Stretto attorno all'unica idea che sta alla base del film (un uomo che si trova per un giorno a fare da badante a quattro vecchine, compresa sua madre) Gianni Di Gregorio trova la chiave giusta per sedurre critica e pubblico con quattro soldi. La pietra filosofale, il sogno di ogni filmaker alle prime armi. La bravura sta nel riuscire a dare spessore e realismo alle quattro vecchine, senza indulgere troppo nella caricatura e sapendo divertire sottilmente, con un filo d'ironia che è quella di chi come tanti si ritrova a sopportare una situazione non felicissima senza tuttavia mai troppo lamentarsi. E’ sicuramente un bel personaggio, Gianni, non comune nel suo atteggiamento e l'impressione...Leggi tutto è che lui come le sue anziane interlocutrici improvvisino su una sceneggiatura molto scarna e la cosa, a lungo andare, finisce col mostrare la corda, ripetendosi in modo eccessivo. Quando la situazione si stabilizza, con l'insediamento delle quattro vecchine nella casa di Gianni, il film perde di dinamicità ed è costretto a puntare esclusivamente sull’estro estemporaneo degli attori, perdendoci. Non si possono imputare troppi difetti a un film che ha una sua grazia e una misura encomiabili, ma certo si sperava in qualche cambio di direzione che invece non arriva mai, tanto che il finale giunge in un momento come un altro, senza un vero perché.
Oscuro gioiellino. Il regista mostra tutta la sua decennale collaborazione con Matteo Garrone ma mantiene assoluta personalità tra le righe. Soggetto geniale, sceneggiatura volutamente inesistente. Attrici fantastiche, su tutti l'esilarante mamma di Gianni, irresistibile nel suo forbitissimo e desueto italiano! Di Gregorio offre un'altra dimensione alla terza età, va strettissimo sul viso della "mamma" che si trucca, osserva discreto il gruppo di novantenni che parla d'amore e alla fine balla con loro un groove tecno! Toccante.
Roma, vigilia del Ferragosto: oppresso dalla madre, vecchia nobildonna decaduta, Gianni scoprirà come far fruttare il vecchio appartamento in cui le presta assistenza. Si capisce che a Di Gregorio non interessa tanto quadrare il cerchio del racconto quanto intercettare uno sguardo inedito per restituirci un quotidiano imprevisto: ne ricava un affresco integrale e misurato, di gradevolezza estrema; riesce a non cedere alle lusinghe facili dell’affezione dolciastra eludendo abilmente ogni stereotipo compromettente con sferzate di sprezzante ironia. Impagabili e sopraffine le quattro cariatidi.
MEMORABILE: L'evasione notturna; la pasta al forno.
Una bella lezione. Con una regia attenta ai particolari, ai tempi filmici e ad un distintivo tratteggio del netto e particolare distacco delle sequenze tra esterni, con una Roma a ferragosto eccezionalmente statica e "paesana" e i frequenti interni, con un appartamento, al contrario, reso (finalmente) vivo e vitale da quattro imprevedibili ultraottantenni che non ti aspetteresti. Di Gregorio pennella con delicata ironia un ritratto attuale e amaro della vita che verrà. Un affascinante omaggio alla terza età, privo di cliché e commiserazione.
MEMORABILE: I particolari della sottile pelle di carta crespa delle quattro e i loro occhi; il riso amaro di Gianni, alla fine del film.
Veramente da gustare, raccontato con estremo garbo e intelligenza. È da rimarcare come i protagonisti siano lo stesso regista, un Di Gregorio bravissimo e quattro bizzarre vecchine non professioniste, tra le quali spiccano la madre del protagonista a 93 anni suonati e la tenera madre del dottore. Oltre al divertimento c'è anche la giusta dose di amaro (basti pensare al cinico amministratore, alle aspettative delle anziane per tutte le piccole cose che diventano grandi a quell'età, alle rinunce dello stesso Gianni).
MEMORABILE: Lo sguardo delle signore alla fine del pranzo.
In Piccola posta Sordi/Rodolfo Vanzino di Castelfusano d'Arezzo vessava donne anziane. Il protagonista dell'esordio dietro (ma anche davanti) la m.d.p. di Gianni di Gregorio, non arriva a tanto, ma l'indolenza nonché la totale mancanza di pudore con la quale accetta soldi dalle vecchiette momentaneamente ospiti di casa sua, ricordano quella dei mitici personaggi di Albertone. E' questo tratteggio dei caratteri (che dire dell'amministratore piagnone che fugge con l'amante?) il pregio del film, ché lo stile (sarebbe piaciuto a Zavattini, ma forse non a Pasolini) è abbastanza risaputo.
