Greymouser • 23/05/12 11:03
Call center Davinotti - 561 interventiOgni volta che si parla di Argento su questo forum, mi sovviene qualche difficoltà a capire il punto di vista di una parte per cui il regista romano dovrebbe godere di una sorta di status di intangibilità di critica.
Si è discusso in altre occasioni, senza che nessuno gridasse allo scandalo, di prodotti di registi di grande vaglia, da Leone a Coppola, da Scorsese a Burton, e senza che nessuno si trattenesse (giustamente) dal muovere critiche feroci, confrontandosi anche in modo acceso con chi quelle critiche non condivideva.
Quando si parla di Argento, sembra che si abbia l'obbligo di metter su una discussione teologica, con ortodossi ed eretici a singolar tenzone.
Francamente, credo che gli strenui difensori del Dario abbiano un punto di vista distorto. Non perchè siano convinti che egli sia il più grande regista di tutti i tempi, il che sarebbe comunque opinione legittima; ma perchè si ostinano a considerare quelli che muovono critiche verso gli ultimi film argentiani come ingrati e traditori rispetto ad un autore che "non si meritano", e che "se non stesse in Italia avrebbe tutt'altro successo".
Io credo che la critica si eserciti sempre sull'opera e non sull'autore. Io, per esempio. considero inguardabile l'ultima produzione argentiana (sicuramente dal Cartaio), e mediocre quella successiva agli anni Ottanta. Però considero capolavori straordinari e ineguagliabili almeno tre o quattro film di Argento, e ottimi film altri tre o quattro. Allora, sono un estimatore o un traditore?
Non sono mai stato prevenuto nel guardare un film di Argento, nemmeno con gli ultimi; e nello stesso stato d'animo guarderò anche Dracula. Sarò felicissimo ed emozionato se scoprirò che è fianlmente un film all'altezza del talento di Argento, ma se dovesse darmi la stesa impressione negativa degli ultimi lavori, non esiterò ad esprimere la mia critica, e non mi sentirò - rifiuterò di sentirmi - un ingrato, un traditore o un sabotatore del cinema nazionale.
p.s. per quanto riguarda la crisi del cinema di genere in Italia, non sono convintissimo che dipenda dal GAP di mezzi tecnici cresciuto a forbice rispetto alle produzioni d'oltreoceano. Devo dire invece di trovarmi estremamente d'accordo con la tesi di
Buiomega, che individua nel sistema italico la ragione per cui molti validi e/o promettenti registi vengono inesorabilmente attratti e triturati dall'universo delle fiction televisive, perdendo alla lunga le stimmate del talento mostrato agli esordi.
Emblematico è appunto il caso di Michele Soavi, un regista che ha mostrato perle di talento puro (
La Chiesa, La Setta, Arrivederci amore ciao), in modo magari discontinuo ma cristallino, e che si è perso come un ectoplasma fra sceneggiati televisivi anonimi e dimenticabili.
POI DAVINOTTATO IL GIORNO 25/11/12
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