Un bambino assai precoce mostra atteggiamenti non proprio esemplari; al che la madre, preoccupata, decide di farlo curare… Niente di inesplorato in questo modesto horror impostato su un bambino cattivo che ne combina più di Carlo in Francia. La prima parte, seppur derivativa, non è affatto male: crea un minimo di tensione e non ci si annoia; il tutto viene però rovinato da un finale infelice, condito da situazioni paradossali e alquanto scriteriate, il che lo porta a un livello di trash davvero elevato. Film del tutto trascurabile.
Niente male la realizzazione di un soggetto che è praticamente Il presagio con qualche differenza. La recitazione del bambino è molto carica d'effetto, grandiosa per avere quell'età. L'atmosfera del film è costruita molto bene, riesce a incutere timore e tensione e contiene diverse scene disturbanti, come quando l'adulto si sovrappone al bambino, realizzate discretamente. Apprezzata la scelta di far virare il personaggio della mamma verso una strada inaspettata, che porta a ogni modo a un finale piuttosto beffardo.
Nel Presagio ci metteva lo zampino il Diavolo in persona, qui si vola più basso in quanto trattasi di un più modesto caso di reincarnazione, comunque quanto a pericolosità il ragazzino non scherza ed il piccolo attore riesce ad essere credibilmente inquietante. Pur senza uscire dai binari dei consueti film sui "bimbi malvagi" (epilogo beffardo compreso), la confezione curata, la discreta prova degli attori ed un paio di sequenze riuscite rendono la visione scorrevole, anche se il film è troppo simile a tanti altri per emergere dal mucchio e farsi ricordare a lungo.
MEMORABILE: L'avvertimento minaccioso del bambino dopo la seduta di ipnosi
Non tutte le reincarnazioni possibili preludono a una dharmica elevazione spirituale tendente al divino, anzi, il Cinema suggerisce che a ogni metempsicòsi corrisponde sovente solo una metempsicopatìa bisognosa di un bravo metempsichiatra. Non siamo in territorio satanico-esoterico come in altri horror by-McCarthy (nessuna casa/donna demonicamente posseduta) e neppure dalle parti del giochino imposturante di un occhiceruleo Sean, anche se le atmosfere, le dinamiche e le baby-canagliate restano quelle già ampiamente registrate sul manualetto delle giovani marmotte assassine. Aurea mediocritas.
MEMORABILE: Il ricatto del baby-killer: "Per non parlare dei peli pubici con il tuo DNA che ho trovato sulla tavoletta del cesso e mi sono infilato tra i denti!".
Usualmente McCarthy fa le cose a smozzichi e bocconi: stavolta lascia la penna a un altro e ne guadagna la regia, perché riesce a creare quel minimo sindacale di angoscia laddove la materia trattata è stata già maneggiata una infinità di volte. Parte finale maligna (escludendo l’ultimo minuto, inutilmente commerciale), che non rappresenta una discontinuità rivoluzionaria ma aiuta a preservarne il ricordo. Semplice ma efficace l’ossessione per le mani. Lambisce il buon film.
Un violento criminale muore e si reincarna in un bambino nato nello stesso istante; qualche anno dopo l'anima malvagia entrerà in competizione con quella buona del bambino. Ennesimo film con protagonista un bambino pestifero e assassino che però si differenzia dalla massa dei suoi simili per la buona trama e un inaspettato finale che spiazza non poco lo spettatore. Sicuramente nulla di eclatante, ma almeno un po d'ansia riesce a crearla.
Horror di routine, niente di nuovo sotto il sole, con un prologo e un inizio che svelano fin troppo, togliendoci anche il gusto di scoprire insieme agli ignari genitori perchè il loro figlioletto si comporti da novello Damien. A salvare un po' la baracca, un protagonista azzeccato e il modo in cui la mamma decide di risolvere la situazione, deviando dall'evoluzione classica di trame simili (ma per poi tornare nei ranghi con un epilogo prevedibile e abusatissimo).
Benché regia e sceneggiatura dimostrino di non avere le idee ben chiare sull'argomento visto che nonostante trattasi di reincarnazione i risvolti richiamano più una storia di possessione, è innegabile che l'argomento sia assolutamente inquietante. Non c'è niente di più disturbante di un bambino che commette simili atrocità. Scott è indubbiamente bravo nel suo ruolo ed evidentemente a suo agio in film horror, vista la partecipazione anche a It e, a dispetto della sua età, si può tranquillamente dire che il film poggia tutto sulle sue spalle.