Coraggiosa opera d'esordio di Di Gregorio. Laddove il coraggio sta nel proporre una pellicola con soli anziani (non a caso ha difficoltà a farlo produrre e vi riesce grazie all'amico Matteo Garrone); se la necessità diventa virtù, a recitare non sono professionisti, ma signore anziane al primo contatto con la macchina da presa e amici del nostro che, a sua volta, è anche il protagonista. Il racconto - parzialmente autobiografico (nella realtà lui fece scelta opposta e finì per domandarsi come sarebbe andata) - ne guadagna in freschezza, ricordandoci con garbo e senza concessioni al sentimental
MEMORABILE: I primi piani su quel magnifico volto di cartapesta.
La nuova via della commedia all'italiana ha radici antiche. Questo film ci dimostra che bastano dei piccoli (grandi) particolari presi dalla vita quotidiana per confezionare un buon prodotto. Effettivamente il protagonista, molto tenero e rispettoso con le anziane cui deve badare, ricorda da vicino Alberto Sordi quando si tratta di intascare i soldi, o quando arrangia la cena con il pescato del Tevere. Questa discrasia fra bontà e opportunismo (che era tipica della commedia all'italiana e degli esseri umani in generale), crea la comicità. Genuino.
Piccolo e delizioso film sceneggiato e diretto da Gianni Di Gregorio (con la produzione di Matteo Garrone). E' un film sui disagi della terza età (primo tra tutti la solitudine) raccontati con garbo e leggerezza, senza piangersi addosso ma senza negare i problemi quotidiani. Di Gregorio, anche protagonista del film, si avvale di un gruppo di simpatiche vecchiette che agiscono davanti alla macchina da presa con la naturalezze delle veterane del mestiere. Da vedere.
Gruppo di vecchiette si ritrovano insieme a ferragosto: un'idea apparentemente scialba si rivela brillante ed entusiasmante. Di Gregorio (anche ottimo interprete insieme al gruppetto di non professioniste) gioca su un paradosso, ma senza mai scadere nel grottesco o nell'ironia o nel pietismo, costruendo invece un divertente ma realistico e appassionato ritratto di donne anziane còlte in un momento di confronto tra loro, fuori da una vita evidentemente di solitudine o routine. Un piccolo grande film.
A cosa serve mettere attori professionisti se con delle sconosciute simpatiche vecchiette si riesce a fare un ottimo film? Ecco qual'è il messaggio che mi ha lasciato questo delizioso film di Gianni Di Gregorio; un film malinconico, amaro, ma anche assai simpatico, che mette a nudo tutti gli aspetti della terza età in modo delicato e sottilmente ironico. Di Gregorio, oltre che un ottimo regista, si rivela anche un altrettanto ottimo attore, interagendo egregiamente col gruppo di vecchiette sconosciute arruolate per il film. Davvero un gioiellino.
Film delizioso e leggero, come lo chablis che il protagonista beve abbondantemente. La Roma di Ferragosto, cosi riconoscibile per chi l'ha vissuta, fa da teatro ad una commedia piacevolissima. La solitudine della vecchiaia, la difficoltà di vivere con i debiti e l'afa agostana sono trattate con una gentilezza che le sublima e le fa diventare eteree; perché in fondo l'importante è vivere ed esserci. Ottimo Di Gregorio, a tratti strepitose le 4 signore e grande Luigi Marchetti nel ruolo del Vichingo.
MEMORABILE: "Io me vado 'n attimo a rinfrescà"; La ricerca del pesce nella desolazione della Roma d'Agosto.
"Conquistare la fragilità dei sentimenti con la solidità dei doni...": sui titoli di testa, Gianni legge a sua madre "I tre moschettieri", e questa frase è un po' lo spirito del film. D'amore e di denaro si parla: un po' di sano cinismo stempera la vena sentimentale senza inaridirla, in questo spaccato di vita ferragostano. Roma è immobile e pigra sotto la canicola, le quattro vecchiette sono testardamente vitali, ingannevolmente fragili, machiavelliche. Film di notevole freschezza, che riesce ad essere affettuoso senza essere indulgente.
