A testimonianza di un successo cinematografico in costante crescita, Totò compare per la prima volta anche nel titolo, inaugurando una tendenza che diverrà in seguito quasi regola. E' anche la prima volta che Totò si cimenta in ambito sportivo, affiancandosi a veri assi: parteciperà al Giro d'Italia per amore (vuole impalmare la bella Isa Barzizza) con l'aiuto di un diavolo che parla in veneto a cui ha promesso l'anima in cambio della vittoria. Gran parte del film è girato durante la (ricostruita) manifestazione, con il Nostro che si permette ogni tipo di sosta (per mangiare, pescare, rimproverare un tifoso che gli ha tirato addosso una secchiata d'acqua)...Leggi tutto consapevole di poter recuperare senza difficoltà alcuna. Poi però, quando s'accorge delle vere pretese del diavolo, tra una tappa e l'altra comincia a ripensarci. La ricostruzione del Giro avviene con una certa cura: ci sono i corridori veri (Bartali, Coppi, Bobet, Magni...), le riprese del gruppone, le auto e le motociclette di scorta, i titoloni dei giornali sportivi sovrimpressi dopo ogni vittoria... Insomma, il clima è quello giusto, la sceneggiatura invece (di Metz, Marchesi e Steno) si basa su di un umorismo ancora ingenuo (come quasi sempre nei primi film di Totò), che punta molto sulle improvvisazioni gestuali e mimiche del comico napoletano. A momenti effettivamente divertenti se ne alternano altri di gusto ormai datato, con giochi di parole (soprattutto riguardanti il diavolo e i vari modi di dire connessi) che oggi fanno sorridere. Geniale però il Barbiere di Siviglia rifatto in chiave ciclistica e cantato in surreale playback da Totò, Coppi, Bartali e compagni nel finale. Mario Castellani è la solita spalla di valore, gli altri (spesso proprio perché non del mestiere) ci provano e, tutto sommato, se la cavano.
Grande, seppure invecchiatissimo Totò sportivo, con codazzo dei mitici fuoriclasse del sellino, e geniale parafrasi rossiniana, che da sola vale la visione. Maliziosamente vi si potrebbe leggere un'allegorica profezia di quello che il ciclismo è diventato, con appendici anche tragiche, com'è noto. Ma se ne può fare a meno, e limitarsi a godere del genio di Totò. "La maglia rosa, la maglia rosa, è quella cosa che mai non riposa... "
Totò è qua chiamato in causa per un film comico a base sportiva (ben girato dal bravo Mattoli). Più delle "guest stars" di nome Bartali e Coppi, resta impresso il solito gusto per una ironia verbale, garantita dalla verve teatrale dell'ormai famoso comico napoletano. La potenza disumana che anima le gambe del prof. Casamandrei (De Curtis), vincitore inatteso dell'epocale "giro d'Italia", deriva da un patto (sui generis) di stampo diabolico. Sceneggiato dal trio Metz, Marchesi e Steno, il narrato predilige un tipo di commedia garbata ed intelligente, ben sorretta anche dagli attori di contorno.
Professore innamorato vende l’anima al diavolo pur di vincere il Giro d’Italia e far colpo sull’amata. Film di scarso appeal cinematografico, basato esclusivamente (oltre che, naturalmente, sulla presenza istrionica di un barbuto Totò) sulla partecipazione di personaggi famosissimi nell’Italia sportiva del dopoguerra, a cominciare da Coppi e Bartali, impegnati in performances attorali imbarazzanti. Da ricordare solo la gag canora finale (“La maglia rosa, la maglia rosa è quella cosa che mai non riposa”). Per il resto, è perdibile.
Ennesimo film della serie interpretata dal grande attore partenopeo sui fatti ed eventi del costume italiano, questa volta in particolare con la manifestazione sportiva per eccellenza, il giro ciclistico d’Italia. Il film appare interessante più come pretesto per un’osservazione di costume dell’Italia dell’epoca che per il suo valore artistico in sé, in verità piuttosto limitato e non all’altezza di altre pellicole interpretate da Totò.
Totò non rientra (e so che verrò infamato per questo) fra i miei mostri sacri e, ahimè, film come questo aumentano la mia non passione per il principe. Il film è spicciolo, risicato nella sceneggiatura infarcita di dialoghi di poco valore, e, sopratutto, dà fin dalla prima scena l'idea di esser un pretesto per riproporci il genio della risata. Detto ciò qualche risata la si fa anche, ma non me la sento di consigliarlo!
Film che onestamente non mi sembra fra i migliori, ovvero tra i più divertenti del Principe: il fenomeno di costume del Giro d'Italia è la base da cui partire, ma il patto con il diavolo e le vicissitudini del protagonista con annessi "proto-effetti speciali" sono abbastanza risibili. Rimane memorabile l'imbarazzante prova attoriale di Coppi e Bartali.
