Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.
Mal incoglie ai ricercatori in vena di ispezioni speleologiche in una sperduta foresta americana (anche se si gira in British Columbia), liberando un antico essere diabolico. Sembra una rivisitazione del Creeper di Victor Salva la creatura alata che si para innanzi alla splendida Cerina Vincent (sempre scollata anche in alta quota). La storia contempla anche una tribolata storia d'amore e un pregresso incidente d'auto mortale. Frullato filmico senza scossoni, prevedibile e indicato a chi desidera staccare la spina per un'oretta e mezza.
Nella Berlino divisa tra Rivoluzione e Restaurazione, lo scrittore Von Kleist è in "caccia" di una innamorata con la quale condividere... il suicidio. Ovvero l'amore folle per la morte, declinato secondo l'algida composizione geometrica delle inquadrature e lo straniamento brechtiano dell'interpretazione, tipici della regia della Hausner. Il cinismo ineffabile prende come bersagli ironici sia la classe borghese che le velleità artistoidi (con l'autore del Principe di Homburg che si aggira per salotti con la sua assurdamente vitalistica fregola funerea). Tutto (pur)troppo cerebrale.
Hailey, incinta al nono mese, assume una doula per assisterla nel parto, ma un’amica della futura mamma, nutre più di un dubbio circa la sanità mentale della nuova assunta... Ennesimo thriller che la Rai ci propone in queste giornate roventi. Un film disastroso sotto tutti i punti di vista: la trama è ridicola, le performance degli attori sotto i limiti di guardia, la fotografia leccata senza un minimo di estro estetico; e si potrebbe andare avanti ancora… Non si capisce proprio a che pubblico sia destinata una pellicola di siffatta “qualità”, utile, forse, per chi soffre d'insonnia.
Ventidue anni dopo, Tess e Anna si ritrovano a dovere fronteggiare una terribile profezia... di nuovo insieme. Simpatica ma abbastanza prevedibile commedia in cui a farla da padrone sono le brave interpreti non più giovanissime, le quali riescono a risollevare le sorti di una produzione che non brilla per dialoghi e sceneggiatura. Ovviamente, per rimpolpare la trama esile, vengono aggiunte parallele vicende giovanili che lasciano il tempo che trovano. Il ritmo è abbastanza regolare e qualche volta si ride pure. Nel complesso mediocre, ma il cast merita comunque la visione.
Nella cittadina di Maybrook, una notte, alunni della stessa classe escono di casa e spariscono nel nulla. Tutti meno uno. I genitori incolpano del fatto la maestra; poi quello più sveglio di loro capisce che il fulcro del mistero si trova dove abita il bambino che non è scomparso. Cregger, dopo Barbarian, dimostra ancora innegabili capacità di regia, ma questa volta la sua scrittura non convince. Il registro della storia vaga infatti tra favola nera e dark comedy, con spruzzate horror di tipo zombesco e la componente thrilling mortificata da un finale quasi paradossale. E frettoloso.
Amerigo Brini gira bene, pur tra le ristrettezze del budget, questa storia che inizia come home invasion perpetrata da tre folli armati e, dopo un bel po' di minacce e chiacchiere, scatena gli zombi. Mai prendere di mira la casa con annesso laboratorio di uno scienziato che compie esperimenti segreti! Notiziari sulla diffusione del morbo come nell'alba di Snyder. Nel cast, Alex Lucchesi, il calvo già visto in altrihorror. Buoni gli effetti di David Bracci e Enrico Galli.
Bob Odenkirk, che già col numero uno aveva dimostrato di ambire legittimamente ad affiancare mostri sacri del genere come Jason Statham, Liam Neeson o Keanu Reeves, in virtù di una fisicità ideale e una monoliticità espressiva in linea con i "migliori", cambia passo. Il budget sale e il film, oltre a permettersi un regista tra i più promettenti dell'action orientale come Timo Tjahjanto e la conferma di Connie Nielsen (la moglie), Chistopher Lloyd (il padre) e RZA (il fratello), chiama come...Leggi tutto nuove star Sharon Stone (nel ruolo della cattivissima Lendina) e John Ortiz (il nemico che poi cambierà fazione).
Lo schema lo conosciamo tutti prima ancora che ci sia bisogno di sedersi in sala, ma fin da subito lascia perplessi una regia che, nel gestire le scene non d'azione, sembra quasi trovarsi in imbarazzo: le giornate in famiglia passano nell'anonimato, con lei che lavora o nuota e lui che mena come un fabbro per recuperare i soldi di un debito gigantesco che ha contratto mandando in fumo i miliardi dei russi. Certo, nulla da dire sul feroce scontro in ascensore, diretto con mano esperta, ma persino lì manca quella scintilla in grado di lasciare il segno.
