Uno tra i più celebrati Totò-movies del primo periodo, quando ancora il grande comico napoletano era più mimo che attore. E infatti l'incredibile mobilità d'arti di cui il nostro fa sfoggio in questa modesta parodia del BANDITO DELLA CASBAH (titolo originale appunto PEPÈ LE MOKO) ha pochi eguali nella sua filmografia. L’intero repertorio comico provato in anni di avanspettacolo è sciorinato con bravura da un Totò in ottima forma: braccia, occhi, viso, mani... tutto pare muoversi di moto proprio, mentre dal punto di vista linguistico a farla da padrone è il gioco...Leggi tutto di parole più classico ("E a quest'ora il questore è in questura?"). I primi venti minuti sono basati sull'equivoco di Totò Lumaconi che, ignaro erede unico del famigerato Pepe, parte da Napoli per la Casbah algerina credendo di trovare una "banda" di musicisti da dirigere: parla di fughe, di "strumenti" e di tutto ciò che può essere frainteso dalla banda di malviventi, che in lui cercano un fiero capo capace di guidarli. Capito infine il qui pro quo tenterà di tornare a Napoli, ma è troppo tardi: su di lui già pende una sostanziosa taglia. E allora ecco che Totò le Mokò, assunta una strana polverina magica, diventa (o si crede) forte e invincibile, irridendo chiunque gli capiti a tiro. Il regista Carlo Ludovico Bragaglia lascia campo libero alle improvvisazioni del Principe, limitandosi a contenerne quando può l'estro. Siamo di fronte ancora a una comicità ingenua, elementare, lontana dai sublimi duetti con De Filippo. La forza di Totò sono ancora la gestualità, il lazzo verbale, i contorsionismi burattineschi. Senza di lui sulla scena, in ogni caso, il film lascia intravedere la povertà degli scenari, la modestia dei numeri musicali e dei comprimari.
Una delle prime pellicole girate da Totò (all'epoca 51enne), diretto dal regista di fiducia dell'attore (il grande Carlo Ludovico Bragaglia). L'intreccio narrativo è quasi elementare, pur se firmano la sceneggiatura tre penne dorate quali quelle di Sandro Continenza, Furio Scarpelli e Vittorio Metz. Però Antonio Lumaconi è letteralmente esilarante e saprà strappare sorrisi sensa soluzione di continuità (gli effetti della "polverina", il balletto surreale, la sparatoria finale). Notevole la ricostruzione degli ambienti della Casbah algerina.
Scatenata parodia de Il bandito della Casbah (con riferimenti anche a Sansone e Dalila), uno dei film più divertenti del primo Totò, con un fuoco di fila di gag innestato dall'equivoco sul significato di "banda". Infatti Lumaconi, vero e proprio "uomo-orchestra", si reca ad Algeri convinto di dirigere una banda musicale ereditata dal lontano parente Pepè Le Moko e si ritrova suo malgrado a capo di una banda criminale. Innumerevoli i giochi di parole e le battute surreali. Un piccolo gioiello di comicità con Totò in gran forma circondato da un valido cast di suporto.
MEMORABILE: Il ballo degli apaches; "Siamo uomini o caporali?"; "Il Questore a quest'ora è in questura?"
Parodia del celebre "Pepè le moko" di Gabiniana memoria e non solo visto che Sansone e Dalila sono dello stesso anno. Il canovaccio è elementare ma un giovane Totò ci delizia con le sue trovate sceniche da saltimbanco; le sue battute, non più ampollosamente surreali come nei precedenti film, lasciano spazio alla comicità di pancia, senza dimenticare la sua immensa classe. Antonio Lumaconi-Totò, comunque non lascerà mai la sua condizione di morto di fame da generazioni, stereotipo che si ripeterà in quasi tutte le pellicola del principe.
Tra i migliori film interpretati dal principe De Curtis, diretto da Bragaglia in una commedia degli equivoci che si svolge tra Napoli e un Algeri bene resa dal punto di vista della cartatterizzazione ambientale. Classica commedia degli equivoci dalla sceneggiatura "scoppiettante", specie nella prima parte dove si gioca sull'ambiguità della terminologia musicale. Nella seconda parte il ritmo cala un po'.