MEMORABILE: La grande perfomance finale: "La maglia Rosa, la maglia Rosa, è quella cosa che mai non riposa..." Con acuto!
Più che un film è una testimonianza quasi documentaristica "di costume", di un'epoca - si potrebbe benissimo dire "gli anni '50 italiani", anche se il film è del '48 - e di uno sport che allora aveva, a dir poco, molto seguito. Un po' come accadrà in quello stesso, fecondo 1948, con I pompieri di Viggiù, un oggi preziosissimo spaccato di un genere di spettacolo che ormai non esiste più, il teatro di rivista. Qui rivediamo i campioni del ciclismo di una volta - meglio che non recitino, però - e la Miss Italia di quel anno, Fulvia Franco.
Da bambino era uno dei film di Totò che preferivo, anche se oggi risente dell'usura del tempo (i campioni delle due ruote sono altri). Di certo c'è il fascino vintage della pellicola, che può contare su un nutrito numero di attori bravi, che affiancano il principe in questa sua fatica cinematografica. Mi rammenta non poco, ma in meglio, L'allenatore nel pallone con Banfi, anche se parla di un altro sport, ironizzando sul mito di Faust, con il protagonista che vende l'anima al diavolo. Ci sono anche Walter Chiari e Isa Barzizza.
MEMORABILE: Il piccoletto stempiato viene schiaffeggiato dal diavolo: "Er professore me mena, la sù donna me mena, anche er diavolo me mena... Tutti me meneno!"
Uno dei Totò a cui son più legato sentimentalmente: passava mille volte in tv e con mio nonno lo vedevo tra la nebbia delle sue Nazionali. Il primo film in cui il Principe compare nel titolo contamina due portentosi fenomeni nazional-popolari, proponendosi già di per sè come fondamentale reperto storico. Pur nella sua rudimentale ingenuità di sceneggiatura lo rendono più che godibile il ritmo innato di Mattoli, le comparsate eccellenti e le straordinarie caratterizzazioni: il Diavolo di Micheluzzi, la Mamma di Giuditta Rissone, il giovanissimo Chiari.
MEMORABILE: La "bomba" di Coppi; Il "cannone" di Bartali; La maglia Rosa al ritmo del Barbiere.
Simpatico film di Totò che, negli anni della rivalità tra Coppi e Bartali, si cimenta nel ciclismo... e nei suoi "beveroni" magici. Il film risente il peso degli anni ma è un bella rivisitazione degli anni che furono. Resta comunque godibile e divertente.
E’ una bella soddisfazione vedere il magico Totò in maglia rosa sbaragliare Coppi e Bartali e dominare facilmente il Giro d’Italia... Simpatico e nostalgico reperto archeologico di un’Italia che non c’è più, questo film di Mattoli che è quasi l’auto-remake di Tempo massimo del 1934, è un pasticcio piuttosto disordinato di tanti generi quale il documentario sportivo, la tresca amorosa, la vena fantastica e capricciosa espressa dal Diavolo il persona, la satira verso personaggi e situazioni politiche di un periodo molto burrascoso della nostra Nazione.
MEMORABILE: Sembra il Processo alla Tappa: Coppi, Bartali, Magni, Bobet, Kubler, Schotte, Ortelli, Astrua; Ci sono proprio tutti i campioni di allora!
Un professore di liceo vende l'anima al diavolo pur di vincere il giro d'Italia e conquistare la donna amata. Film narrativamente debole, che ha come unico punto di forza le gag e l'istrionismo del grande attore partenopeo, particolarmente esilarante dei panni di un eminente e acculturato insegnante. Totò batte nientemeno che Coppi, Bartali e tutti i campioni di ciclismo dell'epoca, in una sarabanda di immagini di costume di un'Italia ormai scomparsa. Non uno dei suoi migliori film, ma si ride e c'è la Barzizza che è uno schianto.
MEMORABILE: La scena finale cantata sulle note del Barbiere di Siviglia di Rossini.
Escursione cinematografica nel mondo del ciclismo arricchita dalla partecipazione illustre di campioni dell’epoca, oltre a Nuvolari e la Miss Italia di quell’anno. È divertente e leggero, con trovate simpatiche e ottime spalle, tra cui spicca Micheluzzi (proveniente dal teatro goldoniano). A tratti appare quasi come una satira di costume, sebbene si tratti di una parodia ben riuscita di quel periodo storico, in cui il ciclismo non era ancora stato scalzato dal calcio. Il primo di una serie a portare il nome dell’attore nel titolo.
