Curiosissimo. Con circospezione dico che si tratta di un incontro fra il vero, eccessivo, Satyricon e il Fellini più fantasmagorico. Matrimonio riuscito, perché la materia è adatta a Fellini, che di suo ci mette ambientazioni incredibili (la stupenda passeggiata nella Suburra). Mi pare che ne esca qualcosa che Fellini ci presenta (come sentimenti, sensazioni, tribolazioni) in modo oggettivo, senza i richiami personali presenti in molte altre opere del Maestro, che di suo ci mette solo ricchezza scenografica (ma per Kezich è vero il contrario). Ci si può divertire, come spesso accade con Fellini, a identificare gli attori non accreditati (vedi gli n.c. citati nel cast).
MEMORABILE: Il crollo dell’insula e il suicidio della Bosé e del consorte.
Curioso adattamento dal romanzo di Petronio, ricco di fantasia e invenzioni, ma altrettanto frammentario. Regia geniale, grande fotografia, molte sequenze memorabili (tutto l'episodio del George Eastman/Minotauro è da antologia, sia dal punto di vista visivo sia da quello sonoro), ma narrazione faticosa che rende difficile il coinvolgimento. Azzeccata la scelta degli attori del cast, sia i protagonisti, sia le comparse.
Un labirinto grottesco e visionario che trascrive la narrazione labirintica di Petronio: così Fellini interpreta il Satyricon, apponendo il proprio nome al titolo per rimarcare la sua totale responsabilità artistica e intellettuale: nonostante l'apparenza, infatti, qui non c'è Roma antica ma l'Italia moderna, nelle aberrazioni sociali e culturali di una "dolce vita" tra gironi infernali danteschi e affreschi apocalittici. Film onirico (dal cromatismo alchemico), folgorante e coraggioso, ma troppo lungo e ambizioso rispetto al risultato.
Su di me, non esercita poi un fascino irresistibile, ma certo è geniale questa cronaca del viaggio dalla storia al mito del giovane Encolpio. Accompagnato dal poeta Eumolpo, suo personale Virgilio, questo innamorato deluso attraversa dapprima la sua Roma, godereccia di trimalcioniche feste, per poi scivolare in un inter-regno magico, a-temporale, dove diverrà eroe e combatterà col Minotauro. Racconto carnale e dionisiaco, via via si sublima senza smaterializzarsi, e la sua fine è solo l'inizio del viaggio di Encolpio, oltre Roma, oltre il mare, oltre il mondo.
Cartoline dall'inferno, frammenti di un incubo popolato da mostri, in cui anche i pochi bei volti sono spesso deturpati: quello di Gitone da un sorriso lascivo, Ascilto da una smorfia di disprezzo, Encolpio da una fissità innaturale. L'incompiuto di Petronio scioglie le briglie della fantasia felliniana, che affascina ma anche stordisce, una traversata sulle sabbie mobili delle certezze morali ed anche fisiche (il paesaggio cambia continuamente, il cielo ha colori apocalittici, gli scenari mutano). Fotografia, sonoro e costumi da segnalare.
MEMORABILE: Il doppio testamento di Eumolpo (da povero e da ricco), l'episodio della coppia suicida, il labirinto
Nella sua storia della letteratura erotica, Sarane Alexandrian scrisse che "i personaggi del Satyricon (...) sono ripugnanti. Non hanno alcuna traccia di sensibilità che li salvi dall'abiezione". Ovvio che il testo di Petronio fosse perfetto per Fellini, che calcò la mano sul grottesco, popolando il film dei suoi soliti freaks, allo scopo di seguitare a raccontarci - e soprattutto, a raccontarsi - la sua interpretazione squallidamente negativa del sesso. Sopravvalutato quando uscì, ma, allora come oggi, del tutto inutile.
Anarchico e orgiastico. I frammenti del pastiche di Petronio fungono da tappe per un viaggio nell’universo felliniano più immaginifico, in dirittura di una Roma fuori dal tempo in cui il fasto, il vizio e l’eccesso non sono che l’altra faccia della decadenza e della caducità, secondo l’antico binomio Eros-Thanatos. Soprassedendo sulla mancanza di un vero filo conduttore e abbandonandosi alle immagini in libertà del regista, si resterà rapiti dalla pantomima di Vernacchio, dal giro notturno in Suburra e dalla cena da Trimalcione in scenari allocroici e fumiganti da sci-fi o inferno dantesco.
Roma antica dipinta da Fellini, non quella dei kolossal ma quella quotidiana e mitologica al tempo stesso, con atmosfere surreali, scenari e paesaggi con colori fuori dal tempo. Il film è parlato in vari dialetti e lingue oltre l'italiano, nel classico stile felliniano, cosi come il susseguirsi di vicende slegate una dalle altre dove però compaiono i due protagonisti. Tra le parti migliori soprattutto quelle iniziali: la cena di Trimalcione, ma anche nel finale la storia della maga col fuoco tra le gambe.
