Per rifare il francese ANYTHING FOR HER Hollywood chiama la coppia Crowe/Banks e la mette nelle mani di Paul Higgis, che riscrive il plot originale e dirige tentando di cavar fuori qualcosa di buono da un film che - almeno nel suo svolgimento, sulla carta - non brilla certo per grande originalità. E' in fondo la solita storia dell'uomo che trovandosi nell'incapacità di liberare la moglie (condannata per l'uccisione di una donna) per vie legali (l'avvocato ripete che le prove contro di lei sono purtroppo apparentemente schiaccianti), decide di arrangiarsi senza preoccuparsi di esagerare. Suo figlio ha bisogno...Leggi tutto di una madre, è impensabile che a causa di un delitto mai commesso (lui almeno ne è certissimo) non possa riaverla.
E così, dopo aver consultato un plurievasore (Neeson) che gli dà un'infarinatura sulle tecniche di base, John Brennan (Crowe) comincia ad elaborare un piano attraverso il quale liberare sua moglie (Banks) di prigione. Dovrà procurarsi gli immancabili passaporti falsi per espatriare, testare le tecniche apprese, ma i primi tentativi sono a dir poco fallimentari. Non è però su questi che il film basa i suoi sviluppi quanto piuttosto sulle difficoltà di John di entrare in un mondo fatto di denaro da trovare a ogni costo, di criminalità di basso rango, mentre la testa è sempre puntata a un unico obiettivo (che il titolo inglese del modello ben sintetizzava: "Qualsiasi cosa per lei"). Crowe percorre infatti il film quasi in stato di semi-incoscienza, come fosse chiamato a un compito dal quale non può esimersi, e la cosa non giova al coinvolgimento. Se cioè, prese singolarmente, molte scene evidenziano una cura non indifferente sia nella scrittura che nella messa in scena, risultano essere poi spesso poco organiche a un filo conduttore blando che, nel tentativo di staccarsi dalla banalità imperante nel genere, infiltra qualche tocco autoriale mal fuso in un'impalcatura action piuttosto dozzinale.
Ci si riscatta giusto nel finale, con una lunga ultima parte in cui all'azione si aggiunge anche una buona dose di tensione che riporta tutto nell'ambito della sempre stimabile professionalità hollywoodiana. Per quanto come detto piuttosto "assente" per scelta, Crowe resta un valido attore e la Banks lo assiste discretamente lasciando trasparire un'ambiguità di fondo che lascia aperti gli stessi interrogativi legati al delitto di cui è accusata la "madre anomala" cui presta il volto, piuttosto rassegnata alla lontananza dal figlio e dal marito (quasi sempre ben strutturati i loro colloqui in carcere).
Detto di un Liam Neeson che si concede un trascurabile cameo di qualche minuto, di un epilogo che si richiama al fato ineluttabile con un preoccupante cedimento nel ridicolo, di particolari che non aiutano talvolta a dare la necessaria credibilità alla vicenda, non ci si può troppo lamentare considerati i frequenti sprazzi di ottimo cinema che segnalano una buona mano dietro la cinepresa, troppo preoccupata però di fornire una lettura matura che all'atto pratico purtroppo manca. Musiche prevedibilmente ben inserite (Moby con la sua "Mistake" si eleva dal gruppo), pleonastiche parentesi con la bella madre (Wilde) di una compagna di scuola del figlio della strana coppia. Pretestuosi i cartelli introduttivi "tre anni prima", "tre mesi prima" e "tre giorni prima" rispetto alla scena anticipatrice che si vede in apertura, nella quale John trasporta in auto un moribondo agonizzante.
Strutturato in maniera abbastanza originale, con un flashback che riporta a circa metà film e colpi di scena che si spiegano strada facendo. Bisogna accettare che la grande spinta del protagonista (un credibile Crowe) nel voler portare a termine un compito molto difficile, lo faccia diventare migliore di tutta la polizia di Pittsburgh. Per il resto la suspense non manca. Bravi anche gli altri interpreti, pur se la Banks, a volte, non sembra così preoccupata come forse dovrebbe. Mediato e abbastanza giusto il finale. Bella la parte di Dennehy.
MEMORABILE: La scena d'improvvisa tranquillità dopo la drammatica fuga e il tentativo di buttarsi dall'auto in corsa da parte della Banks.
Nel mirino la disperazione de Il fuggitivo e l'intraprendenza di Giustizia privata, con un Crowe che riesce a reggere le due ore grazie anche a quel minimo di spessore che la mano di Haggis può garantirgli. Per renderlo credibile lo mette in imbarazzo nelle sue prime esperienze a contatto coi criminali, ne testa la fedeltà con la bella mammina dei giardini e, superate queste prove, gli dona i super poteri. Ma lo fa con un certo stile ed evitando alcuni passaggi didascalici tipici del genere. Buoni i comprimari.