Professore per impalmare una ragazza farà un patto col Diavolo. Tema sportivo che vive più sulle varie partecipazioni famose che per l’umorismo di Totò. Godibile la passerella di assi del ciclismo e non solo (Nuvolari, Ascari) che danno il loro contributo mettendosi al gioco dell'attempato protagonista. Totò dimostra comunque un gran senso della recitazione. Fiacca l’accoppiata Nerone/Dante nell'aldilà.
MEMORABILE: Il ministero dell’Inferno; I ciclisti che fumano i sigari alla partenza; Il coro finale.
Gradevole commedia dal ritmo sostenuto di genere sportivo in cui Totò si scontra addirittura con Satana. Buono il cast (a parte la consueta grandezza del Principe e le sue memorabili espressioni, si segnala la bravura di Micheluzzi), veritiera la morale del film (le donne ne sanno una più del demonio), simpatico il finale (ripreso in maniera triviale ne La liceale, il diavolo e l'acquasanta di Nando Cicero).
MEMORABILE: Il furbo stratagemma utilizzato dalla madre del protagonista.
Farsa con Totò, nel dopoguerra, con innesti faustiani e sportivi (specialmente ciclistici, come è ovvio), con contorno di Miss Italia. L'idea di base non è male, ma è piuttosto limitata, per cui si deve ricorrrere a troppe ripetizioni (le continue vittorie di tappa) e a troppi riempitivi (come i personaggi di Sofia e della Mangini). Nulla da dire su Totò, mentre Walter Chiari è ancora acerbo; la Barzizza dice poco, Fulvia Franco, reduce di fascia a Stresa, è un volto piacevole e interessante. Si ricordano Micheluzzi (il diavolo che parla veneto) e Bertucci, destinatario di schiaffi.
MEMORABILE: "Per vincere il Giro, basta vincerle tutte!".
Totò per conquistare la sua bella si iscrive al Giro d’Italia patteggiando col diavolo la vittoria in cambio dell’anima, partecipa, ma intanto si pente. Film che si guarda piacevolmente per la ricostruzione dell’epoca, la presenza dei campioni ciclisti del tempo e ovviamente per Totò, che sfoggia la consueta abilità mimica e surreale adatta al tono del film. A una accurata ricostruzione del carrozzone del Giro fa riscontro una minore resa narrativa che qualche volta, sia pur rara, si inceppa in evidenti ingenuità.
MEMORABILE: La riedizione dell’aria del barbiere di Siviglia con Totò, Coppi e Bartali.
Il film si inserisce nel filone iniziale di Totò aggiungendovi una stramba cornice fantasy che non guasta e che rende la visione piacevolmente bizzarra ancora oggi. Il nostro ovviamente gigioneggia e risulta molto divertente, affiancato dalle sempre valide spalle Castellani e Barzizza, oltre a un Bertucci presentissimo e forza motrice di molte gag simpatiche. Ci sono anche vari campioni d'epoca tra cui Coppi e Bartali che lo rendono anche un documento storico sportivo. Buono.
La canzone finale cantata da Totò con gli assi del ciclismo del periodo è la ciliegina sulla torta in un film scatenato nel quale l'attore napoletano interpreta (ovviamente in modo molto personale) il mito di Faust. Geniali anche i titoli di testa e l'ambientazione all'interno della febbre per Miss Italia tipica del periodo. Un Totò veramente incontenibile in un film spesso sottovalutato.
Simpatica ma non riuscitissima commedia con un Totò in forma seppure servito da una sceneggiatura sempliciotta con battute infantili. Grande parata di campioni sportivi tra cui Coppi e Bartali (si capisce purtroppo quanto la recitazione non sia il loro mestiere). Piacevole la Barzizza e simpatico Bertucci, mentre Chiari appare troppo acerbo. La storia è un po’ ripetitiva e i momenti col diavolo (Micheluzzi) sono piuttosto noiosi. Interessante peró come reperto del periodo del secondo dopoguerra.
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Il film è un quasi-remake di "Tempo massimo" (1934), sempre diretto da Mattoli. Ecco un mini-video che illustra la questione:
http://www.youtube.com/watch?v=4Z7vO36XTaE
DiscussioneGugly • 11/05/13 11:15 Archivista in seconda - 4712 interventi
Al momento della scena della "punzonatura" un dirigente della Federazione ciclistica afferma controllando il patentino di Totò "E' regolare!" Totò risponde "Regolarissimo!" ma stranamente quella che si sente non è la voce di Totò ma di Arnoldo Foà che neanche si sforza di imitare in qualche modo la voce di Totò.
Nel cast su imdb è segnalato Angelo Pellegrino nel ruolo "passante in bicicletta (uncredited). Cliccando sul link si apre il profilo del caratterista Angelo Pellegrino, ma ho forti dubbi che sia lui perchè il Pellegrino del link è nato nel 1946 e all'epoca delle riprese aveva due anni. Non esistono altri profili omonimi