Quando finalmente si parte, ci si accorge che papà Hutch Mansell (Odenkirk, per l'appunto) ha organizzato un viaggio di famiglia in un lontano parco di divertimenti come un perfetto Clark Griswold: ci era andato col padre da bambino nel loro unico viaggio insieme e lì Hutch vuole accompagnare moglie, figli e lo stesso, anziano padre, in una bella vacanza da passare tutti insieme per dimenticare lo stress quotidiano. Possibile che tutto vada liscio? Ovviamente no, e infatti già in sala giochi, il primo giorno, il figlio si accapiglia con un coetaneo. Mamma e papà calmano gli animi, ma quando il padre dell'altro rifila un piccolo scappellotto alla figlia di Hutch, quello prima cerca di trattenersi e se ne esce, poi ci ripensa, torna da solo e il tutto finisce in rissa (violentissima, come sempre).
In seguito arrivano gli attriti col poliziotto locale (Colin Hanks, è il figlio di Tom), quindi il faccia a faccia in Centrale con il superiore di quello (Ortiz) e poco più tardi lo scontro totale che prevedibilmente si scatena senza che in sceneggiatura nessuno si sia preso la briga di strutturare la storia in modo che non appaia buttata lì come capita. Si sa che in film del genere non è richiesta gran coerenza né verosimiglianza (anzi, è proprio il distruggere ogni traccia di quest'ultima a divertire, di norma), ma sarebbe utile che almeno i personaggi centrali (la Stone) non saltino fuori dal nulla gigioneggiando a più non posso senza un perché. O che ci si spiegasse perché Hutch d'improvviso decide di sbaragliare un'intera falange armata... Invece no: dialoghi di nessuna presa, ironia che sembra rifarsi addirittura ai film di Spencer e Hill (la zuffa in barca, i due eroi che di fronte al poliziotto che li minaccia nel finale al luna park sembra quasi che debbano rispondere: "Altrimenti? Altrimenti... ci arrabbiamo!"), ma con interpreti inadeguati e ironia che perde tutto il mordente del primo capitolo.
Certo, il ritmo è sempre elevato, la resa di alcuni corpo a corpo è spettacolare, ma spesso si sconfina in paradossi irritanti (si pensi alla Nielsen che prima rimprovera il marito per il suo modo di fare per affiancarlo fiera, subito dopo, sposandone il modus operandi e uscendosene fuori nel finale come una perfetta “bad girl”). RZA con le sue katane c'entra come i cavoli a merenda, Lloyd non aggiunge nulla e il lungo finale con trappole orchestrate al luna park si era visto da poco già in RAMBO: LAST BLOOD. E poi i nemici vestiti in nero da corpi speciali sono veramente troppo statici e inetti in ogni frangente, per poter sembrare una minaccia tangibile: in cento non sparano un colpo al momento giusto e lanciati allo sbaraglio sembrano un alveare di api impazzite che non sanno mai dove andare, offrendosi regolarmente ai nostri eroi inscalfibili come patetici agnelli sacrificali.
Di tanto in tanto la trovata che fa alzare un sopracciglio, la mazzata feroce che la regia rende al massimo, ma poi quando c'è da sorbirsi le scenette familiari o le mossette della Stone (mal doppiata) la sensazione netta è che non si sia posta alcuna cura, nella stesura del copione; che si punti solo a muovere i personaggi – senza gran fantasia, peraltro – infischiandosene di dar loro un briciolo di spessore e pensando solo a far rumore con esplosioni, fucilate, mine e via dicendo. Guardabile ma decisamente trascurabile, con punte selvagge non indifferenti che però ormai non fanno più notizia.
Chris Wolff, il killer semi autistico cui dà mirabilmente volto e carattere Ben Affleck, era prevedibilmente destinato a proseguire le proprie avventure. Azzeccato come personaggio, mescola in modo intelligente strambe battute e complessi calcoli addivenendo a soluzioni di enigmi apparentemente irrisolvibili. Lo troviamo già nelle prime scene alle prese con gli algoritmi delle app per gli incontri, pronto a crearne una propria! Ma non è questo che il film vuole raccontare, purtroppo, perché ad aspettarci - come nel numero uno...Leggi tutto - è una nuova storia confusa e mal spiegata, che nasconde l'elementarità di fondo dietro a una coltre di inutili farragini, sequenze spezzate, mezze frasi da interpretare.
Si comincia subito con una prima vittima: l'ex direttore dell'agenzia del Dipartimento del Tesoro (nientemeno che J.K. Simmons, in partecipazione "straordinaria") viene ucciso dopo aver consegnato a una pericolosissima killer chiamata Anais (Pineda) la fotografia di una coppia con figlio, da ritrovarsi quanto prima. Marybeth Medina (Addai-Robinson), che ha preso il posto del suo ex superiore appena ammazzato, rinviene sul braccio del cadavere di quest'ultimo una frase che l'uomo si era inciso a chiare lettere: "Trova il contabile". Medina lo fa e viene in contatto con quel mezzo matto di Wolff il quale, analizzati tutti gli indizi e le fotografie lasciate dalla vittima, capisce chi possano essere le persone presenti nella misteriosa fotografia. Per trovarle, però, decide di ricorrere all'aiuto di suo fratello Braxton (Bernthal), che non vede da anni, killer a sua volta e decisamente fuori di testa.
