Coppia danese con bimba va a trascorrere un weekend in Olanda presso un'altra famigliola conosciuta in vacanza; già all'inizio l'ospitalità lascia a desiderare, ma la situazione degenera. Parte come una sorta di maligno dramma dialogico, ma la persistenza di cupi moniti (il bambino senza lingua) e ineffabili silenzi snervanti prepara con tatto a una tranche conclusiva all'insegna dello shock orrifico, irrealistica quanto d'effetto. L'inverosimiglianza si può al limite temperare optando per un'interpretazione metaforica degli avvenimenti, benché rischi di assumere connotati xenofobi.
MEMORABILE: La cena "spontaneamente offerta" dagli ospitati; Ritorno in macchina con ubriaco al volante; La stanza delle foto; L'agghiacciante escalation finale.
Famigliola danese fa visita a una olandese incontrata qualche mese prima durante una vacanza, ma il soggiorno avrà risvolti inaspettati. Curioso dramma dalle tinte thriller/horror che non si capisce bene quale messaggio voglia trasmettere: da un lato sembrerebbe una critica alla debolezza della borghesia danese, dall'altro la rappresentazione degli olandesi è inspiegabilmente feroce, qualcuno direbbe persino razzista. Resta uno slow-burner estremamente cupo, a tratti inquietante, che culmina in un finale spietato e agghiacciante; tuttavia il senso ultimo del film resta nebuloso.
Coppia danese (con figlioletta) in vacanza in Toscana stringe amicizia con una coppia olandese e accetta l'invito a casa loro al ritorno, pur conoscendoli poco... troppo poco. Per più di un'ora non sembra di essere in un horror (o simile) dato che assistiamo a dinamiche tra le coppie gestite con buona regia ma non cruente. Dopo i 70' inizia a svelarsi la situazione torbida fino a un finale psicologicamente crudo. Una pellicola che oltre ad essere interessante ha buone ambientazioni e ottima fotografia; quindi merita la visione, anche se il punto di arrivo è un buco nero.
MEMORABILE: Bjorn: "Perché ci state facendo questo?", Patrick: "Perchè ce lo avete permesso".
Un weekend in casa di una coppia olandese sommariamente conosciuta durante un viaggio si rivelerà, per la famiglia ospite, in un primo momento fonte di inquietudine e imbarazzo per poi tramutarsi in tragedia. Un dramma che sfuma via via dal thriller all'horror, che il regista ha saputo graduare con crescente intensità innescando nello spettatore un costante "pedale" di disagio e inquietudine per la psicopatologia che alligna tra i protagonisti. Narrativamente un po' sbilanciato e con qualche forzatura, per un epilogo quasi insostenibile. Ost minacciosa e poco coesa col film.
MEMORABILE: Il bambino costantemente vessato; I tira e molla psicologici; Il primo tentativo di fuga; La scoperta di Bjorn; Il finale.
Una tranquilla famigliola danese ne conosce un'altra olandese in vacanza in Toscana. Invitati da quest'ultimi per passare un week-end in campagna, si troveranno a fare i conti con una realtà ben diversa da quella che si erano immaginati. Il film in sé non è male, anche se prima dell'esplosione finale il ritmo appare assai lento e compassato. L'indolenza mostrata dalla coppia danese è veramente irritante, ma la si comprende e (forse) la si giustifica esclusivamente nella parte finale del film, quando diventa abbastanza chiaro il messaggio che il regista vuole lasciarci.
A seguito di una conoscenza durante una vacanza in Italia, una famigliola danese trascorre qualche giorno in una villa isolata presso i loro nuovi amici olandesi... In genere, la prevedibilità è un limite, soprattutto in ambito thriller, ma qui non si avverte come tale, anzi l'inerzia delle vittime designate diventa fronte di spiazzamento: nessun dubbio che andrà a finire male, perplessità sul come ci si arriverà senza neppure il conforto di provare empatia verso i "buoni" - marito ignavo, moglie antipatica, figlia lagnosa. Ecco cosa succede a seguire il bianconiglio (di pezza).
MEMORABILE: "Perché ci state facendo questo?" "Perché ce lo avete permesso".
"Speak no evil" è un film cattivo. Sì, un film cattivo e profondo. In cui la tensione serpeggia durante tutta la visione stringendosi man mano sempre di più attorno alla gola dello spettatore. La definitiva asfissia arriva grazie a un finale confezionato in maniera impeccabile, con evidenti richiami biblici sulla natura umana. Bella la fotografia. Un gioco fatto di equilibri e tensioni che inevitabilmente scivola, trasportato dalla corrente, verso una disperata foce di follia. Quando a spaventare non è il soprannaturale ma l'assurda e inspiegabile umana cattiveria.