Totò, musicista di strada, si trova a sostituire il parente defunto Pepè Le Mokò, capo della banda di Algeri. L'equivoco giocato sul doppio senso di "banda" consente a Totò di sciorinare all'inizio tutta la sua vis comica: un gran trascinatore! Convince anche la Calò, legnosa la Canale.
MEMORABILE: La donna della banda: "Baciami ancora!" Totò: "Un duplicato?"
Un gran bel Totò, negli anni in cui da maschera ancora troppo teatrale si avviava ormai a diventare personaggio comico dotato di personalità e spessore. In questo caso a dare una mano al Principe è l'altrettanto nobile (sua madre era una Visconti) avanguardista Bragaglia, in grado di colorare salacemente questa rispettosa parodia del film di Duvivier, fondata su un fuoco di fila di equivoci musico-criminali e la corrispondenza Napoli-Algeri. Memorabili diverse gag e intonatissimo l'intero coro a supporto del capobanda: squillanti la Canale e la Marzi.
MEMORABILE: Il colpo al Grand Hotel col "disvelamento" della banda; Totò salmodiante nel vicolo; "A te la mala Pasqua!" "Che me frega: è ferragosto"; Il ballo bullo.
Molto sotto la fama (*½ - sbalorditivo il ***½ di Morandini). Scatenata farsaccia che funziona nella parte iniziale, con l'equivoco sulla "banda" e con i doppi sensi a carattere musicale, ma che poi cala vistosissimamente, anche perché, tolto Totò, il cast non funziona granché, neppure Luigi Pavese. Delle donne l'unica a colpire è la popputissima Franca Marzi, qui in veste di barista.
Uno dei vertici dell’arte clownesca di Totò. Questa parodia scatenata del film francese Il bandito della Casbah offre l’occasione al regista futurista Carlo Ludovico Bragaglia di trasmettere in chiave farsesca al personaggio elettrico di Totò i concetti di moto perpetuo delle forme cinematografiche proprie della sua concezione astratta dell'arte, centrando l'obiettivo. Il film sposa il dinamismo di un balletto sperimentale con l’esagitazione anarchica e pulcinellesca del personaggio di Totò che sottolinea in senso assoluto i suoi tratti anarchici.
MEMORABILE: Non si conta in questo film il numero degli straordinari e assurdi giochi linguistici di Totò!
Prima regola fondamentale da osservare, ogni qualvolta ci si accinge a vedere un film con il grande De Curtis, è quella di non porsi troppe domande sul come e il dove il film sia stato girato. Totò le Mokò non trasgredisce a questa regola: scenografia e sceneggiatura sono da considerarsi assolutamente semplici ed elementari. Detto ciò si deve comunque considerare l'opera assolutamente unica nel suo genere per un Totò in piena forma dal punto di vista della mimica. Uno dei film più gustosi del compianto comico partenopeo.
MEMORABILE: Alla richiesta di un secondo bacio Totò esclama: "un duplicato"!
Un vecchio film di Totò, senza tempo, rivisto (per l'ennesima volta) a mezzogiorno di una domenica umida e grigia. La polverosa pellicola porta bene i suoi anni e nonostante molte scene ormai siano impresse nella mia memoria, riesco ancora a sorridere e divertirmi. Agile e dinamico, per gli annni che porta, con quella Casbah dei fuorilegge dove fumo e champagne sorridevano al dopoguerra, nella prospettiva di pace e rinascita, in cui il nostro cinema fece la sua modesta parte. (***)
Divertente commedia in cui Totò si districa tra una sceneggiatura di genere fantastico (il gangster invincibile grazie a una pozione) e la necessità di dover far ridere lo spettatore. Il nostro ci riesce da par suo e come sempre è il vero mattatore che nasconde ogni mancanza. Buono il ritmo, non ci si accorge nemmeno di essere dinanzi a una pellicola datata 1949.
Sgangherata e veloce commedia con un Totò particolarmente in forma e senza freni. Il film parte in modo scoppiettante per poi sgonfiarsi nella seconda parte, e ciò va a inficiare sul risultato finale. Non mancano i giochi di parole e le classiche smorfie di Totò. Bella e brava Franca Marzi e occhio a un giovanissimo Enzo Garinei che praticamente non parla mai.
