noël. Una società indifesa e priva di ossatura può soltanto soccombere di fronte a una minaccia altrimenti arginabilissima. Un film globalmente drammatico, dal quale nessun attore spicca sugli altri, proprio perché lo scenario ha l'uniformità della sconfitta. Più che apprezzabile.
MEMORABILE: Il pestaggio al luna park e il dialogo tra Rossano Brazzi e Martin Balsam al commissariato.
Un carta-carbone dalle storie di Scerbanenco, ma a livello più "borgataro" (e non più milanese). Il leit-motiv è sempre lo stesso e debbo dire che i registi che sceglievano Dallesandro come protagonista ci guadagnavano sempre in personalità e anche per solidità. Putroppo si rimane sempre a livello basso, però anche Martin Balsam fa la sua buona parte!
Veramente deludente. Certo non siamo ai livelli del brutto I violenti di Roma bene (che tra l'altro vedeva i pariolini...), ma nonostante il grande cast questo film non riesce a decollare. Brutto quanto povero, mi ha deluso e pertanto gli do *!
MEMORABILE: Cinzia Mambretti anche qui fa l'agnello sacrificale.
Ambientato in borgata a Roma, vede come protagonista lo scapestrato Dallesandro che tra la compagna meretrice e la ragazzetta in cinta ne combina di tutti i colori nonostante le frequenti prediche di un frate. Una sorta di poliziottesco con spunti poco efficaci ma provvisto di una certa attrazione.
Premettendo che le scene d'azione sono frequenti e quantomeno interessanti, per il resto il film è molto povero come budget e ci racconta la storia del solito gruppo di ragazzi che per vivere si danno a furti e rapine. Niente di nuovo quindi; il film è farcito di scene di violenza molto spinte e lo stesso protagonista è odioso come pochi. Balsam è uno dei commissari meno credibili del cinema italiano; abbastanza superfluo il ruolo di Brazzi, colonna sonora non male ma un po' troppo esasperante.
L'intento di analisi critica del disagio giovanile nelle borgate e della difficoltà di seguire la retta via in una società ingiusta è sovrastata dalle esigenze di cassetta, che con compiacimento morboso e sterile insistono nel mettere in scena pestaggi (insostenibile quello al luna-park) e stupri di gruppo. Il comparto attori offre la faccia da farabutto di Dallesandro, gli occhi lucidi e inermi della Noël e la virtus evangelica di Brazzi, frate tra gli "ultimi"; la Mambretti è nulla più di un uccellino implume nelle grinfie di un gatto famelico e Balsam del tutto fuori parte. Sgradevole.
MEMORABILE: Dallesandro che culla il bambino come in Flesh; la rapina sventata dai messaggi intercettati dei radioamatori.
Di fattura mediocre, ma decisamente crudo e realistico; in questo centra il bersaglio. La regia non gode di particolari meriti, come pure la fotografia, ma la pellicola riesce a fotografare un degrado non solo esteriore. Dallesandro, a discapito di chi lo detesta, riesce a misurarsi appieno col suo ruolo di cinico infame. Le borgate romane sono rappresentate nel loro peggiore contesto sociale, rendendo efficace la storia.
Simile (anche per via del medesimo protagonista) ma inferiore al coevo Fango bollente, un noir rozzo e gratuito nell'esibizione di violenza ed erotismo. Dallesandro è più antipatico del solito e se alcune sequenze risultano ben costruite (l'aggressione di gruppo al luna park) alla fine più che la ricercata crudezza rimane addosso il forte senso di trasandatezza che permea tutta la pellicola. Non un film indecente (non manca qualche buona soluzione e il cast non è malaccio), ma è lontano dai fasti di un regista altrove interessante.
Film d'ambientazione romana (alcune scene madri sono realizzate in palazzi di edilizia del Ventennio), incentrato su coatti di borgata senza possibilità di redenzione, di una cattiveria e violenza per lo più fini a loro stesse. Joe Dallesandro spicca come un angelo del male: volto da attore di fotoromanzo e ghigno da canaglia. Balsam sembra svogliato, ma il colloquio con il prete è tra i più cinici del genere ed eleva il giudizio.
Rozzo e violento ma fotografia, forse un po' enfatizzata, di una frangia di gioventù romana degli anni '70, spietata e priva di sentimenti che sembra quasi preludere all'organizzazione criminale della Magliana. Il cast non è male: spicca Balsam, mentre la Noël casalinga di borgata è ancor più bella; se la cava anche il cinico Dallesandro.