Essere invitati a passare il finesettimana a casa di estranei potrebbe rivelarsi un'idea non proprio lungimirante: da questo sunto il film di Tafdrup imbastisce un esercizio di pura tensione, costruito su attese interlocutorie e contrasti piuttosto repentini (alcuni di questi non sempre così raffinati come si vorrebbe lasciar passare). Con tutte le forzature del caso, viene correttamente restituito un senso di disagio non ben inquadrato; alcune dinamiche colpiscono e l'escalation degli ultimi venti minuti sconfina nel regno dell'istinto cieco, spaventoso nell'assenza di motivazioni.
MEMORABILE: "Perché ce lo avete permesso"; Il pagamento del conto; Il ballo dei bimbi; Apparecchiare la tavola; Le fotografie; Mostrare la lingua; Essere medico.
Se la semiotica non è un ombrello o se lo è con Singer incorporata, due facili e svelti conti su titolo e origini aglossiche del puttogonista son tosto fatti. Del resto lo score si impone tragico-minaccioso in medias res e la controcoppia è ambigua cafona sfrontata invadente aggressiva andante: un amen capire entro subito che siamo al cospetto risorgimentale dell'hansonite. Come che sia, quando deve sa essere estremamente teso e sgradevole oltre ogni azzeccata previsione e presagito andazzo e a Monteverdi piacendo non porge l'altra guancia alla catarsi. Tu chiamale se vuoi abrasioni.
Thriller vagamente Shyamalaniano in cui gli psicopatici però non bussano alla porta ma aprono la propria, ospitando la classica famigliola ignara. Di segnali che c'è parecchio che non va ne hanno a manciate, ma imperterriti restano là fino all'orrorifico quanto prevedibile finale. C'è del buono nella tensione di alcune scene, ottima l'estetica del finale, meno la costruzione dei personaggi, coi quali è davvero difficile empatizzare. Nel complesso non è un brutto film e l'idea (per quanto poco plausibile) è originale.
Un film veramente deprimente e straniante, tuffato nel suo stile presuntuosamente pervasivo e nel matematico silenzio riempito solo dal roboante tappeto sonoro di Sune Kølster. Le ultime sequenze sono il clou di un dramma annunciato, irremovibilmente sfiancante nel ritmo (purtroppo non è Haneke né von Trier) ma capacissimo nel creare attese e malevole atmosfere.
Quando una pellicola non fa certo del ritmo il suo punto di forza, basando praticamente tutto sul rapporto tra le due coppie, fonte di quasi continuo imbarazzo e disagio degli ospiti, il rischio di sbadiglio è piuttosto alto. In questo caso però, grazie agli attori (in parte) e soprattutto proprio a quel disagio quasi tangibile che scaturisce da strane reazioni, la storia, pur senza particolari guizzi, assume quel fascino sinistro indispensabile a decretarne la riuscita. E il finale poi...
MEMORABILE: Il bambino vede l'ospite e apre la bocca; Il "maledetto" e sfuggente Ninus, coniglio di pezza che li inguaierà; Le foto nel capanno.
Olandesi contro danesi come lupi contro agnelli? Fintanto che Christian Tafdrup affila la lama dell'ambiguità, il film cresce, l'attenzione resta alta e le dinamiche relazionali si infittiscono di sottotesti disturbanti; ma quando è ora di affondare il coltello nell'orrore, tutto si banalizza, le spiegazioni - per una storia di mostruosità familiare che ci hanno raccontato decine di volte - si susseguono devitalizzando l'equivoco e la richiesta di pietà sulle altisonanti note del Miserere appare pretestuosa, nonché ricattatoria. La montagna, insomma, partorisce un topolino.
Attenzione a quando si conoscono persone nuove, soprattutto ad accettare inviti ad alloggiare in casa loro! La morale è tutta qui (e non è poca cosa), ben resa dalle atmosfere tese, quando non ci si sente sintonici coi nostri ospitanti. Ma la sceneggiatura è scritta male ed è totalmente avulsa dalla realtà, il che rende il film poco credibile, specie nel finale assurdo e crudele. Al solito la polizia ed eventuali indagini pregresse non vengono lontanamente prese in considerazione…
Un'opera che riserba ben poche emozioni, con una parte finale che dire terribile è fargli un complimento. Nel mentre, regge fino a quando l'ambiguità delle coppie protagoniste non sfocia nel mostrare i veri intenti degli ospitanti. Regia trascurabilissima, men che mediocre, sia nella fasi di raccordo sia nella poca potenza delle scene madri (squallide ed eccessivamente gratuite). Velo pietoso sulla sceneggiatura sia per la banalità e prevedibilità dell'andamento narrativo, sia per l'assoluta inconsistenza dei dialoghi. Bravi - nonostante la pochezza generale - gli attori.