Film a suo modo anche superiore a tanti altri del Principe. Intanto perché è uno dei pochi in cui Totò senza una vera spalla riesce comunque a inanellare gag su gag. E poi perché senza nessuna difficoltà riesce a dare vita a due personaggi diversi senza perdere in verve. Anche qui le scene mitiche si sprecano: il tango, il duello con il vero Lemokò, la prima rapina... Bravo Bragaglia e bella comunque anche la ricostruzione dell'ambiente della casbah.
Un one-man show di Totò, che con la sua ineguagliabile maschera e gli irresistibili giochi linguistici regge da solo le sorti di una commedia dalla trama ridotta all'osso (un equivoco), rimpolpata con riferimenti parodistici a Il bandito della Casbah e all'episodio biblico di Sansone e Dalila. Al cospetto dello scatenato Principe i comprimari diventano pressoché invisibili; solo le donne oppongono resistenza nelle figure della gelosa Calò e della provocante Canale.
MEMORABILE: Totò colpito dal maleficio; Il ballo; il duello con la spada; Totò armato, solo contro tutti.
Uno dei migliori tra i film del primo periodo di Totò. La trama è semplicissima, tutta imbastita su un equivoco che dà modo al principe di scatenarsi in giochi di parole, macchiette e irresistibili mossette. Si ride molto e anche i personaggi secondari fanno la loro parte (in particolare Pavese e Ninchi). Notevole.
Un film da vedere per divertirsi, lasciarsi coinvolgere dall'energia incredibile, inesauribile del grande comico. Uno dei miei film preferiti di Totò, una galleria di trovate mimiche e verbali. Una comicità non pensosa, liberatoria, da non sottovalutare. La battutina del questore in questura, poi, ha attraversato la mia vita come un tormentone, specie da quando, tanti anni fa, il vicequestore della mia cittadina mi chiamò al telefono un sabato pomeriggio e non seppi resistere alla tentazione di metterla in pratica.
MEMORABILE: Il «numero» del pazzariello napoletano.
Imperdibile per i fanatici dell'originale di cui è la parodia (ovvero Il bandito della Casbah). È qualitativamente disuguale, parte in sordina e finisce così e così ma ha una parte centrale niente male, con gag riuscite e trovate strepitose o almeno gustose (il trattamento che Totò riserva alla ballerina è autentica comicità sadica). Una quasi boiata ma con una sua dignità.
I primi venti minuti sono degni del miglior Totò; la serie di equivoci su cui improvvisare è costruita alla perfezione e dà la possibilità al comico di esprimersi al meglio. Poi, lentamente scende di tono per convogliare in un finale che butta troppo sulla baraonda. In tutto il film non mancano i giochi di parole mentre alcune scene surreali permettono alla vena eclettica dell’attore di venir fuori e a Totò di esprimere tutto il repertorio, legato ancora all’esperienza teatrale più che cinematografica. Degna prova corale dei comprimari.
Un umile polistrumentista napoletano viene contattato da una banda algerina per diventarne il losco capo. Ci metterà un po' per rendersi conto delle intenzioni di questi individui, ma quando lo capirà sarà costretto a trasformarsi in Totò le Mokò. Molto divertente la parte iniziale, quella degli equivoci, mentre la seconda più che alla sceneggiatura si affida all'istrionismo del grande Totò. Si pesca anche dalla mitologia con la lozione per capelli della megera che fa diventare il protagonista invincibile.
Direttore di banda erediterà da un criminale. Ambientazione algerina per una commedia degli equivoci che dapprima utilizza giochi di parole sulla musica, poi una trasformazione del ruolo. Totò sfrutta la gestualità d’avanspettacolo e riesce a reggere da solo l’intera vicenda; scarso aiuto dai comprimari (compreso il vero Le Mokò). Accenno ai capelli di Sansone per dare una variazione. Chiusura con poca inventiva, ma discreto il duello in chiave comica.