Mancipio eterno del suo fisico da gigolò fricchettone, Dallesandro si ricala nel Fango bollente della gioventù ai margini, abbigliandosi ancora una volta da capo gang sbandatone e Ambizioso, ducetto malestruo dei Ragazzi della Roma violenta feroci Come cani arrabbiati. La sua parabola a scatafascio è meno trucida, gratuita e "benestante" rispetto alle circeiane scelleratezze dei pariolini a venire, ma si concreta in una resa povera di spettacolo e assai meno tamburellante, vittima di zavorre in congedo e particine-marchetta piuttosto approssimative, inattendibili e fuori contesto. (R)Accattone.
MEMORABILE: Rossano Brazzi in vesti [s]cultissime di fraticello ondivago con duplice velleità di angelo custode e grillo parlante...
Epopea degli sconfitti, narrazione degli infelici. Andrei mette in risalto la frustrazione delle autorità (e dei cittadini) al cospetto delle scorribande di un gruppetto di criminali di bassa tacca. Si uccide come azione, si uccide come reazione. Il rapporto causa-effetto passa per i volti di Dallesandro e Balsam, con intermezzo del barbuto Brazzi (che dice di combattere il sistema indossando la tonaca) e delle belle attrici impiegate (la Mambretti offre a più riprese il suo nudo integrale). Sconfitti? Tutti quanti... Un film sempre attuale.
MEMORABILE: "Ma che, son solo io che scopo in questo mondo!?"; "Non voglio far la fine di mio padre, dentro un ospizio".
La fattura è grezza e approssimativa; i temi della borgata e dei giovani sbandati erano, anche nel 1975, parecchio abusati e, perciò, non di fresca originalità. Nonostante questo il film sta in piedi da solo: merito di certo mestiere ruspante (e di qualche finezza: il protagonista che placa i sensi di colpa sotto l'acqua mentre violentano la ragazza) e della forza degli attori. Dallesandro è sempre una presenza, Balsam e Noël solidi e in parte; anche la Mambretti non dispiace.
Film dagli echi pasoliniani più di tanti (pur belli) Bertolucci, Caligari e D'Alessandria. Difficile non rivedere nell'imbelle e insofferente protagonista il Citti accattone e sfruttatore di Mamma Roma (qui interpretata dalla sempre ottima e bella Gradisca), ma più in generale tutti (anche chi è animato da buoni propositi, leggasi Brazzi), come nei film di Pasolini, escono sconfitti. Il tutto senza confezionare manierismo e aggiungendo elementi settantiani come i retroscena di questura.
MEMORABILE: La comunicazione di cui alla schermata finale, non così scontata.
Titolo antisonante per un mediocre film sulla delinquenza giovanile nelle borgate romane, le cui pretese di quadro sociale crudo ma realistico sono inquinate da toni sensazionalistici non esenti da voyerismo nelle scene di violenza. Sceneggiatura approssimativa, regia modesta, messa in scena povera: tutti elementi da bocciatura senza appello cui non pongono rimedio le prove attoriali: Dallesandro almeno ci mette la bella faccia da impunito (del resto non gli veniva chiesto altro), Brazzi è un prete riccioluto improponibile, Noël recita da filodrammatica, Balsam svogliato. Evitabile.
Ennesimo tentativo mancato di far coesistere pretesa sociologica e budget low cost. Malgrado ciò il film merita di essere ripescato, se non altro per gli appassionati di moda e costume anni Settanta e per gli storici che potranno scorgere interessanti scorci architettonici dell'edilizia popolare dell'epoca. Dallesandro sembra fidarsi più della fama di tenebroso cucitagli addosso dai giornali che delle sue reali capacità attoriali. La presenza di Brazzi nel cast è semplicemente un mistero.
MEMORABILE: "Io cambio parrocchia ma ricordati che lavoro sempre per lo stesso padrone!" (Rossano Brazzi congedandosi da Dallesandro).
Giusto un mese dopo la morte di Pasolini esce un film che mostra i suoi Ragazzi di vita vent'anni dopo, spogliati di ogni poesia. Paradossalmente proprio le cose che a Andrei dovevano sembrare necessarie per non sfigurare (un paio di stunt automobilistici esagerati, i dialoghi retorici del prete-operaio, la didascalia finale dal tono moralizzatore) sono proprio quelli che mancano il capolavoro. Perché il resto fra dialoghi, riprese documentaristiche e attori non professionisti che indossano i loro veri vestiti, è un libro di Storia.
MEMORABILE: Le facce sui titoli di testa come ne I ragazzi del massacro; I cani randagi che accorrono al cadavere di una suicida che si è appena buttata di sotto.
Una sceneggiatura inadeguata caratterizza la pellicola e neutralizza parzialmente altri elementi, quali l'alto grado di violenza, spesso oltraggiosa, supportata da un buon realismo ambientale. Controverso, crudele, a volte fastidioso al limite del disgusto, evidentemente un po' sopra le righe, con momenti riusciti e altri mancati, interpretato da buoni attori non sempre ben utilizzati, è un prodotto classico di quel cinema italiano anni 70 che non aveva problemi a rendersi davvero poco simpatico a tante persone.
