The alphabet - Corto (1968)

La classica filastrocca infantile dell'alfabeto rivive nell'immaginario di Lynch come un incubo horror, tra cupe grafiche del lettering, inquietanti figure alla Francis Bacon e una bambina in carne e ossa che vomita sangue. Una visionarietà alterata, malata, stupefacente, che vuole entrare sottopelle come un virus capace di corrompere anche le cose più innocue ed elementari. Un cortometraggio piccolo ma disturbante.

Corto del regista controverso molto migliore del primo. Non mi sarei mai immaginato che fosse possibile trasformare una cosa semplice come l'alfabeto in un qualcosa di onirico dall'impatto non indifferente. La grafica ha un ottimo stile, con collage di ritagli in stop motion (o almeno così sembra); la ragazza a letto colpisce e il montaggio è particolarmente accattivante. Ottimo esempio di video-arte.

Per giudicare questo corto bisognerebbe mettersi necessariamente nei panni di uno spettatore del '68, in quanto in questo chiaro esercizio di stile sugli effetti (visivi, non digitali ovviamente) alcuni oggi appaiono molto elementari (le immagini riflesse) mentre, nonostante tutto, altri davvero efficaci; ma concettualmente (il disturbo nell'apprendimento del linguaggio verbale) il corto è sorprendente, nella sua messa in scena che esprime un po' l'obiettivo delle future opere (smarrimento) con un'idea di angoscia che già mostra un talento innato.

In questo cortometraggio c'è tantissimo del Lynch che verrà. Le atmosfere cupe e stranianti e la semplicità che è pronta a trasformarsi in un incubo onirico sono lì a dimostrarlo. Tutti questi elementi destabilizzanti riescono a trasmettere una costante sensazione di disagio. Nulla può essere controllato e l'imprevedibilità ha il sorriso di uno squalo pronto a fare a pezzi la carne più debole.