MEMORABILE: Meglio impiccare nu marito morto che perdere un amente vivo...
La frammentarietà dell'immaginario di Fellini gioca a favore di questo film che, riprendendo Petronio, vuole sviscerare una società aberrante nella sua pomposità: quale epoca migliore della Roma imperiale, tra i suoi orgiastici banchetti e le sue nascoste congiure? La storia di Encolpio è resa in modo più onirico che storicamente prettinente, ed è questo che rende il film visionario. Geniale la colonna sonora tribale, nota anche per il cast: l'antropofilo Fellini ci fa ricordare ogni singolo volto sul finale e ciò a prova del suo ottimo lavoro.
MEMORABILE: "Sei sempre davanti ai miei occhi, Gitone, indegna debolezza, ti amo ancora anche se mi hai abbandonato: meritavo io questo oltraggio?"
L’incompleta opera di Petronio ben si sposa con la poetica del frammento narrativo di Fellini. Viaggi, digressioni, divagazioni, la poetica zavattiniana dell’erranza dei personaggi, dentro il ventre obeso di una immaginazione creativa sfrenata e incontinente che tende alla saturazione degli effetti visivi fino al soffocamento; momenti poetici, lirici, drammatici e tragici che si alternano al realismo minuzioso e putrefatto di corpi osceni, brutti e turpi. Storia e mito e il giudizio severo e amaro di Fellini che avvolge tutto. Film congelato e autistico.
Il film l'ho apprezzato e non poco, ma non prima di aver capito e accettato la sconnessione nella continuità di diverse scene e la scomparsa parziale di un filo logico, anch'esso inghiottito da una satira talmente invadente da divorare perfino i neuroni di chi la vede! Se poi non avessi visto Sesso perverso, mondo violento, che spiega molto bene storia ed evoluzione dell'omosessualità nei secoli, avrei fatto a pezzi sia Fellini che il suo Satyricon, nonostante sostenga a spada tratta la meraviglia delle immagini e della sua tecnica...
MEMORABILE: "Meglio impiccare un marito morto che un amante vivo".
Un pittoresco viaggio nella vita mondana all'epoca dell'impero romano. Uno sfoggio totale di eccessi, un racconto sulla moralità. Con scenari strepitosi e un cospicuo numero di attori e comparse, questo film fu un progetto ambizioso, dall'ardua comprensione. Iconografico e metaforico totale, il satyricon originale è solo un pretesto da cui il film si discosta per raccontare un qualcosa di introspettivo.
La frammentaria opera di Petronio, dal punto di vista di Fellini, è quantomeno fedele al suo spirito, riproponendo le gesta di questa sorta di "Odissea rovesciata". Rifacendosi al modello greco classico e soprattutto dileggiando ferocemente la decadenza romana di allora, Fellini-Petronio fa decisamente centro. Difficile, quindi, separare il poema dal film, "decorato" (come c'era da aspettarsi) da scene, costumi, trovate di geniale inventiva.
La Roma di Fellini ha già una lunga storia alle spalle ed è, perciò, decadente, marcia e ricca di rimpianto per un passato irrecuperabile. Le sue folle bastarde si aggirano frementi, avide, in un paesaggio infernale acceso per il minio di pareti e affreschi. E non v'è più direzione o legge: la poesia è sulla bocca degli arricchiti e i poeti si vendono alle ricchezze. Il labirinto diviene simbolo del caos. Minaccioso, funebre, rutilante, compiaciuto sin quasi al cattivo gusto, eppure figurativamente eccezionale. Perfetto lo score di Rota.
Quale pretesto migliore del Satyricon di Petronio per dare modo a Fellini di esplorare ancora una volta la decadenza morale a cui ciclicamente tendono l’uomo e le società che si susseguono nel tempo? L’ambientazione romana gli fornisce il pretesto per calcare la mano mettendo in scena baccanali orgiastici, amori omosessuali e pederastia, arrivando a toccare anche la necrofagia. Oltre che morboso riesce a essere sinistro e decadente, aumentando la sensazione di disagio frutto di uno smarrimento senza tempo non confinabile a un’unica civiltà.
Due vitelloni della Roma imperiale lotteranno per amore di Gitone. Fellini riscrive Petronio e lo fa a modo suo: sfrontato nelle gestualità eccessive, accurato nei mille caratteri dei personaggi, roboante nella messinscena. Senza una chiave narrativa chiara appesantisce la visione, foriera comunque di colpi di teatro. Poco avvincente, vive di ficcanti colpi visivi ma che sembrano fini a se stessi.