Un buon thriller drammatico, solido al punto giusto, che coinvolge e intriga nonostante qualche evidente forzatura nella trama e qualche situazione altamente improbabile. Meritoria la scelta del regista Haggis di non proporre uno scioglimento edificante o moralistico della vicenda, ma di insinuare qualche dubbio spiazzante nello spettatore. Molto buone le interpretazioni di Russell Crowe e della Banks, come pure il prezioso cameo di Liam Neeson.
Thriller efficace di Haggis: la parte più interessante (anche se più lenta) è la prima, che ci mostra lo struggimento dei personaggi di fronte a ciò che non possono controllare. Poi entra in scena la tensione e, di conseguenza, l'azione, con un finale un po' prevedibile ma non per questo meno bello. Qualche eccesso di lentezza qua e là, un'ottima performance di Crowe, ma anche della Banks e del vecchio Dennehy. Buona la colonna sonora, gradevole il cameo di Neeson.
Remake americano di un film francese di alcuni anni fa, "The next three days" è un film d'azione abbastanza ritmato, con un Russell Crowe sempre con la faccia tumefatta che cerca di fare di un uomo comune (un insegnante che è marito devoto e genitore amorevole) un uomo d'azione. Ci riesce fino ad un certo punto, anche se è ben sostenuto da Elisabeth Banks nel ruolo della moglie incarcerata ingiustamente e da un Liam Neeson che appare e scompare come la velocità di un fulmine. L'Olivia Wilde di Tron Legacy è quasi inutile.
Un ingiustiziamovie tirato come una gomma da masticare (la seconda parte), dove tutto procede come deve, con i soliti clichè (la famiglia perfetta, il disastro, la sofferenza, il piano, gli intoppi e...). Crowe si immedesima bene nel personaggio, nonostante lo stesso sembri troppo costruito (un po' Mac Gyver, qua e là tosto, sempre con quell'aria da cane bastonato, che dovrebbe dargli credibilità). E' vedibile, ma non ha guizzi; ho alzato il sopracciglio solo quando la moglie gli ha detto: "Non mi hai mai chiesto se sono colpevole". Ma poco dopo l'ho dovuto riabbassare. Convenzionale.
MEMORABILE: La reazione della moglie quando capisce che non rivedrà subito il figlio (se fossi stato in Crowe, che si era fatto il mazzo, l'avrei spinta fuori).
Bel film diretto da Paul Haggis (il suo terzo da regista dopo le convincenti prove di Crash e Nella valle di Elah). Benchè la componente action sia importante e ben realizzata, il tema principale del film è il quanto un uomo sia disposto e determinato a compiere un impresa apparentemente al di sopra delle sue possibilità. Il regista risponde pur con qualche forzatura, attraverso un film dalla sceneggiatura solida e tecnicamente ben realizzato, che si avvale dell'ottima interpretazione di Crowe, uomo qualunque alle prese con un eventi straordinari.
Buon esempio di cinema d'azione non troppo superficiale, con una sceneggiatura accettabile, personaggi ben caratterizzati e una regia impeccabile. Tiene incollati allo schermo dal primo all'ultimo minuto. Consigliato sia agli amanti degli action movies sia a chi cerca sostanza nei film.
MEMORABILE: Russell Crowe che apre le macchine con la pallina da tennis.
Un uomo sull'orlo della disperazione mette in atto l'evasione della moglie dal carcere di Pittsburgh in cui è condannata a vita con l'accusa di omicidio. Sceneggiatura mai noiosa e non scontata che, anzi, regala diverse sorprese. Forse il tutto viene un po' banalizzato dalla poca probabilità del tutto: dall'improbabile incompetenza delle autorità all'eccessiva fortuna del protagonista. Bella l'idea di lasciare in dubbio lo spettatore sulla verità della moglie: innocente o colpevole?
Un gran bel film, scritto, diretto ed interpretato divinamente. Un thriller, drammatico, d'azione, d'emozione e di sostanza, ove ogni cosa si muove nel modo giusto, come in un perfetto meccanismo da orologio svizzero. Russel Crowe è un moderno Don Chisciotte, visionario ed intrepido, pronto a tutto per salvare il suo mondo. Notevolissimo.
Se Haggis mi aveva convinto con Crash, non altrettanto è riuscito a fare con The next three days. Qui ci propone un Russel Crowe in versione cane bastonato, ultracovinto dell'innocenza della moglie e ultrafedele. Insomma, troppi ultra che determinano la scarsa credibilità della vicenda (perché il dubbio non è una cosa così negativa come sembra) e che la portano a una inevitabile conclusione. Per raccontare tutto ciò, a Haggis servono due ore, decisamente troppe. Deludente.