MEMORABILE: La sedia a gas; Il ballo stile tango; La casbah di tolleranza; Le scintille durante il duello.
Gustosa reinvenzione del Bandito della Casbah, che vede un uomo-orchestra napoletano alla guida della gang algerina di Pepè. Uno dei rari casi in cui una parodia con Totò riesce a equilibrare abbastanza bene il tracciato della trama, le gag (notevole il ballo nella locanda) e le battute, il protagonista (con divertenti caratterizzazioni) con i comprimari, il tutto perfino in una piacevole ricostruzione ambientale da simil-teatrino partenopeo. Qua e là qualche ristagno, ma nel complesso un film di una certa godibilità.
Uno di quei film fatti con due lire che Totò girava in un paio di settimane. La storia, che riprende alla lontana un successo di qualche anno prima con Jean Gabin, è poco più che un pretesto per dare al Principe la possibilità di sfoderare tutta la sua vis comica, soprattutto nei duetti con alcune sue spalle storiche (Castellani in primis, ma anche Pavese e Ninchi). Lo script è, come spesso gli accadeva, estremamente deficitario e la confezione non particolarmente curata, ma il film vale comunque la visione "a prescindere". Un must, per gli appassionati del genio comico napoletano.
MEMORABILE: "Lei è un cretino, si specchi, si convinca!"; "Questa è una Casbah di tolleranza, con quest'aria che tira va a finire che la chiuderanno" (Totò).
Divertente sin dall'idea di partenza ovvero il gioco di parole sul termine "banda" (che genera lo scambio di persona tra il musicista Lumaconi e il bandito Pepè), cui si aggiunge una sorta di parodia biblica di Sansone (la forza incredibile di Antonio). Parca durata, ritmo incalzante, intreccio improbabile ma avvincente, cast in parte, finale prevedibile ma azzeccato. Il Principe gigioneggia tra due bellezze che spasimano per lui (Canale e Calò).
Spassosa parodia in cui Totò diventa addirittura il peggior bandito della Casbah, a causa dei soliti equivoci e di una inaspettata parentela con un boss emigrato e dato per morto. Il comico partenopeo si mostra senza freni e domina appieno la pellicola che, nonostante una trama esilissima, riesce a divertire e non presenta punti morti. Gustose gag con Luigi Pavese, tra le migliori spalle del Principe. Sempre gradevole nonostante gli anni che passano.
MEMORABILE: Totò che raccoglie da terra e fuma qualcosa che non sembra essere proprio una comune sigaretta.
Simpatica rivisitazione de Il bandito della Casbah affidata all'estro del grande comico (qui affiancato da due ottime spalle come Garinei e la Canale). Non è il miglior film di Totò ma si ride abbastanza (l'indovina, l'inizio nella piazza e alcuni lazzi dell'attore ne sono la prova). Buona la caratterizzazione di Algeri e memorabili le battute (o meglio, giochi di parole) sulla Casbah come anche la danza. Si può vedere tranquillamente.
MEMORABILE: "Toscanini...Toscanelli...Toscanucci... a me questi toscani fanno ridere"; La.. Cas(bah) di tolleranza.
Napoletano aspirante musicista si trasferisce ad Algeri credendo di ereditare la direzione di una banda musicale, ma si tratta invece di una gang criminale. Farsa di notevole vèrve fantasiosa. Non manca qualche ingenuità, come sempre nei film di Totò, che qui non è servito da spalle all’altezza come altre volte, ma il Principe della risata è in forma strepitosa e lo spasso è assicurato in forza del suo trasformismo, con fulminanti giochi di parole e virtuosismi mimici. Comunque godibile.
MEMORABILE: Il tango scatenato; La Casbah ricostruita di cartone.
Farsa scatenata che regge benissimo fino a quando dura il doppio gioco sul senso del cognome di Totò (povero mestierante di piazza) che si traslittera da Lumaconi in Le Moko e sul significato di "banda". Si ha poi un momento di calo ma da quando Totò trova la pomata magica per i capelli che lo fanno diventare un "duro" si torna a ridere. Da incorniciare la scena del ballo con la gitana. Per il resto un finale forse un po' troppo sbrigativo, ma bisogna dire che il film si lascia guardare e c'è un grande lavoro sui doppi significati che possono avere le parole.