Uno dei Fellini meno amati di sempre. Ridondante sul piano visivo e frammentario su quello narrativo, è una specie di Dolce vita al tempo della Roma imperiale. Il regista dipinge un paesaggio disumano in cui si susseguono senza soluzione di continuità una serie di figure indistinguibili l’una dall’altra. Il riferimento a Petronio è un semplice pretesto per mettere in scena i propri deliri onirici riducendo il tutto a uno sterile esercizio di stile poco coinvolgente. Scenografie molto libere e storicamente inattendibili. Comparsa di Renato Zero.
MEMORABILE: La lotta col gladiatore travestito da Minotauro; La decapitazione di Lica; Il fuoco custodito tra le gambe della maga Enotea; L'oracolo ermafrodita.
Dai frammenti del romanzo di Petronio, Fellini ci conduce in un viaggio senza inizio e senza fine attraverso la decadenza imperiale, simbolo di sfaceli a noi più vicini, in cui l’infimo e l’elevato, il laido e il sublime, baccanali senza gioia e squarci lirici coesistono in una Babele linguistica e visiva, forse fine a se stessa, ma evocativa, che si imprime nella memoria grazie all’accuratezza scenica e agli attori di varia estrazione che danno anima e corpo al fantasmagorico popolo petroniano.
MEMORABILE: Il banchetto e le esequie di Trimalcione; Eumolpo; La vedova e il soldato; La coppia suicida; L’ermafrodito; La lotta col Minotauro; Il finale.
Petronio visto da Federico Fellini; praticamente è una sorta di Dolce vita mutata soltanto per quanto riguarda il tempo. Dal punto di vista della contestualizzazione, non c'è nessun arco temporale che divide le due opere. Insomma, il degrado sociale non ha epoca, è sempre presente. Inutile spendere parole sui costumi e le scenografie. Prima apparizione cinematografica per Alvaro Vitali.
Fellini porta nel Satyricon le sue atmosfere oniriche e i suoi personaggi. Ma se le prime funzionano, le macchiette dalle mille smorfie e mossette qui non vanno e appesantiscono ancor di più una narrazione già lentissima. Alcune scene sono degne del genio del grande regista, ma si avverte un autocompiacimento che rende la pellicola di difficile digestione. Se non si è appassionati felliniani o grandi conoscitori dell'opera di Petronio, il sonno può prendere il sopravvento.
Solo Fellini poteva riuscire a mettere in scena ottimamente un'opera complessa e delicata come il Satyricon, nella quale dominano sessualità e mitologia in un contesto antico romano ricreato in maniera perfetta. Le vicissitudini del giovane protagonista, un bravo Potter, vengono raccolte in una serie di racconti ben messi in scena e girati con estrema dedizione e precisione. I costumi sono belli da vedere, le comparse inserite perfettamente nell'insieme. Insomma un Fellini molto buono, che come al solito regala tanta magia.
Carta bianca per un puro incubo felliniano. Pare che il colore ecciti le fantasie del maestro nella ricreazione di facce e mostricciattoli dalle mille sfumature, qui ancora più che in Giulietta o Toby Dammit. La serie di vicende che il protagonista deve affrontare risultano però farraginose, sfilacciate e con un senso che solo si può conoscere nella mente dell'autore. Poche colpiscono veramente, quelle che paiono più vicine a una satira dei personaggi della realtà. In ogni caso, a suo modo un film perfetto.
MEMORABILE: La cena di Trimalcione, con un grandissimo Salvo Randone; Il testamento cannibalesco; Il finale, con quella visione sognante tra antichità e presente.
Petronio al servizio di Fellini. Fino a Trimalcione è un incendio: dire effetto onirico è riduttivo perché sembra piuttosto di camminare da vigili in quel tempo amorfo, nell'alienazione e nella fissità di gente che noi contemporanei faremmo fatica a conciliare psichicamente. Da Lica in poi si progetta una narrazione, però scoscesa, ingestibile e spesso il maestro si specchia. Con due brani assoluti: la coppia suicida e l'ermafrodito. Potter e Randone sul pezzo ma è la folla di mostri, più Ensor che Petronio, a elevarlo a ultra-film.
MEMORABILE: Eumolpo nella pinacoteca; Il cuoco di Trimalcione sventra il porco; La vulva di Enotea fonte del fuoco.
Avventure di due dissoluti (Ascilto ed Encolpio) nella Roma di Nerone, dove incontrano personaggi grotteschi e vivono situazioni inverosimili. Film incredibile quanto visionario e poetico, nel quale si miscela la realtà alla fantasia. Testimonianza del genio del regista romagnolo, la pellicola è anche apprezzabile per la scenografia e la fotografia di Rotunno. Inimitabile.