E' interessante l'atmosfera malinconica che il regista P. Haggis è riuscito a creare attorno a una trama non così originale ovvero il marito che si fa in quattro e lotta per la moglie. In ciò Haggis è stato aiutato da un ottimo R. Crowe che rispolvera il timbro recitativo di Insider. Insomma, non i soliti pim-pum-pam e ritmi serrati fin a richio di essere soporifero, specialmente nella prima parte. Film che alla fine risulta godibile e in cui il finale ci può stare tutto, anche se consolatorio come sempre accade.
Il film tutto sommato non mi è dispiaciuto, forse qualche scena (soprattutto sul finale) è costruita ad hoc e questo fa perdere un po' di credibilità al tutto. Russell Crowe è abbastanza fastidioso in questa pellicola, anche se ovviamente è il ruolo assegnatoli. Si lascia seguire tranquillamente.
Routinario thriller ad opera di un regista che sembrava promettere molto meglio (visti anche i precedenti come sceneggiatore per Eastwood) e che ancora non è esploso. Il film
non è malvagio, anzi è più che dignitoso. Ben scritto e diretto manca però di guizzi e di idee originali, alternando momenti buoni ad altri di stanca. Così il ritmo non è di
quelli che sfibrano ed il risultato è medio ma nulla più. Ci viene però, per fortuna,
risparmiato il finale completamente positivo.
Dignitoso nelle interpretazioni e nella regia ma soporifero, specialmente nella prima metà in cui Haggis allunga a dismisura il brodino di una storia, anche non banale, ma purtroppo stretta nell'indecisione tra azione e riflessione. Insomma, come per Celstino V, il suo più gran peccato è l'ignavia. Meglio la seconda parte, più movimentata, ma che pecca di approssimazione e di errori marchiani nello svolgimento con un poliziotto che capisce (quasi) tutto al volo ed un Crowe, sempre bravo, che mette nel sacco la polizia nemmeno fosse Arsenio Lupin. Mediocre.
Mite professore, felicemente sposato con prole, deve smitizzarsi per salvare la moglie ergastolana. Thriller senza infamia ma anche senza troppa lode, poco avvincente nonostante la sceneggiatura ce la metta tutta per farci empatizzare col protagonista, sia nella fase dei guai (prende botte) che in quella action (le ridà con gli interessi). Crowe in versione dolente ci mette il mestiere, Neeson fa una comparsata, Dennehy se la cava bene, ma la modesta Banks nulla può fare nel ruolo della moglie, antipatica fin dalla prima apparizione. Banalotto, molto inferiore all'originale francese.
Quanto a credibilità siamo sullo scarso, con un Crowe che passa da fesso-gabbato-da-tutti a genio della fuga che prevede e cronometra ogni movimento al decimo di secondo. Tuttavia la spettacolarità della fuga vale da sola tutto il film. L'aspetto processuale è fin troppo banale e la spiegazione finale posticcia e buonista: sarebbe stato meglio lasciare il dubbio sull'innocenza della moglie. Comunque Crowe si comporta egregiamente, mentre il resto del cast fa poco più che tappezzeria. Se non lo si analizza troppo è un buon film, che scorre bene.
MEMORABILE: La fuga; lo sventato salto dall'auto in corsa.
Il suo valore sta nell'intrattenimento leggero (ben confezionato, va detto). In effetti, e non tanto perché sia un remake, il concetto non è particolarmente originale: situazione idilliaca, ingiustizia (o presunta tale), tentativo legale di venirne a capo, ribellione, eccetera. Però il protagonista è ben costruito da Crowe e il lavoro è ben diretto e montato. Aspettiamo il colpaccio di Haggis.
MEMORABILE: La sequenza di loro due sull'auto e la fase di pausa successiva.
Tutt'altro che disprezzabile questo film di Paul Haggis. Crowe, piuttosto bravo, si carica sulle spalle una storia interessante che, pur soffrendo di qualche lungaggine soprattutto nella prima parte, si lascia seguire con piacere. I personaggi sono resi in modo adeguato e si nota un buon lavoro sul versante psicologico. La seconda metà offre qualche scena d'azione in più e alza il ritmo della pellicola. Un film solido.
La vita di un tranquillo insegnante è sconvolta dall'arresto della moglie con l'accusa di omicidio. Una pellicola del filone giustizialista dotata di un discreto ritmo e di un Crowe appropriato nella parte. Certo alcuni passaggi trasudano retorica, ma nel complesso la dignità emerge.
Con due ottimi film alle spalle come regista Haggis, che è anche un apprezzato sceneggiatore, dirige questo film tecnicamente complicato. Questo perché, salvo il finale, il film è quasi unicamente fatto da primi piani e/o campi totali, aventi ovviamente ad oggetto Crowe, costretto a mandare avanti il film (ben due ore) unicamente con le sue espressioni e i suoi dialoghi. E lui ci riesce pure, ma la sceneggiatura alla lunga risulterà noiosa. 90 minuti sono solo preparazione per il botto finale, premio per chi non si è addormentato prima.
