Anda muchacho, spara! - Film (1971)

Sfuggito a un campo di lavoro, Fabio Testi viene soccorso da minatori messicani, taglieggiati da tre sadici signorotti coi quali finge di allearsi per sgominarli: e non lo fa solo per riconoscenza... Un buon Bignami è pur sempre un Bignami. Florio ne realizza uno al limite della deriva trinitaria, condendo Per un pugno di dollari con un po' di spezie corbuccesche (Django, ma non solo) e una bella colonna sonora di Nicolai. Ne risulta un pastiche non pasticciato, da vedere, ma con l'animo del filologo

Il film è carino. Niente di strabiliante ma si lascia guardare, inoltre a me piace molto Testi e quindi la pellicola ne guadagna. Tantissime le analogie con i film di Sergio Leone: dal personaggio principale che ricorda molto Eastwood a tantissime sequenze nel film che riportano alla memoria i capolavori Leoniani. Consigliato.

Nulla di che questo film ma è comunque un piacevole spaghetti-western italo-spagnolo che va in crescendo con alcune sequenze molto belle. Bravino Fabio Testi; un film che parte incerto ma, ripeto, poi diventa gradevole. Di ottimo effetto la sequenza in cui l'amico di Testi viene quasi annegato.

Nel '71 il w.a.i. è ormai codificato e consolidato e Florio ne ripete pedissequamente tutti i luoghi comuni (anzi, alcune situazioni sono ad un passo dal plagio di Per un pugno di dollari), con la sola variante dell'aspetto erotico con i nudi della Lopez. Sadismi compiaciuti, pathos artificioso sino al ridicolo, una vendetta avvilente (come si può proporre un duello leale dopo aver subìto o visto subire simili sevizie?!) e musiche di Nicolai che più morriconiane di così non si può. Indigesto.

Curioso remake-plagio di Per un pugno di dollari. Ci sono motivi di interesse: il tono malinconico, alla Romolo Guerrieri, una buona cura estetica (bella fotografia, decor appropiato). Persino Testi ci azzecca in questa parte di evaso vendicatore. Non so se le qualità salvano il film o evidenziano i difetti (troppa dipendenza da Leone, la scena del duello con soggettiva offuscata del morente è palese). Come a dire che con carte così buone si poteva osare di più. Ma alla fine il film ha una sua suggestione che lascia il (piccolo) segno.

Uno spaghetti western che ricalca quasi totalmente le atmosfere leoniane con lo straniero furbo e doppiogiochista e le incalzanti musiche di Nicolai che riprendono i pentagrammi del grande Morricone. Ambientazioni iberiche per un discreto ritmo che si avvale anche di qualche nudo della Lopez. Sicuramente non aggiunge nulla alla storia del genere, ma si lascia guardare.

Bello e moderno nell'esposizione, questo spaghetti western di Florio ha nelle inquadrature, nei movimenti di macchina e in alcune scelte di montaggio interessanti i suoi punti di forza maggiori. Anche le musiche, a metà tra western italiano e americano, riescono a essere originali nell'ambito di un film la cui sceneggiatura non presenta grandi novità, ma che grazie all'ingegno della regia e all'ottima prova degli attori (Testi su tutti) può considerarsi più che riuscito.

Il Leone si è addormentato paura più non fa, e certo non si sveglia dentro Florio, il cui pugno di dollari è tutt'al più un buffetto di banconote del Monopoli. Ce la mette tutta nel rinfocolare quanto di rapsodico e cavalleresco Sergio ha lasciato ai posteri, ma non si va oltre la sindrome del pappagallo e la surrogazione. Tanto era viscerale e sanguigno il modello, quanto è cutaneo il ricalco, abitato da un Testi poco più perforante e credibile che in Grand Hotel. Ritmo non pervenuto. Mai spaghetti western furono più scotti e sconditi di così.