MEMORABILE: La parlata in ungherese nel sonno; Le minacce di Miles al dottore: "Ho raccolto i tuoi peli pubici nel bagno e me li sono infilati tra i denti".
il panorama dell'horror contemporaneo si arricchisce di un bambino/demone di tutto rispetto. Il figlio del male non è altro che il frutto di una reincarnazione decisamente sfortunata di un serial killer di origini ungheresi disposto a tutto pur di portare a termine il proprio "lavoro". Il film riesce a spaventare in più di un'occasione soprattutto quando ci si avvicina dalle parti dell'Esorcista in termini di linguaggio (la lingua parlata dal bambino nel sonno) e nella scena della seduta di ipnosi con l'esperto. Forse un po' troppo frettoloso il finale, ma il film è molto buono.
L' eterocromia, a cui il regista aveva già accennato in The pact, torna qui come tratto distintivo prima di un serial-killer e poi di un bambino nel quale il cattivo si reincarna. Evidentemente cultore dell' horror italiano, Nicholas McCarthy reinterpreta di fatto il soggetto di Schock proponendo il solito canovaccio di rito in film di questo tipo, fatto di orrori in serie, genitori increduli e resa dei conti finale; peccato non possegga la classe di Mario Bava e che il suo exploit resti di conseguenza confinato nel limbo della mediocrità.
MEMORABILE: Una delle sequenze vincenti di Schock rifatta pari pari, qui in chiave onirica: il figlioletto corre incontro alla madre e... jump-scare!
Idea di partenza ripresa da Bambola assassina (qui il serial killer, anziché in un pupazzo, si trasferisce nel corpo di un neonato) e varie le scene copiate da altri celebri film (la registrazione del piccolo che parla in una lingua sconosciuta come ne L'esorcista, o quella in cui lo stesso corre verso la madre trasformandosi nel defunto che lo possiede già vista in Schock di Bava). Inquietante il piccolo Scott, buono il ritmo, finale solo in parte a sorpresa. Non aggiunge nulla di nuovo al genere horror, ma fa davvero impressione vedere un bimbo parlare e agire tanto crudelmente.
MEMORABILE: Il gioco del nascondino con relativa "sorpresa".
Variante sul bambino malvagio, che in questo caso non è l'anticristo e non è posseduto da un demone, ma dall'anima di un serial killer che si è reincarnata. Confezione negli standard americani, sceneggiatura senza troppe sorprese ma semplicemente con qualche trovata che calza al caso, intrattenimento nella media, finale con imprevisto e chiusura che può far tornare in mente il Presagio. Per tirare le somme, diciamo che si tratta di un lavoro senza infamia e senza lode, che lascia abbastanza indifferenti, si guarda ma non è così necessario.
Discreto horror con una trama se non scontata abbastanza simile ad altri prodotti. Non mancano omaggi a Il presagio ma l'inquietudine viene sempre nel vedere un bambino protagonista degli eccessi. Il giovane Scott, da questo punto di vista, interpreta bene il ruolo, sostenuto da un cast adeguatamente preparato. Il resto è abbastanza di routine, perciò chi cerca sorprese non ne troverà.
McCarthy è artigiano dell'horror tutt'altro che banale e la sua bravura è partire da materiali noti introducendo un po' di originalità. Qui pare il tema ritrito del bambino incarnazione del demonio, ma la possessione, tema caro a McCarthy, stavolta è da parte di uno stupratore che parla in ungherese arcaico (!). Ottimo l'inizio con l'enigma della mano, poi si prosegue nei binari consolidati con almeno un jumpscare da infarto (il bimbo che diventa Scarka abbracciando la madre) e una salda regia. Il finale è identico a quello del capolavoro donneriano ma si può vedere come citazione.
MEMORABILE: La traduzione delle frasi in ungherese; Il bimbo che minaccia lo psicologo (un ottimo Feore) di accusarlo di stupro; L'accoltellamento di Margaret.
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CuriositàSiska80 • 9/12/20 17:04 Controllo di gestione - 824 interventi
Nel film il piccolo Miles viene paragonato a David Bowie perché ha gli occhi di due colori differenti (rara condizione definita scientificamente Eterocromia. Tuttavia Bowie era invece affetto da Anisocoria (aveva cioè una pupilla più grande dell'altra, ed era proprio ciò a provocarne i diversi colori).