Club Zero - Film (2023)

Nuova insegnante convince gli alunni di una scuola esclusiva ad alimentarsi in modo "consapevole". Le conseguenze non si faranno attendere. Fedele al suo stile dal grande rigore e dalla perfezione formale, che qualcuno taccia di freddezza, la Hausner continua la sua indagine sulle ideologie e sulla fedi che possono sfociare nel fanatismo. E come spesso accade col suo cinema ci regala un film interessante e stimolante, anche imperfetto, ma che, cosa non da poco, sa smuovere le menti e le coscienze, invitando alla riflessione con numerosi interrogativi con cui fare i conti. Chapeau.

La Hausner impiega il grottesco nel migliore dei modi, lasciando che il paradossale emerga senza forzature, con un delirio alimentare new age che si insinua nelle menti inermi di una gioventù altolocata e priva di valori alla perenne ricerca del proprio "influencer". Prima mezz'ora perfetta, poi il cambio di casacca del McMurphy di turno annulla il conflitto e il tutto si fa più monotono, fino a un'ultima mezz'ora che si involve in un regolare film sui disturbi alimentari. Regia gelida e perfetta, musiche avant-guarde gratuite. Puerile, seppur non fuori contesto, la scena shock.

Un'insegnante viene assoldata per spiegare l'alimentazione consapevole. La Hausner mantiene il suo stile preciso e asciutto per colpire il mondo alimentare e consumistico. L'inizio della terapia sembra incanalarsi in un mondo alla Lanthimos, con uno scavo non banale e per certi versi condivisibile. L'ovvia deflagrazione della vicenda non colpisce per niente anche per via dei genitori, che prendono piuttosto sportivamente la deriva dei figli. La chiusura col messaggio di fede lascia il tempo che trova in una situazione tragica.

Famiglie tanto ricche quanto poco attente ai propri figli, li affidano a un esclusivo collegio dove impera una fanatica propugnatrice dell'alimentazione responsabile che alla fine non è altro che un digiuno al limite dell'istigazione alla anoressia. La regista mette in risalto la fragilità dei ragazzi che si manifesta come sottomissione tra il puritanesimo e lo psicotico, con un film algido (a cui certo non giova una OST distonica) dal messaggio ambiguo ammantato di fanatismo fideistico. A una prima parte promettente seguono situazioni ripetute che aggiungono poco alla tesi di fondo.

In una scuola d'elitè, una nuova insegnante conduce un corso di "alimentazione consapevole" che produce conseguenze drastiche sui suoi allievi... Con la stessa messa in scena volutamente fredda e scostante del film precedente, la viennese Hausner dirige una parabola sul fanatismo indotto dalle mode e sulla facilità con cui è possibile manipolare le menti dei ragazzi, resa possibile dall'esilità dei legami familiari: i genitori vedono i figli ma sono incapaci di guardarli, non li ascoltano e non li toccano. Film interessante, sadico, disturbante.

La psicologia evoluzionista e il nutrizionismo a punti di non ritorno e di non andata. Se l'anoressia il C02nsumismo porta via (ma i digiunanti continuano a usare smartphones e pc...), per evitare il consumismo si intensificano spreco e inquinamento e vai col comma 22. ecco dove si rovescia la Ferreri Kinder (Joy) Division: in un hackeraggio-wokeraggio emo, un Suspiria lanthimosiano con l'alimentazione a fare da Markos. Ma zero è anche il livello di provocazione, intensità, virulenza drammaturgica. Come sempre quando una tesi precede anziché conseguire, ed è più manifesta dell'opera.