MEMORABILE: La madre di Gianni, manicuratissima e laccatissima. La "perturbante" presenza del Vichingo al pranzo di Ferragosto.
Con pochi spìccioli e attori presi dalla strada (o dall'ospizio che dà su di essa) Di Gregorio tenta di rinverdire, riuscendoci in parte, la gloriosa commedia italiana "due camere e cucina". Situazione tragicomica e paradossale trattata in modo gentile ma fin troppo dimesso, senza stoccate graffianti per le quali lo spazio ci sarebbe pure stato. Il tutto si risolve in un apologo sulla vecchiaia, tra l'altro anticipando e/o seguendo la corrente moda televisiva, basti pensare alle Velone di Ricci o ai tronisti con bastone e catetere della De Filippi.
Nel giorno in cui le grandi città sembrano addormentate, il risveglio di quattro vecchiette che riscoprono il piacere di stare insieme. Grazie ad una sceneggiatura fatta di nulla ma intessuta di piccoli tocchi di verità ed umorismo, la storia a forte rischio di patetico di questo ospizio d'emergenza, diventa lieve come i passi di danza nel finale. Bravo il regista anche come attore nel ruolo del figlio affezionato ma anche approfittatore, mentre è impossibile non affezionarsi alle anziane protagoniste, per cui la malinconia si tinge di tenerezza.
Un film sicuramente particolare e speciale. Particolare perché le attrici protagoniste sono delle vecchiette molto in gamba e speciale perché si tratta di un piccolo/grande film italiano. Nella semplicità della sceneggiatura e nella naturalezza dell'interpretazione scorre piacevolmente, a tratti strappando un sorriso e a tratti sprigionando tenerezza. Riuscito.
Di Gregorio parte da un'idea coraggiosa e ci mette (fisicamente) la faccia, interpretando il figlio (personaggio chiave, con il suo pigro cinismo, per l'equilibrio... "glicemico" del film). Sullo sfondo di una Roma deserta e canicolare, lascia molto (troppo?) libera la macchina da presa all'interno dell'appartamento, per darci uno sguardo insieme sincero e divertito sulle vecchiette/bambine. I ritmi sono rilassati e le attrici non professioniste, tutto a favore di una grande spontaneità. Genuino e vitale.
Tardo esordio di Di Gregorio, "raccomandato" da Matteo Garrone, in un film secco come un chiodo all'apparenza ma stratificato come la corteccia d'un albero (o come le rughe di una vecchia?) nel fondo. La magia di questa pellicola risiede nella capacità del Nostro di far scorrere tutto indolentemente, pur se le singole parti della pellicola son sature di note d'acido cinismo. Destinato a diventare un piccolo classico da "ri"vedere. È come un bicchier d'acqua nelle giornate calde: va giù liscio ma si ha sempre bisogno d'un altro sorso. Temperatura ambiente.
Film piccolo piccolo (sia nella trama che nella durata) fatto con quattro soldi e praticamente senza attori professionisti; veramente una piacevolissima opera prima. Restando ben lontano dal facile pietismo o dalla marcata ironia, Di Gregorio ci racconta il paio di giornate in cui un uomo non più giovanissimo (lo stesso regista) si trova a dover accudire quattro anziane ed arzille signore, ognuna di esse con le proprie manie e debolezze. Girato con garbo e leggerezza, merita sicuramente la visione. ***
Il regista e autore lascia il film nelle mani e nelle parole delle protagoniste, ritagliandosi un angolo di presenza, gentilezza, cortesia e un giro in motorino "nel deserto". Nulla è superfluo: il problema che genera questo strano Ferragosto, il quadro dei caratteri, lo scontro, le diffidenze, la gioia per una festa inaspettatamente viva e, naturalmente, le piccolezze dell'uomo qualunque a confronto con i problemi quotidiani.
Semplice, raffinato, assolutamente romantico, una regia degna della migliore scuola neorealista italiana. Il film è capace di evocare nello spettatore più sensibile forti emozioni velate da una impercettibile nostalgia. Nasce in ognuno il desiderio di poter vivere giornate come quelle raccontate nel film. Veramente bravo il regista Gianni di Gregorio.
Interessante esordio di Gianni Di Gregorio alla regia, il quale ci regala un piccolo gioiellino con protagoniste (oltre a lui) adorabili vecchiette ottuagenarie che gli rendono il Ferragosto piuttosto movimentato. Il film è girato in economia, ma si respira un'aria gradevole, frizzantina e simpatica.
Opera prima di Di Gregorio che racconta uno spicchio di terza età, senza favolismi o intenerimenti gratuiti. Tutto alla luce (o al caldo) di una Roma spopolata dalle ferie che lascia in città un gruppetto di anziane solitarie. Piccoli accenni semiseri, primi piani sulle espressioni assorte e il piglio educato degli ospitanti con la De Franciscis a dare il tocco in più. Durata breve e conclusione che non lascia l’amaro in bocca ma una triste consapevolezza della realtà.
Piccolo, graziosissimo film (solo 70’) di non poca notorietà, recitato in maniera soffusa e dolce, in linea con la nobiltà del protagonista (che è senza pecunia, ma beve Chablis). Una certa lentezza (peraltro attutita dalla brevità della pellicola) fa palpare il caldo ferragostano. Per certi versi, un omaggio, se non un elogio, della Terza Età. Recitato sorprendentemente bene da tutti. Assai gradevole.
Piccola storia estiva che parla di terza età, con le sue malinconie e con le piccole gioie che vi si possono ancora trovare e al contempo racconta l'arte italiana per eccellenza, quella di arrangiarsi. Gianni Di Gregorio crede molto nel suo progetto e lo si sente in ogni inquadratura, nel suo garbato e naturale modo di recitare e nella delicatezza con la quale si muove tra le attempate, brave, compagne d'avventura. Piccola storia da non sottovalutare.
Film breve, pieno di spunti esistenziali, in cui è difficile non ritrovarsi. Un sottile armonia di interni (sospesi) ed esterni (soleggiati) che accompagnano la mite deambulazione di Gianni tra corpi vissuti, bianchetti e buste della spesa. Uno spaccato romano in cui sopravvive una piccola borghesia, abitata da onestà e buone maniere, che si concilia con i suoi vizi e le sue paure sul viale del tramonto. Convince e commuove già dalle prime scene. La vera "grande bellezza" scorre in questi 70 minuti.
MEMORABILE: La sigaretta sul balcone romano dopo la cena.
Sceneggiatura apparentemente semplice ma ben costruita: madre anziana e figlio attempato, probabilmente nei tempi che furono appartenenti all'alta borghesia romana, "ospitano" tre vecchiette arzille per una notte che poi si prolungherà nel pranzo appunto di ferragosto in cambio di favori e danaro, nella calda e afosa estate romana. Lo spunto è originale e Di Gregorio è perfetto nella parte del figlio affettuoso, garbato ma cinico. Le vicissitudini del protagonista scorrono come il vino che lui stesso si scola per poter espletare al meglio le sue mansioni. Leggero e fresco!
MEMORABILE: Il personaggio del vichingo; La camomilla ipercarica per "spegnere" le vecchine; La preparazione della tavola per il pranzo.
Piacevole commedia nella quale Gianni Di Gregorio, interprete e regista, prende delicatamente in giro la terza età regalando uno sguardo attraverso una Roma (e un modo di vivere) che sta scomparendo insieme ai suoi protagonisti. Si ride molto spesso, ma sono anche molte le occasioni che portano a riflettere. Notevole Valeria De Franciscis, non attrice che esordisce con il botto superati i novant'anni!
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Questo film è secondo me un bell'esempio di come l'Italia riesca ancora a produrre ottimi film, con poco budget ma con ottime idee e con grande classe.
Jandileida ebbe a dire: Questo film è secondo me un bell'esempio di come l'Italia riesca ancora a produrre ottimi film, con poco budget ma con ottime idee e con grande classe.
concordo, peccato che esempi di questo genere si contino sulle dita di una mano
Galbo ebbe a dire: Jandileida ebbe a dire: Questo film è secondo me un bell'esempio di come l'Italia riesca ancora a produrre ottimi film, con poco budget ma con ottime idee e con grande classe.
concordo, peccato che esempi di questo genere si contino sulle dita di una mano
Assolutamente d'accordo, un film fatto molto bene, con un cast praticamente amatoriale tranne Di Gregorio, addirittura il signore dell negozio di vino e' un residente della zona.
La signora Valeria (Valeria De Franciscis), madre di Gianni, è la più anziana attrice a ricevere una candidatura al David di Donatello, all'età di 96 anni. E' anche l'attrice co-protagonista esodierte più anziana.