MEMORABILE: L'inizio sulle colline toscane; L'ospite che paga il conto al locale; La stanza con le fotografie.
Tra i più genuinamente disturbanti horror sociologici dell'ultimo decennio. Dalla fredda Scandinavia (con "puntate" illuminanti nella apparentemente placida campagna Toscana e in una Olanda dark side of the moon), Tafdrup fa giungere questo allegorico oggetto non identificato, la cui decifrazione è pervasivamente proteiforme mettendo a dura prova i concetti di cultura, educazione, accoglienza, famiglia. Porta in dotazione un angoscia persistente senza risarcimento, che mina alle fondamenta la catarsi del genere senza però occluderla. Vien voglia di lapidarlo ma ci si deve far i conti.
MEMORABILE: La lingua recisa; La squallida locanda dove le coppie cenano e ballano; Gli ultimi venti minuti senza fiato né bronco.
Il film che riscrive il concetto del rimorchiare in vacanza. Le roboanti e angosciose musiche (molto belle, ma talvolta quasi fuori contesto) chiariscono subito che non si è di fronte a un'allegra scampagnata, ma alzi la mano chi si sarebbe aspettato uno sviluppo tanto cinico e intrinsecamente cattivo. Valide location (adeguatamente valorizzate da regia e fotografia) e buona prova di tutto il cast, mentre un evidente difetto è che certe azioni del duo danese non brillano per coerenza. Promosso, perché riesce a essere piuttosto disturbante senza ricorrere a eccessi di violenza.
MEMORABILE: Ipoglossia e come crearla; "Perché ci state facendo questo?" "Perché ce l'avete permesso".
Dramma con retrogusto horror caratterizzato da un ritmo lento e compassato ma funzionale al racconto. Non per nulla il film regge bene fino all'ultimo atto, ma nel momento in cui Tafdrup avrebbe dovuto affondare la lama colpisce sì, ma colpisce male, soprattutto in confronto a decine di film "similari" ma più potenti. Troppo semplice giustificare la totale inverosimiglianza del narrato con un discorso relativo a metafore e messaggi; semplicemente la sceneggiatura non funziona come avrebbe dovuto. Belle le ambientazioni, ottima la fotografia, cast adeguato.
Una famiglia danese fa visita a una famiglia olandese dopo averla conosciuta in Toscana: non sarà tutto oro quel che luccica. Buon film in cui horror, thriller e dramma sono ben miscelati. Finale tragico quanto interpretabile in più maniere. Suspense e tensione sono dosate più che discretamente. Nel complesso convincente, seppur la prevedibilità non manchi e i ritmi non siano alti.
Pellicola piuttosto intrigante nelle premesse, spassosa nel suo mettere alla berlina lo spirito da "couchsurfing" e quasi educativa da questo punto di vista, con trovate piuttosto sottili alternate a palesi tentativi di allungare il brodo (il pupazzo), mentre il prevedibile e l'ineluttabile vanno a braccetto. L'ultima mezz'ora, per quanto soffocante e cupissima, non possiede la finezza necessaria e si chiude con una sequenza conclusiva stucchevole, oltre ad aggiungere dettagli (la serialità) che rischiano di far scadere il tutto nell'inverosimile. Cast e confezione notevoli.
Il fascino discreto di una borghesia non più così "borghese". Il carburante del morboso incedere è racchiuso nello scambio di battute che intercorre nella fase preliminare dell'infausta conoscenza: "Siamo molto più simili di quello che si dice"; di lì l'esplicito riferimento a un'alterità rigida, schematica, idealizzata: quella svedese. La famiglia protagonista finisce per essere strattonata tra l'algida routine preconfezionata e l'assoluta anarchia messianico-castigatrice dei demoni distruttori, in assenza di un vero e proprio schema che contribuisce a un ammaliante straniamento.
La trama è secondaria, in quanto protagonista assoluta del film è la crescente tensione che sapientemente il regista distilla attraverso comportamenti ambigui, frasi dette e non dette, sottilissimi superamenti di "decenza" tra il fastidioso e lo snervante, il tutto condito da una prova diligente e mai sopra le righe degli attori, da una musica che fa benissimo il suo dovere di accompagnare lo spettatore lentamente verso (l'inevitabile) finale indecente, provocatorio e sdegnoso. Finale che alza la valutazione almeno di un punto!