Presentata alla mostra di Venezia del 1969 e preceduta da uno intenso battage pubblicitario e giornalistico, grazie anche alla querelle con il quasi omonimo film di Polidoro uscito mesi prima, la rivisitazione felliniana dell'opera incompiuta di Petronio Arbitro è una vera e propria discesa agli inferi, popolata di personaggi grotteschi o ripugnanti, di scenari apocalittici, di colori tanto vividi quanto mortuari, in cui Fellini dà fondo agli incubi del suo immaginario curandosi poco o nulla della linearità narrativa. Opera potente e ineguagliata, pur con qualche eccesso di troppo.
MEMORABILE: Il suicidio dei due coniugi.
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CuriositàGugly • 21/10/08 20:48 Archivista in seconda - 4712 interventi
Come si sa, Fellini era un autentico entusiasta del doppiaggio; qui a detta dei critici lo utilizza in modo ostentato come a sottolineare la fabula che sta allestendo...comunque non a tutti piaceva recitare i numeri; il grande Salvo Randone (il cui doppiaggio venne stigmatizzato) chiese ed ottenne di recitare in una scena la tirata dell'Enrico IV.
Se non sbaglio, tratto dal libro di Tullio Kezich su Fellini.
CuriositàCangaceiro • 17/11/08 12:56 Call center Davinotti - 739 interventi
Fellini propose la parte di Trimalcione a Bud Spencer,allora conosciuto dai più come Carlo Pedersoli,visto che i due erano conoscenti(Bud era il genero di un produttore cinematografico).Quando il regista avvisò che il personaggio da interpretare in una scena doveva farsi mordere le terga da altre persone Spencer rispose: "A Federì,ma me ce vedi?"
FONTE:www.budterence.tk
Pare che Fellini avesse inizialmente proposto il ruolo di protagonista a Pierre Clèmenti. Dico "pare" perché personalmente dispongo soltanto di una dichiarazione dello stesso attore, riportata nella sua biografia scritta dalla giornalista Jeanne Hoffstetter. La Hoffstetter riporta parole molto precise: "Perché avrei dovuto fare Satyricon? Federico avrebbe voluto fare di me un bel gatto, che attira gli sguardi e invoglia alle carezze. Un bel gatto che deve stare fermo là, ad aspettare che lo si chiami per prendere la posa. Non è roba per me, e per lo stesso motivo, per Fellini, ho rifiutato anche di fare Roma".
In uno dei dvd della collana "Mina - gli anni Rai", un'intervista in diretta dagli studi di Cinecittà, dove Fellini è intento a girare una delle scene del film.
HomevideoXtron • 13/10/16 23:17 Servizio caffè - 2229 interventi
Ecco il bluray EUREKA
Audio italiano e inglese
Sottotitoli in inglese (si tolgono senza problemi)
Formato video 2.35:1 anamorfico
Durata 2h09m30s
Extra: Trailer, booklet di 36 pagine
HomevideoRocchiola • 10/09/18 15:20 Call center Davinotti - 1318 interventi
Bluray di ottimo livello con immagine praticamente perfetta a cui il sito bluray.com assegna il massimo del punteggio, al pari dell'edizione Usa della Criterion. L’originale audio italiano è di buon livello ed è utilizzabile anche senza sottotitoli.
DiscussioneAlex75 • 8/03/19 10:15 Call center Davinotti - 710 interventi
Vidi questo film per la prima volta durante una lezione al liceo, a margine di una lezione su Petronio. Allora lo trovai piuttosto noioso e incomprensibile, anche se alcune scene (la cena di Trimalcione e la sequenza con l'ermafrodito) avevano un'indubbia potenza e un forte impatto. L'ho rivisto di recente, dopo un'intensa immersione nella storia, nella letteratura e nella filosofia dell'epoca di Petronio (considero autori fondamentali Tacito, Seneca, Marziale e Giovenale, oltre ovviamente ai frammenti di Petronio); ed è stato fondamentale, per rivalutare questo film di Fellini, anche l'aver accresciuto, in tutti questi anni, la mia cultura cinematografica. Credo che questa piccola esperienza dimostri una volta di più che, per apprezzare certe opere, siano necessarie una certa preparazione e la scelta del momento giusto.
Alex75 ebbe a dire: Credo che questa piccola esperienza dimostri una volta di più che, per apprezzare certe opere, siano necessarie una certa preparazione e la scelta del momento giusto.
Considerazioni interessanti. Però credo che il momento giusto sia davvero fondamentale.
Ovviamente ci sono film e film, alcuni di consumo quotidiano e senza problemi; altri più complessi che meritano il "momento giusto" soprattutto se trattano materiale complesso o sono opere "autoriali" che meritano una predisposizione diversa.