MEMORABILE: Incredibile come il protagonista e i suoi compari non vengano identificati dalla polizia, dopo il terribile stupro alla donna appartata in macchina.
Film poliziesco assai scarso, un coacervo di scenette brevi e inutili, unite tra loro in maniera pedissequa (quando vengono collegate, perché alcune sono completamente senza capo né coda), contornate da pessimi dialoghi e una recitazione scadente, compresa quella di un grande come Martin Balsam, che finisce coinvolto nello squallore generale. Qualche scena discreta non basta a salvare una pellicola per di più fiacca, che perde sempre più colpi sino a un finale approssimativo. Le buone intenzioni naufragano subito. E la regia dov'è? Da evitare.
Girato con povertà di mezzi un po' occultata da un'ambientazione povera, è scarso in scenografie (pure il commissariato..) e in linearità /originalità di trama. Dissonanti le prove attoriali. Dallesandro (spesso un pesce lesso) qui non è catatonico ma espressivo, mentre Brazzi è professionale. La migliore è nettamente Magali Noël, mentre Martin Balsam offre una delle prove meno convincenti della sua attività in Italia. Poco da dire sugli altri, che sopperiscono alla recitazioni con smorfie "de borgata". Eccessiva la cantilena nordista della Mambretti, piacevole la ruspante Riuzzi.
Andrei dirige con evidente scarsità di mezzi, ma con ancora più marcata mancanza di idee nuove. Ci viene mostrata la vita di alcuni borgatari, il capo dei quali è Joe Dallesandro (meno monocorde che in altre occasioni), con le loro azioni delinquenziali. Tutto visto e stravisto, con l'aggiunta di un Balsam in formato "cosa non ci tocca fare per la pagnotta" e un Brazzi nel ruolo di un prete che non si sa bene cosa ci faccia dentro alla vicenda (entra ed esce un po' a casaccio). Un film che si può tranquillamente evitare e che solo con magnanimità si può valutare sopra il minimo.
La poetica pasoliniana incontra il poliziottesco e il risultato è uno spaccato di vita e malavita nella periferia romana che non concede sconti a nessuno: il crimine non paga e lascia dietro di sé soltanto vittime, ma anche chi prova a cambiare le cose, che indossi la tonaca o la divisa, dovrà prendere atto del proprio fallimento. Dallesandro ha la faccia giusta, le due donne funzionano, Brazzi frate progressista e Balsam commissario disincantato e cinico garantiscono la consueta professionalità. Buon lavoro di Trasatti alla fotografia e di Albert Verrecchia alle musiche.
MEMORABILE: I due stupri; La tentata rapina; Il commissario a confronto con il frate e con il ricettatore; Il finale.
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Non so se hai mai visto su La7 l'imitazione che fa Crozza di Briatore: in pratica gli fa pronunciare termini stranieri e nomi di personaggi noti tutti storpiati (tipo Gionni Dipp, Vanessa Infostrada, Mahatma Fendi, Gabriel Garcia Market, etc.)
DiscussioneZender • 20/04/14 08:50 Capo scrivano - 48848 interventi
Aaah, no, ok, non ricordavo in effetti, per quanto ricordi l'imitazione di Briatore. vanessa Infostrada non è male :)
Dusso ebbe a dire: Buiomega71 ebbe a dire: Allora dovrebbe durare 98 anche la Playtime, visto che è lo stesso master della Eden(praticamente ha assorbito alcuni titoli del catalogo della label con il micio e il gomitolo).
Se dura 97-98 minuti allora sicuramente sono lo stesso master,buono a sapersi
La mia copia è di bassa qualità, dura circa 90' quindi suppongo sia il master della cinehollywood.
Una cosa che comunque mi ha sempre incuriosito è che la scena iniziale ha l'audio in tedesco! Non ho mai capito se fosse voluto (cioè il personaggio in bicicletta che viene speronato dall'auto dei teppisti dovesse essere un tedesco), o se è il frutto di vari master malamente assemblati.
Veramente un bel film con scene crude o cruente,grandissimo il protagonista e i suoi amichetti tutte facce da veri bulli di periferia, anche se secondo me una parte stupenda la fa'la moglie che incarnala disperazione in maniera veramente realistica bravissima Magali Noël
https://it.wikipedia.org/wiki/Magali_No%C3%ABl
varie fonti affermano la morte del regista sapete nulla???
Bello sì il film, ed è stato il mio primo commento.
Mi vien male a pensare ai calci nelle palle che si è preso il ragazzino agli autoscontri...Peggio delle tenaglie al professore ne I ragazzi della Roma violenta.