Il mirino è puntato verso quella parte della società assopita dentro il proprio comfort e incapace di vedere a un palmo dal proprio naso o di reagire alle minacce (tra l’altro bisbigliate, si vedano il metaforico dialogo su mappe e navigatori e la figura sottilmente anti-islamica di Muhajid), ma il colpo va parzialmente a vuoto perché in nome dell’intento si sacrifica una buona fetta di plausibilità. Sono però cento minuti di disagio uniforme, oppressivo, con il cuore in gola che non va né sù né giù e sudori da ogni poro: mezzo pallino in meno perché poi si fa fatica a prender sonno.
Tutto è dannatamente prevedibile, eppure il gioco è diretto con consumata bravura. Non ci sono dubbi su come finirà, eppure la tensione monta bene e cresce in modo inesorabile. La sceneggiatura sa trasmettere bene il disagio dei protagonisti. Ci si può interrogare, senza trovare risposta certa (e ciò può indispettire), sui significati dal film, ma l'efficacia filmica, sebbene entro certo limiti, è indubbia. Ovviamente a patto di non aspettarsi nulla di troppo originale (a tratti si può pensare a Haneke). Apprezzabile la cattiveria che lo porta a evitare scelte rassicuranti.
La sudditanza alle regole indotte dalla comunicazione globale genera comportamenti passivi, fino all'autolesionismo. Ne fa le spese una famiglia danese che si sente quasi obbligata a giustificare le stranezze di una coppia olandese conosciuta in Italia perché il rispetto della diversità non è più solo bon ton, ma etica del politicamente corretto. Tafdrup mette in scena una pièce di lenta e inesorabile assuefazione kafkiana al destino, che ha nella mancanza di ritmo il maggior pregio, anche se la visione del film può per questo risultare faticosa. Comunque disturbante.
Nella prima parte ha tratti più grotteschi che horror con le situazioni di imbarazzo tra le due coppie (quella olandese disinibita e un po' folle e quella danese piuttosto bigotta) ma serpeggia l'inquietudine ben sottolineata dalle dissonanti musiche di Sune Kolter. Poi accelera e si sfocia in crudeltà quasi insostenibili (la lingua tagliata, la lapidazione nella cava) con un epilogo facilmente intuibile ma che non si scorda. Ottimo il quartetto di attori (e i bambini) con menzione speciale per il bonaccione represso Burian. Stile sardonico che ricorda quello dello "svedese" Asher.
MEMORABILE: L'arrivo nell'assolata Toscana con musica inquietante; L'urlo soffocato di Abel; Il bimbo strangolato in piscina; L'oscura campagna olandese.
Horror europeo sorprendente e psicologico, basato su una nuova amicizia tra due famiglie, una danese e una olandese, che hanno di che spartirsi in pochi giorni di confidenza. Si parte con una musica cupa e fortissima, che viene messa in risalto dalle atmosfere colorate e calme di paesaggi di campagna (tra colline e montagne), che lascia immaginare che più di qualcosa potrebbe andare storto. Ottime le facce degli attori, i quali riescono a restituire perfettamente le sensazioni vissute dai personaggi. Un'opera da scoprire e apprezzare, se si è amanti del genere.
Difficile condividere l'entusiasmo per questo film. Di disturbante c'e solo la remissività, la stupidaggine e l'ignavia della coppia danese, che può esistere solo nella sceneggiatura di un B-movie. Svolgimento prevedibilissimo e una storia che fa acqua da tutte le parti. Colonna sonora quasi invadente. Gli ultimi 10 minuti non bastano a compensare i precedenti 80 di quasi nulla. Mezzo pallino in più solo per la qualità di alcune sequenze nel finale.
Per inserire un commento devi loggarti. Se non hai accesso al sito è necessario prima effettuare l'iscrizione.
In questo spazio sono elencati gli ultimi 12 post scritti nei diversi forum appartenenti a questo stesso film.
DISCUSSIONE GENERALE: Per discutere di un film presente nel database come in un normale forum.
HOMEVIDEO (CUT/UNCUT): Per discutere delle uscite in homevideo e delle possibili diverse versioni di un film.
CURIOSITÀ: Se vuoi aggiungere una curiosità, postala in Discussione generale. Se è completa di fonte (quando necessario) verrà spostata in Curiosità.
MUSICHE: Per discutere della colonna sonora e delle musiche di un film.