Ispirato a un filone di film di cui è chiaramente la parodia, è un film molto divertente in cui Totò è particolarmente scatenato nelle gag e nelle battute, anche perché qui è praticamente privo di spalla e quindi tutta la vis comica del film dipende da lui. E il nostro, come (quasi) sempre, non delude. Ovviamente un film così è impensabile che rappresenti la perfezione, infatti qualche momento di stanca c'è, ma Totò è come se sapesse sempre come salvare la situazione. Buono il cast di contorno, tra cui spicca la bellissima Gianna Maria Canale. Merita un'occhiata.
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DiscussioneZender • 18/07/16 07:42 Capo scrivano - 48960 interventi
In effetti non mi è molto chiaro Faggi. Naturalmente fai benissimo a infischiartene dei dizionari ("Sommo Maestro" compreso, va da sé), solo che è bene che il commento rispecchi il tuo pallinaggio. Effettivamente il commento pare quasi da due pallini più che da uno e mezzo. Lo portiamo a due? Se dicevi che merita almeno due e mezzo diamoci almeno due, no?
DiscussioneFaggi • 18/07/16 13:18 Call center Davinotti - 433 interventi
Si, è vero, devo correggermi: ** è il pallinaggio che meglio corrisponde al commento. Avete fatto bene a farmelo notare. Alziamolo dunque, il film lo merita.
DiscussioneZender • 18/07/16 15:03 Capo scrivano - 48960 interventi
Ok, grazie.
DiscussioneFaggi • 18/07/16 18:56 Call center Davinotti - 433 interventi
A proposito dei pallinaggi mi chiedevo (oziosamente) se anche a voi qui sul Davinotti capiti di cambiare idea, a distanza di tempo, dopo aver rivisto un film. È una semplice curiosità, mi piacerebbe avere una risposta in proposito. Grazie anticipatamente
Faggi ebbe a dire: A proposito dei pallinaggi mi chiedevo (oziosamente) se anche a voi qui sul Davinotti capiti di cambiare idea, a distanza di tempo, dopo aver rivisto un film. È una semplice curiosità, mi piacerebbe avere una risposta in proposito. Grazie anticipatamente
Talora sì, ma di rado.
Mi è accaduto in maniera sensibile solitamente con i film che, visti da giovane, non avevo capito (due esempi: ULTIMO TANGO A PARIGI e LA PRIGIONIERA). In questi casi ho alzato di due pallini. I cambi che faccio (pochissimi) sono quasi sempre di mezzo punto.
Mi capita, ma di rado e soprattutto quasi sempre dopo aver rivisto il film in questione. E' raro che il giudizio cambi radicalmente: in genere come accade a Buono cambio di mezzo pallino in più o in meno.
Faggi ebbe a dire: A proposito dei pallinaggi mi chiedevo (oziosamente) se anche a voi qui sul Davinotti capiti di cambiare idea, a distanza di tempo, dopo aver rivisto un film. È una semplice curiosità, mi piacerebbe avere una risposta in proposito. Grazie anticipatamente
di rado, e solo dopo avere rivisto il film...
DiscussioneZender • 19/07/16 08:41 Capo scrivano - 48960 interventi
Ovviamente solo dopo aver rivisto il film, però può capitare, certo.
Ad un certo punto del film Totò, per giustificare il suo "tradimento", si rivolge a Carla Calò e parlando di Gianna Maria Canale dice: "Sarà sempre meglio di Miss Italia, no?". La frase, che può apparire fuori contesto allo spettatore odierno, in realtà aveva un preciso riferimento che non sfuggiva ai tempi in cui il film fu girato.
La Canale, infatti, partecipò al concorso di Miss Italia di due anni prima, arrivando seconda dietro Lucia Bosè, in un'edizione del concorso particolarmente agguerrita, che vide quell'anno fra le concorrenti anche Gina Lollobrigida (terza), Eleonora Rossi Drago (quarta) e Silvana Mangano (quinta).
Fonte: Wikipedia
https://it.wikipedia.org/wiki/Miss_Italia_1947