Il bottone è tratto. Il mio regno per un bottone. Il senso del film potrebbe stare in queste semplici frasi. Famiglia felice sconvolta da un'accusa tremenda, ma John Nash/Russel Crowe (quando contempla la parete sembra di rivedere il protagonista di A beautiful mind) non ci sta e reagisce progettando una prova d'amore unica nel suo genere. Il film ha una prima parte convincente e coinvolgente, una seconda invece che arranca fino al pevedibile finale.
MEMORABILE: Finalmente per la prima volta in un film le botte ricevute dal protagonista non spariscono il giorno dopo ma rimangono sul suo volto per tutto il film!
Un Russell Crowe visibilmente appesantito (non per la parte) è l'efficace protagonista di questo thriller ben riuscito che ha dalla sua una discreta tensione e una buona sceneggiatura. La storia è avvincente e resta per l'intera durata appesa a un filo. Crowe è credibile nella sua difficoltà (da profano) a organizzare un'evasione e la storia tiene, anche se nel finale alcune situazioni sono portate al limite (l'auto in testacoda con la moglie mezza fuori è roba alla Transporter). Cameo per Neeson.
Forse l'errore più grande l'ho commesso io: l'errore di vedere prima l'originale e poi di ritrovarmi di fronte a questa squallida copia. Paul Haggis si appropria di idee altrui (screenplay by Paul Haggis nei titoli di coda è uno scandalo), fa un copia e incolla per tutta la prima parte (perfino la regia è una scopiazzatura) poi, nella seconda, decide di metterci del suo, realizzando il disastro.
Bel film, con momenti di buona adrenalina, ha il lieve difetto di somigliare a tratti a un film famoso come Il fuggitivo, ma ha il merito di svilupparsi con linearità e di dar vita a fasi appassionanti. Sorvolando su alcune fasi poco verosimili, il film è da vedere. Musica ottima e bel finale.
Un mite professore si trasforma in uomo d'azione disposto a tutto pur di far evadere la moglie ingiustamente condannata all'ergastolo per omicidio. Il tema dell'uomo medio che diventa giustiziere è stato molto sfruttato dal cinema americano; qui i punti di forza sono un Crowe convincente e una precisione del meccanismo narrativo che, pur nella prevedibilità dell'esito finale, mantiene alta la tensione fino alla fine.
Un remake immediato che si rivela assolutamente superiore all'originale. Attori impressi nella parte, dal solido Russell azzeccato in un ruolo all'apparenza opposto al suo (da tenero prof ad eroe domestico) alla Hinds detective, fino alla bella e brava Banks, reduce dai marginali siparietti sulla soglia dell'ufficio dell'anti-spider per eccellenza, Mr. J.J.J. Dietro la superba action si confeziona in realtà un disperato tentativo di recuperare i rapporti di genere. Ottimistico, ma se assimilato quasi terapeutico.
MEMORABILE: Dennehy; Il piano di evasione sulla parete; L'incontro col motociclista alla consegna dei passaporti; Il posto di blocco; Il bottone.
Un uomo architetta l'evasione della moglie convinto della sua innocenza. Thriller che intrattiene molto, con la tensione ben dosata (ottima la regia di Paul Haggis, qui anche sceneggiatore), facendo dimenticare quanto possa essere illogica e fuori dalla realtà una storia del genere. Russell Crowe in una delle sue migliori interpretazioni. Discreta la colonna sonora.
Paul Haggis, ottimo sceneggiatore (Million dollar baby, Casino Royale), dirige il remake di un film francese molto apprezzato; è un thriller sostenuto nella versione originale da un'eccellente interpretazione di Vincent Lindon che nella in questa americana viene sostituito da un Crowe nel periodo più convincente della sua carriera. L'attore australiano offre un'interpretazione sontuosa e domina la scena in modo da quasi farti dimenticare che il resto è davvero mancia. Guardabile, ma senza grandi aspettative.
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CuriositàZender • 22/03/11 19:42 Capo scrivano - 48328 interventi
Della serie io questa locandina l'ho già vista... Con tanto di fuga con valigetta...
Nel mio commento c'è un passaggio "lo faccia diventare il migliore di tutta la polizia di Pittsburgh", dove l'articolo il, cambia il senso della frase.
Così sembra che Crowe sia un poliziotto, il migliore della polizia di Pittsburgh, in effetti Crowe è un civile che per portare a termine un suo piano diventa più bravo di tutti i poliziotti locali. Il passaggio corretto è: lo faccia diventare migliore di tutta la polizia di Pittsburgh
DiscussioneRambo90 • 9/04/11 01:15 Pianificazione e progetti - 437 interventi