Restava uno dei romanzi di King mai tradotti per lo schermo (rimangono, a ora,
La lunga marcia,
La bambina che amava Tom Gordon e pochissimi altri) e si poteva capire il perchè (concentrato com'era nei dedali mentali di Jesse ammanettata ad un letto, in balia delle sue paure, delle sue visioni dovute alla disidratazione e di traumi rimossi).
Flanagan riprende , in parte, la struttura di
Oculus (la disgregazione familiare in primis,il/ la protagonista che scivola nella follia e nel decadimento fisico, la madre di famiglia incatenata, la realtà che si mescola alle allucinazioni) e lo amalgama perfettamente con il testo kinghiano.
Ne esce un kammerspiel dall'altissima tensione claustrofobica, un teatro dell'assurdo, dell'orrore e della morte, in perenne stato di allucinazione (il fantasma di Gerald, il doppelganger di Jesse e un mostruoso serial killer necrofilo alla Ed Gein dalle fattezze
lynchiane) dove il martirio della Gugino (in un tour de force sadico davvero degno di nota) assume i lineamenti, nel suo volto colmo di sofferenza, degrado fisico e disperazione, quasi
reganiani.
Dietro terribili abusi incestuosi paterni (la bellissima e suggestiva eclisse di sole, seduti sulla panchina e sulle gambe di papà e lui che si struscia ansimando "
Continua a guardare", per poi instaurare, con la figlia "prediletta", un subdolo e meschino gioco psicologico) con l'ex bambino prodigio di
ET in un ruolo sgradevolissimo, un marito misogino (la sua volgarissima battuta sull'involucro femminile) che si rimpinza di viagra e si eccita con fantasie stupratorie, un cane randagio che strappa la carne a morsi dal cadavere di Gerald (quest'ultimo lo ribatezza scherzosamente Cujo, e le citazioni kinghiane arrivano anche da Cose preziose, detto sempre da Gerald nel bel mezzo di un discorso e, naturalmente
l'eclissi) e le pantomime per prendere un semplice bicchiere d'acqua che diventano durissime prove di sopravvivenza.
La deriva nella follia della donna, che vede sè stessa sia d'adulta che da
bambina, vittima non solo della situazione da "trapped movie" ma corrosa dai suoi stessi demoni (la morte sotto forma di un uomo deforme e ghignante, che, con la rivelazione finale si scoprirà che...) e dai suoi traumi dell'adolescenza abusata mai rimossi.
Un momento fa vacillare la visione, rendendo la scena quasi insostenibile (le anime candide sono avvisate), nello "sguantamento" scarnificante della mano che passa dalla manetta (di incredibile iperrealismo l'effetto ultragore del grande Robert Kurtzman), orchestrato da Flanagan con gran perizia registica.
Peccato che il finale vada un pò in calando, con spiegoni su spiegoni, aule di tribunale con confronto faccia a faccia e il fastidioso sentore da "Donne al bivio" (in aiuto delle persone che hanno subito abusi nell'infanzia, la rinascita dopo il supplizio).
Ma Flanagan si dimostra autore raffinato e intelligente, con una forte personalità, che lo distacca nettamente dall' essere solo un semplice metteur en scene.
Ottimo il doppiaggio italiano, con notevoli punte di turpiloquio nei dialoghi tra Jesse e il "fantasma" di Gerald.
Topina