Una coppia esplosiva, ben assortita e capace di infilare, le poche volte che ha lo spazio per ritagliarsi qualche simpatico siparietto, scenette spassose. Entrambi menano come fabbri, sparano, rispondono a modo loro e rappresentano chiaramente il punto di forza del film, quello che lo distingue dalla massa di produzioni di genere affine. C'è una distinzione apparentemente netta tra buoni e cattivi (anche se considerare buoni due assassini mezzi matti non è facile), si punta molto sull'azione e vi si aggiunge una componente di ricerca tecnologica alla NEMICO PUBBLICO attraverso la quale, dalle riprese di telecamere poste al di fuori del locale dove si verifica il primo omicidio, si risale al volto di chi aveva appena parlato con la vittima.
Si infila nella storia un po' di tutto insomma, mentre si continua a gettare fumo negli occhi con nomi da memorizzare e situazioni da ricostruire. Con due ore e dieci di durata si può immaginare quanto una costruzione simile possa diventare faticosa da seguire; e sotto il versante action poco funziona pure il film, con uno scontro finale prolungato quanto insignificante. Insomma, quel che c'è di buono sta tutto nel tratteggio dei due protagonisti, nelle loro interpretazioni e nel gusto di sconfinare talvolta nel grottesco. Concettualmente nulla di nuovo, è evidente, ma Affleck trova nel suo Wolff uno dei personaggi più curiosi e singolari di una carriera in cui poco ha avuto modo di affrancarsi da stereotipi che l'hanno quasi sempre confinato nel novero degli attori validi ma troppo di frequente anonimi. L'affiatamento con Jon Bernthal è ottimo i contrasti tra i due si concretizzano, nei frangenti migliori, in scambi veloci e spiazzanti, al punto da far scomparire velocemente tutto ciò che ruota loro intorno, comprese due partner femminili evanescenti.
Il sicario è una delle figure più utilizzate al cinema nonché la più sfruttata in ambito noir, anche nella sua variante grottesca: si presta da sempre all'innesto di buone dosi di black humour in sceneggiatura, quindi niente di strano se a interpretare il killer di turno viene chiamato Christoph Waltz, due Oscar all'attivo e una riconosciuta propensione all'ironia certificata dalle esperienze con Tarantino.
La storia è stravista? Certo, indubitabilmente. Il vecchio e il giovane. Danny Dolinski (Waltz) è un sicario in attività da...Leggi tutto trent'anni, vanta trascorsi impeccabili e un'infallibilità garantita. Soffre però di artrite alla mano e, dopo sei mesi di inattività e un'operazione, non può proprio dirsi ancora a posto. I suoi capi quindi gli affiancano, per la nuova missione, un nuovo promettente ragazzotto, Wihlborg (Hoffman), pronto ad essere addestrato. Dolinski dovrà seguire Danny e, se sarà il caso, spiegargli dove sbaglia. La classica coppia scoppiata in partenza: il vecchio si sente ancora in grande forma mentre il giovane vorrebbe solo essere “osservato”, come gli hanno comunicato, non certo instradato. Ma quando i due arrivano al campo da golf dove sta giocando la vittima designata, Dolinski pretende di fare tutto da solo. Si verificherà tutto ciò che chiunque ha un po' di dimestichezza col genere si aspetta.
Ennesimo film che fa mucchio e da rigettare in toto, quindi? No, perché comunque Waltz è uno spasso e Hoffman (figlio dell'ammiratissimo Philip Seymour) gli tiene testa con bravura. La coppia funziona, quindi, e per quanto le dinamiche tra i due siano scontate, vederli recitare con tanta leggerezza, senza scadere eccessivamente nel grottesco ma nello stesso tempo senza mai prendersi troppo sul serio (nel caso di Waltz, perlomeno), è piacevole. E se Lucy Liu fa da contorno senza brillare, prigioniera di un personaggio persino più stereotipato degli altri, poco male: resta in secondo piano, non è lei a fare il film.
Quanto alla vicenda, scelte prima Londra e poi Belfast come teatri dell'azione, si snoda senza intoppi, diretta da un regista che fa quel che deve limitandosi a dare il giusto ritmo all'azione, con veloci siparietti familiari (la madre di Dolinski) e un superiore cinico come da copione che qualche buona battuta (non comica) la piazza e insieme a figure più in ombra contribuisce a riempire lo sfondo necessario. La seconda parte si sposta dalla noir comedy all'azione perdendo per strada l'estrosità di Waltz (di cui resta qualche raro bagliore, che accende i dialoghi qua e là) e seguendo la via maestra del genere senza sorpresa alcuna fino all'epilogo, ma qualche paesaggio irlandese e scontri abbastanza ben coreografati ce la fanno accettare senza problemi.
Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA
L'ISPETTORE DERRICK
L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA